Il rumore della pioggia batteva violentemente sull'asfalto. Gli alberi, piegati dalla furia del vento, sbattevano contro finestre e balconi. Non si sentiva il rombo di un motore, nessuna macchina percorreva le strade. Le fogne si riempivano sempre di più e le luci dei palazzi erano tutte spente.

Era notte fonda, così buia che si potevano scorgere le stelle, di solito invisibili a occhio nudo. La città giaceva immersa nel silenzio, dominata dalla natura. Non c'era traccia di rumori umani. Tutti dormivano profondamente. Tutti, tranne lei.

Lei non riusciva mai a dormire bene. Era tormentata. Un'anima così inquieta non si era mai vista. Ogni sera ci provava: chiudeva gli occhi, inspirava profondamente, contava fino a mille. Eppure, nonostante gli sforzi, il sonno la sfuggiva. Non si arrendeva, perché non poteva permettersi di fare rumore: i suoi fratellini dormivano nella stessa stanza. L'unica cosa che poteva fare era alzarsi piano e avvicinarsi alla finestra, per contemplare qualcosa in netto contrasto con il suo animo.

Era diversa da tutto ciò che il suo nome rappresentava. La sua carnagione olivastra era punteggiata da qualche piccolo neo benigno; i capelli, di media lunghezza, erano dello stesso colore dei tronchi degli alberi. Ma erano i suoi occhi a catturare l'attenzione: un verde boschivo così intenso che chiunque si avvicinava per osservarli meglio. Di statura medio-bassa, superava di poco il metro e sessantacinque. La sua corporatura minuta la faceva sembrare fragile, come un filo d'erba.

Secondo la leggenda dei fondatori romani, il suo nome avrebbe dovuto portarle coraggio, ambizione e intelligenza. Intelligente lo era, ma si applicava poco. Da bambina era ambiziosa: sognava di diventare una disegnatrice di manga. E coraggiosa... su questo nessuno avrebbe potuto negarlo. Chiunque conoscesse la sua storia sapeva che il coraggio la definiva. Eppure, nessuno la conosceva davvero. Nessuno sapeva come stesse veramente. Nessuno sapeva cosa pensasse. Nessuno l'amava abbastanza da farle credere di meritare amore. Nemmeno lei stessa. Ma questo, solo Dio lo sapeva.

I suoi genitori avevano scelto quel nome dopo lunghe ricerche su internet, convinti che avrebbe plasmato la sua personalità: una donna dinamica, vivace, gioviale, amichevole e accogliente. Una mente curiosa, sempre alla ricerca di nuovi stimoli, piena di energia e voglia di vivere.

Ma ciò che stavano costruendo era quasi l'opposto di quello che avevano immaginato. Sì, era originale e interessata a molte attività, che però non poteva praticare. Ma era anche introversa, poco vivace, trascinata dall'inerzia della vita. Si chiamava come altre 168.000 persone in Italia.

Il suo nome era Silvia.
Ma per chi legge, era solo la ragazza che...