7° capitolo : rottura
L'aria era tiepida quella sera, il cielo si tingeva di sfumature dorate mentre il sole si ritirava dietro le colline. Il vento lieve portava con sé l'odore dell'erba umida e del fiume, e le ombre si allungavano dolcemente sulla terra.
Giuseppe camminava con passi lenti lungo il sentiero che conduceva al loro luogo segreto, sotto il ponte, dove l'acqua scorreva silenziosa e il tempo sembrava sospeso. Ogni volta che l'aveva raggiunta lì, il suo cuore si era riempito di un calore rassicurante, ma quella sera tutto era diverso.
Lei era già lì, seduta su una roccia vicino all'acqua, le gambe raccolte sotto il vestito leggero che ondeggiava appena nella brezza serale. Osservava il riflesso delle ultime luci del tramonto sulla superficie del fiume, cercando di indovinare il momento esatto in cui il giorno avrebbe lasciato spazio alla notte. Quando lo vide arrivare, il cuore le balzò nel petto, come sempre. Ma bastò un attimo, un solo sguardo nei suoi occhi, per capire che qualcosa era cambiato.
Giuseppe si fermò a pochi passi da lei. Non le andò incontro come al solito, non allungò una mano per sfiorarle i capelli. Tra loro si distese un silenzio pesante, riempito solo dal fruscio del vento tra i rami e dal lieve mormorio dell'acqua.
Poi lui parlò.
«Non posso più vederti.»
Poche parole, dure come pietra.
La ragazza sgranò gli occhi, come se il mondo intorno a lei si fosse appena incrinato. Le sue labbra si schiusero impercettibilmente, ma nessun suono ne uscì. Aspettò una spiegazione, una ragione, qualsiasi cosa che potesse dare senso a quella sentenza, ma nulla arrivò.
Per un istante, il suo cuore le implorò di chiedere, di trattenere Giuseppe, di ribellarsi a quella fine imposta senza preavviso. Ma il suo orgoglio, il suo dolore e la sua dignità le serrarono la gola.
Si alzò con grazia, lisciandosi la gonna con un gesto lento e misurato, come se ogni movimento dovesse essere calibrato per non lasciare trasparire il tumulto che la stava lacerando dentro.
Il vento sollevò una ciocca di capelli sul suo viso, e lei se la scostò con delicatezza, mentre il suo cuore, dentro di sé, si sgretolava in mille frammenti.
«Va bene» disse semplicemente.
La sua voce era un filo di seta teso tra loro, privo di incrinature, privo di suppliche. Un addio perfetto nella sua freddezza, nella sua dolorosa assenza di disperazione.
Giuseppe la guardò, colto di sorpresa. Si aspettava lacrime, parole furiose, forse una mano che cercasse disperatamente di trattenerlo. Invece, lei non gli concesse nulla di tutto ciò. Solo un ultimo sguardo, profondo come il mare in tempesta, colmo di parole non dette.
Poi, con la leggerezza di una farfalla che abbandona un fiore ormai appassito, si voltò e si allontanò.
Giuseppe rimase lì, con il cuore pesante come una pietra, a guardarla sparire nell'ombra della sera, portando con sé tutto ciò che di più prezioso aveva posseduto.
✦
Da quel giorno, la vita nel piccolo paese riprese il suo corso, ma per loro nulla fu più lo stesso.
Lei non cedette al dolore. Continuò a sorridere, a parlare con la stessa grazia di sempre, fingendo un'indifferenza perfetta. Quando lo incontrava per strada, il suo sguardo scivolava via senza fermarsi su di lui, come se fosse solo un'ombra tra la folla.
Ma ogni sabato mattina, mentre il resto del paese si concedeva il riposo, lei lavava la casa. Strofinava i pavimenti finché le mani non le bruciavano, lucidava ogni superficie sotto lo sguardo severo della madre. Sapeva che se non avesse fatto tutto alla perfezione, l'avrebbe pagata con rimproveri taglienti o forse con qualcosa di peggio. Quel lavoro era il suo dovere, il suo castigo, la sua prigione.
E dopo aver finito, senza concedersi un attimo di tregua, si sedeva al tavolo e riprendeva il suo lavoro di stiratrice. Passava il ferro caldo sui vestiti con movimenti precisi e misurati, lasciando che il vapore le sfiorasse il viso e che il tessuto sotto le sue mani si distendesse, come se potesse in qualche modo stirare anche le pieghe del suo cuore. Il calore era l'unica cosa che sentiva ancora, l'unico contatto che la riportava a una qualche forma di realtà.
✦
Giuseppe, invece, cercava rifugio nella rassegnazione. Per quanto tentasse di soffocare il dolore, la ferita dentro di lui rimaneva aperta, pulsante.
Fu in quel periodo che iniziò a uscire con Michela. Non era una ragazza che conosceva bene. Si erano visti qualche volta in paese, magari a messa o nei giorni di mercato, scambiandosi solo sguardi distratti. Sapeva chi era, conosceva il suo nome, ma niente di più.
Eppure, un giorno, lei gli sorrise. Un sorriso timido, gentile, senza pretese. E Giuseppe, stanco del vuoto che lo divorava, ricambiò quel sorriso.
Da lì, quasi senza volerlo, cominciarono a parlarsi. Michela era diversa dall’altra ragazza. Più riservata, più tranquilla, con un modo di fare delicato che non forzava mai nulla. Non gli chiedeva del suo passato, non cercava di capire cosa si nascondeva dietro i suoi silenzi. Gli parlava di cose semplici, della sua famiglia, della sua casa, di piccoli sogni che coltivava senza clamore.
Giuseppe si lasciò trascinare in quella conoscenza con la speranza che potesse bastare. Passeggiavano insieme lungo le strade del paese, a volte si fermavano vicino al fiume, ma lui evitava sempre di passare sotto il ponte. Quel luogo apparteneva a un'altra vita, a un altro amore.
Michela era dolce, e Giuseppe cercava di convincersi che, forse, con il tempo, avrebbe sentito qualcosa per lei. Che, forse, un giorno, il suo cuore avrebbe smesso di sussurrare il nome di chi aveva perduto.
Ma ogni volta che cercava di concentrarsi su di lei, un’ombra si insinuava tra loro. Bastava un dettaglio—il vento tra i capelli di Michela, un riflesso sull’acqua, il suono di una parola detta a bassa voce—per riportarlo indietro. Per fargli rivedere un vestito leggero che ondeggiava nella brezza serale. Per fargli sentire ancora quel Va bene sussurrato con la fermezza di chi non implora, ma lascia andare.
E fu allora che comprese la verità più amara di tutte: poteva fingere, poteva provarci, ma il suo cuore non gli apparteneva più.
E forse, non gli sarebbe mai più appartenuto.
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