capitolo 21
Silvia era seduta sul divano, completamente immersa nei suoi pensieri. La casa sembrava vuota, vuota non solo di persone, ma di emozioni. Il silenzio era opprimente, rotto solo dal suono delle sue stesse riflessioni. Florian era stato portato in ospedale da Marica, ma Silvia non riusciva a scrollarsi di dosso quel senso di smarrimento che le attanagliava il cuore. Era sola, in un angolo di casa che ora sembrava diverso, come se fosse cambiato, come se il mondo stesso fosse cambiato con l'assenza di Florian. Si sentiva distante, quasi estranea alla sua stessa vita.
Il telefono le vibrò improvvisamente sulla tavola, un richiamo che la strappò dal torpore in cui si era cacciata. Un messaggio di Sandro. La sua insistenza era palpabile, nelle parole che gli aveva scritto. "Mi manca vederti, Silvia. Ti va di vederci, anche solo per un momento?" Era strano come le sue parole suonassero ormai così lontane, come se non appartenessero a quel presente che la stava consumando. Come se la sua vita fosse ormai una lunga attesa che non aveva più forma, né scopo. Poche parole, ma tanto dolore tra le righe.
Poi, un altro messaggio, questa volta di sua madre, un tono che non lasciava spazio a discussioni. "Per colpa tua sono venuti gli assistenti sociali per i gemelli. Non pensi mai alle conseguenze, Silvia?" Le parole della madre le bruciarono nella mente, come una frustata che non la lasciava respirare. Quel "per colpa tua" risuonava in lei, una verità che non riusciva a digerire, ma che non poteva neanche ignorare. Si sentiva giudicata, responsabile, eppure non riusciva a comprendere come avesse potuto fermare tutto ciò che stava accadendo. Era troppo tardi per fermare la ruota che ormai girava senza controllo.
Il rumore di un campanello la scosse. Chi poteva essere a quell'ora? Non aspettava nessuno. Si alzò lentamente, il passo pesante, e si avvicinò alla porta. Quando la aprì, si trovò davanti una donna che non conosceva, ma che per qualche strano motivo le sembrava di riconoscere. Un volto che non le era estraneo, ma che non riusciva a collocare nel puzzle della sua vita. Un volto che Florian le aveva descritto, una donna di cui aveva visto qualche foto sparsa qua e là nella sua camera, ma che ora era lì, davanti a lei.
"Tu devi essere Silvia," disse la donna con voce calma, ma carica di una tristezza che Silvia non riusciva a comprendere. "Io sono Elenì."
Il nome la colpì come una freccia. Elenì. Si ricordava di quel nome, ma solo dai racconti di Florian, dalle parole frammentarie che lei stessa aveva ascoltato senza mai fare troppo caso. Non era mai stata importante per lei, fino a quel momento. Ora, Elenì era una presenza tangibile, una persona reale che stava varcando la soglia della sua casa, e con essa una nuova realtà che Silvia non aveva mai previsto.
"Sì," rispose, il cuore che batteva più forte. "Sono Silvia, ma... come mai sei qui?" La domanda le uscì senza pensarci, più per il bisogno di rompere il silenzio che per vera curiosità. Si rese conto di quanto fosse strano trovarsi faccia a faccia con una persona che sapeva tanto di lei attraverso gli occhi di Florian, ma che non aveva mai avuto l'opportunità di conoscere davvero.
Elenì la guardò intensamente, come se stesse cercando di decifrare qualcosa che non riusciva a vedere. "Florian mi ha parlato molto di te," disse, "e so che non stai vivendo un momento facile."
Le parole di Elenì, così semplici e sincere, la colpirono come un vento improvviso. Quelle poche frasi sembravano avere più peso di mille discorsi, come se portassero con sé una verità che Silvia non riusciva ad afferrare del tutto. Florian le aveva parlato di lei? Per un istante, la sua mente corse veloce, cercando di mettere insieme i pezzi di un quadro che ora sembrava frammentato e confuso.
"Come sta Florian?" chiese, senza pensare, ma con una certa urgenza. La sua voce tradiva un'ansia che non riusciva a nascondere, nonostante l'apparente tranquillità.
Elenì la fissò per un attimo, quasi indecisa su come rispondere. Poi, con un sospiro, rispose: "Florian sta male, Silvia. È in ospedale, ma non è solo un problema fisico. C'è molto di più che non ti ha mai detto."
Quelle parole, quelle rivelazioni inaspettate, la lasciarono senza fiato. Un altro pezzo del puzzle stava prendendo forma, ma il quadro che ne stava uscendo non era certo quello che si aspettava.
Silvia si sentì sopraffatta da un misto di confusione e paura. Non poteva credere che Elenì, la fidanzata di Florian, fosse davvero lì davanti a lei, eppure la sua presenza, il suo sguardo, erano così reali. Non c'era più spazio per le illusioni, per il conforto che Florian le aveva dato nelle settimane precedenti. Non era più solo il ragazzo che le aveva sorriso con una dolcezza che ora le sembrava lontana, ma una persona che portava con sé un mondo di segreti, un mondo che lei non conosceva. Un mondo che Elenì sembrava sapere fin troppo bene.
"Mi scuso per il disturbo," iniziò Elenì, il tono della sua voce ora più morbido, quasi come se cercasse di rendere meno pesante il momento. "So che probabilmente non ti aspettavi una visita da parte mia. Non mi ero mai presentata prima, eppure ho sentito parlare molto di te da Florian. La tua amicizia con lui sembra essere qualcosa di importante, e sono sicura che lui ti tiene molto."
Silvia non sapeva come rispondere. Si sentiva stranamente fuori posto, come se stesse entrando in una dimensione che non le apparteneva. Un'amica di Marica, conosciuta da poco da Florian. Così si era definita fino a quel momento. Quella realtà le sembrava un'ombra che si allungava sempre di più, facendola sentire estranea al mondo che stava cercando di comprendere.
"Florian ti ha mai parlato di me?" chiese Elenì, con una dolcezza che aveva qualcosa di doloroso. Non sembrava giudicare, ma sembrava sperare che tra le parole di Florian ci fosse qualcosa che potesse renderla parte di quel momento.
Silvia abbassò lo sguardo, il cuore che batteva forte. "Sì... sì, ma non molto. Ci siamo conosciuti da poco. Solo attraverso Marica, davvero." La sua voce tremò mentre rispondeva, incapace di trovare un altro modo per spiegare quanto fosse estranea a quella storia che ora la stava travolgendo. Non aveva idea che Florian fosse così legato a una persona come Elenì, che avesse una storia così profonda con lei, che ci fosse qualcosa di più grande che le sfuggiva. Si sentiva come se avesse appena scoperto che il terreno sotto di lei era molto più instabile di quanto avesse immaginato.
Elenì la guardò per un lungo istante, come se stesse cercando di capire la verità dietro ogni parola che Silvia pronunciava. Poi, con un filo di voce, le disse: "Capisco. E forse per questo è così difficile parlarne. Ma Florian... Florian sta attraversando un momento difficile. E non è solo per il suo stato fisico. È più profondo di così."
Silvia sentì un nodo in gola. "Cosa intendi dire?" la sua domanda uscì quasi senza che se ne accorgesse, come se fosse stata spinta da una forza che non riusciva a controllare.
"Florian ha avuto una vita difficile," Elenì proseguì, e questa volta la sua voce si fece più carica di emozione. "E ha sempre cercato di proteggere le persone che ama da quello che ha vissuto. Mi ha parlato di te, Silvia. Non in modo chiaro, ma ho capito che sei una delle poche persone con cui si sente in qualche modo al sicuro. Ma anche lui... ha paura di lasciarsi andare. Ha paura di mostrarsi vulnerabile."
Silvia si sentì come se quella rivelazione le avesse tolto il respiro. Florian, il ragazzo che lei conosceva come una presenza sicura, che l'aveva rassicurata nei momenti più difficili, stava nascondendo un mondo di sofferenza che non era mai venuto alla luce. E adesso, in quel preciso istante, stava scoprendo che l'affetto che credeva di nutrire per lui era solo una parte di una realtà che non aveva mai sospettato. Come se la sua amicizia con Florian fosse un frammento, un pezzetto di una storia più complessa e dolorosa che non le era mai stata rivelata.
"Ma come posso aiutarlo, se non so cosa stia passando?" chiese, la sua voce carica di disperazione.
Elenì si avvicinò un passo, i suoi occhi pieni di preoccupazione. "Florian ha bisogno di qualcuno che gli dimostri che non è solo, che non deve affrontare tutto da solo. Ma deve anche capire che non può nascondersi dietro la sua facciata. Ha bisogno di te, Silvia, ma ha bisogno di te in modo diverso. Non come un'amica che cerca di consolarlo, ma come qualcuno che gli dia la forza di guardare dentro di sé, di affrontare ciò che lo sta distruggendo."
Silvia sentiva che quelle parole avevano una forza che non riusciva a ignorare. Ma c'era anche un'altra sensazione che la tormentava. Elenì è la sua fidanzata. Florian aveva scelto un'altra persona, aveva una vita parallela che lei non conosceva. Eppure, quella verità non sembrava essere un ostacolo. Le parole di Elenì sembravano sincere, piene di una preoccupazione autentica per lui. Non c'era competizione tra loro, solo il desiderio di fare il possibile per aiutare la persona che entrambe amavano, ognuna a suo modo.
"Non so se sono pronta a farlo," confessò Silvia, abbassando lo sguardo, come se la paura la stesse soffocando. "Non so se posso essere quella persona per lui."
Elenì la guardò con un'espressione comprensiva, ma allo stesso tempo ferma. "Non c'è una preparazione giusta per affrontare quello che Florian sta vivendo, Silvia. Ma tu sei qui, ora. E questo conta più di quanto tu possa immaginare."
Silvia si sentiva completamente sopraffatta dalla situazione. Ogni parola che usciva dalla bocca di Elenì sembrava carica di un'emozione che lei non riusciva a comprendere appieno. Si sentiva piccola, inadeguata, come se fosse in un ruolo che non riusciva a interpretare. Non era abbastanza forte, abbastanza esperta, abbastanza... tutto. Florian aveva bisogno di qualcuno che fosse in grado di stargli vicino senza timore, senza ansia, ma Silvia non riusciva a toccare quel livello di forza. Non riusciva a comprendere tutto il peso di ciò che Elenì stava attraversando, e nemmeno la difficoltà di Florian. Non riusciva a farlo, perché si sentiva troppo lontana, troppo nuova nella sua vita per essere un punto di riferimento in un momento come quello.
Elenì, d'altro canto, non sembrava nemmeno accorgersi della confusione di Silvia. Ogni pochi secondi, i suoi occhi si posavano sul telefono, come se ogni vibrazione potesse essere la notizia che tanto attendeva, come se Florian potesse chiamarla in qualsiasi momento per rassicurarla, anche se sapeva che lui non l'avrebbe mai fatto. Il suo viso, di solito soave, ora era segnato dalla preoccupazione. I suoi capelli castani, che di solito portava raccolti in un morbido chignon, erano sciolti, più disordinati del solito, mentre il suo viso, appena velato di trucco, rifletteva la stanchezza e il turbamento interiore. Elenì stava cercando di tenere insieme i pezzi, ma ogni vibrazione del suo telefono la faceva sobbalzare, con un'ansia che le paralizzava i movimenti. Si sentiva impotente, persa in quella situazione in cui nulla sembrava sotto controllo.
Silvia, nel tentativo di interrompere il vortice di tensione che sembrava avvolgerle entrambe, decise di cambiare argomento, sperando che qualcosa di diverso potesse alleggerire l'atmosfera. "Mi racconti di tua sorella, Elisea?" chiese, il tono curioso ma anche un po' titubante, come se cercasse di entrare in contatto con qualcosa di meno minaccioso. "Florian mi ha parlato di lei, qualche volta... diceva che avete un legame speciale."
Elenì, che fino a quel momento aveva guardato ogni messaggio con crescente frustrazione, sembrò distrarsi per un istante, guardando Silvia con un'espressione più morbida. "Elisea..." rispose, le sue labbra accennando un sorriso leggero, ma gli occhi velati dalla preoccupazione. "Elisea è la mia roccia. È una ragazza forte, indipendente, ma ha anche una sensibilità che non tutti vedono. Non ci siamo trasferite, Silvia. Noi siamo sempre state qui, da sempre. Ma a volte... a volte sembra che tutto ci scivoli addosso, come se nulla ci toccasse veramente. È difficile spiegare."
La sua voce tremò appena, ma Elenì cercò di mantenere il controllo. "Adesso, però, è più difficile. Non so come stia reagendo a tutto questo, alla malattia di Florian, ai suoi problemi... So che cerca di essere forte per me, ma so che le pesa. Le pesa davvero."
La voce di Elenì era un sussurro triste, quasi come se parlare di Elisea fosse l'unico modo per restare aggrappata a qualcosa che avesse un senso. La preoccupazione per sua sorella, così simile alla sua per Florian, la faceva sembrare vulnerabile, come se quella forza che mostrava di solito fosse solo una maschera.
Silvia ascoltava in silenzio, cercando di comprendere quanto fosse pesante quella solitudine che Elenì sentiva. Non sapeva come rispondere, quindi rimase lì, muta, finché non si sentì un rumore inaspettato alla porta. Un colpo secco, seguito da un'entrata senza preavviso.
La porta si aprì senza bussare, e un uomo entrò di corsa. Un uomo alto, dalla pelle chiara, con capelli corvini e occhi azzurri che sembravano brillare di un'intensa ansia. Christoph. Il volto che di solito mostrava una calma quasi glaciale ora era scuro, tirato, segnato dalla preoccupazione. Era completamente bagnato di sudore, come se fosse appena corso senza sosta, e la sua postura, solitamente composta, ora tradiva una frenesia incontrollabile. Si fermò nel mezzo della stanza, respirando affannosamente, il suo respiro spezzato come se avesse corso chilometri per arrivare lì.
"Ho saputo che Florian è di nuovo in ospedale," disse, la voce bassa ma urgente, come se ogni parola gli fosse costata fatica. Non sembrava aver notato Silvia immediatamente, il suo sguardo era fisso su Elenì, come se cercasse disperatamente una risposta che non voleva essere pronunciata. "Come sta? Cosa è successo?" Chiese con un tono che tradiva la sua frustrazione, come se non fosse più in grado di trattenere la sua preoccupazione. "Non possiamo aspettare, dobbiamo sapere cosa sta succedendo."
Elenì lo guardò, ma il suo sguardo era perso, incapace di rispondere immediatamente. Le sue mani tremavano mentre cercava le parole, ma nulla usciva dalla sua bocca. "Non lo so, Christoph..." mormorò infine, la voce rotta. "Non ho notizie precise. Stiamo aspettando, ma non sappiamo nulla di più. Non c'è niente che possiamo fare... se non sperare che arrivi una notizia."
Christoph non sembrò soddisfatto dalla risposta, il suo sguardo si fece più intenso. "Non possiamo solo aspettare. Non posso restare qui senza sapere," disse, la sua voce ora più ferma, ma anche più carica di angoscia. Il suo corpo sembrava pronto a scattare, come se fosse sull'orlo di una decisione che non riusciva a prendere.
Elenì abbassò lo sguardo, come se ogni parola che usciva dalla bocca di Christoph fosse un peso che le gravava ancora di più. Non c'era nulla che potesse fare, nessuna risposta che avrebbe potuto alleviare la tensione. Le sue parole, di nuovo, furono appena udibili: "Non possiamo fare altro che aspettare."
La stanza era immersa in un silenzio pesante, carico di tensione e incertezze. Silvia, pur trovandosi lì, non riusciva a essere parte di quella sofferenza, sembrava un'osservatrice distante di una realtà che non conosceva, ma che la faceva sentire come un'intrusa. La speranza sembrava svanire lentamente, lasciando spazio alla paura di un destino incerto. Christoph, con le mani strette in pugni e gli occhi colmi di una frenesia che non riusciva a nascondere, rimase immobile, in attesa di una notizia che non arrivava.
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