15 luglio 1676
ATTENZIONE ATTENZIONE!
Questo capitolo è tagliato dall'opera "Sposa di marchese".
IL CAPITOLO CONTIENE SPOILER.
Consiglio vivamente di leggerlo solo una volta arrivati al punto corrispondente dell'opera principale, perché altrimenti perderebbe gran parte del suo significato 'sentimentale'.
.
.
.
ULTIMO AVVERTIMENTO.
.
.
.
La porta si chiuse con un sonoro schiocco e Ottavio, con un colpo di reni, si girò di scatto reggendo Galatea a una spanna da terra. Lei si dimenava, pregava e rideva tutto in una volta; lui, invece, si esaltava al contatto con la sua pelle liscia e profumata e lasciava ben poco da indovinare su quale fosse il suo obiettivo.
«No, no, no!» strillò Galatea, sentendosi condurre verso il letto, e a furia di piccoli pugni ottenne che si fermasse. Allora alzò lo sguardo, lo fissò dritto negli occhi e poi, con le mani, gli nascose il viso in modo che non potesse più vederla.
«Shhht! O rovinerai tutto... Dammi il tempo, non essere impaziente...» sussurrò mentre si lasciava scivolare verso terra. «Chiusi gli occhi?»
«Mmh mmh», rispose sospirando. Galatea gli sfiorò il braccio sinistro, mosse un mezzo passo indietro e cominciò a slacciargli la cravatta e il collo della camicia per poi spingergli la giacca oltre le spalle; un guizzo blu, e la giacca rimase a terra. Ottavio aveva gli occhi chiusi, come promesso, e un sorrisetto birichino che lei volle baciare, prima di sollevare la camicia. Quando fu a torso nudo, gli si premette vicino, nuda com'era, facendosi abbracciare dal suo slancio protettivo; ma non gli concesse troppo tempo e scese giù, strusciandosi contro il suo corpo fremente. Una volta inginocchiata, gli trasse le scarpe e le calze dai piedi, poi si erse sulle ginocchia e gli sfilò la cintura. Nel farlo, gli tastò volutamente le cosce e i glutei, per poter dire: «Si sente che non cavalchi da un mese...» senza usare un'inflessione propriamente sensuale, come se, per quel momento, fosse tornata seria all'improvviso.
«Ho intenzione di riprendere presto, in verità», scherzò lui con pungente ambiguità. Lei, ridendo piano, gli abbassò i pantaloni.
«Le tue intenzioni sono molto chiare, signor marchese», constatò, stando al suo gioco. Ottavio, sempre più eccitato, pose le mani sui fianchi in una salda posizione virile. Lei si umettò le labbra, dondolò sulle ginocchia e...
«Oh! Tea...» trasalì Ottavio con il respiro spezzato dal piacere. Lei non gli rispose a parole; e fu meglio così. Lui, invece, prese ad ansimare sempre più forte, mescolando i propri gemiti ai suoi mugolii. Dopo appena qualche secondo, domandò: «Posso aprire gli occhi, ora?»
Galatea prese un respiro e gli disse di sì con la vocina maliziosa che gli piaceva tanto; lo sguardo di lui cadde inevitabilmente in basso, là dove sapeva di trovarla. Lei lo guardava di rimando dal sotto in su, le labbra socchiuse e le guance arrossate. Gliele pizzicò con due dita, bisbigliando: «Non fermarti... Ti prego...»
«Vedrai...» e, tenendosi alle anche di lui, senza distogliere lo sguardo, riprese da dove si era interrotta. Ottavio socchiuse gli occhi e respirò tra i denti, stordito di godimento; le sfiorò ancora le guance soffici e accoglienti, risalì la linea della mandibola e affondò le dita tra i suoi capelli, assecondando i suoi dolci movimenti avanti e indietro. Mugolava a voce sempre più alta, Galatea, perché le piaceva ciò che stava facendo: avevano imparato insieme, avevano sperimentato e perfezionato ogni mossa, rendendola loro esclusiva. E per quanto Maddalena avesse molta conoscenza dell'argomento, tuttavia non era all'altezza di Galatea, perfetta moglie e perfetta amante del proprio marito e di lui solo. Ferraris, infatti, non era stato premiato da quel trattamento di favore. Ottavio, che lo sapeva, apprezzò ancora di più il fatto che la sua giovane sposa gli desse il bentornato con una tale concessione.
Galatea, negli anni, aveva imparato quale fosse la combinazione di tempi e vizi ideale per scatenare suo marito, perciò non esitò a ritrarsi al momento giusto; lui, d'altronde, era pronto a ben altro e non vedeva l'ora di prendere il controllo del gioco.
«Non riuscirai a superarmi», lo sfidò lei, rialzandosi dopo averlo aiutato a sfilare i pantaloni.
Ottavio, provocato, non le diede modo di ripetere: la brancò per i fianchi, sollevandola da terra, e se la mise in braccio. Lei si avvinghiò con le gambe attorno alla sua vita e, sorridendo eccitata, si strinse ancora al suo corpo. Lui, intanto, era salito ginocchioni sul letto; la adagiò in mezzo al materasso e si distese sopra di lei per baciarla. Fu un bacio pieno di passione, il loro, anche se poco più giù, i corpi venivano a malapena a sfiorarsi. A bacio compiuto, Ottavio scese lentamente per portare a termine la sfida; Galatea trepidò alla prospettiva e squittì più volte di goduria, dopo che lui l'ebbe trascinata delicatamente più vicina all'orlo del letto. Quando le capitava di guardare là sotto, stentava a credere che ciò stesse davvero accadendo; dubitava che si trattasse di un sogno prossimo alla fine, ma la vividezza delle sensazioni bastava a smentire i suoi timori. Ottavio le solleticava le cosce e i glutei, riempiendola di stimoli secondari per non lasciarle nemmeno un momento di distrazione; e lei si strusciava sul materasso, piegava e distendeva le gambe, gli accarezzava la testa con la mano. A un tratto, quando l'eccitazione fu cresciuta in entrambi, scottante e dirompente, Ottavio balzò con l'agilità di un felino sul letto, sovrastando una Galatea raggiante di felicità; si coricò piano tra le sue gambe, la vezzeggiò, la coccolò e, infine, penetrò delicatamente in lei, che lo accolse con un sospiro di sollievo.
Tutto stava tornando al proprio posto, tutto stava ritrovando un senso. E potevano permettersi di essere lascivi e dissoluti, dopo le peripezie che avevano vissuto. Avevano diritto di godere l'uno dell'altra, vicendevolmente, poiché erano giovani, erano sposati ed erano innamorati. Ottavio si spinse dentro con sempre maggiore trasporto e lei non riuscì più a controllare la forza della propria reazione. Gemeva, gemeva a ogni spinta, gemeva a ogni ansito di lui; godeva del piacere che gli stava dando più che di quello che stava ricevendo; e non perché quest'ultimo fosse irrilevante. Solo, si stava concedendo all'uomo che amava e ogni secondo passato con lui era trasfigurato in un assaggio di paradiso.
Fu così che lei raggiunse rapidamente l'orgasmo, mentre lui, con insospettabile abilità, conteneva il proprio corpo mirando alla migliore riuscita dell'amplesso. Le accordò un momento, dunque, per assaporare l'ebbrezza, l'intontimento; poi, quando capì che avrebbe potuto godere ancora, la invitò a volgersi prona: sapeva che quella posizione le dava particolari sensazioni e, inoltre, anche lui la preferiva a molte altre.
Galatea, ad occhi chiusi, prese a lamentarsi sottovoce. Sembrava che stesse sognando, che dormisse, ma Ottavio la conosceva e non se ne preoccupò; tutto stava andando per il meglio.
«Mmh, Ottavio... Ottavio, ascolta...», sussurrò a stento, boccheggiando.
«Dimmi, amore mio... Ah!» replicò, con il fiato corto, mentre con la mano sinistra le sollevava il bacino.
Galatea si issò sui gomiti, si volse indietro e cercò le sue labbra; Ottavio, che era coricato su di lei, sorbì il bacio dalla sua bocca come se assaporasse un frutto a lungo bramato e, nel farlo, la cinse tra le braccia intento ad accarezzarle i seni.
«Ottavio...» lo chiamò ancora sottovoce. «Non ho mai smesso di amarti, Ottavio... Ah! Ottavio, amore mio... Amore... Ah!»
La riempì di baci, la mangiò di baci, percorrendo in lungo e in largo le sue spalle. In questo modo le fece capire che non avrebbe più dovuto dubitare né nutrire rimorsi. E lei fremeva, le sue gambe, di punto in bianco, cominciavano a tremare leggermente, e Ottavio comprese di dover aumentare il ritmo, di dover modulare la penetrazione con movimenti più decisi; ed ebbe il secondo orgasmo, violento e appagante.
Lui si placò, si trattenne, ancora una volta, per lasciarle qualche attimo di quieta beatitudine; Galatea si rovesciò sulla schiena, le braccia molli sul cuscino e lo sguardo perso sul soffitto, quasi cercasse le parole giuste per esprimere ciò che stava provando.
«Vieni, Tea, su...», la incalzò prima di baciarla di nuovo su quelle labbra morbide e rosse che davano tutt'un'altra espressione al suo bellissimo viso. L'eccitazione lo stava conducendo ormai all'apice del piacere, e Galatea lo intuì con un solo sguardo; decise di stuzzicarlo con un languido movimento di bacino. Ottavio, vittima del suo fascino, le solleticò il fianco, facendola ridere e dimenare in modo buffo sul materasso e costringendola, dopo una breve resistenza, ad alzarsi carponi per sottrarsi; lui la ghermì saldamente prima dalla caviglia, quindi dalla coscia e la dominò, immobilizzandola sotto di sé.
«Credevi di potermi sfuggire, mmh?» la prese in giro, parlandole all'orecchio in tono suadente. Galatea finse di volersi liberare, ma il suo vero intento era quello di sentirlo ancor più vicino di quanto già non fosse. Ottavio immerse il viso tra i suoi capelli, prese due respiri profondi e tornò a penetrarla, questa volta con impeto, tanto da farla gemere ad alta voce in più occasioni. In quel momento, in forma di ricordi sfumati dal tempo, gli sovvenne di amplessi precedenti, consumati al sicuro nel loro palazzo, nascosti dalla tenda del baldacchino, amplessi ben più lussuriosi e dissoluti, tacciabili forse di impudicizia e immoralità. Non era questo il caso di ciò che stavano vivendo allora: non si trattava di sfogare una semplice voglia carnale o di sperimentare novità allettanti. Se fosse stato così, nulla l'avrebbe trattenuto dall'ergersi sulle ginocchia, avvicinare a sé sua moglie e possederla alla stregua degli animali; era capitato, era piaciuto, ma non era il caso. Tuttavia, tali memorie gli diedero un loro beneficio, cioè ulteriore eccitazione, ulteriore foga sessuale, nella consapevolezza che, con il passare dei giorni, sarebbero potuti tornare a passatempi più lascivi di cui avrebbero mantenuto gelosamente il segreto.
Galatea, da parte sua, benché fosse stordita dal suo travolgente possesso, si accorse dell'accelerazione con cui tutto avveniva e si preparò a goderne i vantaggi. Si protese, si rilassò e chiuse gli occhi incitandolo tra un gemito e l'altro. Il cuore quasi le si fermava per l'emozione turbinosa che la governava e sapeva, per istinto, che la medesima cosa stava accadendo a Ottavio. La meraviglia era il suo stato d'animo; meraviglia per il fatto che tanto piacere si potesse davvero provare; meraviglia per il fatto che tanto piacere si potesse provare solo con Ottavio e con nessun altro.
Un gemito soffocato seguito da un mugolio lungo e sofferto tradirono l'orgasmo del marchese il quale, come sollevandosi di malavoglia da lei, scivolò sul materasso con aria beata e fiato corto. Galatea si chinò sul suo viso e lo ricoprì di piccoli baci affettuosi, accompagnandosi con sapienti carezze. Ottavio, stremato, respirava flebilmente e gustava gli strascichi della passione che ancora serpeggiavano nelle sue membra. Lontano sentì scoccare la mezza; sua moglie, intanto, non cessava di coccolarlo rimanendo prona, quasi aspettasse che l'amplesso riprendesse e continuasse. Poi, arrendendosi, si volse alla ricerca del cuscino e si distese, nuda e bella, un vero richiamo, per il marito, a fare la stessa cosa: poco dopo, Ottavio si trascinò accanto a lei, aderì alle sue forme cingendola da dietro e, per finire, tirò le lenzuola a protezione della loro intimità. Quindi chiuse gli occhi e, nel giro di qualche minuto, si addormentò con lei.
************
Angolo Autrice
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Per favore, lasciate un commento al termine della lettura, ve ne sarò eternamente grata!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro