Capitolo 2
Da quel che sapeva l'uomo cui era stata promessa era giunto al castello quella mattina.
Larica si era tenuta distante apposta per non vederlo. Non era entusiasta all'idea di un fidanzamento ufficiale con una persona che non aveva mai visto, e ancor meno le piaceva il fatto di doversi sposare a soli sedici anni.
Dal matrimonio in poi la sua vita sarebbe cambiata per sempre, e certo non in meglio. Non avrebbe più potuto ritagliarsi qualche piccola libertà nel mezzo dei doveri, avrebbe dovuto dedicare tutto il suo tempo a mettere al mondo figli, ricamare, e badare che la casa fosse sempre perfetta per intrattenere ospiti.
Non voleva una vita così, i suoi desideri erano totalmente diversi; eppure era costretta ad accettare ciò che suo padre aveva scelto per lei, senza avere la minima parola in merito al suo futuro.
Era il primo pomeriggio quando scese per il pranzo. La sala dei banchetti, situata nel mezzo del mastio, era stipata di tavoli a cavalletti, panche, e persone avvolte in abiti cerimoniosi.
Musicanti e saltimbanchi cominciavano già a intrattenere gli invitati, proponendo canti del nord, ballate famose in tutta Varasia e stupefacenti giochi che consistevano nel far sparire i veli che molte lady portavano sul capo, far apparire colombe sotto le gonne delle dame più frivole, e acrobazie che divertivano la maggior parte dei presenti.
Larica attese di essere annunciata dall'araldo prima di entrare. I trombettieri suonarono quattro colpi per zittire giocolieri e buffoni e attirare l'attenzione di tutti.
Allora l'araldo, impettito nel suo elegante abbigliamento verde, con una tunica a quadri rossi e verdi, si fece avanti e annunciò: «Larica Moria Eynes, della casa reale dei Lavin, principessa di Athernor, nobilissima dama di Varasia, splendore del nord nonché una tra le più belle fanciulle di tutto il regno.»
Gli occhi di tutti i presenti si puntarono su di lei. Larica compì qualche passo, sentendosi improvvisamente intimidita dall'esagerata sfilza di titoli enunciata dall'araldo, e dai troppi sguardi concentrati nei suoi confronti. Non era mai stata pavida, ma stare al centro dell'attenzione la metteva a disagio.
Si sentì meglio quando suo fratello Endin le andò incontro per accoglierla.
Era molto bello nella tunica nei colori della casata: verde, argento e azzurro ghiaccio. Specialmente l'ultimo colore gli donava, essendo simile agli occhi grigio ghiaccio.
I capelli biondi lunghi fino alle spalle erano ben pettinati alla maniera dei Lavin, con due trecce sottili, una per lato. Sul capo era posato un cerchio d'oro, con un grosso diamante nel mezzo a indicare il suo rango di principe ereditario.
Quando le fu vicino le porse un braccio, mentre stendeva le labbra carnose in un dolce sorriso che le infuse subito coraggio.
Endin la fece accomodare alla destra del loro padre, re Hartas. Quel posto era solito essere occupato dall'erede, ma quel giorno era riservato a lei. Un lieve moto di orgoglio le ricordò di tenere la testa alta; dentro di lei però avrebbe preferito mille cavalcate con Edna, rinunciando a quel momento in cui occupava un posto di rilievo.
Endin le strinse una mano e le regalò un altro sorriso, poi si sedette accanto a lei. Larica lanciò uno sguardo alla madre, bellissima e attraente come al solito. La regina Morgane le restituì un cenno severo, che però, si accorse, celava un sorriso di incoraggiamento. Lei almeno la capiva, si disse per darsi forza. Dopotutto anche sua madre doveva aver subito la stessa sorte.
Fece poi vagare lo sguardo su tutto il tavolo della famiglia reale. Oltre a Endin, suo padre, sua madre, e lei erano presenti anche gli altri suoi fratelli: Sezan, con la solita espressione imbronciata così simile al padre; Emel, bellissimo in una tunica rosso fuoco che donava forza agli occhi dolci; c'erano poi Lored, penultimo figlio di re Hartas, dotato del più bel volto di tutta Varasia oltre alla loro madre, e Miseh, ultimogenito, di due anni più grande di lei; era vestito con un completo interamente color ghiaccio, che contrastava in modo terribile ma affascinante con i folti capelli rossi, uguali a quelli della regina.
Mancavano invece Zara, Claris, Eneli e Daria, sorellastre di Larica, nate da suo padre e la prima moglie. Anche lady Moria, ormai relegata al falso rango di amante del re, non era stata accettata nella sala.
Questo per lei fu un grande dispiacere.
Le sarebbe stata di grande aiuto la presenza di Daria, con cui aveva creato un ottimo rapporto fondato su un reciproco e profondo affetto. Daria di certo avrebbe saputo confortarla.
Costretta in quella marea di emozioni, Larica si rese conto di non aver ancora avuto il tempo di cercare di individuare il suo possibile fidanzato. Di lui non le avevano detto nulla, a parte che veniva dal sud ed era un ricco principe di una vasta e fertile terra. Non sapeva se aspettarsi un bambino ancora attaccato al seno della madre o un vecchio barbuto non dissimile da suo padre; ma soprattutto non sapeva cosa temere di più.
Immaginava che la vera e propria presentazione sarebbe avvenuta dopo il pranzo, ma pensava le sarebbe comunque stato presentato anche nel durante. Invece suo padre diede il via ai servitori perché iniziassero a portare le pietanze, e Larica rimase avvinghiata nella sua angoscia.
Per tutto il pranzo non fece altro che guardarsi attorno alla ricerca di uno sguardo scrutatore che potesse offrirle un indizio sulla natura del suo futuro marito; ma nulla si offrì ai suoi occhi, se non una sfilza esorbitante di zuppe colorate, taglieri con enormi cinghiali arrostiti, volatili con piumaggi eccessivamente in mostra, salse di tutti i colori e per tutti i gusti, formaggi piccanti, dolci, salati, dolcetti di ogni tipo, confetture alle more, e infine noci, frutta secca, e vini dolci.
Non mangiò nulla. Assaggiò solamente del formaggio, un pezzetto di pane nero e un dolcetto al miele con le noci e l'uva passa, per non far preoccupare Endin, che spesso le riservava sorrisi rassicuranti e dolci strette di mano.
Fu solo dopo il pranzo che Larica sentì tutta l'ansia assalirla d'un colpo. Mentre i giocolieri mostravano la loro bravura e i buffoni saltavano al ritmo della musica, sentì venir meno quella poca forza che era riuscita ad accumulare facendosi coraggio.
Aveva paura, di quello che avrebbe visto e scoperto, di quello che sarebbe divenuto l'unico fato che poteva attenderla.
«Sorellina, ti senti bene?» Endin le mise una mano su una spalla in un gesto di conforto, ma lei neppure riusciva ad ascoltarlo tanto era intontita dalla sua preoccupazione.
Anche Emel, dall'altro lato del tavolo, le rivolse alcune parole gentili che Larica non afferrò. Si sentiva girare la testa e le era salita la nausea, così per tentare di allontanare quel fastidioso malessere si costrinse a bere un po' di vino.
La corposa dolcezza del Varasio, un vino rosso molto forte caratteristico di quelle terre, la fece sentire subito meglio. Nondimeno, il resto della cena passò nella più assoluta angoscia, in attesa di ciò che sarebbe accaduto dopo.
La sala del trono era fredda e vuota. Erano presenti solo il re e la regina, seduti sui loro scranni, i fratelli di Larica e gli esponenti della casata ospite, oltre a un paio di guardie per la sicurezza. Il resto dell'enorme sala era avvolto nelle tenebre.
Le alte e ampie colonne di pietra grigia e ruvida rendevano l'ambiente rozzo ma allo stesso tempo l'imponenza richiamava alla solennità che una sala del trono doveva emanare.
Mentre passava nel mezzo, posando con passo vellutato le pantofole sulla dura pietra, Larica tremava. Appena fu abbastanza vicina al trono gettò un lungo sguardo sui membri della casa di Calanthia, i venerabili ospiti, tentando di individuare quello che poteva essere il volto dell'uomo a cui era promessa.
Erano tutti accomodati su sedie imbottite poste nel lato sinistro del trono; l'altra parte rimaneva riservata ai membri maschili della famiglia Lavin. Larica era concentrata appunto sul lato sinistro, dove contò otto persone ben diverse tra loro. Non tutti però facevano parte della casa di Calanthia; solo tre, abbigliati nei colori della terra straniera: oro, bronzo e giallo.
Quella era una delle poche informazioni che le era consentito di sapere. Generalmente gli esponenti più importanti vestivano d'oro, in bronzo i principi, le donne con il colore giallo.
Sentì salire l'ansia scrutando i tre volti maschili della casata. Solo uno era in oro, con inserti di borgogna, rame e mogano; era il più anziano, alto, allampanato e senza barba, cosa assai strana da vedere per lei che era abituata a vedere uomini con barbe lunghe e folti baffi, come suo padre.
Il volto emaciato e pallido non era bello, e il suo sguardo comunicava ostilità e una punta di ribrezzo. Larica si ritrovò a sperare con tutto il cuore di non doversi sposare con quell'uomo all'apparenza tanto terribile.
A fianco di lui, gli altri due della casa di Calanthia le fecero un impressione migliore.
Erano giovani, probabilmente fratelli a giudicare dall'abbigliamento simile; in aspetto però c'era un bivio tra di loro. Uno aveva capelli scuri, un volto arcigno e lo sguardo annoiato e infastidito, ma nel complesso non era proprio brutto, se non per l'atteggiamento indisponente.
L'altro aveva capelli color dell'ebano, ancor più scuri e lucidi, e un viso invece decisamente più gradevole; i suoi occhi puntavano verso il basso e la bocca piegata all'ingiù comunicava una tristezza per lei insostenibile.
Erano entrambi sbarbati, vestiti di nero e bronzo, ma quelle erano le uniche cose che li accomunava oltre ai capelli neri che la ipnotizzavano.
Larica era ormai ai piedi del trono. Fece un inchino e baciò l'anello del padre.
«Figlia mia» disse re Hartas, «è venuta l'ora di presentarti, secondo gli usi della nostra terra ma anche di Calanthia, all'uomo che sedici anni fa mi chiese la tua mano.»
L'uomo in questione si fece avanti di un passo. Era quello più anziano, com'era ovvio; i due ragazzi sembravano infatti troppo giovani per averla chiesta in sposa sedici anni prima.
«Larica» continuò suo padre, «quest'uomo è il re di Calanthia, Ferdinand IV della casa Calan.»
L'uomo scese un gradino e le porse freddamente la mano, accentuando la brutta impressione che già al primo sguardo aveva avuto su di lei. Era troppo rigido, disgustosamente composto, ma Larica si costrinse comunque a chinarsi e baciare l'enorme anello nero intrappolato tra le dita ossute. Si sentiva male, immaginava già una vita orribile, costretta a giacere con un uomo di oltre trent'anni più di lei. Le veniva da piangere, ma cercò di farsi forza.
«Molto bene» disse suo padre interrompendo i suoi pensieri. «Ora che hai conosciuto il tuo futuro suocero, puoi essere ufficialmente presentata al tuo fidanzato.»
"Cosa?" Larica a quelle parole ebbe un sussulto e un tuffo al cuore. La speranza riemerse dentro di lei. Non ebbe neppure il tempo di tirare a indovinare quale fosse tra i due ragazzi, che quello più vicino al trono si fece avanti come aveva fatto poco prima re Ferdinand.
Stavolta re Hartas parlò direttamente a lui: «Principe Ferdinand, erede di Calanthia, ti presento mia figlia, tua promessa sposa, Larica Moria Lavin, principessa di Varasia.»
Suo padre poi si alzò in piedi e le prese una mano. Larica tremava. Non le sembrava vero che di tre il più bello fosse il suo fidanzato.
Mentre suo padre la avvicinava al giovane, le formule di rito ebbero inizio.
«Io, Hartas II della casa Lavin, sovrano di Varasia, signore di Artas, governatore di Colle gelo, Borgo chiuso e Ponte smeraldo, nonché protettore di tutto il nord, cedo a te, Ferdinand Calan, questa donna per la vita, con la tua promessa di prendertene cura sempre, e di soddisfare ogni suo bisogno e richiesta al fine di concepire al più presto un maschio che possa unire le nostre casate.»
Il principe prese dolcemente la mano di Larica. Quel contatto le provocò un tremore lungo tutto il corpo. Lui alzò appena lo sguardo mentre recitava a sua volta la formula di risposta: «Io, Ferdinand Calan, principe di Calanthia, governatore di Bronzea e Ramata, secondo governatore di Furore, e nobile difensore di Metiha, accetto la principessa Larica Moria Lavin come mia fidanzata, promettendo di amarla, onorarla e proteggerla ogni giorno della mia vita.»
E così la parte a voce fu conclusa. Per Larica la formula di rito era rimanere zitta, mentre più tardi suo padre e il principe avrebbero firmato in privato una carta per ufficializzare l'accordo di matrimonio, senza che lei potesse in alcun modo avere voce in capitolo.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro