1. Capitolo.
13 settembre 2017.
<<Elen Pertini>> sento la voce di qualcuno che rimbomba nelle mie orecchie.
<< Se mi sente apra gli occhi.>> adesso il tono è più alto, ci sto provando ad aprirli ma non riesco, sento le palpebre così pesanti.
<< Fatemi passare è mia figlia, Elennn!>> ancora urla, questa volta disperate, riconosco la voce di mia madre ed apro immediatamente gli occhi, ma ciò che mi trovo davanti è una realtà cruda, violenta, che mi colpisce in faccia peggio di un pugno.
Improvvisamente ricordo tutto, la sua risata amara mescolata al mio pianto strozzato, lui che puntò la pistola contro il suo bersaglio, io.
Ma ciò che mi opprime il petto è ben altro, sono il ricordo delle sue parole.
<< Non ti uccideró, ma sappi che ovunque tu andrai io ti troverò e quando meno te l'aspetterai ti porterò via tutto.>>
Quella non fu una minaccia, ma una promessa.
Dopo un urlo strozzato, richiudo gli occhi e poi il buio.
Mi sveglio di soprassalto, le lacrime si fanno strada sul mio viso, il mio corpo è velato da uno strato di sudore.
<<Era soltanto un brutto sogno>> continuo a ripetere a me stessa.
<< È stato solo un incubo. Non mi troverai. Non rovinerai di nuovo tutto.>> urlo all'oscurità.
Controllo l'orario 4.23 a.m, di nuovo lo stesso incubo che mi tormenta da tempo, i suoi occhi pieni di rabbia che scrutavano in modo divertito i miei, impauriti. Urla, lamenti, e quella promessa rimbombano nella mia testa.
Mi rannicchio tra le coperte e cerco invano di riprendere sonno, mi giro e mi rigiro nel letto finché crollo tra un ricordo e l'altro.
Il rumore incessante del campanello mi fa sobbalzare, apro gli occhi contro voglia e sbuffo rumorosamente prima di alzarmi dal letto e dirigermi verso l'ingresso.
<< Ecco, un po' di pazienza, diamine!>> esclamo, aprendo la porta.
<< Un po' di pazienza? Stiamo qui fuori da un'ora, avevamo appuntamento alle 9 mentre ora sono le 10 e tu ti sei appena svegliata e mi dici di essere paziente?>> dice Kim, per poi superarmi insieme a Damien che mi guarda con sguardo supplichevole, avviandosi verso la cucina.
Kim e Damien sono i miei migliori amici. Il mio trasferimento a New York non è stato facile dal punto di vista morale, mi sono trovata catapultata in un'altra realtà, senza nessuno affianco, li ringrazio perché nonostante la mia difficoltà nell'approcciarmi con le persone, mi hanno capita dal primo sguardo, senza chiedermi chi ero prima di quel momento, quale fosse la mia storia e a cosa era dovuto il mio essere schiva.
<<Buongiorno anche a voi! A cosa devo questa visita mattutina?>> esclamo ridendo, in realtà so perché sono qui, solo mi diverte così tanto far incazzare Kim.
<<Non far finta di non ricordartelo razza di deficiente, dobbiamo andare a fare compere per la festa universitaria di sabato e visto che domani comincerai il tirocinio non avrai tempo durante la settimana!>> urla infuriata.
Sbotto a ridere per la sua faccia fumante di rabbia.
<<Elen non peggiorare la situazione, è tutta la mattina che fa l'isterica e io devo subirmela, per cui muovi quel culo e vatti a preparare.>> si intromette Damien con tono supplichevole.
<< Isterica a chi? Razza di rammollito.>> urla Kim, facendomi quasi sanguinare le orecchie.
Mi dileguo verso la mia camera e inizio a prepararmi.
Quaranta minuti dopo ci troviamo nel parcheggio del centro commerciale.
<<Kim guidi proprio di merda, per un attimo ho pensato di star per vomitare anche le budella.>> dico beffeggiandola, Damien non riesce a trattenere una risata divertita.
<<La prossima volta guidi tu, così non ti lamenti.>> risponde lei.
<< Bando alle ciance, voi entrate io fumo una sigaretta e vi raggiungo.>> dico, loro in tutta risposta annuiscono. Caccio una sigaretta dal pacchetto e mi dirigo verso una panchina ombreggiata. All'improvviso sento qualcuno che mi afferra per il braccio e poi successivamente ascolto una voce virile e roca.
<< Bellezza hai una sigaretta?>> mi domanda in modo seducente.
Mi giro di scatto e inchiodo i miei occhi neri nei suoi verde smeraldo, sposto gli occhi su tutto il suo corpo, i capelli neri, corti, insieme a quell'accenno di barba incorniciano bene i suoi lineamenti duri. Il mio sguardo si sposta sulle sue labbra piene, per poi scendere sul suo corpo statuario, possente. Non so per quanto tempo rimango in trance ma un colpo di tosse mi fa tornare alla realtà.
<< Se vuoi puoi farmi una fotografia, così mi consumi.>> esclama con un sorriso malizioso.
<< Non ti stavo fissando, contemplavo il tuo modo poco cortese di porsi ad una ragazza.>> rispondo, liberandomi dalla sua presa, aspiro l'ultimo tiro di sigaretta che per colpa di quel coglione l'ha fumata il vento e getto il mozzicone sull'asfalto.
<< Interessante, mi sono sempre piaciute le donne aggressive!>> dice osservandomi intensamente.
<< Io invece ho sempre evitato, uomini coglioni come te.>> controbatto a tono, faccio per andarmene ma prima estraggo una sigaretta dal pacchetto, gliela lancio e mi allontano senza guardarlo, sentendo il suo sguardo bruciare sul retro della mia figura fin quando non varco le porte d'ingresso.
Dopo innumerevoli giri trovo Kim e Damien, ella è concentrata a cercare vestiti, mentre egli se ne sta seduto sopra un pouf con aria annoiata e sospira amaramente, li osservo per un po' sono davvero strani quei due si vede da chilometri che provano qualcosa l'uno per l'altra ma non l'ammettono nemmeno a se stessi, si cercano in persone sbagliate, ma sono certa come la morte che un giorno si sarebbero trovati.
<<Elen eccoti, perché ci hai messo così tanto?>> mi domanda Kim facendomi tornare alla realtà.
<< Non riuscivo a trovarvi.>> la liquido, senza proferire parola sull'incontro di poco fa.
<< Menomale che sei tornata, mi avrà fatto entrare in almeno dieci negozi nel giro di mezz'ora.>> dice con voce amareggiata Damien, che viene fulminato da un'occhiata di Kim, faccio un risolino e comincio a cercare qualcosa di adeguato per me.
Torno a casa piena di buste, per la festa ho scelto un vestito rosso a tubino, dotato di una marcata scollatura a V, cade aderente sul corpo, mettendo in risalto le mie curve.
Stanca per la giornata sfiancante mi corico a letto, per un attimo penso a quegli occhi verdi e la sua arroganza, scosto la testa in segno di disapprovazione ed estraggo dal cassetto un altro telefonino e apro il messaggio segnalato sul blocco schermo.
Mamma:
Figlia mia, qui tutto bene, tue sorelle stanno bene, crescono a vista d'occhio. Io sento molto la tua mancanza anche a distanza di tre anni, sto ancora accettando la tua scelta sapendo che l'hai fatto per noi. Spero risponderai, ma so già che non lo farai. Ti amo.
-Tua mamma.
Involontariamente comincio a piangere, vorrei tanto risponderle a tutti i suoi messaggi ma la paura regna incontrastata:
Avrebbe potuto rintracciarmi e avrebbe fatto del male alla mia famiglia. Il terrore me lo impedisce.
<< Un giorno ci rivedremo.>> lo sussurro come se potesse sentirmi.
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