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Capitolo 14 - ɪʟ ᴄᴀʟᴇɴᴅᴀʀɪᴏ ᴅᴇʟʟ'ᴀᴠᴠᴇɴᴛᴏ - Parte 1

Il cinguettio degli uccellini alle prime luci del mattino aveva già innervosito il piccolo fiorellino bianco: erano appena le sei, quando decise di alzarsi dal letto e farsi una lunga doccia.

Il suo corpo era ancora indolenzito per il giorno precedente, ciononostante trovò bizzarro non svegliarsi con la solita pesantezza che le opprimeva prima la testa e poi tutto il resto. La sua memoria era ancora invasa dalle immagini di quel suo pomeriggio in montagna con Cristoph e per quanto i suoi ingranaggi andavano fumanti, lei si sentiva... normale.

Scese giù in cucina, cercando di non far rumore, e prendendo le sue solite pillole, afferrò una banana per colazione.

Quel giorno aveva deciso di dedicarlo interamente ai compiti, cui non aveva dato ancora un'occhiata, perciò salì nella sua stanza e si sedette alla scrivania col suo tablet alla mano.

La lancetta piccola dell'orologio sul comodino si spostava così velocemente che la docile Orchidea non se ne accorse: aveva la testa divisa a metà. Da una parte era concentrata sulle equazioni impossibili di matematica, ma dall'altra il viso chiaro e gli occhi pungenti di Cristoph Coser non le davano tregua. Nemmeno fosse lì per davvero...

«Buongiorno, tesoro», salutò Diana Fiore sullo stipite della porta.

«Ciao, mamma», sussurrò la ragazza, sussultando sulla sedia girevole.

«Ti sei svegliata da tanto?»

«Da un po', tu?»

«Mi sono appena alzata», mormorò in imbarazzo la madre. «Hai fatto colazione?»

«Sì, ho mangiato una banana».

«Solo?» esortò lei con uno sguardo ammonitore. Orchidea fece spallucce.

Diana sospirò e scosse la testa quando d'un tratto tre colpi alla porta d'ingresso attirò l'attenzione di entrambe le donne.

«Sono solo le undici. Chi sarà mai?» borbottò la madre confusa. «Potresti andare ad aprire? Io mi butto in doccia e ti raggiungo».

Il fiorellino bianco annuì; disse «Va bene» e quello che si trovò davanti, la sorprese completamente, scombussolando tutti i piani della giornata.

Con un buffo cappellino viola fatto a mano e un cappotto super pesante che le copriva l'intero corpo, c'era la donna dei ricci capelli grigi.

«Ida», espirò stupita Orchidea.

«Ciao», sorrise. «Posso entrare?»

«Certo», balbettò la giovane.

Si accomodarono nel salotto informale, quello con i colori scuri e le pareti di legno, e rimasero in silenzio fino a quando l'anziana signora non decise di parlare. «È da tanto che non ci si sente»

«Sì...» bisbigliò la docile ragazza.

«Tua madre non ti ha avvisato? Ci siamo sentite al telefono ieri mattina», dichiarò Ida.

«No, si sarà dimenticata», borbottò la piccola.

«È molto presa dal lavoro?» chiese comprensiva.

Orchidea fece spallucce.

«È sempre difficile ambientarsi», affermò la vecchia signora dai corti capelli grigi. «Tu come stai?»

Il fiorellino bianco abbassò lo sguardo. Era felice di vedere Ida, tuttavia si sentiva a disagio: era come se il suo passato avesse bussato alla porta.

«Tesoro, chi era?» chiese una voce lontana.

Diana arrivò, sgranò gli occhi, e aggiunse sorpresa: «Ma che giorno è oggi? Oh, cavolo mi sono completamente dimenticata... Scusami».

Ida sorrise. «Non importa... così è stata una sorpresa per tutti».

«Perché è qui?» domandò la ragazza con tono burbero.

«Orchidea», l'ammonì la madre.

«Non ti fa piacere che io sia qui?»

«Mi avevi detto addio così...» borbottò il fiorellino bianco.

«Fiorellino mio... Ancora non hai capito che mi sono affezionata a te? Non sarò più la tua psicologa, ma ormai mi considero una nonna per te».

La giovane pallida non sapeva cosa dire e fu Diana rompere quella atmosfera imbarazzante. «Devo preparare il pranzo».

«È perfetto... così io e Orchidea possiamo fare un giro all'aperto... il medico mi ha suggerito di fare delle lunghe camminate».

«Va bene», mormorò la ragazza confusa.

Il medico? si domandò tra sé e sé.

«Ti va?» esortò Ida e lei annuì.

Uscirono di casa imbacuccate come l'uomo Michelin: quel giorno faceva davvero freddo. Il vento gelido spostava le fronde e la natura intorno all'anziana signora e alla pallida cantava e suonava come ogni giorno. Solo in lontananza si udivano i suoni della civiltà.

Iniziarono a camminare lungo un sentiero nel cuore del bosco vicino a casa Fiore e inaspettatamente la prima parlare fu Orchidea, che scombussolata, disse: «Che cosa intendevi con il medico mi ha suggerito? Stai male?»

«Quindi sei felice che io sia qui?»

«Ho fatto una domanda», borbottò il fiorellino Bianco.

«Ah, Orchidea», rise sospirando e scuotendo la testa la donna. «È passato un mese o più dalla tua partenza... sono felice di vedere quanto tu sia cambiata».

«Cambiata. Io non sono cambiata».

«Oh, sì che lo sei. Sapevo, anzi speravo, che cambiare città ti avrebbe aiutato».

«Io non sono cambiata e, poi, cambiata come?» esortò la pallida. «I tuoi occhi non sono più spenti come lo erano a settembre. Ecco in cosa sei cambiata», rispose la donna. «Tua mamma mi ha raccontato un po' cosa ti è capitato in questi giorni».

«Ma perché deve sempre raccontare tutto?»

«Perché è preoccupata per te», dichiarò Ida con voce pacata. «Mi ha detto, anche, che siete rimaste sole e che siete riuscite a parlare. Era così contenta».

«Era contenta?» rimandò sorpresa Orchidea.

«Sì, molto», confermò la sua terapeuta.

Il cuore della docile ragazza si scaldò: era forse riuscita a non ferire la madre?

«Come ti stai trovando qui?» continuò Ida.

«Alti e bassi», diciamo ammise il fiorellino bianco.

«Ti va di raccontarmelo? Sono curiosa».

La pallida le volse uno sguardo confuso e ciò che vide negli occhi dell'anziana – un'energia forte e determinata – la convinse a parlare.

«È abbastanza strano, perché ho sempre fatto fatica a memorizzare i nomi delle persone che non fossero insegnanti o i miei bulli... Tuttavia c'è un gruppo di ragazzi, che è sempre stato gentile con me», affermò Orchidea. «Più o meno», aggiunse ricordando le parole di Elenì del venerdì passato.

«Ti ricordi i loro nomi?»

«Sì, è veramente strano», ripeté la giovane.

«No, Orchidea. È fantastico».

Lei scosse la testa disorientata.

«Che cosa provi?»

«Hai detto che ti saresti comportata da nonna, non da psicologa».

«Una nonna si interessa sempre dei sentimenti della propria nipote... so quanto questo genere di domande non ti piacci...ano...»

«No, va bene. So che non posso scappare dalle domande; torneranno sempre», la interruppe Orchidea sbuffando. «Io penso di avere paura».

L'anziana sorrise; non incontrava il suo fiorellino bianco da giorni e già lo vedeva pronto a sbocciare. Stava facendo dei progressi, che con lei non aveva mai sperato di raggiungere. «La paura è stata creata per essere sconfitta».

«Sì, ma perché è così difficile?» espirò la ragazza. «Tu hai mai provato paura?»

«Tutti i giorni», ammise Ida.

«E come fai a vivere?»

«Immagina un calendario dell'Avvento. Hai presente che ha delle caselline per ogni giorno».

Orchidea annuì e la donna continuò: «In alcune caselle si trova qualcosa che non ti piace, mentre in altre sì... ecco ora pensa alla vita come un calendario dell'Avvento. Ogni giorno è una casella nuova, dove purtroppo non sappiamo cosa ci aspetta. L'unica cosa che possiamo fare è ingoiare quel cioccolato che non ci piace e attendere quella casella che ci farà sentire così bene che non penseremo più a quel cioccolato cattivo».

«Mi piace questa metafora», dichiarò la ragazza.

«Stai approvando una metafora?» ridacchiò l'anziana.

«Forse», sogghignò il fiorellino bianco.

«Orchidea», la chiamò una voce conosciuta.

Spazio autrice

Ciao ragazzi.

Lo so che non pubblicavo da un po'. Chiedo venia.

Mi sono spostata in Sicilia e in più sto scrivendo tesi e quant'altro. Spero mi possiate perdonare con questo capitolo.

Come avevo già anticipato, Ida mancava un po' a tutti e questo suoi ritorno aiuterà la nostra protagonista nel cammino della crescita.

Che cosa ne pensate?

Se vi è piaciuto commentate e mettete una stellina. Mi farebbe davvero tanto piacere.

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