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XXXXV

L'università fu terribile. La lontananza da casa, l'ostilità dei miei compagni di corso, le lettere dei miei genitori e di Charlotte che attendevo con il cuore in gola, la voglia di rivedere Julien... e poi il pensiero fisso di Albert, il suo pensiero fisso che quasi non mi dava pace. Speravo di vederlo apparire ovunque.

Dory faceva di tutto per farmi stare allegra, era felice di avere una compagna e soprattutto del fatto che studiassi, mi conduceva nei migliori salotti, mi difendeva contro tutti coloro che non ritenevano che una donna fosse all'altezza di dedicarsi agli studi con una ferocia di cui non la credevo capace. La presenza di Dory però non aveva nessun effetto sul mio dolore.

Posso confermare che ci sono due categorie di persone che possono accettare praticamente qualsiasi avvenimento senza esserne scalpiti: le persone profondamente felici e quelle profondamente infelici. Io appartenevo alla seconda categoria, così quasi non mi accorsi di quello che stava succedendo in Europa, della guerra che avrebbe cambiato tutto. Ma io, lontana da casa, da Lotte, da Albert, umiliata dai miei compagni di studi, non vedevo altro che il mio dolore, non volevo vedere altro. La verità era che in giro c'erano delle voci... pareva che Albert fosse stato visto in giro con un'altra donna. Ovviamente non ne ero sicura, ma il solo pensiero che potesse avere un'altra mi faceva piangere di dolore. In quei momenti riuscivo a trovare un po' di conforto solo suonando il pianoforte e ricordando quando io e Lotte lo suonavamo al castello. Mi sembrava di ritornare piccola.

Ricordo un fatto degno di nota di quel periodo. Un giovanotto, figlio di un amico del mio zio defunto, chiese a Dory la mia mano. Probabilmente mia zia lavorava da anni per combinare quel matrimonio, così come aveva lavorato per farmi andare all'università. Il suo obiettivo segreto era che io restassi a Parigi, che mi sposassi e andassi ad abitare lì con lei e con mio marito. Il mio pretendente, Louis, che per una strana sorte si chiamava proprio come il mancato marito della Sposa, era gracile, pallido, delicato... fragile. Un ragazzo carino, ma sembrava fatto di porcellana e avevo l'assurdo timore che se mai l'avessi abbracciato mi si sarebbe rotto tra le braccia. Non era Albert, oh, Albert non mi aveva mai dato l'impressione di essere fragile, no, Albert, era muscoloso, atletico, emanava forza. Louis mi corteggiò per un po', come un vero signore, devo ammetterlo, forse avrei potuto innamorarmi di lui, se non ci fosse stato Albert a occupare il mio cuore.

Una cosa di Louis mi colpì molto: la sua grande intelligenza. Louis, cresciuto chiuso in una stanza del suo palazzo, lontano da tutti, a causa della sua cagionevole salute, aveva imparato a trovare un rifugio nei libri e questo aveva acuito il suo ingegno. Mi piaceva passare il tempo con lui, parlare per ore degli argomenti più disparati. In sua compagnia a volte riuscivo persino a dimenticare Albert. La mia amicizia con Louis fu la cosa migliore che mi successe a Parigi. Ne parlai perfino in una lettera che mandai a Lotte. Lei mi rispose chiedendomi se lo amavo, una domanda a cui non diedi mai risposta, perché i miei sentimenti nei suoi confronti erano molto più confusi di quanto volessi ammettere.

-Siete sempre così triste- mi disse un giorno Louis, mentre passeggiavamo per gli Champs-Elysées. Il suo viso era così pallido che pareva quello di un morto.

-Non sono triste- mentii.

-Invece la siete, oh, se potessi prendere tutta la vostra tristezza su di me- mormorò, pacatamente.

-Non dite così-

-Siete molto più bella quando sorridete-

Quelle parole mi fecero arrossire e mi sforzai di sorridere.

Una parte di me forse amò Louis. Dory sosteneva che le donne potevano amare più uomini nello stesso momento, che in fondo eravamo afflitte da una sorta di pluralità degli affetti.

Io e Louis passavamo ore a giocare a scacchi in silenzio. Sospettavo che la maggior parte delle volte lui mi facesse vincere perché era molto bravo. Una volta glielo dissi, ma lui si limito a stringersi nelle spalle. Ancora oggi ho questo dubbio. Louis fu il mio appiglio in un periodo di grande infelicità. Il nostro rapporto, non saprei dire con certezza se fosse amore platonico o amicizia, avrebbe percorso tutta la mia vita.

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