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Capitolo 10

Silvia aprì la porta con delicatezza. Non voleva svegliare i gemelli che, a giudicare dall'orario, dovevano essere già a letto. Entrò in punta di piedi.

«Ciao, mamma», sussurrò l'erbetta. «Sei in ritardo». «Di due minuti, mamma. Scusa». «Sei comunque fuori dal coprifuoco. Non esci più». «Come?» squittì Silvia.

Elena rimase ferma nella sua decisione. Era sul balcone a buttare la carta nella pattumiera quando lo vide. Lui. Una piccola copia di lui.

«Parlo sul serio, Silvia. Potrai uscire solo per andare al lavoro». «Ma perché? Prima ti lamenti che non esco mai, che non ho amici, e adesso, solo per due minuti di ritardo, mi vieti di uscire?»

La discussione si concluse lì. Elena tornò in camera sua, mentre Silvia rimase esterrefatta in salotto.

Sua madre era spaventata. Sua figlia usciva con una piccola copia del miglior amico del suo ex-marito. Un uomo che, per anni, aveva cercato aiuto, senza mai riceverlo. Aveva perso ogni contatto con lui, ma ora suo figlio frequentava sua figlia. Doveva sapere di più su Sandro Michelini. E lo avrebbe scoperto.

Nel salotto, Silvia guardò il telefono: nessun messaggio. Doveva scrivergli lei? Ancora confusa dal comportamento della madre, si sdraiò sul divano, ancora vestita, e sbuffò.

Una serata fuori dal comune. Senza alcun dubbio.

Un gesto bellissimo, un bacio indimenticabile, una serata impressa nel cuore. Come primo appuntamento, non era andato per niente male. Anzi, era stato perfetto. Ma era già amore quello che sentiva nel suo cuore?

Rimase a sognare a occhi aperti per ore. Immaginava un futuro con Sandro, un lavoro, una casa, persino un bambino. Tipico di Silvia, una sognatrice. Era così infatuata che sarebbe stata disposta a tutto per lui. Anche a litigare con sua madre per la prima volta.

La suoneria del cellulare interruppe i suoi pensieri.

«Ciao». «Ehi. Ciao». «Non volevo svegliarti, scusa». «Oh, non stavo dormendo. Tranquillo. Tu cosa ci fai ancora sveglio?». «Sto tornando a casa». «Ah, va bene», rispose Silvia, guardando l'orologio: le cinque e trenta del mattino. «Torni sempre così tardi?». «Quasi sempre», ammise Sandro con voce stanca. «Non voglio mentirti».

Oh no, pensò Silvia.

«Sono stato fuori con una mia amica», continuò il ragazzo. «Un'amica?» ripeté lei. «Una ragazza che frequentavo prima che iniziassimo a scriverci». «Ah. Quindi stavi con qualcun altro mentre ci sentivamo?». «Sì, ma non stiamo insieme. Non siamo mai stati insieme».

Ecco che apparve la Silvia razionale, quella che mise un freno all'altra Silvia e le disse: «Non devi essere paranoica. È una situazione normale nel 2022, si può gestire».

Così, l'erbetta rispose al cellulare: «Oh, e quindi?». «Ho bisogno di riflettere. La frequento da più di quattro mesi, ma con te... non riesco a stare lontano».

«Ma non vedi quanto è dolce?» esclamò la Silvia romantica. «Ha chiaramente detto che sta con un'altra. Sveglia! Questa è una bandierina rossa. Allontaniamoci». «No, è destino. Non possiamo. Lui non riesce a stare lontano da noi. Ci ama, senza dubbio».

La Silvia ferita prese il controllo: «Possiamo essere amici», propose.

«Amici», ripeté Sandro, quasi deluso. «Va bene».

«Okay», sussurrò Silvia, triste. «Io vado a dormire. Buonanotte». «Buonanotte».

Chiusero la chiamata, ma quella che ne uscì più ferita fu Silvia.

«Che diamine hai combinato?» chiese la sua parte razionale.

«Ho seguito il mio cuore, anche se anche tu hai dovuto contribuire», mugugnò la parte fuori di testa. «E certo. Non mi hai permesso di andare via». «Staremo insieme». «Siete amici, e credi che se lascerà l'altra non farà lo stesso con te quando sarai la sua unica ragazza?» «Mi fido di lui». «Fai male!» «Adesso basta!» esclamò la vera Silvia, rinchiudendo di nuovo le sue due parti dentro di sé.

Cercò di riposare almeno un'ora, ma fallì. Così si preparò per andare al lavoro e uscì di casa prima di incontrare la madre ed evitare un altro litigio.

«Buongiorno» salutò Rebecca. «Buongiorno, tutto bene?» «Sì, tutto bene. Sei tu quella che mi deve raccontare tante cose!» esclamò l'amica, girando la chiave per aprire il negozio. «Che intendi?» «Parlo di Sandro! State uscendo insieme?»

Ecco una domanda a cui non voleva rispondere. «Siamo solo amici».

Sì, perché gli amici si baciano con trasporto alla loro prima uscita...

«Amici? Ma davvero? Non ci credo nemmeno un po'». «Ma tu lo conosci?» «Sì, condividiamo la compagnia di rado. Abbiamo degli amici in comune». «Ah, ottimo».

Iniziarono a lavorare, ma il discorso continuava. Non per ore, ma per giorni.

«Allora, come sta il tuo amico?» «Non lo so. Non l'ho sentito». «Ciao, io vado». «Esci con il tuo amico?»

Un giorno, però, fu Silvia a iniziare il discorso.

«Che tipo è Sandro?» «Ha troppe amiche, ma è simpatico tutto sommato. Fuma tanto ed è abbastanza libertino». «Con me non ha fumato ancora». «Quindi era un appuntamento?» «No, siamo usciti solo come amici». «Il tuo sguardo e il tuo sorriso non dicono amici, ma amore».

«Finiscila», borbottò Silvia alzando gli occhi al cielo. «E poi il fatto che lui sia qui fuori dopo il tuo turno non dice che siate solo amici, ma qualcosa di più».

Silvia alzò lo sguardo e lo vide. Mani in tasca, sguardo fisso su di lei. Non possiamo dire che non sappia recitare bene la sua parte...

«Cosa ci fa qui?» «Finisco io di pulire a terra. Tu vai pure dal tuo amico», incitò Rebecca, facendo un occhiolino. «No, non l'ho nemmeno invitato io. Aspetta lì fuori fino a quando ho finito», borbottò Silvia.

La sua amica ridacchiò e fece spallucce. «Come vuoi tu».

«Deve rimanere lì fuori a poltrire e soffrire», disse interiormente la Silvia rigida. «È venuto fino a qui solo per vederti!» esultò la Silvia festaiola.

Chiuse il negozio, salutò Rebecca e l'erbetta si diresse verso il ragazzo con i tatuaggi, cercando di non far trasparire la sua felicità.

«Ciao» salutò la ragazza. «Ehi, ciao. Ti ho portato un panino alla Nutella», disse, tirando fuori un tramezzino dalla tasca. «So che mangi poco, perciò te l'ho fatto io. Non sapevo a che ora finissi, quindi sono venuto e ti ho aspettato».

«Grazie», sorrise, accettando il gesto dolce. «Posso accompagnarti a casa?» «Va bene», annuì l'erbetta.

«Come stai?» «Bene, dai. Tu?» «Bene, grazie. Lavori sempre così tanto?» «Sì, ma è un lavoro del cazzo. Mi pagano come fosse un part-time, quindi un cavolo». «E perché non lo lasci?» «Perché ho bisogno di soldi».

«Già, i soldi».

«Tu non hai un lavoro?» «No, tutti chiedono la patente e non ce l'ho». «Ah, capito. E come fai a spostarti?» «Di solito ci pensa Alessandro o... Sofia», rispose, imbarazzato. «Sofia è un'altra tua amica?» chiese Silvia, controllata dalla sua parte rigida.

Sandro fece un ghigno. «Sì, è lei. Ma a lei non ho mai portato un toast».

«Questo lo dice lui», disse la Silvia rigida tra sé e sé. «Appunto, l'ha detto lui. Ma non vedi quanto è tenero?» rispose la Silvia festaiola.

«Grazie» dichiarò la vera Silvia.

«Senti, io non so cosa fare se ti comporti così», affermò lui, fermandosi sul marciapiede. «Così come, scusa?» sbottò Silvia. «I tuoi occhi mi fissano come se dovessi fare qualcosa. Non so ancora cosa. Se dico qualcosa, ti offendi. Se non dico niente, mi guardi con gli occhi da cucciolo».

«Mi prendi in giro, vero?»

«Ho detto che voglio stare con lei, ma anche con te. Non posso lasciarla così, di punto in bianco.»
«Vuoi stare con lei?»
«Ma anche con te, perché mi piaci tanto. I nostri discorsi sono stati così intensi che, quando non ti ho più sentita in questi giorni, mi sei mancata. Ti sei lasciata andare subito, e io l'ho capito, ma non so se fai lo stesso con gli altri. Se è così, non so se ti voglio nella mia vita.»

Come poteva dire quelle parole dopo averla fatta innamorare? Perché sì, Silvia era già innamorata di un ragazzo che stava giocando con il suo cuore, solo che lei, ancora una volta, non se ne rendeva conto.

«Comportandoti così, sembra che tu mi voglia cacciare via dalla tua vita. È una sensazione. Non so se sia vera, ma è una sensazione. Vuoi sapere se puoi parlare francamente? Sì! Voglio che tu parli francamente, perché odio le prese in giro e voglio la verità. Voglio sapere cosa pensi, anche se magari mi farà male... o che ne so. Pensi che questa situazione pesi solo a te?»

Avrebbe voluto aggiungere: sei tu che hai creato questa situazione, ma la Silvia festaiola riuscì a fermare la Silvia più rigida.

«No, ma...»
«No, ma niente. Io sono sincera quando parlo di queste cose. E tu, per un intero mese, mi hai nascosto di avere un'altra.»
«Quindi ti dà fastidio?»

Silvia non rispose e continuò con il suo discorso.

«Non mi sono mai comportata in questo modo con nessuno. E dico nessuno. Nemmeno con il mio ex, con cui sono stata quattro anni. Ed è bruttissimo da dire, ma è così. Non sono mai riuscita a lasciarmi andare in questo modo con lui, né con nessun altro. E per questo... io ti odio!»
«Ti odio anch'io» sorrise Sandro, divertito da quella scenata.
«Non montarti la testa.»
«Faccio sempre un certo effetto.»
«So che non ci credi, ma dall'altra parte hai due ragazze completamente diverse che ti aspettano e parlano con te... e boh, non lo so. Io non so cos'altro dire, se non essere me stessa e comportarmi come ho sempre fatto. Voglio ascoltarti ed esserti amica, va bene. Io... boh!»

Si fermò un istante, poi riprese.

«Mi hai ferita, però, sai? Sono una persona con la mente aperta, sì, ma questo non significa che io sia una troia o cose del genere. E il modo in cui ti sei espresso, sembrava che lo stessi insinuando. Ti dà fastidio? Va bene. La smettiamo, non ci vediamo più. Capisco perfettamente. Ma allora perché sono ancora qui? Non lo so... forse perché sono innamorata di te. Non lo so e...»

Silvia iniziò a piangere.

«Non so cos'altro aggiungere.»
«Perché stai piangendo?»
«Perché sono emotiva» rispose, infastidita.
«Calmati e finiscila, scema... Hai solo frainteso. Io volevo solo capire. E no, non ho detto che sei una troia. Volevo semplicemente comprendere il tuo modo di fare con gli altri. Non credo sia un crimine saperlo. Finiscila, davvero. Calmati.»

Sandro si avvicinò e l'abbracciò così forte che il piccolo corpo di Silvia sembrò scomparire tra le sue braccia.

«Non sai quanto vorrei scegliere te.»
«Allora fallo. Scegli me. Ama me.»

Silvia aveva appena finito di guardare Grey's Anatomy, e quella frase era scappata via senza filtri.

«Lo farò.»

Il lungo abbraccio si sciolse.

«La incontrerò e le dirò che è finita.»
«Davvero?»
«Sì.»
«A me questa cosa rende solo felice, lo sai?» disse lui.
«In che senso?»
«Mi fai capire quanto tieni a me, e questo mi piace.»

Sandro sorrise.

«Quindi... quanto mi odi, da uno a dieci?»
«Non c'è una scala di paragone.»
«Non hai mai fatto così con nessuno? Nemmeno con il tuo ex?»
«No» ammise Silvia, sorridendo mentre si asciugava definitivamente il viso.

I due giovani arrivarono davanti all'edificio azzurro di Silvia. Si salutarono e, per la prima volta dopo tanto tempo, lei si sentì viva. Finalmente fuori da un tunnel buio.

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