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Capitolo 9

Il primo giorno di lavoro arrivò: il sole brillava nel cielo e il clima era così afoso che Silvia non sapeva cosa indossare. Di sicuro, non era l'ideale passare il secondo sabato di giugno dentro a un salone di parrucchieri con cinque asciugacapelli accesi e zero aria condizionata.

«Ricordatemi perché Claudio non vuole accendere l'aria condizionata?» chiese uno dei parrucchieri, mentre Silvia spazzava i capelli tagliati dal pavimento.

Claudio era il capo che aveva offerto un part-time per un full-time, quindi l'erbetta non era tanto sorpresa di sentire quei commenti su di lui.

«Perché le bollette costano più di tutti noi», rispose qualcun altro.

Lavorare lì, per quella giovane ragazza super-sfruttata, divenne la sua quotidianità, e di questo ne era abbastanza sicura emotivamente. Fece amicizia con Rebecca, la collega che l'aveva chiamata per offrirle il lavoro, nonché la più giovane. Ogni tanto uscivano insieme, sotto le continue richieste della più anziana. Non c'era bisogno di dirlo: Silvia non era riuscita a tenere la bocca cucita con lei. Rebecca aveva già tutte le informazioni più intime riguardo la piccola erbetta.

Per tutto il mese di giugno, le sue giornate si svolgevano così: usciva la mattina presto, andava al lavoro, mangiava un panino nella piccola pausa di dieci minuti, tornava a pulire il pavimento fino alle sette di sera e poi aiutava la madre con i gemelli e la casa. Tutto si era trasformato in un circolo vizioso che a Silvia piaceva, e così continuò per circa un mese. Fino a quando quel Sandro Michelini cominciò di nuovo a mandarle dei messaggi. Inizialmente, l'erbetta li ignorò per non rovinare quella quotidianità che tanto amava, ma poi cedette e cominciò a rispondere.

Sandro Michelini ti ha scritto un messaggio: Ti ho visto oggi, sai?

Iniziò ad essere insistente e lei non volendo essere maleducata, prese il telefono in mano.

Lui scrisse: Oggi stavi bene con le trecce!

Quindi, questo precludeva l'idea che lui l'avesse vista, che fosse passato dal beauty salon e che l'avesse notata proprio in quel momento.

Finite le sue mansioni, Silvia decise di rispondere al messaggio su Instagram con decisione e fermezza.

Da quel momento, iniziarono a scambiarsi messaggi, così tanti che il giorno e la notte sembravano non avere più alcuna importanza. Discuterono di musica, citazioni, hobby, abitudini e delle casualità del passato. Si erano già incontrati, proprio come aveva detto Sandro: in metropolitana si erano scambiati sguardi curiosi, e sulla corriera si erano visti più volte mentre erano in compagnia. Non c'era dubbio che i due fossero stati condotti dal destino fino a quel punto. Silvia sapeva che doveva vivere il momento, anche se spesso, nel futuro, si sarebbe pentita di quella scelta. Ma questo, per ora, poco importava, perché i due stavano appena iniziando a conoscersi.

Decisero di incontrarsi dal vivo dopo un mese intenso di messaggi. Era un sabato soleggiato il giorno in cui si incontrarono. Lui l'aspettava fuori dal beauty salon, con le mani infilate nei jeans e uno sguardo da maschio alfa che nascondeva un evidente imbarazzo.

Sandro Michelini non era poi così diverso da molti ragazzi della sua età. Nato nel 2000, mostrava il solito atteggiamento dei suoi coetanei: petto in fuori e bocca leggermente arricciata. Anche fisicamente, non si distingueva troppo. Aveva le spalle larghe, una pancia che cercava di nascondere sotto maglie larghe e un'altezza imponente. I suoi occhi erano dello stesso colore del cielo limpido, con sfumature che richiamavano i campi d'erba; i capelli, di un biondo pallido, ricordavano la luce del sole, e la barba, sempre ben curata, era della stessa tonalità. Sembrava quasi una figura mitologica, una sirena, e Silvia, quando incrociò il suo sguardo, ne fu ammaliata.

«Ciao.»

«Ciao.»

«Non pensavo venissi qua a lavorare...»

«Lo so, ma volevo vederti il prima possibile.»

Silvia sorrise. Era un gesto molto dolce da un lato, ma quasi invadente dall'altro. L'erbetta, però, vide solo il bicchiere mezzo pieno. Voleva essere positiva, soprattutto perché desiderava innamorarsi. Aveva una grande voglia di innamorarsi, di sentire il cuore brillare, di percepire le bollicine nel petto e le farfalle nello stomaco.

«È stato gentile. Dove vuoi andare?»

«Andiamo al parco.»

Il primo incontro fu carico di imbarazzo; i due giovani iniziarono a camminare verso il parco in silenzio e, quando arrivarono, si sedettero su una panchina.

«Mi hai detto di avere dei tatuaggi, posso vederli?» chiese Silvia.

Sandro annuì. Sembrava pensieroso, ma nella sua mente c'era solo una cosa: le sue labbra.

L'erbetta iniziò a toccarli con delicatezza, chiedendogli il significato di ogni tatuaggio. Sandro, stringendo i denti e trattenendo il respiro, spiegò il significato di ogni macchia d'inchiostro sulla sua pelle. La tensione era alle stelle. Erano così vicini che potevano percepire il respiro dell'altro. I loro occhi erano fissi, costantemente impegnati a fissarsi. In quel momento, la nostra piccola e cara erbetta, che amava la routine, voleva uscire dai suoi schemi e diventare l'eroina della propria storia, ricca di colpi di scena. Il desiderio era così forte da parte di entrambi che le loro labbra erano quasi pronte a sfiorarsi.

"È troppo presto", si disse la vocina interiore della ragazza, che sussultò nello stesso istante.

In quel momento, sembrò che ci fossero due Silvia: una, più rigida e ligia alle regole, e l'altra, più audace e spontanea, che di solito emergeva quando con l'erbetta c'era Marica.

«Non puoi assolutamente fidarti così facilmente di questo tipo. Da quanto tempo ci parli? Due settimane.» disse Silvia, rigida.

«In realtà, è un mese e dieci giorni, ma chi li conta? Non vedi la chimica che c'è tra questi due?» ribatté la pazzerella.

«Chimica o non chimica, è troppo presto. Sono passati solo due mesi da quando ci siamo lasciate. Cosa avevamo detto? Non possiamo fidarci delle persone.»

«E tu invece ricordi cosa ci siamo dette? Dobbiamo lasciarci andare e seguire il nostro cuore. I nostri impulsi.»

«Segui pure i tuoi impulsi, poi però tocca a me raccogliere i pezzi del tuo cuore.» Sospirò, poi aggiunse: «A proposito di pezzi di cuore... È arrivata la mamma di Nicolas.»

«Cosa?!» Sobbalzò la vera Silvia, allontanandosi d'istinto dal corpo robusto di Sandro. Lui incrociò lo sguardo di una certa Sofia, confuso.

«Che succede?» chiese, fingendo indifferenza.

«Cambiamo posto, per favore.» balbettò lei.

«Perché?»

«È appena arrivata la mamma del mio ex e non voglio rotture proprio ora.» si scusò Silvia, imbarazzata, con la borsa stretta in mano.

«Allora andiamo.» Colse la palla al balzo, e senza esitazione si allontanarono.

«Oh mio Dio, sta venendo verso di noi!»

«Viaaa!» esclamò Sandro, prendendola per mano.

Corsero via, mano nella mano. Avrebbero potuto semplicemente girare l'angolo e risolvere la situazione, ma continuarono a correre, ridendo come due ragazzini, finché non si ritrovarono in un piccolo vicolo illuminato da due lampioni. Entrambi ansimavano: Silvia si appoggiò al muro, mentre Sandro posò le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Ridevano. L'imbarazzo di prima era ormai svanito.

«Grazie, non volevo scenate proprio oggi.» disse Silvia tra una risata e l'altra.

Sandro si raddrizzò. «Ah sì? E perché proprio oggi?»

«Perché sono con te, e voglio che funzioni.»

«Davvero?» Il giovane si avvicinò in modo imponente. «E perché vuoi che funzioni?»

Silvia trattenne il respiro. Il cuore le batteva forte. Si morse il labbro e ammise: «Perché mi piaci.»

In quel momento la Silvia pazzerella, quella che seguiva solo il cuore, prese il sopravvento.

Al suo «mi piaci», Sandro si avventò sulle sue labbra. Si baciarono, e i fuochi d'artificio partirono a tutta birra. Le loro mani esplorarono ogni curva, ogni angolo di pelle, con un'intensità che li travolse completamente.

Si staccarono a fatica, ma lo fecero.

«Wow...» sussurrò Silvia, a voce bassissima.

L'appuntamento si concluse con un bellissimo fiocchetto rosa ben piegato: lui la riaccompagnò a casa, dove la madre, sulla soglia, osservò la scena con un sorriso enigmatico.

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