V
Io e Lotte crescemmo con le storie della Grande Guerra. La ferita era ancora fresca e ne parlavano in molti, così spesso ci succedeva, soprattutto quando avevamo ospiti al castello, di sederci su un divanetto, cercando di stare il più composte possibili, sotto lo sguardo attento di Lolò, e di ascoltare quei racconti che non erano molto adatti a bambine della nostra età, ma che ci appassionavano. Oh, com'era romantica la vita di quei soldati che combattevano nelle trincee, sacrificandosi per vincere la guerra! O almeno era ciò che pensavo all'epoca. Spesso ascoltavamo anche personaggi più o meno illustri che parlavano di romanzi, poesie, letterature...quella fu in parte la nostra scuola, lì imparammo molte cose e per molti anni, dopo che questo corteo di ospiti terminò, provai un senso di nostalgia, il desiderio di rivivere quelle sere, quelle notti, di stare sveglia fino a tardi, di sentire il dolce profumo della notte mentre qualche strano avventuriero, seduto su una delle poltrone della Sala Blu, raccontava qualche oscura avventura o commentava il romanzo di un giovanotto. In realtà credo che alla fine fosse l'idea stessa del passato, la presenza di Lotte, il tepore o la freschezza della sala in base alla stagione a farmi ricordare con gioia quei momenti...e poi la folle spensieratezza dell'infanzia e della prima fanciullezza che, ahimé, nulla avrebbe mai potuto ridarmi, ma che all'epoca mi pareva così banale, così priva di fascino da non pensarci quasi.
A volte a seguito dei ricevimenti si tenevano dei balli, oh, come li amavo. Sapevo bene che fuori dal castello le cose erano un po' diverse, che noi vivevamo nel passato, ma non importava. Solo anni dopo scoprii che mentre nel mondo circolavano flapper con boa di piume intorno al collo e vestiti un po' indecenti, che tenevano tra le dita lunghi bocchini, noi indossavamo abiti dalla parvenza ottocentesca e ballavamo con i cavalieri come se fossimo rimaste ferme nel passato.
E fu proprio durante uno di quei ricevimenti che incontrammo per la prima volta l'uomo che avrebbe cambiato la vita a me e a Lotte, colui che avrebbe provocato una tempesta che per anni avrebbe tormentato entrambe. Albert Kalok. Chi esattamente fosse, beh, mi ci sarebbero voluti anni per capirlo, e mai completamente. All'epoca si presentò come un uomo d'affari con interessi letterari che aveva sentito parlare dei ricevimenti al castello e aveva assolutamente voluto partecipare. Un giovane distinto, alto, dai folti capelli neri e dagli occhi di un verde intenso che pareva emanare intorno a sé una sorta di luce, un fascino strano e pericoloso. Mi ricordo ancora il modo in cui si guardava in giro, con attenzione, scrutando ogni cosa, come se fosse alla ricerca di qualcosa. Il viso ovale e liscio, le labbra carnose, i lineamenti delicati per essere un uomo. Io e Lotte, dodicenni, lo avevamo subito guardato con ammirazione, tanto era diverso dagli ospiti che normalmente ricevevamo al castello. Lui era subito venuto da noi, facendoci sentire veramente importanti, noi che eravamo a malapena notate dagli adulti. Fu in quel momento che s'istaurò il seme che anni dopo avrebbe sconvolto le nostre vite? Non saprei dirlo, certo è che entrambe ne rimanemmo fortemente colpite e che lo ascoltammo con attenzione, così simile a una divinità pagana in visita tra i mortali. Parlò soprattutto di viaggi, di luoghi lontani. Scoprimmo che suo padre era tedesco e sua madre inglese, che viaggiava molto, che disprezzava gran parte degli scrittori e dei poeti che erano così in voga al tempo.
-Ho affari in tutto il mondo- disse, con il sorriso di chi ha qualcosa da nascondere.
-Cosa trattate?- chiese uno degli ospiti.
-Un po' di tutto- forse a quella risposta avrei dovuto già sospettare che i traffici a cui Albert si dedicavano erano a dir poco illegali.
-I vostri viaggi vi portano lontano?- chiese Lotte, con la sua vocina da ragazzina, quella che avrebbe sempre usato con gli uomini. Era inappropriato che una dodicenne si rivolgesse in quel modo a un uomo come Albert, ma lui sorrise.
-Dovunque, mia signora- disse con un enorme sorriso –sono stato in America, in Asia, in Africa, ditemi un posto e io sicuramente ci sarò stato-
-E qual è il vostro posto preferito?- insisté Lotte, nonostante lo sguardo severo di mia madre.
-Ogni posto ha qualcosa...però il posto migliore è dove si lascia il proprio cuore e finora non l'ho ancora lasciato da nessuna parte-
-Quindi non avete un'innamorata?- chiese Lotte e mi parve che ci fosse qualcosa di provocatorio nella sua voce.
-Charlotte!- la riprese mia madre –Sai benissimo che queste cose non si chiedono!-
-Oh, che le chieda pure- disse Albert con un enorme sorriso, un po' inquietante a dire il vero –le domande denotano intelligenza e mi piacciono le ragazze intelligenti-
Lotte arrossì a quel complimento.
-E comunque non ho nessuna innamorata, la mia vita è piuttosto solitaria...per il momento-
-Davvero?- lo sguardo di Lotte parve brillare a quelle parole.
Fu così che quella sera tra Albert e Lotte s'instaurò qualcosa. Parlarono, risero, ballarono anche, mentre io, seduta sul divanetto, non potevo far altro che osservare, sentendomi inappropriata e triste. Ricordo ancora la figura di Lotte, così perfetta nell'abito rosso, i lunghi capelli d'oro che le danzavano intorno, tra le braccia di Albert mentre ballavano un valzer. Pareva quasi che Lotte all'improvviso brillasse, come se lui le avesse passato un po' della propria luce, come se fosse stata anche lei elevata al ruolo di dea pagana o fosse una folle Baccante tra le braccia di Dionisio, mentre io, infelice, banale, mortale, li osservavo senza poter far nulla per elevarmi al loro livello.
Lolò, sedutasi al mio fianco, scosse la testa. -Quello è un uomo che porta guai- disse in un sussurro. Sarebbero dovuti passare anni prima che comprendessi pienamente il senso di quella frase e l'innata capacità di Lolò di capire le persone.
Dopo quel ricevimento Albert scomparve dalla nostra vita per molto tempo, tanto che quando ricomparve ci vollero alcuni secondi prima che mi ricordassi di lui, quasi non fosse mai esistito veramente ma fosse stato solo un pallido sogno. Il Destino, come un bimbo capriccioso, si era divertito, quella lontana sera, a farci intravedere le carte del mazzo, per poi sottrarcele e riconsegnarcele, anni dopo, completamente mischiate. Sarebbe dovuto passare ancora molto tempo prima che Albert diventasse un personaggio fin troppo presente nelle nostre vite, forse l'unica persona, insieme a Lotte, capace di far uscire sia il meglio sia il peggio di me.
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