capitolo 16
Il silenzio tra loro era diventato insopportabile, ma non c'era alcuna paura nel guardarsi, solo una certa rivelazione di desiderio e vulnerabilità. Ogni respiro sembrava un battito d'ali, un passo verso qualcosa che entrambi sentivano senza volerlo ammettere. Sandro restava lì, immobile, gli occhi fissi su di lei, ma con una calma che non faceva che aumentare la tensione. Silvia, dal canto suo, sentiva il cuore battere forte nel petto, come se ogni battito fosse il preludio a qualcosa che stava per accadere.
Il suo respiro si fece più profondo. L'aria tra loro sembrava densa, come se tutto si stesse preparando a un'implosione. Eppure, non c'era nessuna fretta. Nessuno dei due voleva rompere l'incanto di quel momento, ma al contempo c'era quella strana sensazione di non riuscire più a trattenere nulla.
Sandro fu il primo a muoversi, ma lo fece con dolcezza, avvicinandosi di un passo e poi fermandosi di nuovo, come se volesse darle tempo. Con un gesto lento, quasi impercettibile, si spostò una ciocca di capelli dal viso di Silvia, lasciando che la sua mano sfiorasse delicatamente la sua pelle. Il contatto fu lieve, ma provocò una scossa che le corse lungo la schiena.
Il suo sguardo si fece più intenso, un invito silenzioso, e Silvia si sentì travolta da un'improvvisa ondata di emozioni che non riusciva a capire. La sua bocca si aprì leggermente mentre respirava, e quello spazio tra di loro sembrava allargarsi, pronto ad essere colmato da qualcos'altro.
Lentamente, ma con un'incredibile delicatezza, Sandro si avvicinò di più. I suoi occhi scivolarono sulle sue labbra, e poi risalirono nei suoi occhi, cercando conferma. Silvia, tremante, non si tirò indietro. La sua bocca si aprì, come un invito, e in quel preciso istante tutto il mondo sembrò svanire.
Il primo contatto fu dolce, un bacio lieve, quasi timido, come una promessa non detta. Le labbra di Sandro toccarono le sue con cautela, e Silvia sentì un brivido che partì dalla punta dei piedi e salì lungo la sua schiena. Era un bacio che sapeva di "come se", di "potremmo", ma che ancora non aveva preso forma. Non c'era urgenza, solo il dolce desiderio di conoscersi, di fare un passo dopo l'altro.
Poi, qualcosa cambiò.
Il respiro di entrambi si fece più affannato, e le labbra si trovarono di nuovo, ma questa volta con maggiore intensità. Sandro spostò una mano dietro la testa di Silvia, tirandola delicatamente verso di sé, mentre lei rispondeva al bacio con crescente passione, come se avesse finalmente lasciato andare tutte le paure. I suoi corpi si avvicinarono, le mani di lui scivolarono sulle sue spalle, mentre quelle di Silvia si ancoravano al suo petto, sentendo il battito del suo cuore accelerare sotto le sue dita.
Il bacio divenne più profondo, più vorace, come se non ci fosse più spazio per la paura, per l'incertezza. Le labbra di Silvia si aprirono sotto quelle di Sandro, permettendo a lui di esplorare con più audacia, di scoprire ogni angolo del suo desiderio nascosto. I respiri si incrociavano, le lingue si toccavano con una sensazione di urgenza che nessuno dei due sembrava voler frenare.
Silvia sentiva la sua pelle bruciare, il suo corpo rispondere in modo istintivo, come se tutto il resto fosse diventato superfluo. Il mondo fuori dalla stanza non esisteva più. C'era solo quel bacio, quel momento che li stava consumando entrambi, facendoli sentire più vicini di quanto avessero mai pensato possibile.
Sandro la baciava con una passione che la travolgeva, ma c'era anche una dolcezza in ogni suo gesto. Non c'era fretta, non c'era pressione, solo il desiderio di entrare nel mondo dell'altra persona, di condividere qualcosa che, pur non dicendo nulla, stava diventando tutto.
E quando finalmente si staccarono, entrambi erano ansiosi, ma non spaventati. Il respiro di Silvia era irregolare, ma non sentiva più quella paura che la tratteneva. Guardò Sandro negli occhi, i suoi occhi pieni di una luce che non aveva mai visto prima, come se ora fosse davvero possibile lasciarsi andare.
"Sandro..." disse, la voce tremante ma decisa. "Non so cosa succederà dopo, ma non voglio più fermarmi."
Sandro sorrise, ma c'era una scintilla di complicità nei suoi occhi.
"Non dobbiamo fermarci," rispose, mentre la sua mano scivolava sulla sua pelle, con la promessa che il momento che avevano appena vissuto non sarebbe stato l'ultimo.
Appena saliti sul letto, l'atmosfera tra Silvia e Sandro sembrava ancora carica di tensione, ma c'era anche qualcosa di più lieve, come se il loro legame stesse evolvendo in qualcosa di più intimo. Il respiro di Silvia si era fatto più profondo, e per un attimo, si sentì più sicura, ma poi la realtà, quella piccola voce dentro di lei, cominciò a farsi sentire più forte.
Silvia si staccò delicatamente dal bacio, sentendo il cuore battere più forte, ma stavolta non era per il desiderio. C'era qualcosa che la fermava, una sensazione che non riusciva a ignorare. Si alzò un po' dal letto, mettendo una leggera distanza tra loro. Le sue mani si strinsero nervosamente tra loro, e la sua voce tremò quando finalmente parlò.
"Sandro... aspetta."
Lui la guardò, confuso per un istante, poi si sedette un po' più lontano, lasciando che la tensione tra di loro si stemperasse per un momento.
"Va tutto bene?" chiese, cercando di leggere negli occhi di Silvia. Non sembrava infastidito, ma c'era una leggera preoccupazione nel suo sguardo.
"Io... non so se posso andare oltre," rispose Silvia, cercando di raccogliere le parole. "Non sono pronta. Voglio fermarmi qui."
Sandro la guardò per qualche secondo, cercando di capire, e poi annuì lentamente. Non c'era rabbia nei suoi occhi, solo comprensione. Si alzò dal letto, avvicinandosi a lei con calma.
"Va bene, nessun problema," disse con un sorriso gentile. "Se vuoi, possiamo fare qualcosa di diverso. Non dobbiamo fare nulla che non vuoi."
Poi, con un accenno di complicità nei suoi occhi, aggiunse: "Che ne dici di un massaggio? Niente di complicato, solo qualcosa di rilassante."
Silvia lo guardò, indecisa per un momento, ma poi, sentendo il suo tono rassicurante, decise di dargli fiducia. Le sue spalle erano tese, il corpo pieno di stress accumulato, e l'idea di un massaggio sembrava il giusto compromesso. Si sdraiò sul letto, cercando di rilassarsi mentre lui si preparava.
Sandro iniziò lentamente, le sue mani che scivolavano delicatamente sulla schiena di Silvia. All'inizio era piacevole, il tocco era fermo ma delicato, quasi come una carezza. Il suo corpo cominciò a distendersi, e per un attimo, Silvia sentì di essere al sicuro, di poter respirare senza preoccupazioni. Ma poi, qualcosa cambiò.
Le mani di Sandro, che prima erano leggere e tranquille, diventarono più insistenti. Il suo tocco si fece più profondo, un po' più energico, quasi come se cercasse di ottenere qualcosa di più. Silvia non capiva cosa stesse succedendo, ma un fastidio cominciò a insinuarsi dentro di lei. Non era il tipo di massaggio che si aspettava. Le mani di Sandro, pur non essendo dure, sembravano voler spingere oltre i suoi limiti.
Un piccolo brivido di disagio le percorse la schiena, ma cercò di ignorarlo. Tuttavia, dopo qualche attimo, un dolore lieve ma acuto si fece sentire. Non era fisico, ma piuttosto un senso di disconnessione tra ciò che il suo corpo stava provando e la tranquillità che aveva cercato di costruire.
"Sandro, fermati..." disse, con un filo di voce, mentre sentiva quel piccolo fastidio crescere. Le sue mani si alzarono istintivamente per fermarlo.
Sandro si fermò subito, ma il suo viso si fece serio. "Mi scuso," disse rapidamente, visibilmente preoccupato. "Non volevo farti male, ti assicuro che non era mia intenzione."
Silvia lo guardò negli occhi, cercando di raccogliere se stessa. Non voleva che lui si sentisse in colpa, ma sentiva che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Non riusciva a mettere a fuoco, ma c'era quella sensazione di insoddisfazione che non riusciva a ignorare.
"Va bene, davvero," disse con una voce quasi impercettibile. "Non è il massaggio... è solo che... non sono pronta per quello che succede dopo."
Sandro annuì, e si avvicinò lentamente. Si sedette accanto a lei, con una mano sulla sua spalla, senza cercare di forzare nulla.
"Non c'è bisogno di fare nulla che tu non voglia, Silvia. Va bene. Non voglio che tu ti senta sotto pressione."
Silvia chiuse gli occhi per un momento, respirando profondamente. La sua mente era piena di confusione e incertezze, ma sentiva che lui non la stava giudicando. Sentiva, in qualche modo, che quello che stava accadendo non avrebbe cambiato ciò che c'era tra loro.
"Grazie," disse infine, la voce ancora fragile. "Non sono pronta a fare tutto questo. Non ancora. Devo solo andare in bagno"
Sandro le sorrise, con una comprensione che andava oltre le parole.
"Prenditi tutto il tempo che vuoi, Silvia. Non c'è fretta.»
Silvia si alzò velocemente dal letto, il cuore ancora che batteva forte, come se avesse appena corso una maratona. Si sentiva scossa, il corpo teso e la mente in subbuglio. Aveva bisogno di un momento per se stessa, per fare chiarezza, per ritrovare quel minimo di controllo che sentiva di aver perso.
Si diresse verso il bagno, senza nemmeno guardare Sandro. Si sedette sulla tavoletta del wc e si accorse di quello che era appena accaduto. Non era stato un massaggio, ma un rapporto. Un rapporto non voluto e dichiarato.
Ecco perché le aveva fatto male a un certo punto.
Ecco perché si era sentita strana.
Si pulì velocemente stupendosi della quantità di sangue e cercò di calmarsi.
L'acqua fredda scrosciò sulla sua pelle mentre si sciacquava il viso, cercando di rilassarsi, di respirare. Le sue mani tremavano, ma non era solo per il dolore che aveva sentito poco prima. Era qualcosa di più profondo, una sensazione di confusione, di paura. Come se avesse appena varcato una soglia che non era pronta ad attraversare.
Si guardò allo specchio per un istante. Il suo viso era pallido, gli occhi ancora pieni di quella tensione che non riusciva a scrollarsi di dosso. Respirò profondamente, cercando di mettere ordine nei pensieri. "Calmati," si disse. Ma la calma sembrava un concetto lontano, come una promessa che non riusciva a mantenere.
Dopo qualche istante, decise di uscire dal bagno. Sandro era ancora lì, seduto sul letto, in silenzio. La sua presenza era confortante, ma allo stesso tempo, lo sentiva distante, come se tra di loro ci fosse una barriera invisibile che ora sembrava insormontabile.
"Sandro," disse, la voce un po' più debole di quanto avesse voluto. "Mi scuso... ma credo che dovrei andare."
Lui la guardò, gli occhi che tradivano un misto di sorpresa e preoccupazione. Non c'era rabbia nei suoi occhi, ma piuttosto una comprensione che Silvia non riusciva ad accettare.
"Perché?" chiese, alzandosi lentamente dal letto, avvicinandosi a lei. "Va tutto bene?"
Silvia si sentiva in difficoltà, come se non riuscisse a trovare una via d'uscita sensata. Non voleva spiegare tutto, non voleva farlo sembrare troppo complicato. Così, aggrappandosi a una scusa che sapeva sarebbe stata ovvia, disse:
"Devo andare, davvero. Ho... ho delle cose da fare."
Era la scusa più stupida che potesse inventarsi, ma in quel momento sembrava l'unica cosa che le permettesse di sfuggire. Non sapeva cosa dire, come spiegare il caos che aveva dentro di sé. Non sapeva nemmeno se avrebbe mai trovato le parole giuste.
Sandro rimase fermo, per un attimo, osservandola. Non sembrava convinto, ma non la costrinse a restare. Probabilmente intuiva che c'era qualcosa di più, qualcosa che non stava riuscendo a spiegare nemmeno a sé stessa.
"Va bene, Silvia. Se è quello che vuoi..." disse infine, ma la sua voce era più dolce, come se stesse cercando di non forzarla a fare qualcosa che non voleva. "Però, se hai bisogno di parlare, io sono qui.»
"Mi dispiace," disse, con un filo di voce.
"Non devi scusarti," rispose Sandro, con sincerità. "Capisco."
E così, senza aggiungere altro, Silvia aprì la porta e uscì, camminando nel corridoio con un nodo alla gola. Non sapeva se quello che stava facendo fosse giusto, se si stesse chiudendo troppo in se stessa o se fosse solo che la paura di affrontare i propri sentimenti stesse prendendo il sopravvento. Non lo sapeva.
Ma c'era una cosa che sapeva con certezza: quella sensazione di irrequietezza, di confusione, non l'aveva mai lasciata. E forse, se fosse tornata a casa, sarebbe riuscita a capire meglio cosa stava davvero cercando, anche se, per ora, tutto ciò che poteva fare era allontanarsi.
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