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capitolo 22

Elenì cercò di smorzare la tensione che aleggiava nell'aria, ma più ci provava, più sembrava che le sue parole si perdesero in un silenzio denso, pesante, come un muro invisibile. "Ti presento Silvia", disse con un sorriso forzato, cercando di alleggerire la situazione, ma Christoph non reagì. Non la guardò nemmeno. Il suo sguardo era fisso, lontano, quasi come se non fosse lì con loro, ma altrove, in un posto oscuro da cui non riusciva a uscire.

Lui rispose solo con una breve e fredda: "Torno a cambiarmi. Se hai notizie, fammele sapere." Le parole furono come lame, seghettate, che scivolavano via senza lasciare traccia. Non c'era più la calda gentilezza che lo contraddistingueva, non c'era più la sua risata, quella che spesso faceva sembrare tutto più facile. Christoph, il ragazzo che prima riusciva a farla sorridere anche nei giorni più grigi, ora sembrava un'ombra, una figura silenziosa che vagava nel vuoto.

Elenì provò a scrutarlo, ma non ci riuscì. Ogni volta che cercava di avvicinarsi, lui si allontanava, costruendo intorno a sé una barriera impenetrabile. Non voleva più affezionarsi. Non voleva sentire nulla. Sembrava che il dolore, che lui portava dentro di sé, l'avesse trasformato in una persona diversa, qualcuno che si chiudeva, si proteggeva da tutto. Da tutti.

Lei, con il cuore che si stringeva, non sapeva più cosa fare, come raggiungerlo. La sua mente ripercorreva le tante volte in cui avevano parlato, scherzato, condiviso sogni, speranze. Ma adesso tutto era diverso. "Che sta succedendo?" si chiedeva, cercando di decifrare quei cambiamenti improvvisi che la stavano facendo sentire così persa, così incapace di fare qualcosa. Lui non rispondeva, non parlava di quello che era successo. Un muro di silenzio lo separava dal mondo, da lei, da tutti.

Le ore passarono inesorabili, eppure il tempo sembrava fermo. Ogni minuto era un peso che non riuscivano a scrollarsi di dosso. Il telefono di Elenì squillò all'improvviso, distogliendo momentaneamente l'attenzione dalla tensione che la circondava. Era Marica. La sua voce, tremante, le fece battere il cuore più forte. "Florian ha avuto un'emorragia", disse, e la notizia la colpì come un pugno allo stomaco. "Sta meglio, ma dovrà rimanere in ospedale per un po'". Le parole suonarono vuote, lontane. Il pensiero che Florian fosse in ospedale, fragile, vulnerabile, la fece sentire impotente. Eppure, era come se la preoccupazione per lui non fosse la sola cosa a farle tremare.

Cristoph, che non aveva più nulla da dire, che sembrava sfuggire ad ogni tentativo di essere raggiunto, era il pensiero che la tormentava. La sua indifferenza, la sua freddezza, erano diventate una ferita che non guariva. Le sue azioni non si spiegavano più. Ogni giorno, sembrava che fosse più lontano, come se la sua anima avesse deciso di staccarsi dal corpo, di non voler più soffrire. Eppure il dolore che traspariva da lui era così evidente che non c'era modo di ignorarlo. Era come se avesse deciso di non lasciarsi avvicinare per paura di soffrire ancora di più, per paura di amare e perdere. Ma in questo continuo chiudersi, Christoph stava perdendo tutto, anche sé stesso. E lei, Elenì, non sapeva se avrebbe mai potuto fare qualcosa per fermare quella caduta.

Nonostante tutto, nonostante la distanza che cresceva tra di loro, Elenì non poteva arrendersi. Non poteva lasciare che Christoph si perdesse in quel buio da cui non sembrava più in grado di uscire. Ma come fare, quando ogni suo tentativo di avvicinarsi veniva respinto? Come restare forte, quando il suo cuore si spezzava in silenzio, vedendo quell'uomo che una volta amava diventare un'ombra della persona che conosceva? La battaglia dentro di sé era continua, ma l'unica cosa che sapeva fare era sperare, sperare che un giorno Christoph potesse trovare la forza di guardarla negli occhi e dirle cosa fosse successo, cosa lo stesse davvero ferendo. Ma se non avesse mai trovato il coraggio di farlo, cosa sarebbe rimasto di loro?

Elenì tornò a casa sua, il cuore ancora pesante per tutto quello che stava accadendo. La casa, che di solito era un rifugio, quella sera sembrava più vuota che mai. Le pareti sembravano assorbire la tensione che la circondava, mentre il pensiero di Christoph, ormai distante e freddo, continuava a martellarle la mente. Aveva bisogno di tempo per capire, per rimettere insieme i pezzi, ma la situazione con Marica e Florian non dava tregua. Sospirò, si sedette sul divano e si lasciò avvolgere dalla solitudine. Aveva bisogno di fare chiarezza, ma non sapeva da dove cominciare.

Marica tornò a casa, con il cuore che batteva forte nel petto. La notizia di Florian l'aveva scossa, ma non c'era tempo per soffermarsi troppo su di essa. Doveva affrontare un'altra realtà, quella che riguardava Silvia. Si sentiva come se il mondo le stesse crollando addosso, ma non voleva lasciarsi sopraffare. Doveva essere forte, non solo per Florian, ma anche per la sua amica.

Quando entrò in casa, trovò Silvia sul divano, con lo sguardo perso nel vuoto. Non c'era bisogno di chiedere cosa stesse pensando, lo si vedeva nei suoi occhi. La sua espressione era quella di chi aveva vissuto qualcosa che lo aveva cambiato, qualcosa che non poteva più dimenticare.

Marica si sedette accanto a lei e, senza dire una parola, le prese una mano. Il contatto fisico, quel gesto silenzioso, fu tutto quello che servì a farle capire che non c'era bisogno di chiedere come stesse. Silvia si girò lentamente verso di lei e, con un filo di voce, cominciò a parlare.

Marica e Silvia stavano sedute sul divano, la stanza immersa in un silenzio pesante che sembrava avvolgere tutto intorno a loro. Il cuore di Silvia era ancora in subbuglio, e il pensiero di ciò che aveva passato con Sandro, il suo ex fidanzato, la tormentava da giorni. Le sue mani erano nervosamente intrecciate, come se cercassero qualcosa per tenersi aggrappate, qualcosa che le facesse sentire meno fragile.

Era Marica a rompere il silenzio, ma con una domanda che avrebbe potuto sembrare banale, se non fosse stato per tutto ciò che c'era dietro: "Silvia... ti ricordi di Sandro?"

Silvia si irrigidì, e per un attimo i suoi occhi si riempirono di un velo di paura e tristezza. La menzione di Sandro le faceva ancora male, più di quanto fosse disposta a riconoscere, ma Marica non poteva ignorare quello che stava vivendo la sua amica. Non poteva lasciare che rimanesse tutto nascosto.

"Lo so che è un nome difficile da sentire per te," continuò Marica, con voce più dolce, "ma devi sapere che se vuoi parlarne, sono qui."

Silvia chiuse gli occhi per un momento, come se stesse cercando di mettere ordine nei suoi pensieri, ma le immagini di quel passato l'avevano raggiunta e non se ne volevano andare. Finalmente, con un filo di voce, Silvia parlò: "Mi sembra di non poterlo mai dimenticare, Marica. Ogni tanto... penso che, forse, se avessi fatto qualcosa di diverso, se avessi capito prima quello che stava succedendo, le cose non sarebbero andate così."

Marica la guardò, preoccupata. "Non è colpa tua, Silvia. Non è mai stata colpa tua."

Silvia sentì la tensione dissolversi un po', ma il peso di ciò che aveva vissuto non poteva essere ignorato. "Lo so, lo so che non è colpa mia, ma a volte è come se non riuscissi a lasciarlo andare. Non so se è perché è stato il mio primo amore, o se c'era qualcosa in me che voleva credere che le cose potessero cambiare. Ma la verità è che Sandro... mi ha distrutta."

Marica strinse forte la sua mano. "Mi dispiace così tanto, Silvia. Se potessi fare qualcosa per cancellare quel dolore, lo farei. Ma quello che voglio che tu sappia è che ti voglio bene, e sono qui per te. Sempre."

Silvia alzò lo sguardo, e per la prima volta da tanto tempo, sentì una piccola fiamma di conforto. "È difficile, Marica. Perché mi sento come se una parte di me fosse ancora intrappolata in quel ricordo. Sandro mi ha fatto del male in un modo che non riesco a descrivere. Non era solo fisico, Marica. Era mentale, emotivo... ha preso ogni pezzo di me e lo ha ridotto in frantumi. Mi faceva sentire come se non valessi niente. Ogni volta che cercavo di alzarmi, lui mi riportava giù."

Marica chiuse gli occhi, lasciando che quelle parole risuonassero nel suo cuore. Non poteva immaginare la profondità di quel dolore, ma vedeva bene il peso che portava Silvia. "Nessuno, Silvia, nessuno merita di vivere qualcosa del genere. E non voglio che tu creda che in qualche modo lo avessi meritato. Non eri tu, non lo sei mai stata."

Le parole di Marica, sincere e piene di amore, toccarono Silvia nel profondo. "Lo so... lo so che non era colpa mia. Ma è come se avessi perso me stessa in quella relazione. Avevo paura di tutto e di tutti. E ogni volta che cercavo di scappare, lui mi riprendeva e mi faceva sentire come se fossi l'unica a doverlo salvare. Ma non era vero. Non potevo salvarlo, e non potevo salvare nemmeno me stessa."

Il cuore di Marica si strinse nel sentire quanto Silvia stesse ancora lottando, anche se in modo silenzioso. Sapeva che l'eco di quello che le era successo non se ne sarebbe andato facilmente, e che, per Silvia, sarebbe stato un lungo cammino.

"Ma oggi, tu sei forte, Silvia," disse Marica, cercando di infondere in lei un po' di quella forza che pensava di non avere. "Non è facile, lo so. Ma tu non sei più quella persona. Hai fatto passi enormi per ricostruirti, per ritrovare chi sei veramente. E ogni giorno che passa, ti stai prendendo indietro la tua vita."

Le lacrime cominciarono a scorrere sui volti di entrambe, ma non erano lacrime di disperazione. Erano lacrime di liberazione, di consapevolezza. Silvia, anche se ferita e segnata, stava finalmente riuscendo a vedere la sua forza interiore.

"Lo so," disse infine Silvia, con la voce rotta. "Mi fa paura ammetterlo, ma in qualche modo lo so che sto cercando di guarire. E so che non sarò mai più quella che ero prima. Ma mi sto ricostruendo, passo dopo passo."

Marica sorrise, stringendo ancora una volta la sua amica. "E io sarò qui, ogni passo del cammino."

Le due rimasero in silenzio per un momento, il peso delle loro parole ancora nell'aria. Non c'erano risposte facili, non c'erano soluzioni rapide. Ma sapevano entrambe che, insieme, avrebbero potuto affrontare qualunque cosa, anche i ricordi dolorosi del passato. Perché, alla fine, l'amicizia, la verità e il coraggio erano il cammino per guarire. E Silvia non era più sola.

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