Capitolo 20
Questa notte, ho dormito soltanto poche ore o forse non ho proprio dormito. Non so dirlo con certezza, ricordo solo di aver fissato il soffitto tutto il tempo. Alle otto, mi sono alzata dal letto e ho fatto una doccia: tenersi impegnati in questi casi è la miglior soluzione per non pensare, anche se oggi mi sembra impossibile.
Devo dire addio a mia madre, a quella donna che mi ha portato in grembo per nove mesi e mi ha cresciuta per diciassette anni. Quella donna che mi ha sempre accudita ed educata, che mi ha sempre fatto capire i miei errori e mi ha aiutato a fare le scelte giuste.
Lei non era solo mia madre; era anche una mia amica, la migliore.
Voglio ricordarla con il sorriso sempre sulle labbra e con i capelli intrecciati fatti da me, come era prima della morte di papà.
Sono le nove del mattino e ho già fatto colazione, se si può definire tale.
Ho parlato un po' con Tony e con Gabriele, che in questi due giorni mi è stato molto vicino.
Davanti lo specchio osservo la mia immagine e prendo la pochette con i cosmetici: devo coprire le enormi occhiaie che ho sotto gli occhi. Non sono mai stata una ragazza che si trucca troppo, e non sono mai stata brava a farlo, ma questa volta ne ho bisogno.
Finito di truccarmi indosso il vestito che scelto per oggi: è semplice, nero e con lo scollo a cuore. Ricordo che mamma me l'ha comprato perché diceva che mi risaltasse le curve, e io sbuffando le risposi che mi faceva grassa. Sorrido a quel ricordo e, dopo aver lisciato l'abito per l'ennesima volta, indosso la giacca e le ballerine anch'esse nere.
Sono pronta.
Ma la sono davvero? Sono pronta a dire addio all'unica persona che mi abbia mai amato davvero? Devo esserlo, non posso piangere sul latte versato e anche se non ho ricevuto chiare risposte, so per certo che mamma ha preferito uccidersi che soffrire. Perché mamma non è mai stata felice con Michele, l'ho sempre letto nei suoi occhi. Ma lei era forte e cercava di superare sempre tutto, pur di non farlo pesare su di me.
Sono le dieci in punto, e dopo aver preso un enorme respiro, mi avvio verso il salotto dove tutti i miei pochi parenti sono riuniti.
La macchina dell'agenzia funebre è davanti la porta, e dai finestrini posso ben vedere la bara che contiene mia madre. Caccio immediatamente indietro le lacrime che minacciano di scendere e mi avvio verso la macchina di Michele. Con me viene la zia Tania mentre gli altri vanno con la quella del nonno: la macchina mortuaria ci precede.
Michele e la zia parlano del tempo, dicendo che sarebbe la giornata ideale per andare al mare, quasi indifferenti alla situazione e dimenticandosi completamente di me seduta sui sedili posteriori dell'auto.
La situazione mi fa alquanto agitare e continuo a prendere grossi respiri per non scoppiare in una crisi isterica o in un pianto.
Dopo essere arrivati in chiesa, succede tutto velocemente: ci sediamo, la predica inizia, la lettera da parte dello zio, qualche lacrima, la benedizione, l'accompagnamento al cimitero.
Il prete ha detto parole meravigliose ma mia madre le meritava tutte; e non sono solo io a pensarlo visto che la chiesa era piena di persone che piano piano si avvicinano a noi e ci porgono le loro condoglianze.
Stringo la mano e fingo un sorriso, cercando di non far notare a nessuno quanto mi irriti questa situazione.
Perché si, la situazione mi irrita parecchio. Tutti mi guardano con apprensione e alcuni anche con cattiveria, probabilmente pensando che la colpa sia mia. Ma la colpa non è mia, cazzo! Anzi, sono sicura che la colpa è proprio di colui che accusa me.
Michele non mi ha mai voluto bene, mi ha sempre trattata come un'estranea. E la cosa era reciproca: quasi ci ignoravamo pur essendo nello stesso spazio grande o stretto che sia, mai una parola in più è uscita dalle nostre labbra. Purtroppo lui aveva un'influenza moolto negativa su mia madre, ma evidentemente me ne accorgevo soltanto io: quante volte ho cercato di distoglierlo dai pensieri di mia madre, e altrettante volte mi hanno urlato contro entrambi. Mi hanno dato della bambina, della viziata e dell'egoista. Forse sarò modesta dicendolo, ma mai in diciassette anni questi aggettivi mi hanno descritta.
Totalmente immersa nei miei pensieri, ritorno a casa. Decido di andare a piedi, il cimitero non è molto distante e inoltre non ho per niente voglia di stare in macchina con Michele e zia Tania.
Chiamo Tony. Dentro di me so che lo faccio per non pensare a mio padre quando passo dalla strada dove ha avuto l'incidente, ma mi convinco di farlo per sapere come sta e come vanno le cose al villaggio e mi fa sorridere quando mi dice che manco a tutti. Mi fa salutare Silvia e Alessio, e contro le mie aspettative, anche Gabriele.
Con lui parlo più degli altri, ma è una cosa che non posso evitare. Mi racconta quello che di esilarante gli è successo oggi, ma quando capisce che non sono in vena di ridere, mi rassicura e mi coccola anche da lontano. Queste sono tante piccole cose, che solo lui sa farmi provare nonostante la distanza.
E c'è qualcosa di diverso in lui, lo sento da come mi scrive o da come mi parla, dalla sua voce dolce ma pur sempre roca.
A farmi ritornare alla realtà sono le sagome di quattro ragazzi che vedo via via farsi più vicine a me.
Li distinguo e istintivamente sorrido: sono Simone, Andrea, Alessia e Giorgia, gli amici più cari che ho qui in paese.
Quando siamo faccia e faccia mi abbracciano forte e per un attimo dimentico di tutto il dolore che mi causa questo paesino di montagna.
-Tesoro ma dove sei sparita? Ti avrò chiamato un centinaio di volte- mi dice Alessia mentre mi guarda. Ha sempre il suo solito sorriso e gli occhi curiosi.
-Ho avuto dei problemi- le risposto vaga. Non che non mi fidi, ma non voglio far pesare loro i miei problemi, specialmente questi che pesano abbastanza.
-Ci dispiace tanto tesoro. Purtroppo non siamo venuti al funerale perché... Abbiamo avuto da fare... Un impegno importante- dice Simone, misurando le parole e balbettando, ma non è da lui visto che da quando lo conosco, ossia dieci anni, non è mai stato un secondo zitto: nemmeno li vede i treni in corsa!
Li osservo meglio e posso benissimo notare dei costumi attaccati al collo di Alessia e Giorgia, e solo adesso noto che i ragazzi indossano le infradito: evidentemente avevano un impegno improrogabile con la piscina!
Dopo questa verità, sbattuta in faccia come fosse un pugno, mi libero di loro dicendo di essere stanca. Mi ripetono che gli dispiace e che verranno a farmi visita a casa, ma ne dubito fortemente. Ho notato in loro un comportamento diverso da come li ho lasciati.
Sembra che in due mesi si fossero completamente dimenticati di me.
Non bastava la mia famiglia, adesso anche i miei amici mi evitano e rifiutano come spazzatura.
Forse, rimanere in paese, non è poi una bella idea.
****
SALVE A TUTTI.
Come state? Io bene, finalmente la scuola è finita e posso rilassarmi.
Allora, cosa ne pensate di come sta andando avanti la storia? Secondo voi, Miranda ritornerà al villaggio o rimarrà in paese? Ancora tante cose succederanno, e spero di essere stata brava a descrivere il suo stato d'animo durante un giorno orribile come questo.
Cosa ne pensate? Mi farebbe piacere, oltre ai voti, ricevere anche qualche commento. Anche solo per sapere che la storia vi piace, perché ci sto mettendo tutta me stessa e se la storia non è apprezzata ci impiego due secondi a cancellarla.
Quindi, fatemi sapere.
Un bacio,
-Marty
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