IV. SAN NICOLA
La vigilia della festa di San Nicola ci trovò di ottimo umore. Era il primo dopo la guerra e Albert stava preparando tutto per Londra. Ogni cosa avrebbe preso la giusta direzione. Questo perlomeno speravo.
-Non sai quanto sono felice- mi sussurrò mio marito, passandomi accanto, intento a fare i bagagli.
Io non seppi cosa dirgli. Mi sentivo nervosa. Il cuore mi batteva forte e avevo la nausea. I raggi del sole morente scivolavano dentro la camera da letto.
Quella sera portammo i bambini a vedere la sfilata dei krampus in paese.
-Ammetto che queste tradizioni mi fanno impazzire- mi confidò Albert, mentre ce ne stavamo in attesa del corteo dei krampus.
Io gli appoggiai la testa contro la spalla, ignorando Ricky che mi faceva un cenno dall'altra parte della strada. Ci mancava solo lui. Come se non avessi già i miei problemi. Come se il mondo non mi sfuggisse di mano. Il cielo plumbeo prometteva altra neve. Mi strinsi di più nella giacca.
-Da bambino non ho mai potuto festeggiare il Natale come gli altri bambini- mi sussurrò mio marito.
Aggrottai la fronte e fissai Albert. Quando parlava così provavo tanto turbamento che mi mancava il respiro.
-Mia madre non usciva mai, da quando mio padre l'aveva lasciata- fece una smorfia.
-Mi dispiace- mormorai io. Il dolore mi strinse lo stomaco. Il mio Albert! Mi venne voglia di stringerlo, di sussurrargli che lo amavo, che nessuno avrebbe più potuto fargli del male. il pensiero di Herman però si fece strada prepotente. Ero una bugiarda. La peggiore perché mi nascondevo dietro un sorriso.
-Non devi dispiacerti- fece spallucce -la vita è così- mi avvolse nel suo abbraccio -ora però sono felice-
Mi sentii a disagio. Gli avevo mentito, gli avevo...
Un urlo annunciò l'inizio della festa e mi strappò dai miei pensieri. I bambini cominciarono a battere le mani. I krampus ci corsero intorno, le maschere mostruose. Un corteo di esseri grotteschi, che mi rimandava all'infanzia. Rose si aggrappò alla mia gonna.
-Non devi aver paura- la strinsi a me con un braccio.
Rose singhiozzò, gli occhi umidi per le lacrime. -Voglio andare a casa-
-Tesoro, siamo appena arrivati- le tirai indietro i capelli -sono solo maschere- la rassicurai.
-La donna, io ho paura della donna-
Un brivido mi scosse. -Donna?- alzai la testa e la vidi. Jolanda ferma in fondo alla strada. Lo stomaco mi si serrò. Perché mi guardava in quel modo? Cosa stava succedendo? Abbassai lo sguardo e vidi Rose in lacrime. Julien si era avvicinato, il viso contratto dalla preoccupazione. E Adam... dov'era Adam? Feci scorrere lo sguardo intorno, ma nulla. Adam non c'era più.
-Adam- gemetti -dov'è?- e mi ricordai di Roby, di quello che gli era successo solo pochi mesi prima. La terra si aprì sotto di me.
Albert guardò in giro. -Era qui un attimo fa, non può essere andato lontano-
Io però sapevo che qualcuno lo aveva preso. Era una sensazione viscerale. Jolanda era venuta fin lì, con il suo abito fatto di vento e incubi, per avvicinarmi. -Dobbiamo trovarlo-
-Tu resta qua- Albert si mise alla ricerca. Io continuavo a pensare a Roby, a ciò che gli era successo. Mi guardavo intorno, il cuore cavalcante.
-Mamma-
Adam! Mi voltai e lo vidi che mi veniva incontro, Ricky che gli posava una mano sulla spalla. Lo stomaco mi si capovolse.
-Si è allontanato- dichiarò il mio vecchio amore.
Strinsi a me Adam. Tremai. -Non ti devi più allontanare, hai capito?- gemetti.
-Scusa, mamma, io non volevo farti spaventare- gli accarezzai i capelli, le lacrime mi scivolavano lungo le guance.
-L'importante è che tu stia bene- lo tempestai di baci. Non mi era mai sembrato così piccolo e fragile. Il mio bambino.
-Tuo marito dovrebbe stare più attento- ruggì Ricky. Sentii i suoi occhi su di me. Non alzai la testa. Non volevo guardarlo in faccia.
-Vattene- la voce di Albert echeggiò dietro di me. Forte e decisa. Sbirciai con la coda dell'occhio.
-Sei tu che dovresti andartene, tu non sei di qui- replicò Ricky, le mani sui fianchi. Cercava lo scontro.
-No, in effetti io non vengo da uno stupido paesino-
Ricky divenne paonazzo. -Sei un... -
-Andiamocene a casa- mi frapposi tra due e afferrai Albert per un braccio -sono stanca di stare qua-
-Un attimo, Vivi- mio marito mi spinse di lato. Io mi rimisi in mezzo.
-Andiamo a casa- era una supplica. Non volevo problemi. Non me la sentivo di affrontare problemi. Non dopo aver quasi perso Adam.
Albert sospirò. -Certo, andiamo a casa- mi posò una mano sul braccio.
Ci allontanammo e lo trattenni quando Ricky lo insultò ridendo.
-Non ne vale la pena-
-Lo credi tu... io odio quel ragazzo- fece una smorfia -per fortuna a Londra non lo vedremo più-
Come avrebbe reagito Herman a una simile provocazione? Sarebbe stato tanto stupido da soccombere in quel modo? Avrebbe reagito com'era giusto fare, mi ritrovai a pensare. Senza perdere la calma. Albert però era fuoco. Il fuoco brucia.
Furono i bambini a strapparci dai brutti pensieri.
-San Nicola ci porterà qualche dono?- domandò Rose. I capelli scuri le scivolavano sul viso somigliante al mio.
-Chi lo sa- le rispose Albert, afferrandola per la vita e sollevandola -hai fatto la brava bambina?-
Mia figlia rise. -Certo-
-Allora qualcosa ci sarà- e la rimise a terra.
Arrivammo al castello quando la luna era già alta. La neve ricopriva ogni cosa, come una soffice coperta. Volevo solo mettermi vicino al fuoco, riscaldare il viso tagliato dal vento. Rose canticchiava, gioiosa e spensierata come forse io non ero mai stata. Le accarezzai i capelli. Morbidi come seta. Non c'era nessuna Lotte a rabbuiare le sue giornate.
-Da bambina t'immagino come lei- mi sussurrò Albert.
-Io ero una bambina malinconica- mormorai. Non era una bugia.
-Non ci credo- le sue dita s'intrecciarono con le mie.
-Ero triste- continuai, lo sguardo che sfiorava la terra -in continua competizione con Lotte-
-Perché dovevi trovare il tuo principe- mi fece voltare e mi strinse a sé. Le nostre labbra si sfiorarono e io avvampai. Ero tornata ragazzina. Abbassai lo sguardo, le guance brucianti. Lui mi sorrise. -Io ti renderò felice-
Il suo volto si aprì e mi parve di vedere i riflessi aguzzi di Herman. Fu come ricevere uno schiaffo. Abbassai lo sguardo. La neve mi scivolò tra i capelli. -Rientriamo- mormorai -ho freddo-
-Certo, certo- mi spinse dolcemente, il respiro contro la mia guancia.
Io pregai che non capisse che il mio pensiero volava lontano. A un altro uomo. A un'altra epoca. A un sogno che mai avrei dovuto avere. Vorrei tornare a quei sogni ad occhi aperti. Non potevo sapere che presto le cose avrebbero preso una svolta inaspettata.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ne pensate? E cosa credete che succederà nel prossimo capitolo?
Scusate il ritardo nella pubblicazione di questo capitolo! Cercherò di pubblicare più spesso.
A presto!
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