"COME FOGLIE"
#angoloautrice: Eccomi! Ciao a tutti... questo è uno dei miei capitoli preferiti. È molto triste. Ma spero che vi piaccia lo stesso, scusate eventuali errori. Buona lettura. Tanti commenti e stelline <3
ADELE
Aprii velocemente la porta. Era giovedì e al giovedì sia i miei genitori che mia sorella erano a casa per mangiare, mio papà faceva solo qualche ora alla mattina e poi tornava a casa verso le 11.00. Ed ormai erano le 12.00
Il tempo era passato velocissimo, e pensare che erano solo le 10.00 quando era successo quello che era successo.
Aprii violentemente la porta e mi ritrovai nell'ingresso.
<<Mamma!>> urlai <<Papà>> sentii le lacrime che mi rigavano le guance <<Dove siete?>>
Non mi rispose nessuno.
L'ingresso era un disastro: il quadro preferito di mamma era frantumato a terra insieme al vaso azzurrino di orchidee, le ante dell'armadio a muro erano aperte e i vestiti riversati completamente a terra.
Il salotto era uguale: la televisione con lo schermo rotto, le cornici evidentemente erano state scaraventate contro il muro ed erano state distrutte, il divano era stato tagliato per mezzo di un coltello, forse; Il tavolino con la lampada era stato lanciato dall'altra parte della stanza, anche lì il quadro distrutto.
Corsi per il corridoio, i vetri per terra mi tagliavano le suole delle scarpe, rimanendoci attaccate. Con un gesto impaziente, senza slacciarle neanche, me le tolsi e le lanciai in ingresso con forza.
Aprii la prima porta a sinistra.
La camera mia e di mia sorella: la scrivania era stata ribaltata di lato e insieme a lei, il computer, la stampante, i miei libri di scuola, la lampada, i pennarelli, i fogli... tutto a terra. I letti erano stati disfatti, i cuscini squartati e i materassi per terra. I lego di mia sorella erano stati sparsi dappertutto pungendomi i piedi a ogni passo. Gli armadi aperti completamente, guardai dentro e ci ritrovai tutti i vestiti una volta ripiegati in ordine ora tutti ammucchiati e disordinati, la tenda era stata presa e tirata così che da una parte non fosse più attaccata e quindi ora pendente.
Mi girai e vidi la mia libreria. Sobbalzai, la mia libreria... era come se fosse stato il mio tempio. L'avevano presa e ribaltata. Ora giaceva a terra, la vetrina infranta e tutti i libri per terra, alcune pagine svolazzanti. Urlai.
<<I miei libri... no, no, no>> quei libri erano parte della mia vita, la mia immaginazione era riposta tutta lì dentro, li tenevo come dei principi. Mi alzai impugnandone uno, lo aprii in una pagina a caso e una lacrima mi cadde sulla carta impregnandola di liquido dolce. Una parola si stava sbiadendo a poco a poco.
Vita.
Uscii dalla mia camera e presi la seconda porta a sinistra. Mi ritrovai in camera dei miei genitori, e anch'essa non era messa bene: le ante dell'armadio aperte e i vestiti all'infuori, il materasso per terra insieme alla tenda e le cornici che si trovavano sopra il comò erano state lanciate e scaraventate verso la parete.
Uscii da quel disastro e diedi solo un'occhiata veloce alla porta davanti a quella della camera matrimoniale. Era il bagno, la lavatrice rovesciata e tutto buttato a terra. Non entrai neanche.
Tornai indietro nel corridoio, passai mezzo metro rispetto alla mia camera da letto e nella parete opposta mi ritrovai la porta scorrevole della cucina.
Era chiusa.
Prima di entrare sussurrai <<Vi prego, fa che non siate qua...>>
Aprii la porta e mi ritrovai uno spettacolo non diverso dal resto della casa, solo che adesso per terra c'era cibo e posate. Il tavolo era al contrario e le sedie sparpagliate ovunque. Era un posto abbastanza angusto.
Urlai fino a che mi fecero male i polmoni. La gola mi si seccò di colpo e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Sulla parete bianca davanti ai fornelli c'era una scritta rossa e diceva: "Memento mori".
Ricordati che devi morire.
Edith.
Era stata lei.
La mia gola tremava dallo sforzo, le gambe barcollarono verso qualcosa, anzi qualcuno. Per terra erano stesi tre corpi.
Uno si muoveva leggermente gli altri due forse. <<O mamma mia!>> mi misi a gattonare verso di loro, presi il viso di ciascuno e li posai sulle mie gambe distese.
Iniziai ad accarezzarli uno ad uno. <<Non mi lasciate per favore, ho bisogno di voi...>> sussurrai con la gola dolorante.
Papà aveva un coltello piantato nel petto e non si muoveva, il viso cereo.
Posai lo sguardo sulla mamma, lei era molto bianca e il trucco nero le risaltava terribilmente, le scendeva il sangue lungo i polsi e aveva un lungo taglio sulla gola.
Mia sorella invece, respirava leggermente, più dei miei genitori, il petto le si alzava e si abbassava e tremava. Aveva anche lei dei tagli profondi sulle gambe tutte insanguinate e un coltello le perforava la spalla.
<<Ce la faremo, insieme ce la faremo, non dobbiamo mollare.>> le sussurrai nell'orecchio
<<Omnia vincit amor>> sospirai perché il fiato si stava esaurendo nei miei polmoni stremati
<< Ilaria, puzzola mia, l'amore vince su tutto. E io ti posso dare tutto l'amore che ti serve. >>
Urlai e piansi, il sangue iniziò a scendermi lento dalla testa, scivolando sulla fronte, poi al lato del naso e infine mi bagnò le labbra. Diedi un bacio a mia sorella, uno a mia mamma e uno a mio padre.
<<Il nostro amore ci legherà per sempre...>> sussurrai.
Sentii qualcuno che entrava e che mi prendeva e mi portava via mia sorella e i miei genitori, cercai di difendermi di ribellarmi ma la mia forza di volontà non era abbastanza.
Mi presero in braccio, come una principessa, mentre ciò che avevo attorno sbiadiva lentamente.
Mi ricordai le parole di Edith a scuola : <<sarà più divertente vedere il tuo "tempio" crollare. Rimarrai solo te, unica colonna in mezzo alle macerie e sarà solo in quel momento che arriverò e porrò fine alla tua vita. Ti guarderò soffrire e sbriciolarti al vento un pò alla volta. Inizierò togliendoti ciò che ami e come un chirurgo durante un'operazione ti aprirò il cuore, ruberò ciò che ti rende felice e lo riempirò di dolore.>> aveva scoccato la freccia e aveva colpito il bersaglio, in pieno.
Pensai alla lacrima sul libro, aveva coperto la parola "vita", la parola era sbiadita come la vita dei miei genitori, mi era scivolata dalle mani come sabbia e si era sparsa al vento. Un'ultima lacrima mi scivolò lungo guancia.
Solo allora fu buio, senza barriere, in balia dei mostri.
EWAN
Era già da quattro ore che eravamo in quel terribile ospedale, a Genova. Le infermiere correvano avanti e indietro con barelle e molto altro, le urla e i pianti dei bambini mi riempivano le orecchie e la stanchezza stava prendendo il sopravvento, le palpebre non mi erano mai sembrate così pesanti.
Dopo quello che era successo io e Chloe ci eravamo risvegliati, tutti sudati. Ci eravamo andati a lavare e nel frattempo il prof aveva ricevuto la telefonata di Sofia. Dovevamo recarci tutti immediatamente all'ospedale, eravamo rimasti sbalorditi quando Fabio ci aveva raccontato la storia dall'inizio.
<<Io direi di fare una pausa adesso>> propose Karl
<<Buona idea, io ne ho proprio bisogno>> ammise Sofia
<<Usciamo fuori di qua>> disse Lidja quasi correndo verso la porta.
Ora eravamo fuori dall'ospedale, per prendere una boccata d'aria e levarci da quel posto di ferite e dolore.
Fabio continuava a ripetere lo scenario di quando era entrato nella classe <<Non mi sarei mai aspettato che riuscisse a fronteggiare così una viverniana... e dico una viverniana! Non l'avevo mai vista... e poi i dottori hanno detto che è una tipa fragile. Bah... lo so che neanche lei era nel pieno dei suoi poteri ma...>> continuava a balbettare. Sofia e Chloe piangevano silenziosamente guardando il vuoto davanti a loro. Lidja che non era una che lasciava trasparire molte emozioni stringeva i pugni lungo i fianchi mentre parlava con me e Karl di quando erano entrati in casa sua.
<<Dovevi vedere che caos c'era>> continuava a ripetere Karl
<<A parole non si può descrivere: niente, e dico niente, era rimasto al proprio posto, tutto a soqquadro.>> continuò Lidja
<<Non hanno avuto nessuna pietà... voglio dire, neanche la sorellina hanno risparmiato>> sussurrò Chloe che si era unita alla discussione
<<Qua c'è qualcosa di grosso e di potente... >> ammise Fabio distogliendo l'attenzione da quello che era successo a scuola.
<<Lei è forte ma questa è stata una botta pesantissima... la domanda in questione è, riuscirà ad andare avanti?>> disse Sofia amareggiata.
Il silenzio cadde pesante tra di noi.
Adele era rimasta su, nella stanza d'ospedale dipinta di azzurrino. Si era svegliata da un paio di ore e ora era ancora là, non si staccava dai corpi dei familiari. I genitori erano in condizioni gravissime e il dottore diceva che 99% nessuno dei tre sarebbe riuscito a sopravvivere.
Lei non ci voleva credere e continuava a ripetere, anzi ad urlare <<Ce la faranno, ne sono sicura, non se ne andranno...>> sembrava una litania infinita. Noi la ascoltavano dall'esterno della stanza. Sentivamo il suo dolore che minuto dopo minuto la logorava ancora di più.
Appena si era svegliata, si era staccata le flebo di dosso e aveva iniziato a correre per l'ospedale inseguita dai dottori.
Loro urlavano che doveva riposare che aveva delle ferite gravi da curare e che doveva stare a riposo ma lei era implacabile e fino a quando non aveva trovato la stanza dei suoi familiari non aveva smesso di correre e urlare. Se così si poteva definire perché non aveva più voce.
Noi, tranne Sofia, eravamo rimasti fuori dalla stanza sentendola gridare e singhiozzare.
Sofia era entrata ma non aveva ottenuto molto. Ad un tratto la sentimmo, era vicina alla porta e faceva scivolare la mano sul legno marcio. Ci aveva ringraziati. Ci sentiva, sapeva che fossimo lì fuori e ne era grata.
Si era frantumata la mano sinistra e aveva il braccio e la gamba ridotte malissimo,vari lividi e graffi le coprivano il corpo ricordandole cosa era successo.
Ma lei non voleva rimanere a letto.
Si rifiutava.
Appena aveva aperto gli occhi, il panico aveva preso il sopravvento, aveva visto le flebo attaccate alle sue braccia e aveva iniziato ad urlare, più di prima.
Evidentemente la spaventavano, e anche tanto.
Era corsa immediatamente nella stanza con i tre lettini dei suoi familiari e non si era smossa da lì. Andando anche contro gli ordini dei dottori che alla fine avevano ceduto alla sua presenza nella stanza.
Ilaria, la sorella, aveva qualche possibilità in più, ma essendo ancora una bambina era molto debole.
Avevamo preso una pausa perché erano arrivate le amiche di Adele.
Erano in quattro: Benedetta e Marta, quelle di cui ci aveva raccontato Fabio; le altre due invece si chiamavano Deborah e Alessia da quello che avevamo origliato dalle sedie davanti alla stanzetta blu.
Deborah era bassa con lunghi capelli biondi e occhi azzurri mentre Alessia era alta forse superava di qualche centimetro Adele e aveva lunghi capelli mori della stessa tonalità degli occhi.
Entrarono nella stanza senza degnarci di uno sguardo e sentimmo Adele chiamarle e piangere.
Poi si calmò, ma le sue amiche rimasero lì con lei, forse piangendo anche loro.
Sostenendola quando tutto intorno a lei si stava distruggendo.
Non avevo raccontato del mio sogno, anzi incubo a nessuno perché non mi sembrava il caso, neanche Chloe l'aveva fatto. Il potere scorreva in me, ma la voce del mio drago tardava ad arrivare.
Ora stavano prendendo in considerazione il fatto di mandarla in un orfanotrofio perché sua nonna era troppo anziana per riuscire a prendersi cura di lei. Stavano decidendo in quale orfanotrofio mandarla.
Dopo questa notizia il prof mi aveva assolutamente vietato di aver alcun rapporto con Adele, non le dovevo rivolgere la parola e non mi doveva in alcun modo vedere. Gli diedi retta, credevo che il prof sappesse cosa fosse giusto e cosa no.
ADELE
<<Mamma, ti ricordi quando guardavamo insieme la TV sul divano? E che ti davo sempre fastidio perché ti continuavo a fare domande su domande?>> le dissi accarezzandole la mano.
Spostai lo sguardo sul lettino affianco.
<<E tu papi? Ti ricordi tutti quei pomeriggi passati a giocare a pallavolo? O quando mi facevi ascoltare la tua musica preferita e io ti facevo le linguacce perché non mi piaceva? Oppure quando te e la mamma mi prendevate per mano, uno da una parte e uno dall'altra, e mi facevate saltare e io ridevo come una piccola matta?>> una lacrima mi solcò la guancia, inarrestabile perché mi stavo distruggendo piano piano.
Mi spostai dai miei genitori e guardai mia sorella.
Iniziai ad accarezzarle i capelli biondo cenere, e in quel momento avrei tanto voluto vedere i suoi bellissimi occhi azzurri.
Ci ero sempre rimasta male perché lei li aveva di quel colore mentre io un verde-marrone.
Ma ora le avrei dato la mia vita, il mio sangue, il mio respiro solo per vedere le sue mani che scrivevano, i suoi occhi che osservavano e la sua bocca che sorrideva.
<<Sai piccola mia, Ungaretti aveva ragione quando diceva che i soldati sono come foglie in autunno.>> mi immaginai i suoi occhi che correvano verso l'alto ed era come se sentissi i suoi sbuffi e poi la solita frase che mi rivolgeva "Che noia questo Ungaretti..."
<<So che non lo sopporti, ma lui aveva capito tutto. Racchiudeva la verità della vita in poche parole.
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.
E sì... piccola mia, le persone sono i soldati e la vita è l'autunno. Ma io so, che questo non è il tuo momento, non è il momento di lasciarti scivolare verso il basso. Non mollare il ramo Ilaria. Ce la puoi fare. Sei forte come un uragano, non mollare, io sono qua con te e non ti lascerò andare via così. Siamo soldati e possiamo vincere questa guerra. Resisti. >>
Una lacrima mi scappò al controllo, e finì proprio nell'incavo del suo naso. La guardavo e sembrava stesse piangendo anche lei.
<<Siamo tutti come foglie, basta solo non cadere tra le mani del vento. E tu non cadrai, vero? Io non ti lascerò cadere.>> le posai un bacio sulla fronte.
<<Ti ricordi tutte quelle volte che ti volevo abbracciare e tu non volevi? Perché dicevi che bisogna attendere il momento giusto? Per non sprecare quei momenti? E io facevo finta di prendermela? Non era vero, sapevo come fossi fatta e ti volevo bene per quello che eri, avevo capito benissimo il tuo ragionamento e lo condividevo. Ora però è arrivato il momento giusto>> sospirai <<Prendi tutto quello che ti serve da me, vivo per questo.>>
Le dissi sussurrando. E mi addormentai lì di fianco a lei con quel solo pensiero per la mente.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro