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Capitolo 6: ᴜɴ ᴘᴏᴍᴇʀɪɢɢɪᴏ ᴅɪᴠᴇʀꜱᴏ ᴅᴀʟ ꜱᴏʟɪᴛᴏ - parte 1

Sapeva di aver sicuramente attirato tutti gli occhi su di sé, ma cosa avrebbe dovuto fare? Rimanere lì e fingere come una bambola?

Nicole Miser la stava forzando e qualcosa dentro di lei la paralizzò. Non capiva bene cosa fosse, ma tutto in quella sala mensa le fece salire il cuore in gola. Uscì di corsa, senza curarsi delle gambe che le tremavano, e con la vista annebbiata cercò un luogo sicuro. Il bagno. Oltre alla segreteria era l'unica cosa che ancora non aveva visto e questo la mandò ancor più fuori di testa. Non riusciva a trovarlo. I suoi polmoni cercavano di dilatarsi, ma tutta l'aria che vi entrava non voleva rimanerci e quei capogiri, quei giramenti di testa a cui era tanto abituata, divennero sempre più intensi.

In uno stato di angoscia, il fiorellino bianco si avvicinò alla porta della sua classe, che durante la pausa restava chiusa, e, appoggiandosi al muro grezzo, fece dei grossi respiri. Doveva contare.

Uno. Mancava poco alla fine delle lezioni. Due. Rimanendo in disparte, tutto si sarebbe risolto. Tre. Avrebbe potuto restare immobile e avrebbe risposto solo se fosse stato strettamente necessario. Quattro. Non ci credeva nemmeno lei, perché sarebbero sopraggiunte altre situazioni che avrebbero portato la sua vita a scatafascio. Continuò a respirare con il proposito di calmare il corpo e, con meno possibilità di successo, iniziò a soppesare delle ipotesi, provando a bloccare tutti quei pensieri che in realtà stavano solamente peggiorando la situazione.

«Ragazza del lago!» esclamò una voce limpida.

Riconoscendola, Orchidea alzò lo sguardo seccata, ma quando i suoi occhi azzurri incontrarono quelli del ragazzo, dello stesso colore del suo rifugio segreto, il lago di Dobbiaco, trattenne il respiro. Era strano il modo in cui, in così pochi giorni, quel luogo le era entrato così in profondità, e immergendosi in quella miscela di blu e verde degli occhi di Cristoph, i muscoli del fiorellino bianco iniziarono a rilassarsi.

«Dimmi», disse lei in un sussurro.

«Tutto bene?» chiese il ragazzo dai capelli color carbone.

«Hmmm...» Anche se non era vero, stava per dire sì, ma lui la anticipò: «Non dovresti fare caso a Nicole... Lei è...»

«Espansiva», borbottò il fiorellino bianco, accennando un sorriso.

«Direi che è il termine più adeguato», ridacchiò il ragazzo con gli occhi dello stesso colore del lago.

«Sì, lo penso anch'io», concordo lei sentendosi meglio.

Il dolore che provava all'altezza del petto e che le attanagliava lo stomaco, trasformatosi in un gomitolo, si stava affievolendo, perché si stava distraendo. Presumibilmente perché Cristoph aveva il suo rifugio segreto negli occhi e, nonostante lo ritenesse uno scocciatore, questo la calmò. «Ascolta... Non mi sono presentato come si deve: sono Cristoph Coser», disse lui tendendo la mano. Il fiorellino bianco sorrise.

«Orchidea», mormorò lei.

«Che bel nome!» squittì Cristoph sgranando gli occhi. Sentendo quel commento, la ragazza con la carnagione estremamente chiara abbassò la testa. Odiava il suo nome, perché le causava sempre problemi. A eccezione della madre e di alcuni anziani, non aveva mai ricevuto un complimento, quindi ne fu sorpresa.

Tuttavia una piccola voce dentro di lei le suggerì un ricordo passato.

«Noi oggi pomeriggio andremo al lago. Se vuoi, puoi unirti a noi», dichiarò Cristoph richiamando l'attenzione del fiorellino bianco. Voleva che accettasse: non aveva mai conosciuto una persona come lei. Tutto di Orchidea lo attraeva. I suoi lunghi capelli bianchi che sembravano una nuvola candida lo affascinavano, ma erano gli occhi a stregarlo maggiormente. Due grandi iridi azzurre come il mare e il cielo.

Orchidea fece per rispondere e, quando la campanella iniziò a suonare, annunciando la fine della pausa, ringraziò il cielo. «Devo tornare in classe». Le porte di tutte le aule si aprirono grazie a un meccanismo tecnologico collegato all'orologio e la ragazza dai lunghi capelli bianchi sgusciò via all'istante.

Quando sarebbe finito quel giorno? L'ora successiva fu più piacevole: il professore della sesta ora, il signor Rossi, insegnava informatica e non solo. Era il docente coordinatore del quarto anno e, in virtù del suo ruolo, dovette spiegare alcune cose a Orchidea. Le consegnò l'orario, che, come le aveva anticipato Elenì, andava dalle otto del mattino alle quattro del pomeriggio con una sola ora di pausa; inoltre le illustrò le regole, molto simili a quelle della sua precedente scuola, e infine esaltò la particolarità del metodo di studio applicato in quell'istituto con un soliloquio di ben venti minuti. Mentre la classe era impegnata a fare un esercizio, il professor Rossi consegnò un tablet a Orchidea e le disse: «Per i prossimi due anni quel tablet sarà la tua Bibbia. Al suo interno ci sono i libri scolastici, il registro elettronico, tutti gli avvisi ufficiali, una chat e un software per spedire i compiti online».

«Quindi è tutto online?» esortò disorientata Orchidea.

«Sì. Leggendo i tuoi voti, penso che non ti sarà difficile adeguarti a questo metodo», rimandò il professore.

Per i successivi venti minuti, il signor Rossi sistemò e catalogò diversi documenti che riguardavano Orchidea, che invece ne approfittò per memorizzare le funzioni del tablet. Non sapeva dove mettere le mani. Orchidea e la tecnologia non erano mai andate molto d'accordo. Iniziò dalle impostazioni inserendo un codice d'accesso e scegliendo uno sfondo, le uniche cose che era capace di fare, dopodiché passò alla schermata home: oltre a tutte quelle applicazioni che aveva già visto sul suo cellulare e che usava raramente, come le note, l'orologio e la fotocamera, ne trovò alcune molto particolari e completamente sconosciute. Prese il foglio che le era stato consegnato con il tablet e indugiò per qualche secondo. Non sapeva da dove cominciare, perciò andò a sentimento e cliccò sul quadratino con uno sfondo arancio, la miniatura di un uomo e il nome Mahl-school. Inserì le credenziali e l'applicazione si aprì. Era il registro elettronico dell'istituto: c'era la sezione dei voti, quella delle attività svolte durante le lezioni, quella dei compiti e quella dell'anagrafica, ma solo quella degli avvisi aveva un pallino rosso. Era una notifica che avvertiva dell'assenza del professore delle ultime due ore e che giustificava l'uscita anticipata.

Passò a un'applicazione con lo sfondo azzurro, un libro rosso al centro e un gioco di parole per nome. Mahl-book. Al suo interno c'erano tanti e-book a cui Orchidea non fece subito caso. Fece logout e avviò la app successiva, che sembrava in tutto e per tutto simile a WhatsApp, ma con qualche differenza.

Vide una chat di gruppo e passò con il dito sui contatti, che ignorò dopo qualche secondo. Si chiamava Mahl-chat. Aprì l'ultima applicazione e si lasciò scoppiare una risata nella mente. Si chiamava Mahl-di-compiti e, come indicava il nome, ospitava i riquadri in cui inserire i compiti di ciascuna materia. La ragazza con la carnagione estremamente chiara si era concentrata così tanto su quell'aggeggio tecnologico che solo al quinto trillo della campanella del cambio dell'ora, che per gli studenti del quarto anno sanciva la fine della giornata scolastica, si svegliò e si rese conto di essere rimasta sola.

Fece un sospiro di sollievo e fu felice di tornare a casa indisturbata. Ci mise meno del previsto. Girò la chiave nella serratura e prima di fare qualsiasi cosa disse: «Mamma? Georgia?» In sua risposta giunse solo un silenzio tombale, che la rassicurò più di quanto avesse dovuto. Andò in cucina e si fece un panino.

Che strana giornata stava vivendo... Ma la cosa che rendeva tutto ancor più comico era il fatto che ne era passata solo metà.

Finito di assemblare gli strati di insalata, prosciutto e maionese, salì le scale con il piatto in mano e scorse un biglietto attaccato la porta della stanza di sua madre:

Stasera andiamo all'incontro con la nuova psicologa. Spero di tornare in tempo per cena... Se non fosse così, fatti trovare pronta per le otto, per favore. Mamma.

Orchidea, già stanca dopo la mezza giornata vissuta, trascinò i piedi fino alla sua stanza. La trovò diversa: erano stati aggiunti i mobili che aveva chiesto. Una scrivania in legno era stata sistemata vicino alla porta del bagno e nell'angolo accanto alla finestra c'era non uno, bensì due scaffali che si mimetizzavano perfettamente. Si sedette sul ripiano accanto alla finestra e, mangiucchiando il panino, iniziò a pensare.

Stava vivendo tanti cambiamenti. Non si aspettava una scuola del genere. Avrebbe dovuto studiare sul tablet e tutto era così tecnologico da spaventare un po' Orchidea. Le era stato regalato il telefono quando aveva compiuto quattordici anni, ma non si era mai abituata a usarlo. Faceva sempre danni. Quella era la versione ufficiale, mentre quella ufficiosa si divideva in due parti.

Numero uno: non amava usare il telefono a causa di tutte le notifiche negative che riceveva. Numero due: in effetti era molto maldestra.

Continuò a sospirare.

Oltre al tablet, a preoccuparla era la mensa. Avrebbe dovuto mangiare davanti a tutti, oppure l'indomani avrebbe potuto cercare dei bagni per rifugiarvisi durante la pausa pranzo... Era una buona soluzione?

D'un tratto, tre colpi secchi alla porta d'ingresso rimbombarono per la casa silenziosa. Orchidea scese fiaccamente. Si aspettava di trovare davanti a sé Elenì Maser, ma sussultò quando riconobbe i capelli biondo platino di Nicole Miser. «Orchi!» esclamò quest'ultima.

Spazio autrice

Ciao ragazzi, come state?

La storia sta pian piano prendendo sempre più forma e volevo da voi alcuni feedback: come vi sembra il registro? Vi arrivano le emozioni? Che cosa provate? Che cosa immaginate?

Inoltre: siete d'accordo alla divisione dei capitoli lunghi in più parte, in modo tale da avere più aggiornamenti durante la settimana o preferite avere un solo aggiornamento alla volta tutto insieme?

In questa parte riusciamo a vedere e percepire un nuovo tratto di Orchidea e ho voluto terminare questa con il mistero. Che cosa vuole Nicole Miser da lei?

Grazie per aver letto questo capitolo e se ti piace, non dimenticarti di mettere una ⭐.

Sono sempre ben gradite. Un bacio 🌸

Checca B🌻

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