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Capitolo 4

Marica arrivò venti minuti dopo. Salutò Elena, che coccolava i gemelli, e andò con Silvia in cameretta. Non appena chiusero la porta, il leone affermò: «Devi dirmi tutto nel dettaglio».

«Fanculo! Mi sono fatta mollare!» esclamò l'erbetta.

«Andiamo sotto casa sua a pestarlo, tranquilla».

«Non penso che ci sia molto da dire. Mi ha fatto intendere che mi vuole bloccare ovunque e cancellare tutte le foto che abbiamo insieme. Gli faccio così schifo! Fantastico! Quattro anni nel cesso!».

Marica prese il cellulare come un agente dell'FBI in missione. «Ha ancora le vostre foto, però ha cambiato la bio e messo una foto... Guarda!».

«È la foto che gli avevo fatto io all'inizio della nostra relazione...» disse confusa Silvia.

«Tua mamma cosa ha detto? Nicolas ha passato tanto tempo in casa con i gemelli, che cosa ne pensa?».

«Lo ha insultato praticamente per farmi ridere, ma poi sono crollata...».

«Tu come stai?» chiese il leoncino.

«Nauseata. Terribilmente nauseata e disgustata».

«Fa ribrezzo anche a me».

«Non penso di voler cenare» dichiarò Silvia. «Questa "rottura" mi ha aperto gli occhi. Ma con che cazzo di persona stavo? Magari non ha le palle per stare con una ragazza che le ha? Segue ancora troppo i genitori? Mi tradisce con un'altra? Davvero non lo so...».

«Sicuramente non avrà le palle, magari ha seguito i suoi genitori... per dire che ti ha tradito non lo so, non ci metto la mano sul fuoco. Magari con un uomo però...».

«Un uomo?».

«Silvia, in quattro anni non avete fatto praticamente nulla. Lo hai detto tu stessa e, di punto in bianco, lavora in uno studio di fotografia dove i modelli sono tutti maschi e per lo più gay? Oltretutto, hai mai pensato a ogni quanto vi vedevate da quando lui ha iniziato a lavorare lì?».

«A dire il vero... no. Dici che fosse gay?».

«Non lo so, potrebbe» disse Marica facendo spallucce.

«Ma allora, perché non me l'ha detto? Io non mi sono mai dimostrata una persona contraria! L'ho amato e... mi sento così ridicola ad avergli dato il mio cuore e la mia...».

«Non devi sentirti ridicola, devi chiudere definitivamente ogni rapporto con lui e, solo così, inizierai una nuova vita. Il tempo che dedicavi a lui, ora lo dedicherai solo a te. Lo affrontiamo insieme questo momento... inizieremo col farti stare bene con te stessa al cento per cento, perché tu hai diritto di essere felice».

«Credo di stare per piangere. Nessuno mi aveva mai detto queste cose...» si commosse Silvia.

«Ricorda che dal momento in cui tu sei felice con te stessa, allora sarai felice sempre!».

«Sono davvero disgustata! Non riesco a togliermi questa sensazione di dosso...».

«È normale ed è giusto così... affrontando questa situazione la sensazione diventerà prima un dispiacere per non esserti accorta prima di com'era lui e, in un secondo momento, un lontano ricordo di una persona che fino a un certo punto della tua vita ha avuto un ruolo positivo».

«Come hai fatto a diventare così saggia?» domandò l'erbetta con un ghigno.

«Lo sono sempre stata» affermò Marica con un sorrisino soddisfatto in viso.

«Devo distrarmi. Prova a distrarmi. Raccontami del tuo viaggio, per favore. Non mi hai detto praticamente nulla...».

«Lo so, ma è stato tutto così avventato! Ero fuori con Marco. Eravamo appena usciti dal cinema e il telefono mi squillò, ma credo che sia la cosa più giusta andare lì» farfugliò il leone.

«Piano. Piano. Piano. Hai mischiato tutte le cose! Eravate usciti dal cinema e chi ti ha chiamato?» chiese Silvia.

«Florian».

«Chi è Florian?».

«Mio cugino di primo grado. I miei zii sono dei veri stronzi» affermò Marica.

«L'hai fatto ancora una volta. Hai mischiato due discorsi!» esclamò l'erbetta.

«Scusa, non volevo. Dicevo che i miei zii sono dei veri, ma proprio veri stronzi, perché non aiutano Florian».

«In che cosa?».

Improvvisamente Marica divenne cupa e un po' in imbarazzo, perché non voleva fare pena. Odiava fare pena alle persone. «A mio cugino Florian è stata diagnosticata una malattia terminale e, non avendo i genitori vicini, ha chiamato me e...».

«Mi dispiace» la interruppe Silvia.

«No, cioé... grazie. È solo stato stupido. Mi ha chiamato dopo mesi e doveva chiamarmi subito».

«Dove abita, dunque? Nel senso... dove ti trasferisci?».

«In Trentino. Dovrò fare sette ore di treno, ci credi? Comunque è un piccolo paesino che Florian chiama... Aspé ... Dobi... no... Tobi... no... ah sì! Si chiama Dobbiaco!».

«E quando dovresti partire?».

«Fra qualche giorno, credo. Voglio raggiungerlo il prima possibile».

«Sì, credo di sì! Ma con Marco? Come farai?» domandò Silvia.

«Lui non verrà con me. Non è d'accordo che io parta e comunque ci frequentiamo da pochissimi mesi. Non ho intenzione di rinunciare a mio cugino, oltretutto malato, per un pischello che ho incontrato in discoteca» dichiarò Marica.

«Vorrei avere il tuo coraggio» affermò Silvia.

Era una dichiarazione priva di valore, perché entrambe le ragazze possedevano tanto coraggio, solo che il loro era diverso.

Marica era coraggiosa nei confronti della società: era cresciuta in un ambiente familiare positivo. A cinque anni si iscrisse a ginnastica artistica, un ambiente sociale assai nocivo. Un giorno cadde dalle parallele e non poté più praticare quello sport. Era triste, ma contava sulle sue compagne di squadra, finché esse non le voltarono le spalle, deridendola. Da quel momento il leone dorato non diede più a nessuno il potere di prenderla in giro. Silvia, invece, era l'esatto contrario: aveva un passato familiare burrascoso, se non pericoloso, e questo aveva influito parecchio sulle sue amicizie.

Le due ragazze passarono la serata a guardare film su Netflix e dormirono insieme sul divano, come non avevano mai fatto, mentre Elena rimase in camera da letto con i gemellini. Era contenta di vedere la sua bambina un po' più sollevata, ma non riusciva a togliersi dalla testa l'ultima frase che sua figlia aveva detto:

Perché tutti mi feriscono?

Si sotterrò con le sue stesse mani. Non avrebbe mai potuto rimediare al dolore che le aveva causato. Al dolore che suo padre le aveva causato.

Perlomeno Silvia sarebbe andata dalla psicologa il giorno dopo, e di questo Elena era contenta. Un risvolto positivo di una vicenda molto brutta, di cui entrambe le donne non volevano mai parlare.

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