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3°capitolo : un risveglio amaro

Il giovane soldato rimase fermo per qualche istante, il cuore ancora tremante per l'emozione che lo aveva travolto. L'immagine di lei, la fanciulla dai lineamenti delicati e lo sguardo profondo, gli aleggiava ancora davanti agli occhi. Nella sua mano, ora fredda e insicura, stringeva la maschera che lei gli aveva lasciato, un delicato drappo di tessuto finemente ricamato, arricchito da piccole pietre luccicanti che riflettevano la luce della luna come stelle tremolanti. Quella maschera era l'unico segno tangibile del loro incontro, l'unica traccia rimasta di un volto che non avrebbe mai più rivisto.

Un respiro profondo lo scuoteva dalla confusione, e il suo sguardo si soffermò su quel fragile oggetto come se fosse l'unica cosa che lo legasse ancora alla realtà. Chiuse gli occhi, cercando di imprimere nella mente il ricordo di lei, quella figura che gli aveva parlato con un sorriso, con uno sguardo che sembrava trasmettere più di mille parole. In quel momento, il tempo sembrava aver rallentato, come se il mondo intero fosse diventato sfocato e il suo cuore battesse solo per lei. Ogni dettaglio di quel viso, ogni sfumatura dei suoi occhi che brillavano come gemme, ogni movimento che aveva fatto danzando sotto la luce delle candele, gli si incise con forza nell'anima.

Non poteva lasciarla svanire, non come un sogno che si dissolve al risveglio. Doveva trovarla, e l'avrebbe fatto. Il soldato si era fatto una promessa che mai avrebbe infranto: l'avrebbe cercata in ogni angolo, in ogni via, in ogni vicolo oscuro della città, fino a quando non l'avesse trovata. Nulla, nemmeno la paura o il dubbio, lo avrebbe distolto dal suo intento. La sua mente era ora ferma, e il cuore, seppur tremante, era pieno di una determinazione incrollabile.

Fu allora che il suo amico lo raggiunse fuori, incuriosito e visibilmente confuso dalla sua improvvisa agitazione. Il giovane, che fino a quel momento si era lasciato trasportare dalle luci della festa, non capiva l'urgenza che si leggeva negli occhi del soldato.

«Ehi, dove vai? La festa non è ancora finita! Cosa ti prende?» chiese, con un sorriso perplesso che presto svanì al vedere la serietà sul volto del compagno.

«Devo trovarla.» La voce del soldato fu ferma, priva di esitazioni, come se quelle due parole contassero più di ogni altra cosa al mondo.

Il suo amico lo guardò con incredulità. Non riusciva a credere che quel ragazzo, che fino a poco prima sembrava del tutto indifferente all'idea dell'amore, fosse ora così preso da una sconosciuta. Il suo sguardo scivolò verso la maschera che il soldato stringeva con le dita. Sorrise, divertito e incredulo, pensando che forse quella fosse solo una fantasia passeggera.

«Non mi dire che ti sei innamorato davvero...» mormorò, con una risata che tradiva la sua incredulità.

Il soldato non rispose immediatamente. Per tutta la vita, l'amore gli era apparso come una debolezza, una pericolosa distrazione che poteva condurre solo alla sofferenza. Ma ora, con una chiarezza che non aveva mai provato, sentiva che qualcosa dentro di sé si era spezzato. Come se un pezzo del suo cuore fosse stato rubato, lasciando un vuoto che nessun altro potesse colmare. Come se, senza quella ragazza, nulla avesse più significato.

«Devo trovarla.» Ripeté, con una determinazione che non ammetteva dubbi.

L'amico sospirò e scosse la testa, divertito ma anche un po' preoccupato. «D'accordo, Romeo. Ma hai almeno un'idea di chi sia?»

Il soldato si fermò un attimo, riflettendo, come se il peso di quella domanda fosse più difficile da affrontare rispetto a qualsiasi battaglia. Poi, nella sua mente, tornò l'unico indizio che possedeva. La fanciulla gli aveva detto una sola cosa:

«Lavoro in una lavanderia.»

Era tutto ciò che sapeva di lei, eppure era sufficiente. Bastava per scatenare un desiderio in lui che ora non poteva più contenere. Non importava quanto difficile fosse la ricerca. Non importava che lei appartenesse a un mondo lontano dal suo. Quella piccola speranza che si era accesa nel suo cuore ora non poteva essere spenta dal nulla.

Senza aggiungere altro, si voltò e si allontanò nella notte silenziosa, con un unico pensiero fisso nella mente: non avrebbe permesso che il destino lo separasse da lei.

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Nel frattempo, la giovane fanciulla, tornata nella sua modesta stanza, si lasciò scivolare sul letto, estenuata. Il vestito rosa che solo poche ore prima aveva rammendato con pazienza e cura giaceva ora abbandonato su una sedia, sgualcito e consumato dalla fatica della danza, proprio come lei. Ogni piega del tessuto sembrava raccontare la storia di una notte magica, ma ormai lontana.

Si passò le dita tra i capelli sciolti, cercando di calmare il battito frenetico del cuore, che ancora risuonava nel petto come il tamburo di una guerra mai combattuta. Aveva danzato con lui, con un principe, pensava, ma forse la realtà era ben diversa. Forse quella figura che le aveva preso la mano e l'aveva condotta nel vortice della danza non era altro che un sogno, un'illusione che sarebbe svanita all'alba.

Si lasciò cadere sul materasso con un sospiro, chiudendo gli occhi, sperando di trattenere quel ricordo il più a lungo possibile. Ogni movimento, ogni risata, ogni parola non detta sembravano diventare più vividi nel buio della sua stanza, come se fossero ancora lì, a danzare insieme a lei, nel cuore della notte.

Ma la realtà, come un'ombra inesorabile, tornava sempre a reclamarla. La consapevolezza che lei non fosse una principessa, che non appartenesse a quel mondo fatato, e che il giovane soldato non l'avrebbe mai cercata, la colpiva con la stessa forza di una frustata. Lui apparteneva a un mondo lontano, un mondo fatto di speranze e di sogni che a lei non erano mai stati concessi. Un mondo che sembrava chiudersi su di lei come una porta che non poteva mai essere aperta.

Eppure...

Eppure, nel profondo del cuore, una piccola fiamma di speranza si rifiutava di spegnersi. Un desiderio segreto che, come un fiore fragile, cresceva nel silenzio della sua solitudine, alimentato dalla visione di quegli occhi, di quel sorriso che, seppur fugace, le aveva regalato un sogno che non era pronta a lasciar andare.

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