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25

Lo destò un refolo d'aria fresca entrato dalla finestrella spalancata. Shamira, coi gomiti appoggiati al davanzale della loro soffitta, guardava fuori dandogli le spalle, evidentemente interessata da quanto stava vedendo.

Tavish se ne rimase disteso, più colpito da quel che notò all'improvviso, che curioso di scoprire cosa avesse catturato l'attenzione della sua amica, ancora in camicia da notte.

Gli orli le arrivavano appena ai ben torniti polpacci. Quando erano approdati in quella stanzetta dal soffitto a punta, le sfioravano le caviglie snelle. Possibile che Shamira fosse cresciuta tanto senza che lui nemmeno se ne accorgesse?

Il suo sguardo risalì lungo il profilo ben disegnato dal morbido tessuto del sottile indumento, che rivelava, più che nascondere, la linea slanciata delle gambe, la curva invitante dei fianchi e...

Tavish distolse lo sguardo vergognandosi della propria stessa impudenza. Che gli era saltato in mente di spiare Shamira a quel modo? Era poco più di una ragazzina! E poi era sua amica e si fidava di lui. Non doveva nemmeno permettersi di...

Arrabbiato per la piega insidiosa presa dai suoi pensieri, si spinse così bruscamente a sedere che finì con lo sbattere con la testa contro una trave del soffitto inclinato.

- Tavish! Ti sei fatto male? - esclamò Shamira volgendosi al tonfo improvviso.

- Non è niente. Me lo merito - borbottò massaggiandosi la sommità del cranio.

- Come dici? - chiese la fanciulla convinta di aver capito male.

- Nulla, non mi badare. Vestiti, piuttosto, o prenderai freddo con quella finestra aperta. -

- Tavish, stamattina sei proprio strano! Prendere freddo in una giornata così bella? - rise la ragazza inconsapevole dei suoi crucci. - Persino il movimento in strada pare diverso. È arrivata la primavera, finalmente! Non te ne accorgi? -

- Anche troppo, temo - sospirò lui pensieroso, afferrando la camicia ripiegata sulla sedia accanto al letto e indossandola. Quando sbucò col capo dall'indumento, per poco non andò a sbattere nuovamente contro la trave.

Shamira era davanti a lui e chinandosi per osservarlo, e al contempo evitare di sbattere nel basso soffitto con la fronte, aveva finito per portare entro il suo campo visivo quel che lenta scollatura della camiciola non celava molto bene.

- Sei caldo! - disse la fanciulla posandogli la piccola mano sulla fronte. - Non avrai la febbre? - chiese preoccupata.

- Sto... Sto benissimo! - assicurò dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte. - Do-dobbiamo sbrigarci o faremo tardi allo squero. -

E così dicendo, cercando di sottrarsi alle premure del suo esame, distogliendo lo sguardo da quella vista conturbante e tentando di riguadagnare la posizione eretta, per la seconda volta provò col cranio la solidità della travatura.

- Non dire niente. Sto bene. Pensa a vestirti - bofonchiò a prevenire nuovi pericoli.

- Certo che stamattina sei proprio strano - ribadì perplessa la fanciulla, decidendosi comunque ad assecondarlo.

Senza ulteriori incidenti di natura lignea, i due giovani infine scesero in strada, dove il viavai pareva effettivamente più vivace del consueto, percorso da una segreta eccitazione carica di attesa.

- Ma che fanno lì? - chiese Shamira stupita, vedendo alcuni uomini robusti impegnati a issare un alto palo in mezzo alla piazza principale.

- Ora capisco! Sono i preparativi per il Calendimaggio - disse Tavish.

- Calendiche? -

- Calendimaggio. Una specie di festa della primavera. Ci saranno saltimbanchi, bancarelle, sfide tra i rioni della città. Nel tuo villaggio si festeggiava il cambio delle stagioni? -

- Da noi ce n'erano solo due. Quella delle piogge e quella secca. E quella delle piogge non ricordo di averla mai vista... -

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