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XLVII

E poi finalmente venne il tempo delle vacanze e potei tornare al castello. Julien mi corse incontro non appena varcai il cancello, facendo a gara con Bella per raggiungermi. I miei genitori erano fermi davanti al portone. Lolò era accanto a loro, gli occhi pieni di lacrime. Dov'era Lotte? La cercai con lo sguardo e poi sentii la sua voce squillante.

-Viola, sei in anticipo-

Mi voltai e la vidi ferma a qualche metro da me, dei bellissimi fiori in mani. Non era cambiata dall'ultima volta in cui l'avevo vista.

-Volevo preparare un mazzo di fiori, ma sei in anticipo- disse, immobile.

-Non importa-

Lotte mi raggiunse. –Se ti piacciono ho messo insieme questi-

Presi i fiori e scoppiai in lacrime. L'abbracciai. Avevamo così tante cose da dirci! Fu organizzata una festa per il mio ritorno, ma la vera sorpresa doveva ancora arrivare.

Un ozioso pomeriggio stavo passeggiando con il piccolo, tenendolo per mano, intorno al lago, approfittando del clima mite. Bella ci saltava intorno.

-Guarda- urlò Julien, alzando una mano e indicando un punto tra gli alberi.

Mi girai in quella direzione e... m'immobilizzai, come se all'improvviso tutto si fosse fermato, come se ogni cosa avesse perso senso, come se non esistesse più nulla... lui, no, non poteva essere lui, doveva trattarsi di un fantasma... eppure... sì, era proprio lui, dopo tutto quel tempo lui era tornato. –Albert- mormorai, come se non riuscissi proprio a crederci, e all'improvviso quel vago senso di vuoto che da qualche tempo mi perseguitava parve scomparire, come se Albert, con la sua sola comparsa fosse riuscito a riempirlo.

Lui avanzò. Era cambiato dall'ultima volta in cui lo aveva visto, pareva un po' più magro, un po' più vecchio, si poteva addirittura intravedere qualche capello bianco nella sua chioma scura e gli occhi avevano perso un po' del loro ardore, parevano quasi più pallidi. All'improvviso la lucente divinità pagana era diventata umana, aveva perso un po' della sua luce. –Viola... non sapevo che tu...- guardò il piccolo.

Julien si strinse a me, come se cercasse un conforto e per poco non risi al pensiero che il piccolo non riuscisse a riconoscere suo padre, non sentisse in qualche parte del suo cuore che era proprio davanti a lui l'uomo di cui mi aveva chiesto mille volte.

-Non sono sposata- chiarii.

Albert aggrottò la fronte, poi all'improvviso il suo sguardo acquistò colore, sorrise e si avvicinò, rivolgendosi al piccolo. –Ehi, scommetto che la tua mamma si chiama Charlotte-

Il piccolo non rispose.

-Sì, è Charlotte- dissi io con un tono di velato rimprovero.

-Però io voglio bene solo a Vivi, è lei la mia mamma- mormorò il piccolo, quel bambino che mi chiamava Vivi, proprio come Albert mi aveva sempre chiamata.

Albert gli accarezzò i capelli. –Hai ragione, Vivi è dolcissima ed è sicuramente un'ottima madre- alzò lo sguardo e mi fissò, un sorriso vittorioso –io e Vivi dobbiamo parlare da soli... che ne diresti di giocare un po'?-

Julien alzò la testa e mi guardò.

-Vai pure, piccolo-

Lui annuì e si allontanò. L'osservai andare via con un certo dolore nel cuore, poi mi voltai verso Albert.

-Non credevo che saresti tornato- mormorai.

-E invece sì, non ne ho potuto fare a meno-

-Sei stato via così tanto... io credevo davvero che non ti avrei mai più rivisto- credevo che mi avessi dimenticata, pensai, ma non glielo dissi, non avrei mai potuto dirgli che quel pensiero mi aveva tenuta sveglia la notte, soffocandomi, mi aveva perfino fatta piangere, il terrore che lui avesse trovato un'altra che non solo lo stringesse tra le braccia, quello avrei forse potuto sopportarlo, ma che lo convincesse a legarsi a lei, che lo facesse innamorare, portandomelo via per sempre.

Lui sorrise, un sorriso misterioso. –E invece sì... ho viaggiato parecchio, ma mi sono reso conto che questo posto mi mancava, mi aveva rubato il cuore-

-Davvero?-

-Sì, ti ricordi quello che dissi molti anni fa? Durante il ricevimento, la prima volta che ci vedemmo-

-Il ricevimento? Pensavo che fossi tu a non ricordare- dissi sorpresa.

-Come potrei dimenticare la prima volta in cui ti ho vista?-

-Quella sera avevi occhi solo per Lotte, hai ballato con lei per tutto il tempo, pensavo che mi avessi a malapena notata-

Albert scosse la testa. –La mia dolce principessa, come avrei potuto non notarti? Eri ancora così acerba, ma ti notai... ballai con tua cugina solo perché lei era più... donna-

-Oh, cosa mi tocca sentire!-

-Comunque se ricordi cosa dissi capirai-

-Finalmente hai trovato un luogo dove lasciare il tuo cuore- mormorai.

-Esatto, e questo posto è qui con te- disse Albert.

Non risposi, mi godetti il silenzio e mi voltai verso Julien... era così bello vedere com'era spensierato.

-Quello è mio figlio, vero?- mi chiese Albert in un sussurro.

Annuii, lo sguardo fisso su Julien.

-Ti assomiglia molto-

-Lo so-

-Charlotte si occupa di lui?-

Scossi la testa.

-Non sarà mai una brava madre-

-Dopo il modo in cui l'hai trattata...- esplosi furiosa.

-No- m'interruppe –io non volevo lasciarla con un bambino, ma non l'amavo, lei l'ha sempre saputo...ma ora posso rimediare-

Mi voltai di scatto e lo fissai, il cuore in gola. –Cosa vuoi dire? La vuoi sposare?-

-Non lei, sposo te e poi mi prenderò cura del piccolo, già ti vuole bene, sarai tu sua madre-

-Non sono sua madre-

-Ma potrai esserla e finalmente quel piccolo sarà felice, con una vera famiglia-

-Non posso sposarmi, sto studiando all'università e...-

-Sì, lo so bene, in tutta Parigi parlano di una studentessa di medicina che non ha ben compreso che si tratta di una materia per gli uomini- rise forte.

-Tu lo sai?-

-Certo che lo so, sinceramente una cosa del genere me l'aspettavo da tua cugina-

-In realtà è stata Lotte a spingermi-

-Non ne dubitavo... comunque hai fatto bene, bisogna riuscire a cambiare questo mondo così bigotto e anche a scandalizzarlo- rise –voglio che tu continui a studiare, anche quando sarai mia moglie, ci trasferiremo a Parigi, ho parecchi affari anche lì-

-Io...- e poi mi resi conto che finalmente Albert aveva trovato il modo per ricattarmi, perché sapeva bene quanto Julien desiderasse un padre e quanto io desiderassi che fosse felice e la cosa più assurda fu che fui felice di questo... io volevo arrendermi a lui.

-Se vuoi posso andare immediatamente a chiedere la tua mano-

-Non posso... Charlotte... non me lo perdonerebbe mai-

Albert annuì lentamente. –Hai bisogno di riflettere...come si chiama il piccolo?-

-Julien-

-Oh, "Il rosso e il nero"-

Annuii. –Lotte non voleva dargli un nome, così ho deciso di affidarlo alla sorte, ho chiuso gli occhi e ho scelto un libro-

-Bel nome, mi piace, Julien...perfetto- mi sfiorò delicatamente il braccio –perdonami un attimo- e si diresse verso Julien –ehi, piccolo, sai come si costruisce una fionda?-

Restai immobile a fissare l'uomo che amavo e il bambino che sentivo mio giocare, padre e figlio, finalmente insieme. E poi alzai la testa e vidi qualcuno dietro una finestra del castello. Charlotte, colei che meritava di stare al mio posto. Si mimetizzava così bene che sembrava parte del castello stesso... e per un folle attimo pensai che potesse trattarsi della mia spettrale antenata Jolanda.

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