La prigionia
LA PRIGIONIA
Apro gli occhi come ogni mattina, ma sono un po' agitato; la sveglia nel cellulare non ha suonato! Sarò in ritardo per il lavoro... e com'è duro stamattina il letto... sembra cemento! Allungo la mano per accendere la luce di fianco al comodino, ma non c'è nulla; mi allungo e cerco di sporgermi dal letto, ma non c'è nulla... che razza di scherzo è questo? Nel buio più totale mi metto in piedi con le mani davanti alla ricerca di qualcosa e comincio a parlare a voce alta: "Se è uno scherzo, non è piacevole! Su, dai..." Intanto le mie mani giungono presto contro una parete. Dove sono? Non sembra casa mia! Ma che cazzo è sta storia? Comincio a urlare: "Ohhhhhhhhh!! C'è qualcuno? Dai su! Comincio ad avere paura! Non si vede un cazzo qui dentro!"... ma non sento rumori o suoni... non sento nulla. Il cuore mi batte all'impazzata e continuo a urlare e chiamare aiuto, ma sembra essere una stanza insonorizzata; le urla rimbalzano verso di me e servono solo ad agitarmi di più. Dunque, calma... calma... sarà uno scherzo del cazzo di un mio amico del cazzo che, appena mi aprirà la porta, si beccherà uno schiaffo tanto forte che se lo ricorderà...
Passano, secondo me, 5 ore... ma, con il buio, non si capisce nemmeno quanto veloce o lento vada il tempo... poi, come d'incanto, si accende la luce! "Ehhhiiiiii... fammi uscireeeeeee!! Il gioco è bello quando dura poco!"... non feci caso ai dettagli del posto dove mi trovavo; ero sicuro che quello fosse uno scherzo di cattivissimo gusto di qualche mio amico. Ma le mie urla non ebbero risposte. Dopo mezz'ora di urla, mi calmai e iniziai a ispezionare la stanza. La cosa più tetra era che non c'erano porte. C'era una zona murata che probabilmente era dove prima c'era la porta. Cazzo! Murata! Ma allora questo non è uno scherzo... e come hanno fatto a mettermi dentro senza che io mi accorgessi di niente? Mi avranno sicuramente sedato o drogato... ma cosa vogliono da me? Non ho un soldo in banca! Nessun mio parente ha un soldo in banca! Mi avranno scambiato per qualcun altro... ma come faccio a spiegarlo a qualcuno che non so chi sia? Magari è uno straniero che non conosce nemmeno la mia lingua. "Senti, io non so perché mi avete rinchiuso, ma sono sicuro che c'è un errore! Io non ho nemmeno un soldo!"... nessuna risposta... Vedo una specie di botola alta circa quindici centimetri che dal basso si apre; prima non l'avevo vista... corro là... mi viene gettata dentro una mela... mi getto a terra e urlo: "Tirami fuori di qui! Per favore! Senti, io mi chiamo Jake Torello e non sono quello che cerchi! Non ho un soldo! Apri su!... apri questa cazzo di stanza!"... silenzio... Nella stanza non ci sono oggetti, c'è una sedia, due stracci, una specie di materassino e un tavolino... ci sono tre fori ad altezza diversa, probabilmente per guardare i miei movimenti nella stanza; in questi fori ci sono infatti delle specie di lenti oscurate in cui, ovviamente, non riesco a vedere niente... e poi c'è la botola su una parete in basso che sarà lunga mezzo metro e alta una ventina di centimetri, ma che si apre solo dall'esterno.
Passano diverse ore... non so quante... ho paura! Tanta! Piango, ma sottovoce. Urlo e chiedo aiuto, ma nessuno risponde. Piango forte. Mangio la mela. Spacco il tavolo. Provo con una gamba del tavolo a spaccare il muro senza risultati... anzi... si spacca la gamba del tavolo. Prendo un'altra gamba che uso come scalpello e provo a utilizzare un'altra gamba come martello... ma dal muro non scende nemmeno una briciola. Urlo. Batto ripetutamente i pugni contro i muri fino a farmi sanguinare tutte le nocche delle mani, ma non sento il male. "Dunque... dove ero prima di andare a letto ieri sera? Sono andato a fare allenamento, poi sono venuto a casa, ho mangiato, guardato la tv un'oretta e poi sono andato a letto. Non ho fatto niente di strano. I miei amici e familiari mi staranno cercando ovunque! Ma come faranno a trovarmi? Ho paura."
"Cazzo, mi sono addormentato... quanto sarà passato? Ehiiiiiii!! Fammi uscireeeeeee!! So che mi stai guardando da quei cazzo di buchi! Cosa vuoi da me? Si può sapere cosa vuoi?"... si apre la botola, mi scaravento là, ma non vedo nulla... mi buttano dentro del pane e acqua... urlo, ma non ho risposte. Sono stremato, soprattutto mentalmente.
Passano giorni... i mesi... tantissimo tempo... perché? Perché a me? Ho una barba lunghissima, nella stanza c'è un odore terrificante causato dalle mie feci. Non ho più paura. Scavo nella mia testa da quando sono qui dentro per trovare il motivo che possa aver portato qualcuno a farmi questo... ma la cosa strana è che non ho trovato risposte. Allora perché rovinarmi tutto questo tempo? Perché mi tengono in vita nutrendomi? Cosa vogliono ottenere? Non ho più reazioni... quando si apre la botola non mi scaglio più per terra, non urlo più, non piango più, non prego più.
Non so quanto tempo ho passato in quella stanza... so che un giorno, come un altro, mi sono svegliato sul materassino e c'era un varco nel muro sfondato. Rimango immobile per qualche istante, non ho forze, ma percepisco che l'incubo sta giungendo al termine. Come ho fatto a non sentire nulla? Probabilmente mi ha drogato nella cena del giorno precedente. Sono debole e ho la vista offuscata, sì! Allora mi ha drogato! Piano piano mi alzo e mi avvicino al varco, ma la luce solare mi abbaglia e mi acceca, facendomi quasi cadere. Mi getto ugualmente fuori e i miei piedi toccano l'erba di un prato. Che sensazione meravigliosa. Non riesco ancora ad aprire gli occhi, allora me ne sto lì, sdraiato nel prato con di fianco la stanza dannata. Respiro profondamente e dalle narici entra aria fresca che mi rinvigorisce il cervello.
Dopo non so quante ore, esamino la zona; gli occhi fanno male, ma la curiosità e voglia di sapere sono troppe! Sono in campagna, in una campagna non troppo lontana dal paesino dove abito. Trovo un pezzo di vetro di uno specchio per terra, mi guardo il viso e mi tocco la barba e i capelli. Sono felice di essere libero, ma so che dentro di me è nato un fuoco, una rabbia che sarà difficile arginare. Io, l'eterno fifone che ora non teme più nulla. Non riesco a raggiungere casa mia. Sono in condizioni pietose e non voglio creare scompiglio tra amici e familiari... e poi... sono sicuro che sarebbe quello che vuole lui. Meglio stare in disparte. Meglio non fare niente di scontato e prevedibile. Raggiungo una casa disabitata dove riesco a lavarmi un po', sistemarmi capelli e barba e a vestirmi con abbigliamento trovato negli armadi. Sto un giorno a pensare alle mosse da fare, ma poi cedo alla tentazione di un abbraccio familiare e quindi raggiungo il paese nella speranza che nessuno mi veda. Busso alla porta del mio amico Frank, la porta si apre, mi guarda negli occhi, fa un solo decimo di secondo a non riconoscermi, poi mi abbraccia ed inizia a piangere come un bambino. Mi spiega del mio funerale, di chi c'era, di chi ha pianto e di chi era assente. Frank è come un fratello. Più di un fratello... guardandomi vede il fuoco, capisce e quindi non mi fa domande. Mi fa riposare una mezz'ora e, quando riapro gli occhi, Frank è lì con le chiavi di casa mia recuperate non si sa dove e con un leggero sorriso sulle labbra. Così, allungandomi le chiavi con la mano, pronuncia solamente tre parole: "Fagli il culo!". Io afferro le chiavi e non rispondo senza fare cenni.
Arrivo a casa e ho un strano presentimento. Non sarà mica lì che mi aspetta eh? Non ho paura. Non ho ancora capito chi sei. Apro la porta e una ventata di chiuso mi assale. La mia dolce casa è diventata ormai disabitata. Mi siedo sul divano, da dove sale una grande quantità di polvere. Mi guardo intorno e mi scappa un sorriso. Chiudo gli occhi per un attimo, poi mi alzo, vado in bagno e trovo la soluzione. È come se sapessi esattamente dove andare per capire tutto. Quindi non rimasi sorpreso dalla scritta incisa sullo specchio con un oggetto contundente: "412 giorni per sentirti come me". Come ho fatto a non pensarci prima? Dal mio ripostiglio segreto mi armo di un coltello con lama di quindici centimetri.
Ho capito tutto. È stata una donna a rinchiudermi. Elisabet. Non ho avuto molte donne nella mia vita, ma le storie che ho avuto con loro sono sempre state intense. L'ultima mia donna è stata Elisabet, una ragazza più giovane di me con cui ho passato un bellissimo periodo. La nostra separazione deve averla turbata parecchio, e quindi ha deciso per me una punizione esemplare. Una vendetta esemplare. Non persi molto tempo a trovarla. Sapevo esattamente dove fosse, nella casetta di legno costruita nella "valle dei buoi", dove andavamo spesso a guardare il cielo e fare l'amore.
Aprii la porta e lei era seduta sulla sedia con davanti il tavolino. Mi disse intimorita: "Ti ho rinchiuso per gli stessi giorni in cui tu hai rinchiuso me. Ora siamo pari." Io rimasi immobile per un istante, poi mi avvicinai leggermente e le dissi: "Tu mi hai tolto la paura! Ora io farò in modo che anche tu non ne abbia più." Lei mi rispose: "Ma è impossibile... io non riuscirò mai a non avere paura." Dalla tasca tirai fuori il coltello che mi ero preparato, con la mano sinistra le strinsi i capelli raccolti per distenderle il collo e con la mano destra avvicinai la lama alla sua gola. Ero deciso a farlo. Elisabet tremava e il respiro si fece sempre più affannoso. Il nostro sguardo si incrociò, ma proprio in quel momento, con la lama che le aveva leggermente inciso la carotide, lei sorrise lievemente e mi disse: "Io sto morendo per amore, e tu per cosa stai uccidendo?" Così, in un decimo di secondo, cambiai tutto. Lasciai andare i capelli stretti nella mano, gettai il coltello per terra e, guardandola negli occhi lucenti, risposi: "Hai ragione, Elisabet. Io ti perdono!" E così me ne andai, non girandomi nemmeno una volta. Sentii per diversi secondi le urla di disperazione e poi non sentii più nulla. Sapevo cosa era successo. Buon viaggio, Elisabet.
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