Decisioni e arrivederci
Non aveva mai passato di certo un Natale normale lui. Sapeva cosa fosse l'aria festosa, allegra e calda del Natale. Ovvio che lo sapeva. Ma a casa sua non era mai stato così. Ad Hogwarts, quando il professor Vitious si ostinava ad addobbare l'intero castello per Natale, i suoi compagni e tutti gli studenti erano sempre elettrizzati. Si parlava di regali, di feste, di cene con genitori, parenti ed amici. Si parlava di viaggi ed appuntamenti romantici. Lui riceveva sempre il suo regalo, il più costoso di tutti se possibile, cenava nel grande e lungo tavolo di marmo nero, del salone di Malfoy Manor, in vigoroso silenzio. Poi alla fine del pasto, dove suo padre si lamentava con gli elfi che il cibo fosse troppo cotto, crudo, dolce, salato, insipido o caldo o troppo freddo, calciandoli probabilmente o lanciandogli il piatto in testa, andava in camera sua. Certo non senza aver baciato sua madre sulla guancia ed auguratole un buon Natale. Niente parenti, amici, feste, giochi. Non si ricordava un Natale passato davanti a quel dannato camino in marmo nero sempre spento, o di chiacchierare sulla scuola o sul campionato di Quiddich. Ovviamente potevano partecipare a delle feste durante le vacanze ma Draco, passata l'età di bambino infantile, non aveva più voluto partecipare. Si trattava di un mucchio di gente sadica, ricca da far schifo, grassa e saccente, che si riuniva per mangiare robaccia strana e ballare tutti in riga. Anche Theo e Blaise, capita l'antifona, non avevano più preso parte a quelle sceneggiate. Da quel momento avevano cercato di passare almeno la notte di Natale insieme. Non era più possibile dopo... dopo il Marchio. Certo che no. Così come le feste da ballo, erano sparite anche le cene in famiglia. Il Manor pullulava di Mangiamorte, e a nessuno di loro sembrava importare del Natale. Ogni uno di loro aveva un compito, assegnato poco prima che Voldemort scomparisse per un altro dei suoi lunghi e segretissimi viaggi. O non gli importava nulla del Natale o non ne avevano nemmeno il tempo di pensarci.
Si sentiva solo, abbandonato.
Sua madre Narcissa beveva come una spugna e nelle mattine era intrattabile per le forti emicranie. Suo padre Lucius non aveva un attimo di respiro, stava sempre in missione. Lui? Lui certo che era andato in missione. Aveva torturato, posseduto e purtroppo aveva visto uccidere della gente. No, non aveva ancora dovuto uccidere nessuno. Ma nei suoi incubi peggiori sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto farlo. Prima o poi, si sarebbe dovuto sporcare le mani di sangue. E se solo le grida lancinanti e supplichevoli di morte, lo facevano svegliare la notte ed urlare di terrore, chissà cosa gli avrebbe causato dentro uccidere qualcuno.
Si sentiva solo, abbandonato.
Solo una notte non si era sentito solo. Solo tra le sue braccia, vicino a quei capelli vaporosi e rossi non si era sentito abbandonato. Nel respirare l'odore di gelsomino, nell'assaporare la sua pelle lentigginosa e candida non si era sentito solo. Solo per quella notte, perso nei suoi dolci, grandi e profondi occhi ambra non si era sentito un reietto, un uomo malvagio. Perché lui lo era. Lui si sentiva un uomo malvagio. I suoi coetanei dovevano pensare a quale colore dovesse essere la carta regalo, mentre lui a quale uomo doveva essere persuaso ad unirsi alla causa del Signore Oscuro. E torturarlo, si torturarlo fin quando non veniva "persuaso". Odiava le sue mani, odiava il suo riflesso allo specchio. Odiava il suo braccio, quel maledetto marchio e come lei lo guardava con disprezzo.
Ma non si era sentito solo quando gli aveva baciato la pelle imbrattata da quell'orribile, orripilante e ripugnante tatuaggio.
Le mancava. Le mancava maledettamente. Ma cosa avrebbe dovuto fare. Si sarebbe dovuto piegare e supplicarla di amarlo?! Perché lui la amava? No. Non poteva perché lui era un Malfoy. Quando mai loro sapevano stare accanto a qualcuno, rispettarlo e non denigrarlo. Loro si sentivano sempre superiori, migliori. Non avevano bisogno dell'amore. Loro contavano l'uno sull'altro e sulle loro ricchezze. Ma allora perché sembrava che lo avesse cruciato quando aveva detto di essere confusa. Lei amava Harry? Il solo pensiero faceva in modo che le viscere gli si attorcigliassero e gli salivano i conati di vomito.
E si sentiva solo.
Certo... il bravo, puro, coraggioso, umile, dolce e perfetto Harry Potter di sicuro non torturava la gente... di certo non la possedeva e di sicuro non la uccideva. No, Harry Potter valeva cento volte lui. Lei glielo aveva detto. Allora perché avevano fatto sesso? Si, perché sesso doveva essere stato... se lui non amava e se lei voleva ancora Harry, solo di questo poteva essersi trattato. Solo. Ma allora perché ci stava a pensare? Perché dentro alla gelateria Fortebraccio si era così arrabbiato? Perché c'era rimasto male come se lo avesse pugnalato alle spalle?
Disteso sul letto a baldacchino, della sua camera ornata dai colori verde argento della sua casa, fissava il soffitto, mentre il Marchio, chissà per quale dannato motivo, bruciava e lasciava sanguinare leggermente i lembi di pelle. Sua madre gli aveva confidato, in un momento di sobrietà, che poteva capitare quando il Signore Oscuro era arrabbiato, in collera o preoccupato. Ma a lui che diavolo importava se il Signore Oscuro era in collera? A lui importava del dolore che lancinante, pulsava sul suo braccio. Stringeva le lenzuola quando diveniva insopportabile. In quei momenti ricordava Ginevra... che con le mani piccole e morbide si aggrappava alle lenzuola mentre gemeva di dolore e piacere. Lo eccitava ricordare quella notte, quei momenti, ma allo stesso tempo lo facevano star male. E lui non capiva perché diavolo il ricordo di una ragazza lo facesse stare male. Si era bella, intelligente, scaltra. Ma anche avventata, testa calda e cocciuta. E poi lui le ragazze se le portava a letto e gli spezzava il cuore. Perché con lei doveva essere diverso? Perché sentiva che con lei era diverso?
A qualche kilometro dal Manor, una ragazza stava rannicchiata, al freddo del piccolo balcone dell'appartamento dei fratelli Weasley. Osservava piccoli fiocchi di neve cadere ed adagiarsi sulla ringhiera di ferro nero e sciogliersi delicatamente. Prima Harry, poi Luna, ora...lui. Cosa doveva toglierle il mondo ancora? Di cosa ancora la doveva privare? Si strinse ancora di più le ginocchia al petto e si coprì meglio con il piumone di flanella rossa.
-Gin gin! Tieni, prendi!- la voce calda e rassicurante di suo fratello Fred la fece voltare. Le stava porgendo una tazzona fumante di cioccolata alla cannella. La ragazza sorrise senza gioia e l'afferrò. La tenne tra le mani per riscaldarsi le dita oramai blu, e poi soffiò un po' su per farla raffreddare. Vide con la coda dell'occhio Fred sedersi accanto a lei, sull'altra sediolina. –Bella giornata eh?!- esordì ironico. Ginny lo guardò torvo ma non riuscì a trattenere un sorrisetto. –Certo magari io non vorrei morire assiderato, come te... ma è uno spettacolo la fioccata!!- commentò guardando il paesino innevato e solitario. Ginny sospirò e cominciò a sorseggiare la cioccolata, riscaldandosi anche dentro.
-Fred grazie, per la cioccolata, ma non c'è bisogno che stai qui fuori!- disse atona, senza guardare il fratello.
-Gin...- iniziò con tono paternale, raramente usato con lei, anzi mai usato forse in vita sua, -sono preoccupato per te!-
-Non devi, sto bene!- abbaiò secca.
-Non sono stupido e tonto come tuo fratello Ronald! So quando qualcuno si sta autocommiserando e piangendo addosso!- rispose fissandola. Ginny finalmente si voltò a guardarlo. –E so anche che non si tratta né di Luna né di Harry, altrimenti avresti avuto quest'atteggiamento dal giorno in cui Harry è partito o che Luna è stata rapita!- la spiazzò. Occhi ambra dentro gli occhi ambra. –qualsiasi cosa sia la possiamo risolvere! Insieme o tu da sola! Ricordati: sei la mia piccola tigre!- terminò lui sorridendole. Ginny ricambiò il sorriso, per la prima volta dopo giorni si sentiva di nuovo bene.
-Grazie... ma se ti dicessi cosa è successo, non so se mi vorresti ancora bene!- rispose arrossendo. Fred le si avvicinò e lei gli fece spazio, avvolgendolo con il piumone. Rannicchiati, scomodi ma al caldo, ecco com'erano.
-Io ti vorrò sempre bene!- rispose lasciandole un bacio sulla tempia, dolcemente.
-Ok... Draco Malfoy...- lanciò la bomba e lo fissò con la coda dell'occhio per vedere l'effetto sortito solo da quel nome. Fred spalancò gli occhi e sussultò ma non disse nulla. Ginny si morse il labbro e continuò –non so come definirla... ma c'è qualcosa tra noi ed io... io ne sono... lo penso, mi manca e... mi dispiace di averlo allontanato! Ma c'è Harry... so che non stiamo insieme! Ma c'è Harry e io credo di amarlo ancora, nonostante tutto! Mi manca e ho paura per lui!- blaterò sconclusionatamente. Ma si sentì più leggera finalmente difatti aveva raccontato a qualcuno di Draco. Fred restò zitto, forse per metabolizzare il tutto. Certo sua sorella, la sua piccola sorellina dolce ed indifesa con Draco Malfoy, fresco Mangiamorte, non se lo sarebbe mai aspettato.
-Penso che sarebbe andato di traverso il succo di zucca a tutti se lo avessi detto a Natale da zia Muriel...- furono le sue prime parole. Ginny rise ma si fece seria per ascoltare il resto. –Draco Malfoy, mmh... certo bello e dannato, proprio come me!- commentò pavoneggiandosi- ma lei gli diede una gomitata. –Scusa... allora credo che la frittata oramai sia fatta, quindi Gin segui il tuo cuore! Solo questo posso dirti... non è il ragazzo che ogni fratello spera per sua sorella, ma se si è infatuato di te vuol dire che un po' di sale in zucca ce l'ha e non sarà poi così cattivo!-
-Non lo è... Fred lo hanno costretto! Puoi immaginare... non ha voluto uccidere Silente... lui il Marchio non lo voleva...- lo difese.
-Calma tigre... ho capito! Difatti sono dalla tua parte... ma devi stare attenta, non si scherza con quello che devono fare i Mangiamorte, ok?- la mise in guardia. Ginny annuì ma ancora non sapeva che fare. C'era Harry... si perché lei lo sentiva: Harry era vivo.
L'Espresso per Hogwarts ripartì verso il castello puntuale l'otto Gennaio mattina. Il freddo era pungente ed il fumo del treno più denso e scuro del solito. Molti Mangiamorte ed i Carrow erano presenti alla stazione e li videro salire ad uno a uno. Gli studenti erano meno di quelli arrivati a scuola a Settembre, ma Ginny era tra quelli, dopo aver urlato per ore contro la madre. Sapeva perché Molly non voleva mandarla, aveva più paura dopo il rapimento di Luna. Ma lei aveva l'ES, insieme a Neville, da tenere in piedi e poi... poi ad Hogwarts poteva esserci lui. Trovato Neville si unì a lui, Seamus, Lavanda, Calì e Colin nello scompartimento. Durante il viaggio parlarono molto delle lezioni dell'ES e dei Carrow. Giunti al Castello, disfecero i bagagli e andarono a cena. Il solito brusio era molto meno eccitato visto il numero ridotto di studenti e subito dopo il pasto corsero nella stanza delle necessità per ricontrare tutti i membri.
Le lezioni, le punizioni, le notti con l'ES ripresero. E anche gli incontri segreti con Blaise. Finalmente era riuscita con la maledizione Imperius, spinta dalla rabbia che pensare ai Mangiamorte che avevano rapito Luna, causava. Avevano iniziato così a definire le basi della maledizione Cruciatus e averla provata su se stessa era un punto a suo sfavore. A chi poteva voler infliggere o solo augurare un insieme di dolori così strazianti e lancinanti? Per non parlare delle visioni terribili che procurava. Morte, ecco cosa le ispirava quella maledizione. Non avevano mai toccato l'argomento Draco. A lei faceva male ricordare i suoi occhi delusi e Blaise, anche se avrebbe voluto, era stato minacciato da Draco di non dire nulla. Con un silente accordo perciò nessuno dei due, per il primo mese, affrontò l'argomento.
-Bene direi che possiamo provare Ginevra... ricordati che è solo un Molliccio e non provano dolore... e che devi volerlo!- la rossa annuì alle parole di Blaise, puntò la bacchetta contro il baule e Blaise lo aprì. Con enorme stupore e paura il Molliccio non divenne il solito porcellino d'india ma assunse le sembianze di Amycus Carrow. Alto, leggermente ricurvo, olivastro e con il suo ghigno sbilenco e malvagio, si avvicinò a Ginny pericolosamente. Per un attimo, stordita, abbassò la bacchetta.
-Ginevra...?- la esortò Blaise preoccupato. Ginny si scosse e fissò Amycus nei piccoli occhi pece. La solita luce fanatica la fece rabbrividire ma allo stesso tempo infuriare. Ricordò le sue unghia che con lascivia le palpeggiavano la coscia e poi urlò.
-CRUCIO!- Amycus si gettò a terra e iniziò ad urlare e a contorcersi per il dolore. Ginny avanzò verso il finto professore, con la bacchetta puntata mentre il getto rosso si dissolveva man mano che Amycus rotolava verso il baule, dove infine si rifugiò. Blaise lo richiuse e poi andò incontro a Ginny abbracciandola. Risero di gusto e felici. Ginny era orgogliosa di se stessa. Sapeva che erano illegali e terribili quelle maledizioni, ma doveva saperle usare se voleva avere una speranza di difendersi in quella guerra. Al solito la riaccompagnò, più pimpante rispetto alle prime lezioni, fino al ritratto della Signora Grassa.
-'Notte Ginevra!- la salutò
-Blaise?-
-Uhm, si?- si voltò incuriosito.
-Come sta?- chiese imbarazzata. Lui sorrise compiaciuto.
-Perché non glielo chiedi tu stessa?- domandò e poi girò i tacchi più velocemente possibile, sparendo nel buio della gradinata. Ginny sorrise. Lui era lì. E lei? Lei doveva andare da lui? Di sicuro con un calcio l'avrebbe buttata fuori dalla camera questa volta. Ma non dovette rimuginarci tanto su perché, come sempre, i piedi avevano di nuovo una loro volontà, loro sapevano dove andare. Incurante e avventata, non si accorse di aver percorso un corridoio dall'aria familiare. Con le dita lambì la parete di pietra. Da un pilastro all'altro tracciò ghirigori e fissò la sua mano fare quei movimenti. Lei conosceva quel muro. Lo ricordava come fosse ieri. Quando con il suo stesso sangue aveva tracciato la frase suggeritale da Tom Riddle...
La camera dei segreti è stata aperta, nemici dell'erede temete.
Non erano ghirigori quelli che tracciava erano proprio quelle lettere. Così impresse nella sua mente... Ancora. Forse per quello era così attratta da Draco nonostante il Marchio Nero, nonostante la facesse soffrire quel rapporto malato, tossico e segreto che avevano. Lei era stata "toccata" dal male e ne aveva subito il fascino. Aveva subito il fascino del lato oscuro e ne portava ancora le tracce. Si chiese cosa ci fosse di sbagliato in lei. Si sentiva malata, marcia dentro. Ma era di nuovo di fronte alla porticina rovinata dalle termiti di Draco Malfoy e bussò. Nessuno venne alla porta e nessuno rispose. Ginny provò a controllare se la porta non fosse chiusa a chiave e addirittura non era neanche stata abbassata la maniglia. Aprì lentamente con una strana sensazione nelle viscere che le aveva causato un groppo nella gola. Aveva paura. Si guardò intorno: cocci di vetro, schegge di bottiglie di whisky e vino erano sparsi a terra. Sangue, sul pavimento c'era sangue. Le sfuggì un urlo strozzato e si portò le mani alla bocca.
-DRACO?- urlò disperata. Corse verso il salone e lui non era lì. Poi si precipitò in bagno, spalancò la porta con il terrore ormai che le scorreva nelle vene. Restò pietrificata: il corpo nudo di Draco era rannicchiato nella vecchia vasca calcarea, in una pozza di sangue. Nel suo braccio sinistro, lì dove troneggiava orripilante il Marchio Nero, cocci appuntiti di vetro erano infilzati ed il sangue usciva impetuoso e continuo dalle vene che si era lacerato. –No, no no Draco... ma che hai fatto? No, no, resta con me! Resta con me!!-
Per prima cosa levò il tappo dello scarico e lasciò andar via l'acqua dalla vasca per evitare che il sangue uscisse ancora più velocemente. Iniziò a piangere. Le sue lacrime salate si mischiarono all'acqua ed i suoi gemiti strozzati destarono Draco. Lui la guardò con occhi socchiusi e terribilmente stanchi, deboli come polvere d'argento. Ginny non capì se la riconobbe. –Resta qui! Resta qui con me!!- piagnucolò disperata. –DRACO!- urlò quando lui svenne nuovamente. Ginny deglutì e si fece coraggio. Cominciò ad estrarre ad uno ad uno i frammenti di vetro e questo fece perdere ancor più sangue al ragazzo. –IGNES! IGNES! Ti prego appari... Draco ha bisogno di te...- urlò tra i singhiozzi.
PLOP.
-CORRI IGNES PORTA A PADRON MALFOY BENDE, GARZE, DEL DISINFETTANTE E CIBO, PRESTO! PUOI FARLO SE TE LO ORDINO IO?- gridò tra le lacrime.
-Si, si... p...per p...padroncino M...Malfoy si!- si smaterializzò e rimaterializzò in pochi minuti con tutto l'occorrente.
Entrambe riuscirono a togliere i frammenti di vetro del tutto e a pulire e disinfettare le varie lacerazioni. Poi mentre Ignes tenne fermo il braccio, Ginny lo medicò, non lasciando più alla vista ne il Marchio ne le ferite.
-E' stata lei signorina? A ferire Padroncino Malfoy?- chiese spaventata Ignes.
-No, no Ignes... se lo è fatto da solo! Grazie piccola! Non raccontare a nessuno di tutto questo, mi raccomando!- rispose Ginny materna. Ignes annuì e sorrise a Ginny, che era sempre così gentile con lei, ed ora anche con il suo padrone. Poi si smaterializzò, lasciandola sola con Draco. Ginny pulì la vasca e, nell'armadio cercò una coperta e con quella avvolse il corpo di Draco, quasi esanime per via dell'emorragie. Era freddo, sudato ed il respiro quasi assente. Gli toccò la fronte e scottava perciò cercò di svegliarlo. Entrò nella vasca, scostandolo, così che fece aderire la schiena di Draco al suo torace e per far in modo di entrare entrambi, lei aprì le gambe accogliendo tutto il peso del ragazzo. Prese a carezzargli i capelli, il collo e a lasciargli dolci baci sul retro del collo. –Ti prego... non lasciarmi... Draco svegliati...- sussurrò trattenendo altre lacrime. Passarono minuti interminabili e strazianti.
-Hai... v...visto? Or...ora non c'è p...più...- balbettò con un filo di voce impercettibile.
-Cosa? Cosa Draco... parlami... resta sveglio!-
-Il M...Marchio... l'ho t...tolto! Quanto v...valgo ad...adesso?- le domandò tremante di freddo e stanco. Ginny singhiozzò più forte. L'aveva fatto per lei. Per quello che lei aveva detto si era lacerato la pelle e stava morendo dissanguato. Per lei. Lo abbracciò stretto.
-No! No Draco non dovevi! Non m'importa nulla del Marchio, pensavo l'avessi capito! Ero arrabbiata... non dovevi fare nulla di così stupido!-
-Ho paura...- sibilò Draco alzando il capo per poterla guardare negli occhi. Lei lo strinse ancora più forte.
-Ci sono io adesso! Ci sono io... non ti lascerò andare via! Devi restare con me!- lo rassicurò teneramente. Lo fece mangiare e rivestire, per poi scortarlo a letto, dove lei si rannicchiò vicino a lui. Con le poche forze che gli erano rimaste la abbracciò e lei si intrecciò al corpo lievemente più caldo, del biondo. Lui non ebbe la forza di dire o fare più nulla che si addormentò. Ginny vegliò sul suo corpo tutta la notte.
Nelle mattinate, mentre ancora il biondo era assopito, cambiò la fasciatura e lo tastò accorgendosi che non scottava più. Il sudore la informò che la febbre stava scendendo e avvisò Ignes di portare altro cibo.
-B...buon giorno!- udì Ginny mentre sistemava le ampolle di disinfettante. Si voltò di scatto e corse al suo capezzale.
-Come stai?- chiese speranzosa.
-Meglio... grazie! Non dovevi...- disse freddo. Ginny indurì l'espressione.
-TU NON DOVEVI!- gli urlò. –DICI CHE IO SONO COCCIUTA, AVVENTATA E TESTARDA! ANCHE STUPIDA! TU SEI STUPIDO! GUARDA COS'HAI FATTO?! STAVO MORENDO DALLA PAURA IERI SERA!- sbraitò gesticolando come una matta e cominciando ad andare avanti e indietro per la stanza. Lui la fissò adirato. Lo aveva insultato e non aveva le forze per gridarle altrettanti "complimenti". Mise il broncio e si voltò per non guardarla. Lei gli fu addosso. Lo afferrò per il mento costringendolo a guardarla negli occhi. –Perché?-
-Perché mi ripugni! Perché io... tu...- la baciò. Le prese il viso tra le mani e la baciò con foga, premendo impetuosamente le sue labbra contro quelle rosse di Ginny. Spinse la sua fronte contro quella di lei, fino a far male. Fu Ginny a cercare la sua lingua ed iniziò a giocarci. Quel sapore, quelle sensazioni, aveva bisogno di tutto quello. Aveva bisogno di quel veleno, di quell'oblio. La prese per le spalle e la strinse come per paura che lei potesse fuggire. Lei gli agganciò le braccia al collo e poi cercarono ossigeno. Ma si strinsero in un lungo abbraccio impaurito.
-Io... non ti ripugno! Solo che tutto è così difficile... ho paura anch'io!- soffiò Ginny sul collo niveo e ossuto di Draco. La strinse più forte.
-Aspetterò!- fu la risposta del ragazzo. Ginny si staccò per guardarlo in viso. Era confusa. –Aspetterò l'arrivo di Potter... aspetterò che tu faccia chiarezza dentro di te!- aggiunse abbassando lo sguardo.
-Grazie!- sibilò grata. Veramente grata ma confusa. Non se lo sarebbe mai aspettato dal petulante, impaziente, presuntuoso e borioso Draco Malfoy. Ogni cosa e chiunque lui volesse lo otteneva sempre, Ginny questo lo sapeva bene. Aveva sentito le chiacchiere ed i pettegolezzi su di lui, su come trattava le ragazze o meglio su come usava le ragazze. L'aveva spiazzata. Che davvero tenesse a lei? –Per me non è stato solo sesso!- aggiunse imbarazzata. Lui cercò i suoi occhi per scorgerne tracce di bugie o incertezza. Ma come sempre era limpida, pura e trasparente.
-Cosa mi hai fatto Ginevra? Ammetti di avermi rifilato un filtro d'amore... ammettilo!- rispose frustrato. Ginny rise teneramente, prese il dorso della sua mano e lo baciò.
-Sono innocente! Forse anche il piccolo, freddo e nero cuore di Draco Malfoy può essere conquistato!- rispose con malizia e un pizzico di boria.
-E quello di Ginevra Weasley?- chiese spiazzandola ancora.
-Lo scoprirò! Lasciami il mio tempo... non voglio giocare con i tuoi sentimenti, te lo giuro!- rispose seria e con occhi tristi.
C'era Harry. Dannazione c'era sempre Harry tra i suoi pensieri. Era vivo? Era vicino? Quando l'avrebbe rivisto? E se lo avesse rivisto che effetto le avrebbe fatto?
-Va bene...- rispose con tristezza nella voce ma rassegnato a non poter ribattere più nient'altro. –Ma non aspetterò per sempre... solo il suo arrivo, poi dovrai scegliere!- disse con voce ferma. Lei annuì.
-Ce la fai a smaterializzarti? Non puoi restare qui! Fa troppo freddo e ti tornerà la febbre!- cambiò discorso la rossa. Draco assentì e, prima dell'ora di colazione in Sala Grande, Ginny lo vide sparire ancora una volta.
-Paciock?- Blaise sussurrò a denti stretti. Ginny e Neville erano appena usciti dalla Sala Comune e si erano ritrovati Blaise Zabini davanti, appena sbucato da dietro ad una delle bronzee armature. I due Grifondoro si avvicinarono spaventati al Serpeverde. Blaise diede un'occhiata dietro di sé e dopo essersi assicurato che non vi era nessuno, tornò a guardare Neville.
-I Carrow sospettano di te! Mi hanno chiesto di tenerti d'occhio... credo che abbiano capito dove sparite ogni tanto... si sono accorti che avete molta fretta alcune sere di finire la vostra cena!- confidò intimorito. Ginny si sentì spaventata e cercò la mano di Neville e la strinse forte. Neville ricambiò e le sorrise.
-Me lo aspettavo, dopo Luna e la storia del Cavillo... cercano altro materiale pro Harry Potter!- commentò pensieroso il ragazzo.
-Non andrò a dire di certo dove andate, visto che partecipo anch'io tra l'altro! Ma si aspetteranno delle risposte e non saprò più che dire ad un certo punto...- constatò Blaise, guardandosi ancora intorno.
-E' da un po' che ci pensavo... ma credo sia meglio sparire per sempre! Tanto la scuola non serve a niente adesso!- rispose risoluto, come se avesse pensato a lungo, per giorni, e fosse arrivato ad una conclusione lampante. Ginny si corrucciò e lo fissò interdetta.
-Che vuoi dire Paciock? Spiegati!- gli ordinò innervosito il Serpeverde.
-Ho deciso di rifugiarmi nella Stanza delle Necessità per sempre, fino alla guerra!-
-Ma non puoi vivere là!- sentenziò Ginny. Neville sorrise e fece spallucce.
-Oramai è meglio di un albergo a cinque stelle quella stanza, e il cibo ce lo passa Aberforth! Meglio di così... non impariamo nulla ultimamente qui e la guerra è vicina! Meglio allenarsi che sentire Alecto e i suoi sproloqui su quanta cacca mangiano i babbani!- spiegò tranquillo. Ginny però era preoccupata, non voleva essere lasciata sola, ma nemmeno vivere confinata nella Stanza delle Necessità con lui. Va bene allenarsi, ma si sarebbe sentita soffocata dopo un po', sempre lì dentro.
-Ti verranno a cercare lo stesso! E se dovessero scoprire per sbaglio di quella Stanza, da qualcuno dei professori magari?- commentò Blaise grattandosi il mento.
-Combatterò! Cos'ho da perdere?!- rispose come se fosse l'unica risposta ovvia da poter dare. Ginny non era d'accordo era preoccupata per lui. –Ovviamente ogni uno dei membri è il benvenuto: più siamo più ci si diverte!- detto questo sorrise ad entrambi e si allontanò per andare a cena.
-Quello lì è tutto matto!! Tu che farai Ginevra? I Carrow ti stanno col fiato sul collo, se sparisce Paciock ti tortureranno fin quando non parlerai! Ormai puniscono anche senza un buon motivo!-
-Non ho voglia di rinchiudermi nella Stanza delle Necessità ma è vero: non ha più senso seguire le lezioni... tutti si stanno preparando per combattere... tutto l'Ordine! Noi ci alleniamo ma se i Carrow oltre te mettono qualcuno altro a spiarci, siamo tutti in pericolo!- rispose frastornata Ginny.
-Vattene via! Usa quel passaggio per la Testa di Porco e va dalla tua famiglia! Lì sarai al sicuro!-
-Sarebbe un'altra prigione!-
-Ma sopravvivrai!- constatò severo. Ginny sospirò indecisa ma a conti fatti lui aveva ragione. Se Neville aveva deciso di sparire lei doveva andarsene. Così tornò a guardarlo negli occhi ed annuì.
-Mi mancherai! Mi mancherà Neville... ma non ho più motivo di restare qui!- disse pensando al mese scorso... a Draco. Neanche c'era traccia di Harry.
-Sono sicuro che sta bene... sono stati chiamati in missione molto lontano, ma lui sa cavarsela! C'è Lucius con lui...- disse come se le avesse letto il pensiero.
-E tu te la caverai?-
-Fin quando resto qui e mi fingo il tirapiedi dei Carrow, starò bene!- rispose con un sorriso smagliante e fascinoso. Ginny ricambiò il sorriso, e separatamente, andarono a cena.
Così quella stessa sera, durante l'ultima riunione dell'ES, salutò i suoi compagni ed amici. Alcuni di loro si unirono a Neville, in quella strana vacanza. Altri ancora decisero che sarebbero andati via, e tornati solo in caso di guerra. Ogni uno di loro, semmai c'era da scendere in campo, voleva combattere.
Fu suo fratello Bill a venirla a prendere alla Testa di Porco. Si smaterializzarono a casa di zia Muriel, dove c'erano anche i gemelli. L'aria le sembrò strana. Quasi festosa. Molly corse ad abbracciarla, ma Ginny si accorse che la donna aveva le lacrime agli occhi ancor prima di vederla arrivare.
-Che succede mamma?- domandò perplessa.
-Ron! Ron è vivo! È da Bill e Fleur!! Con lui ci sono Harry ed Hermione!! E hanno liberato Luna!!!- chiocciò tra le lacrime la donna. Ginny rimase a bocca aperta. Tutte quelle informazioni date così. Le sembrò un fulmine a ciel sereno. Si sentì strana: come se si fosse abituata all'assenza che oramai era impossibile sentire quei nomi.
Harry.
-Sono tornati... è tornato...- sussurrò a se stessa. Era felice? Non sapeva come sentirsi. Spaventata, preoccupata, contenta? Se erano tornati qualcosa bolliva in pentola. Ma stavano bene, questo era l'importante. Si sentì osservata. Fred la osservava preoccupato.
-Possiamo andare a trovarli?- tentò Ginny.
-No no tesoro... è troppo rischioso! Non possiamo più rischiare di essere rintracciati nei camini... se trovassero Harry, proprio per colpa nostra poi...-
-Accontentiamoci di sapere che stanno bene! Vero Bill?- il fratello annuì convinto.
-Difatti io vado! Non mi vedrete per un po'... almeno fin quando Harry starà da noi!- disse Bill prima di scomparire.
-Tesoro c'è qualcos'altro che devi sapere!-
-Cosa?- chiese spaventata.
-Il papà di Ninfadora... è stato... ucciso!- singhiozzò. Ginny si sentì morire. La povera Tonks aveva già dovuto sopportare che suo padre non fosse presente al suo matrimonio né durante la gravidanza. E ora? Ora non avrebbe nemmeno conosciuto il suo nipotino. Povera Tonks... chissà come doveva averla presa nello stato in cui stava adesso.
-Immagino che non possiamo nemmeno andare da Andromeda a trovare Tonks vero mamma?- domandò già rassegnata Ginny.
-No tesoro... restiamo qui! È meglio! Se la caverà: ha sua madre e Remus!- rispose dolcemente lasciandole dei buffetti sulla guancia lentigginosa. Ginny sospirò e dopo aver salutato tutti e cenato si rintanò nella vecchia cameretta che aveva occupato durante le vacanze di Natale. L'unico pensiero che pulsava forte nella testa e nel petto era lui. Harry... lui era lì... a qualche kilometro di distanza. Finalmente era tornato. Chissà se gli avrebbe fatto piacere vederla... lei desiderava vederlo, perdersi nei suoi occhi, farsi raccontare tutto. Ma quando pensava ai mesi che l'aveva tenuta lontana contro la sua volontà, saliva anche tanta rabbia. Come poteva essere arrabbiata con lui? Dopo quello che di sicuro aveva rischiato, come poteva essere in collera con Harry Potter?! Tra mille pensieri tristi ma anche dolci, rimembrando le giornate tra le sue braccia all'ombra dei castagno della Foresta Proibita, si assopì.
L'indomani si sentì più leggera. La notizia che Harry era vivo, e anche Hermione e suo fratello, e che presto lo avrebbe rivisto, la rendevano più radiosa e felice. La felicità crebbe a dismisura qualche giorno più tardi quando arrivò Remus ad annunciare la nascita del piccolo Teddy! Stapparono lo Spumante Fiammante, che zia Muriel custodiva gelosamente, perché costosissimo. Fecero le congratulazioni all'uomo e mandarono tanti baci alla neomamma.
-Professor Lupin?- le abitudini erano vecchie a morire,
-Si Ginny dimmi?!- rispose bonariamente Lupin. Ginny gli consegnò un bigliettino. Sapeva che sarebbe andato da Bill e Fleur ad annunciare la novella e ne approfittò.
-La dia ad Harry! È una lettera...- sussurrò. Il mago annuì e dopo aver salutato tutti con un cenno della mano e ringraziatili dell'affetto, sparì. Gli aveva scritto poche righe...
Caro Harry, come stai?
Spero bene! Mi auguro che presto io e te possiamo rivederci... mi sei mancato.
Con amore Ginny.
Poche righe e semplici parole, come semplice era Harry e come semplice era stata la loro storia, così pura ed innocente. Ancora più felice di aver preso la decisione di restare a casa, andò a letto.
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