Non può essere l'ultima volta
Itachi si stava godendo la luce rossa del tramonto seduto sul marciapiede della casa appoggiato al muro di pietra grezza. È un po' rude come il suo proprietario, ma come lui ha le sue particolarità. Vedeva ormai offuscata la bellissima luce dalle tonalità calde, tuttavia il tepore raggiungeva la sua pelle candida rotondo e gradevole. È l'ultimo tramonto della mia vita. Chiuse gli occhi appannati per gustarselo meglio. Udiva lo stormire del vento tra i rami della grossa quercia che si trovava davanti all'ingresso. In autunno gli piaceva guardarla mentre lasciava andare lentamente le sue foglie marroni e stanche in un progressivo ma inesorabile rilascio, un'immagine struggente di cui però non aveva mai potuto fare a meno, nel poco tempo libero che avevano lui e Kisame trovava sempre qualche minuto per godere di questo evento. Quest'anno non avrebbe fatto in tempo. Quante volte mi sono soffermato nella mia vita a osservare il sole, la luna o le stelle ? Forse dieci? Quante volte ho sentito il profumo di una rosa? Ancora meno... Quante volte ti ho detto: "la prossima volta"? Troppe. Finché non ci rendiamo conto che la vita ha una fine non prestiamo attenzione quello che ci perdiamo essendo certi di avere un'infinità di "prossime volte" per poter metterci in pari, ma questo numero di possibilità rimane estremamente limitato trasformandosi in altrettanti "mai." In questo momento nella mente di Itachi non esisteva più Naruto, non c'era più Kisame, il contrasto che aveva avuto dentro per prendere una decisione riguardo a uno dei due lo faceva quasi sorridere. Effettivamente le sue labbra carnose ma piccole si stirarono leggermente nella luce che si andava affievolendo. La sua sciagurata esistenza era giunta al temine, l'indomani avrebbe raggiunto il suo obiettivo più importante. Il mio unico vero amore sei stato tu, Sasuke, al diavolo tutto il resto! Era vissuto per questo, era arrivato il momento di ammetterlo, riscattare suo fratello e quel clan che aveva dovuto massacrare contro la sua volontà era stato il suo vero obiettivo mai perso di vista. Aveva sempre voluto bene a Naruto, lo aveva amato da quando erano molto giovani, non avrebbe potuto lasciare Sasuke in mani migliori delle sue. Kisame avrebbe sofferto, urlato, demolito forse la casa in preda al dolore prima di seguirlo dovunque si trovasse. Era certo che avrebbe rivisto l'uomo squalo molto presto. Il macigno che si portava dietro da quella maledetta notte sembrava essere diventato di colpo leggero. Mi scaglierai addosso la tua infanzia rubata, l'amore e la famiglia che ho tolto a entrambi, mi prenderò tutto in faccia perché so di meritarlo, la mia vita è finita comunque, la tua inizia ora. Nascerai domani anche se non sarà facile, avrai il viso di un eroe. Si intrecciò in grembo quelle mani che avevano elargito tanto dolore pur rimanendo eleganti e ben curate, troppe volte le aveva percepite scollegate dal corpo, la testa si rifiutava di accettare le loro azioni. Il crimine più grande era stato quello di sbriciolare l'affetto, nutrito nei suoi confronti che stava dentro quegli occhioni grandi e neri, identici ai suoi, lo aveva visto andare in frantumi come una meravigliosa vetrata multicolore colpita da un sasso, era sopravvissuto a un dolore più grande di lui, immenso, eterno, che aveva distrutto la sua salute fino a condurlo alla morte, solo per vedere quel disegno rimettersi insieme e, sperava, più bello di prima. Naruto, Kisame, ma io lo merito davvero il vostro amore? Come avete fatto a legarvi così tanto a uno sciagurato che non avrebbe nemmeno il diritto di vivere?
"Stasera fattela qualche bevuta, Itachi, lasciati un po' andare, divertiti."
Il moro sorrise dolcemente a quella voce rude ma piena di speranza che aveva sentito al suo fianco, si sentiva sollevato davvero quella sera, tra poco il suo strazio sarebbe cessato e ancora stentava a crederci. Si alzò dal marciapiede per raggiungere il suo amico, Kisame si sentì fumare il cervello notando che si era truccato un po' gli occhi, lo baciò e poi si avviò subito fuori dal cancello per non pensare ai pantaloni che gli stavano esplodendo.
Kisame, conoscendo il carattere schivo e riservato del suo amico aveva scelto un posticino appartato nel locale. Lo fece sedere dandogli un bacio sulla testa: "torno subito."
Si permise di ordinare anche per lui visto che ormai conosceva i gusti del moro come le sue tasche. Naruto sarebbe stato capace di fare altrettanto? Non capiva perché negli ultimi giorni fosse diventato così accondiscendente nei suoi confronti.
Itachi sorrise quando gli servirono onigiri e una birra chiara.
"Hai visto? Non sbaglio mai" disse Kisame facendogli l'occhiolino.
Anche Kisame aveva ordinato uno dei suoi piatti preferiti: una grossa grigliata di gamberoni che stava accompagnandolo con una bottiglia di Vermentino ghiacciato. Itachi sorseggiava con calma, non era nemmeno arrivato a metà del suo bicchiere che Kisame aveva iniziato la seconda bottiglia di vino e il secondo piatto di gamberoni. Di tanto in tanto lo guardava di sottecchi come aveva l'abitudine di fare spesso anche durante le loro missioni mentre il moro era intento a nasconderli i malesseri sia fisici che dell'anima. Ti sei sempre accorto di tutto, Kisame, in tutta la tua vita hai guardato così bene solo me. Ormai alticcio, l'uomo squalo iniziò ad abbracciare il suo amico e a leccargli e succhiargli il collo aggraziato.
"Smettila, Kisame" la voce di Itachi appariva gentile come sempre.
"Perchè? Non ci vede mica nessuno" sciogliendogli la coda : "hai dei capelli meravigliosi, per non parlare del resto, ci credo che al biondino sei piaciuto."
"Kisame, hai bevuto troppo, ora basta" Itachi sempre molto calmo e tranquillizzante.
"Scommetto che a Naruto non avresti mai parlato così" intanto gli palpava il sedere.
Itachi sospirò per fargli capire che il discorso aveva preso una brutta piega e forse era meglio finirla lì. Kisame si zittì fissandolo mentre si legava di nuovo i capelli e guardava con gli occhi abbassati il suo bicchiere, vedeva il profilo delle lunghe ciglia, il bellissimo naso. Itachi allungò una mano affusolata per fare un sorso, posò le labbra morbide sul bicchiere che si appannò al suo respiro. Kisame non ne poteva più, i pantaloni gli stavano scoppiando, armeggiò di nuovo con i capelli dell'amico spostandogli la coda su una spalla: "me lo hai fatto stare duro tutta la sera."
Itachi fermò quelle trivialità mettendogli gentilmente una mano sulla bocca: "È meglio se prendiamo un po' d'aria."
Kisame sospirò posandogli con dolcezza una mano sulla gamba: "prima finisci di mangiare."
L'altro decise di accontentarlo, poi uscirono nel fresco della sera.
Itachi guardava la luna pensieroso, Kisame gli circondò le spalle con un braccio: "Cosa c'è?"
"Niente, sono solo stanco" accennò un sorriso.
"Vuoi che andiamo a casa?" Kisame aveva infilato le mani nelle tasche del giubbotto di pelle nera.
"Sì, senza fretta, una camminata ci farà bene."
Si avviarono nella bella serata primaverile, Itachi aveva sempre adorato atmosfere come quella, fu grato di averne ricevuta ancora una in dono, l'ultima. Prese Kisame a braccetto, l'uomo squalo ebbe un piccolo sussulto di piacevole stupore. Il moro si sentiva sollevato dal fatto che non avrebbe più fatto soffrire nessuno. Dato che la sua vista era così precaria e, complice il buio, Itachi inciampò in una irregolarità della strada, Kisame lo afferrò giusto in tempo prima che finisse a terra.
"Stai attento! Se cieco come un talpa, non è vero?"
Itachi ebbe un lieve sobbalzo con un'espressione stupita.
"Credi che non me ne sia accorto, mi hai preso per uno stupido? Ti sei dato la botta finale per farti la scappatella con Naruto e fare il vigliacco con lo Tsukuyomi contro di me, lo so che lo ami fino a questo punto" l'uomo squalo aveva abbassato gli occhi argentati probabilmente diventati lucidi.
"Basta, Kisame, smettila di arrovellarti e farti del male, ti ho detto che abbiamo solo riso e scherzato, alla fine sono tornato da te, no? Dai, andiamo a casa" Itachi aveva di nuovo afferrato il suo braccio possente.
Kisame sospirò rassegnato abbassandosi affinché l'altro gli salisse in braccio: "dai, salta su, potrei trasportati anche per tutto il giorno, sei sempre stato molto più leggero di Samehada."
Itachi non fece obiezioni ancora una volta, visto che era anche esausto.
"Oggi mentre ti allenavi mi sembravi sconvolto oltre che cieco, puoi spigarmi che diavolo ti è successo?
"Da quanto mi spiavi, Kisame?"
"Non ti stavo spiando, sono preoccupato per te, lo vedo che non sei più lo stesso ultimamente, non volevo lasciarti solo."
Itachi fece una pausa prima di rispondere alla domanda dell'amico, poi, stringendo un po' più forte le braccia intorno al suo collo: "Sasuke mi ha scovato, è un mese ormai che sta sulle mie trecce, domani verrà a battersi con me. "
Kisame si fermò di colpo : "non sei in condizioni di combattere, questo lo sai anche tu."
"Non posso tirarmi indietro stavolta, in realtà non l'ho mai fatto in vita mia."
"Itachi, sei un incosciente, sarà la tua fine, consentimi almeno di darti una mano."
"Stanne fuori, Kisame, non credo che siano affari tuoi. Questo è il momento che aspettavo da tutta la vita e tu lo sai" il tono di Itachi era tanto perentorio quanto sfinito; emise un sospiro prima di proseguire più comprensivo: "la sofferenza che mi porto dentro da quella notte che conosci bene anche tu ha consumato il mio fisico in modo irreparabile, morirei comunque tra poco, permettimi almeno di concludere la mia sciagurata esistenza facendo qualcosa di positivo."
Kisame dovette sforzarsi di mandare giù un singhiozzo: "magari se ti riposi e mi prendo cura di te potresti guarire. La prossima volta che Pain ci chiama vado solo io e tu stai tranquillo a casa finché non ti sei ripreso. Non andare domani io non sono... preparato."
Itachi non disse niente, appoggiò la testa sulla spalla del suo amico come per rassicurarlo. Il cuore di Kisame sprofondò sotto terra, una lacrima amara scese dai suoi occhi tondi, si sistemò meglio l'amico sulle braccia distribuendo il suo peso non perché gli desse fastidio, era più che altro un gesto d'affetto; riprese a camminare. Itachi si era abbandonato completamente su di lui, la testa appoggiata sulla sua spalla destra, Kisame vedeva i suoi capelli scendergli sul petto, forse si era addormentato. Il cuore del moro batteva talmente piano che, nonostante Kisame avesse il suo petto incollato alla schiena, la pelle super sensibile da squalo non riusciva a sentirlo, si stava spegnendo velocemente. L'indomani lo avrebbe seguito a distanza di nascosto, doveva riportarlo a casa, non poteva perderlo. Le lacrime rigavano ormai copiose le guance di Kisame, gocciolando dal suo mento rude, quella non avrebbe dovuto essere l'ultima sera in cui erano usciti insieme, nel modo più assoluto. No, non lo avrebbe permesso. Kisame camminava piano verso casa, rallentando apposta, stava assorbendo ogni momento dentro i pori della sua anima. Prolungava ogni sensazione il più possibile, il profumo del capelli di Itachi, una goccia fredda sul suo collo: un cerchietto metallico della collana, il suo respiro ormai impercettibile sulla spalla, il suo lieve peso sulla schiena. Ormai singhiozzava senza importargli un bel niente se Itachi se ne fosse accorto.
"Ehi, mascalzone, siamo arrivati" Kisame aveva la voce rotta dal pianto, il portone di casa era davanti a lui. Itachi sollevò la testa e l'amico lo fece scendere.
La faccia di Kisame era bagnata di lacrime e di muco ma Itachi fece finta di niente entrando senza dire una parola. Kisame si soffermò a guardare Samehada alla luce delle torce che ardevano in eterno, con il suo aiuto lo avrebbe salvato.
Il moro era sparito in bagno per l'ennesima volta da dieci minuti, Kisame, sentendo qualcosa cadere per terra, questa volta decise di entrare per vedere cosa stesse facendo. Stava seduto sul bordo ampio della vasca con la testa china, l'oggetto caduto era una boccetta di analgesici quasi svuotata del tutto, Kisame la raccolse: "ti sei imbottito di questa roba? Suppongo che non sia nemmeno la prima volta."
"Qualche dolore intercostale, ma ora va già meglio" la voce del moro suonava impastata.
Si alzò, prese uno sconcertato Kisame per mano conducendolo in salotto. Lo fece stendere sul divano, l'uomo squalo lo lasciava fare docile e incantato. Itachi si posizionò sopra i lui sedendosi forse inconsapevolmente, proprio sopra il sesso eccitatissimo di Kisame il quale ebbe un sussulto mordendosi le labbra blu e carnose con i grossi denti. Itachi gli accarezzava i capelli a spazzola, le sue pupille nere erano un po' dilatate forse per l'abuso di medicine. Itachi si chinò per baciare il suo amico dolcemente, Kisame sentì quel corpo esile aderire al suo e il suo respiro tremò dall'eccitazione, tutto il suo enorme corpo fremeva sotto quel lieve tocco.
"Ti voglio bene, Kisame, non potrò mai dimenticare tutto quello che hai fatto per me ogni giorno, il tuo cuore è immenso."
Quelle parole per Kisame suonarono come la cosa più bella che avesse mai sentito nella sua vita, il giorno più incantevole e contemporaneamente più triste della sua esistenza.
Le labbra morbide di Itachi si impadronirono del suo collo, Kisame lo lasciava fare completamente abbandonato rovesciando la testa all'indietro, la mente annebbiata dall'alcol e dal piacere, vedeva in sordina le torce che ardevano, i capelli del compagno gli accarezzavano lievemente la faccia. Itachi baciava i suoi pettorali vigorosi, un tocco tenue per Kisame, quasi come essere sfiorato da una farfalla, il respiro caldo del moro sulla sua pelle spessa ma sensibile faceva accelerare il suo. Itachi gli si muoveva sopra armonioso, le mani di Kisame, tremanti di passione, si allungarono per afferrare la sua vita sottile, si mise seduto, gli occhi dell'uno fissi in quelli dell'altro, i volti vicini. Senza distogliere lo sguardo le mani di Kisame tolsero i pantaloni a Itachi mentre si sbottonava i suoi, i fumi dell'alcol si facevano ancora sentire, afferrò Itachi per le cosce e lo prese all'improvviso. Trovava la maglia nera smanicata così sexy che decise di lasciargliela addosso, Kisame non era mai stato così dolce, le bocche unite in un bacio languido. Itachi era evidentemente alterato dalle medicine, gli occhi chiusi la testa ondeggiava, tutto questo aumentava l'estasi, le sua mani calde accarezzavano teneramente Kisame mentre faceva aderire il suo sesso eccitato sugli addominali d'acciaio dello squalo. L'orgasmo non fu improvviso, arrivò languido cullandoli come le onde del mare, Kisame si inarcò all'indietro silenzioso e sinuoso con le grosse vene del collo dilatate emettendo solo un sospiro; Itachi rovesciò gli occhi, molle, frastornato dagli antidolorifici, con i capelli davanti al viso, poi si accasciò sul petto di Kisame. Rimasero abbracciati respirando piano e senza dirsi niente per diversi minuti.
"Ora dormi, Kisame" la voce dolce di Itachi gli arrivò ovattata dalle due bottiglie di vino che si era fatto a cena e dalla passione appena attraversata, Itachi gli sfiorò dolcemente le guance, sollevandogli il mento per costringerlo al contatto visivo, lo baciò, dagli occhi neri scendevano lente e silenziose le lacrime: "non ti farò male, dormirai e basta."
Kisame vide un bellissimo bagliore rosso.
Si svegliò con il sole già alto, non sapeva che ore fossero ma dall'angolazione della luce forse già pomeriggio inoltrato.
Accidenti se ho dormito! Kisame si massaggiava gli occhi tondi con la punta delle dita. Non ricordava un granché della sera prima, doveva aver bevuto tantissimo. Si alzò per farsi un caffè, aveva bisogno di schiarirsi le idee. I suoi ricordi erano vaghi, gli veniva in mente che aveva portato in braccio Itachi praticamente tutta la strada, ma niente più. Tuttavia qualcosa strideva, qualcosa che non riusciva a ricordare ma era lì che bussava, come se qualcuno glielo avesse strappato dalla mente con la forza. Non rammentava cosa si erano detti lui e Itachi durante la serata ma era impossibile che non si fossero mai rivolti la parola; al momento era tutto classificato come positivo, una bella uscita dopo tanto tempo. Andò in bagno per sciacquarsi la faccia e pensando che avrebbe dovuto smetterla di scolarsi bottiglie di vino come se non ci fosse un domani. A volte però è l'unica arma per lenire un poco l'amaro della vita. Alzando gli occhi dal lavandino vide una boccetta di analgesici sulla mensola. Un ricordo affiorò dalle tenebre, aveva sorpreso Itachi la sera prima a imbottirsi di quella roba, sbuffò pensando che doveva essere ancora a letto stordito dalle pillole, mentre lui aveva dormito sul divano, perché?
Si avviò per prendere la divisa grigia di Itachi che aveva smacchiato il giorno prima per riporla nell'armadio e avere così una scusa per vedere se l'amico fosse ancora a letto, ma non la trovò. Guardando meglio non c'erano nemmeno il suo coprifronte, la spada e le scarpe, forse era andato ad allenarsi. Che testone! Decise di controllare comunque nella stanza da letto, le coperte erano intatte, soltanto leggermente stropicciate come se qualcuno si fosse steso appena sopra per fare un breve riposino. Dilatò le sue sensibilissime narici, aveva iniziato a sentire nell'aria un odore strano, come di bruciato, no, non era esattamente bruciato, era odore di... smaterializzato, qualcosa che perdeva la sua essenza nel profondo. Scosse la testa pensando di essere ancora in preda ai postumi dell'alcol. Si avvicinò al cuscino, un capello corvino e lungo era rimasto sopra, Itachi era stato lì anche se per poco. Non si stupì, era una vita che dormiva e mangiava pochissimo anche se ultimamente era peggiorato. Decise di andare in salotto a prendersi cura di Samehada guardando un film sprofondato sul suo divano di pelle, se Itachi non fosse tornato entro breve sarebbe andato a cercarlo.
L'odore che aveva sentito prima si era fatto più intenso, un altro ricordo affiorò nella mente di Kisame: lo aveva già sentito la volta in cui Jiraiya aveva imprigionato lui e Itachi nella pancia di uno dei suoi rospi la prima volta in cui avevano cercato di catturare Naruto, erano riusciti a fuggire grazie a Amaterasu, la fiamma nera inestinguibile. Era la prima volta che il suo amico usava questa abilità e lui ne era rimasto profondamente colpito, quell'episodio aveva accresciuto notevolmente la sua ammirazione nei suoi confronti. Tu aveva già previsto che la missione sarebbe fallita, non è vero? Ricordo come vi guardavate tu e il biondino, ora è tutto chiaro. Figuriamoci se tu hai mai voluto sul serio catturarlo.
Che stupido! i suoi occhi tondi si sgranarono, per poco Samehada non gli sfuggì dalle mani, la memoria si era ricomposta di colpo come uno specchio che cade visto in effetto reverse. Itachi era andato ad affrontare Sasuke e aveva messo di nuovo lui sotto l'effetto dello Sharingan per non farlo intervenire. Si vestì in fretta dilaniato dall'angoscia, prese Samehada, forse faceva ancora in tempo. Appena uscito di casa rimase abbagliato da qualcosa che brillava nel sole: tre puntini, tre cerchietti metallici appesi a un ramo della quercia che si trovava nel suo giardino. Si avvicinò, Itachi aveva appeso lì la sua collana, la prese tra le dita; no, non poteva essere stato lui, non era sua abitudine fare gesti del genere e poi la collana non l'avrebbe mai tolta per nessun motivo al mondo, pur non avendo mai detto il motivo, Kisame aveva intuito quanto ci fosse affezionato. Qualcuno doveva averlo fatto al posto suo.
"Zetsu! Ti sei goduto lo spettacolo eh, brutto spione!" gridò Kisame essendo certo che fosse ancora nei paraggi.
Si sentiva derealizzato, leggero, la sua mente si rifiutava di accettare la realtà. Nonostante vedesse il mondo traballare in preda alle vertigini, gli fu improvvisamente chiaro tutto quello che era stato annebbiato dallo Sharingan: Itachi che faceva l'amore con lui sul divano stordito dalle medicine e la sua voce che gli diceva dolcemente di dormire. Le torce che avevano sempre arso in casa sua erano fredde e spente già da un po', c' era passato davanti tutto il giorno senza vederle. Kisame cadde in ginocchio schiacciato dalla consapevolezza che tornava impietosa, stringendo forte la collana di Itachi in una mano.
"Amore mio, no!"
Mandò delle grida così laceranti che furono sentite a diversi chilometri di distanza. Alcuni pensarono che fosse un terremoto, altri un vulcano in eruzione, altri ancora che si stesse avvicinando un tornado, una bambina che si era avvicinata una grossa conchiglia all'orecchio crebbe convinta che più fosse grande il mollusco da cui si cercava di sentire il mare, più esso rispondesse in burrasca. In quel bel pomeriggio primaverile, Kisame iniziò a fantasticare sulla sua fine, sarebbe stata nel mare, per causa del mare.
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