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XXXII. CONFLITTO TRA FRATELLI

In quei giorni, chiuse in camera e perse nei nostri ricordi, io e Lotte ricevevano spesso la visita di Adam. Sapevo che riempiva mia cugina di gioia. Rideva e ballava per la stanza.

-Voglio che Adam sia mio figlio- sussurrò una notte, lo sguardo lucido -mi somiglia così tanto... e poi tu hai già Julien e Rose, non puoi volere tutto tu... Adam è identico a me... non è giusto che tu abbia tre figli e io neppure uno... non è giusto che il mio mi sia stato portato via

Mi chiesi se fosse impazzita per il troppo dolore, come poteva pretendere che le cedessi mio figlio? Non era una merce di scambio, Adam era il mio bambino.

Lotte, che non sapeva cosa volesse dire arrendersi, si dedicò anima e corpo a cercare di conquistare Adam. Devo ammettere, ahimè, che Adam pareva subire il suo fascino e si fece coinvolgere così nei suoi giochi non appena mia cugina si rimise.

-Addy, tesoro- lo chiamava lei -ci facciamo una corsa?- oppure -giochiamo a palla?-

E Adam accettava sempre. Ero un po' gelosa del rapporto tra i due, come se Lotte in quel modo stesse cercando di portare via un altro uomo della mia vita. Julien invece mi stava sempre accanto, come una pallida ombra. Mi sentivo molto più simile a lui nonostante non fosse mio figlio, spesso passavamo il tempo leggendo o giocando a scacchi, con Rose accanto a noi. Julien odiava esercitarsi con la spada, come invece faceva spesso Adam, e anche usare la pistola.

Albert ne aveva regalata una a entrambi. Secondo lui era molto importante che un uomo sapesse come difendere la propria famiglia.

Così Lotte iniziò a esercitarsi con Adam. Li potevo vedere dalla finestra mentre sparavano contro un albero.

Julien invece non prendeva in mano la pistola.

-Albert non dovrebbe costringerlo- commentò Herman.

-Diglielo tu

E fu quello che Herman fece. Affrontò Albert. Sospetto che ci fosse altro sotto. Herman voleva litigare non per Adam, ma per il rapporto che stava nascendo tra di noi. Mi ritrovai ad assistere alla discussione.

-Non puoi costringerlo a essere chi non vuole

-Io non costringo nessuno

-Invece è quello che fai, costringi la gente a fare quello che vuoi

Non potevo sopportare che litigassero così. Mi diressi al roseto. Ero in una situazione spigolosa. Mi sedetti accanto alle rose.

-È colpa mia?- Julien mi raggiunse.  Era pallido.

-Tu non hai nessuna colpa

-Non litigherebbero se non fosse per me

-Non è per te

-E allora? Per cos'è?

Come potevo dirgli la verità? Già sapeva troppo.

Un paio di giorni dopo Julien non si presentò alla lezione di pianoforte. La cosa mi turbò. Julien amava le lezioni di pianoforte.

Lo cercai ovunque senza trovarlo. Alla fine mi lasciai cadere su una poltrona.

-Hai bisogno di aiuto?- la voce di Herman mi fece sussultare. -Ho saputo di Julien

Non gli domandai come l'avesse saputo, sarebbe stato inutile. Fui ferocemente felice del fatto che Herman fosse lì con me, disposto ad aiutarmi. -Non lo trovo più, ho guardato ovunque-

E fu in quel momento che Rose uscì da dietro un angolo della casa e mi corse incontro, il viso striato di lacrime, l'abito azzurro che frusciava. -Mamma- mi chiamò, tirando su con il naso.

Mi piegai in avanti e aprii le braccia per accoglierla contro di me. Lei mi abbracciò, singhiozzante.

-Adam... è andato a prendere il leone... ha seguito Julien, vuole dimostrargli che è più bravo-

-Il leone?- il mio cuore si fermò.

-Dicono che ci sia un leone che abita poco lontano da qua- intervenne Herman.

Mi sentii gelare. Erano pazzi.

-La colpa è di Gwen- continuò Rose -ha sfidato Julien, lui non voleva andare, così lo ha detto ad Adam... si sono sfidati-

Gwen! Come odiavo quella bambina! Possibile che riuscisse solo a mettere discordia?

-Stai tranquilla, Rose- intervenne Herman -adesso torna a giocare, qui ci pensiamo noi-

Mia figlia si scostò, tremante. -Mi dispiace, io avrei dovuto... -

-Tu non dovevi fare nulla- continuò Herman, la voce bassa e dolce -ci pensiamo noi, andrà tutto bene-

Rose annuì, gli occhi arrossati. Notai, con un moto d'orgoglio, quanto mi assomigliava. Era così piccola e fragile. E non c'era nessuna Lotte a rendere la sua vita... interessante com'era stata la mia. O forse sì, pensai con rabbia. C'era Gwen a rendere ogni cosa orribile.

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