Capitolo 9: 𝕌𝕟𝕒 𝕟𝕠𝕥𝕥𝕖 𝕕𝕚 𝕥𝕖𝕞𝕡𝕖𝕤𝕥𝕒 - Parte 3
Si sedettero a terra, l'uno di fronte all'altra, e per qualche minuto in tutta la scuola aleggiavano i suoni della natura e non dei giovani che entravano e uscivano dall'istituto. Ciò tranquillizzò Orchidea, che amava il silenzio, ma gli occhi dello stesso colore del lago di Cristoph non le davano tregua, così sbuffò: «Sì, lo so. Sono una persona noiosa con cui parlare e stare».
«Non è questo a cui stavo pensando e, poi, non è vero. Solo che quando non c'è niente da dire, preferisco guardare», rispose lui con voce morbida. «E poi non sei quella che ama il silenzio?»
«Eh va bene», mugugnò Orchidea. «Sono una persona strana», proseguì avvolgendosi tra le braccia. Il freddo iniziava a farsi sentire.
«In che senso?»
«Strana con lo stesso significato che c'è sul dizionario».
«Beh, allora dovresti leggere di più. Strano significa anche unico. E unico significa introvabile. Introvabile significa speciale», dichiarò Cristoph lasciandola senza parole, ma con i denti tremanti.
Sempre seguendo l'istinto quel giovane dai capelli corvini si tolse il suo giubbotto imbottito blu metallo e lo passò al fiorellino bianco che, confuso, si limitò ad osservarlo.
«Mettitelo», rimandò lui con insistenza nella voce.
«No, grazie».
Lui sospirò e, infischiandosene di entrare nello spazio personale della ragazza, glielo appoggiò sulle spalle.
«Perché?» chiese lei.
«Perché hai freddo», fece spallucce.
«E tu come fai?»
«Sto bene con la mia sciarpa», rispose Cristoph tirando l'oggetto citato ed, effettivamente, Orchidea si rese conto che in tutto quel tempo si era sempre e solo focalizzata sugli occhi, mai sui vestiti che portava. Quel giorno indossava un pullover grigio e dei jeans spessi. Pareva quasi un modello di una qualche casa di moda.
«Che cosa ottieni in cambio con l'essere gentile con me?» domandò con tono inquisitorio Orchidea.
«Nulla», rispose lui corrucciando le sue spesse sopracciglia scure.
«Non è vero. Tutti hanno un secondo fine», mugugnò lei girando la testa.
«Hai ragione: il mio secondo fine è volerti conoscere meglio», annunciò lui con un tono caldo e quasi ammaliante, ma il fiorellino bianco non ci cascò, o almeno era quello che disse a se stessa.
«Non risponderò a nessuna delle tue domande», borbottò lei.
«E dai... Almeno passiamo il tempo», insistette Cristoph con educazione.
«Va bene, ma sarà una cosa reciproca e inizierò io».
«Ci sto», concordò entusiasta il ragazzo. «Vai pure».
«Hai sempre vissuto qui a Dobbiaco?» chiese il fiorellino bianco.
«Sì, sempre», replicò lui, distogliendo lo sguardo.
Non era una domanda che si aspettava.
«Tocca a me: vieni da Firenze... Dimmi una parola in dialetto».
«Tecnicamente non è una domanda... Ma...» specificò lei. «Grullo significa stupido».
«Grullo», ripeté ridendo lui. «Grazie. Tocca a te!»
«Da quant'è che conosci i tuoi amici?»
«Praticamente tutta la vita. Siamo cresciuti tutti insieme più o meno... E, a te mancano i tuoi amici?» rimandò Cristoph accennando un sorriso timido.
«Non ne avevo molti», rimase sul vago. «È vero ciò che mi ha detto Nicole? ... tra lei e Florian?»
«Che cosa ti ha raccontato?» incitò il ragazzo curioso.
«Mi ha descritto con tono sprezzante il fatto che Florian l'abbia tradita con Elenì dopo 4 anni di relazione», spiegò la pallida.
Scoppiò in una fragorosa risata. «Come al solito... racconta la storia come vuole lei... che bambina viziata... è vero in un certo senso. Nicole e Florian stavano insieme da quattro anni, quando si sono lasciati. In realtà è stata lei a mollarlo, perché si era stancata – parole sue – e perché si era fissata con me...»
«Con te?»
«Sì, ma stai tranquilla. Lei non è mai stata il mio tipo», sogghignò Cristoph con una luce magica negli occhi.
«Perché? È bellissima...»
«L'esteriorità ha importanza, sì, ma solo quando quello che c'è al suo interno ha valore», spiegò lui. «Nicole, invece, è vuota dentro. È un'opportunista e un'arrivista. Ama il suo potere, la sua ricchezza e fa di tutto per mostrarlo», fece una pausa e distolse lo sguardo. «Se le persone non sono come lei, non fa altro che prenderle in giro. Quelli che ha intorno non sono amici, ma solo persone che la invidiano o che la temono. Lei è l'anticristo dell'amicizia».
«E tu ci credi?» bisbigliò il fiorellino bianco con voce flebile.
«A che cosa?»
«All'amicizia», ripeté lei.
«Rispondi prima tu, visto che è il mio turno: Ci credi nell'amicizia?»
Orchidea rimase spiazzata: non pensava che la sua stessa domanda avrebbe potuto ritorcersi contro di lei.
«Non lo so», ammise a disagio.
«Io ci credo, invece», affermò il ragazzo con voce calma e profonda. «Credo nell'amicizia, perché è questa che ti permette di ricominciare... Che lavoro fanno i tuoi?»
«Mia madre dirige gli asili».
«E tuo padre?»
«Mio padre... è morto».
«Scusa», mormorò Cristoph in un sussurro e per evitare dell'imbarazzo, aggiunse: «Dai, fammi la prossima domanda».
«I tuoi che lavoro fanno?»
«Mia madre è una psicologa. Mio padre un assicuratore».
«A proposito di genitori... dovremmo avvisarli», balbettò la ragazza cambiando posizione.
«Non riusciremo mai a farlo... Florian, comunque, sa che siamo a scuola», ricambiò lui.
Per un attimo, tutto divenne quieto e quel silenzio, che doveva durare solo qualche minuto, si prolungò per un'ora. Come sempre Orchidea ne approfittò per riflettere: fece dei calcoli e, quando ebbe finito, si pietrificò sul pavimento piastrellato del bagno dell'istituto Mahler in quella notte burrascosa di fine ottobre.
La prima volta in cui incontrò la dolce e ambigua figlia maggiore della sua governante Georgia Maser... quell'ultima aveva detto a Elenì di non essere inopportuna e che sarebbe dovuta passare da Cristoph, invece di proporre cose cui non sarebbe stata in grado di mantenere...
Con quante probabilità, in quella cittadina composta da 3358 abitanti, ci sarebbe stato un altro Cristoph la cui madre era una psicologa e la cui zia era la sua donna delle pulizie, che era anche la madre di Elenì ed Elisea?
Arrivò ad un risultato che la scosse parecchio: Katrin era l'unica terapeuta del Paese ed era la madre di Cristoph, nonché sorella di Georgia e zia di Elenì e Elisea.
La ragazza si annotò immediatamente di non lasciarsi mai sfuggire niente sull'argomento in loro compagnia. Categoricamente. Non avrebbero mai dovuto sapere che era una malata mentale. Così si definiva...
«Posso farti una domanda strana?» chiese d'un tratto Cristoph.
«Dipende dal grado di stranezza», ridacchiò il fiorellino bianco.
«Perché tua madre ha scelto il nome Orchidea?»
«Non lo so», borbottò all'istante lei.
«Non ti piace?» esortò il ragazzo. «Lo chiedo, perché l'altra volta ti ho visto sorprenderti al mio complimento e...»
«Diciamo che non sono abituata a questo genere di cose».
«Prova a chiederglielo... magari», propose il giovane facendo spallucce.
«Perché... sei un appassionato di nomi?» rise Orchidea.
«Un po'. Sono dell'idea che tutto ha un significato. Ogni gesto, ogni parola, ogni nome e costruzione. Dietro a tutte queste, si cela sempre qualcos'altro», spiego lui con una voce entusiasta.
«Sono pienamente d'accordo», mormorò la ragazza dei lunghi capelli bianchi.
«Lo dici come se fosse una cosa straordinaria».
«Per me lo è», sussurrò il fiorellino bianco senza fiato.
Un forte colpo fece sobbalzare i due giovani, ancora sul pavimento, e il vento gelido entrava dai piccoli spifferi imperterrito.
«Sei al sicuro qui dentro», dichiarò Cristoph, posando una mano sul ginocchio dell'angelo pallido che trasalì all'istante. «Scusa... parliamo di qualcos'altro».
«Va bene. Tocca a me!» esclamò la ragazza. «Il tuo colore preferito...?»
«Il bianco», rispose candidamente il ragazzo dai capelli corvini senza staccare gli occhi cerulei dal corpo minuto davanti a lui. «E il tuo?»
«L'azzurro», sospirò a fatica. Si sentiva completamente ammaliata da quel ragazzo e lui non riusciva a staccarle i pensieri di dosso.
«Un'ultima domanda», propose sbadigliando Orchidea e distogliendo lo sguardo. «Il primo giorno... in cui ci siamo incontrati al lago... hai detto che era quello era il tuo luogo preferito. Lo era davvero o era solo un modo per iniziare una conversazione?»
«Mh...» sorrise lui mostrando quei suoi perfetti denti bianchi. «Quella riva la conosco da quando avevo dieci anni, ma è il mio secondo posto preferito... il primo è... Facciamo così! Questo sabato... penso che sia perfetto dopo il temporale...»
«Per fare che?» esortò a lei accennando un sorriso.
«Voglio portartici. Che ne dici?»
«Visto che praticamente mi hai salvato la vita, rimanendo con me in questa serata... se non fossi rimasto... il vento mi avrebbe portato via... perciò, va bene».
Orchidea appoggiò il capo al muro, la testa le girava e lo stomaco iniziava a brontolare per la fame visto anche il digiuno del mattino passato. Cristoph se ne accorse e, perciò, disse: «Purtroppo non ho nulla da mangiare con me, ma sul tablet ho dei film scaricati... Se vuoi possiamo guardarli per passare il tempo... Sempre se non hai altre domande».
«No, per ora va bene. Grazie», mormorò lei.
«Posso mettermi vicino a te?» rimandò il ragazzo dagli occhi dello stesso colore del lago di quel Paese. Lei acconsentì con un cenno e così il giovane si spostò al suo fianco.
Il fiorellino bianco si sorprese nel sentire quella semplice richiesta, ma per il giovane dai capelli corvini era semplice educazione, perché... lo aveva notato. Si era accorto di come quella ragazza col corpo quasi inesistente sussultava e tremava al minimo contatto...
Chissà che cosa avrà subito pensò lui.
Avviò il video del film Il club dei delitti irrisolti per poi, avendolo terminato, passare a Suspiria fino a quando Orchidea, involontariamente, non si addormentò sulle spalle larghe di Cristoph.
Al mattino dopo, le porte dell'Istituto Mahler si sbloccarono con uno strano rumore di ingranaggi e ad attendere i due ragazzi, c'erano Diana Fiore, la madre del fiorellino bianco, e il gruppo di amici per intero, accompagnato da Georgia Maser.
«Cris... tua madre non ha fatto in tempo», balbettò la donna paffuta. «Spero che non ti dispiaccia che sia venuta io ... al suo posto».
«Assolutamente no. Grazie zia», sorrise il giovane dai capelli corvini.
Sentendo quello, la ragazza pallida fece un sospiro di sollievo. Katrin non si sarebbe presentata.
«Amore», strillò Diana raggiungendo la figlia a grandi passi e stringendola a sé, interrompendo i suoi pensieri. «Ero così preoccupata».
«Mamma... Io volevo avvisarti... ma non sapevo come...» farfugliò lei con le labbra tremanti.
«L'importante è che tu stia bene. Andiamo a casa», affermò la madre dall'aspetto robusto.
«Orchidea», la chiamò Elenì, avvicinandosi.
«Sì?» Il fiorellino bianco si voltò.
«Ti volevo chiedere scusa per ieri... io sono stata scortese, quando invece tu non hai fatto altro che cercare di ambientarti... Perciò visto che la scuola rimarrà chiusa fino a lunedì... Che ne dici di conoscerci meglio e uscire venerdì?»
«Va bene», sussurrò lei.
«Forza, andiamo a casa», sorrise Diana mettendo la mano dietro la schiena di sua figlia.
«Ci vediamo venerdì», salutò il fiorellino bianco.
Salì in macchina insieme alla madre e tornò a casa piena di sensazioni strane, oltre alla stanchezza e a una paura ormai svanita.
Spazio autrice
Tan tan tan!
Grazie tante per aver letto questo capitolo!
Alla fine non ho resistito e l'ho pubblicato in anticipo.
Lunedì in arrivo parte 1 del Capitolo 10
Come avete trovate questo capitolo 9?
Aspetto i vostri feedback ❤️
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro