Qualcosa c'è
Genere: filosofico
Titolo: Qualcosa C'è
Io so che c'è di più.
Nessuno me l'ha dimostrato, nessuno ne ha avuto bisogno.
So semplicemente che c'è qualcosa di più.
Lì fuori, in mezzo alle galassie ed alla vita. Oh, qui c'è vita.
Ma per me è normalità.
Ti faccio un esempio, mio caro Le(Do)ttore: se dovessi scegliere se restare qui, con i piedi per terra e la sicurezza della mia esistenza, o se invece sfidare l'ignoto ed andare a ballare con le stelle, ebbene... sceglierei di scoprire l'universo.
Anche se sapessi che ciò mi porterebbe alla morte. Anche se il mio viaggio non durasse più di un misero minuto.
Perché oh, solo l'immaginarmi di accingermi a volare per le galassie mi riempie di soddisfazione, non oso pensare a come sarei se stessi davvero per farlo. L'eccitazione sarebbe così grande che, anche se non avessi che il tempo di un battito di ciglia, mi basterebbe.
Io so che c'è qualcosa di più, lì fuori, come so che c'è qualcosa di più in questa normalità che mi attornia. Vorrei avere entrambe, la banalità d'una vita umana e l'immortalità di una mente che ha visto anche solo un grammo di ciò che l'universo ha da offrire.
Ma ancora, se dovessi scegliere, sceglierei di ballare con le stelle. Un millesimo di secondo basterebbe.
Io non ho una religione: se si presta fede in un qualcosa di superiore si pensa anche di amarlo e che egli ti ami. O ti odi. L'amore, si sa, ha sempre due facce ed io non ho mai creduto a nessuna di esse.
Non credo nell'amore. Se un dio esistesse davvero, saremmo la delusione l'uno dell'altro.
C'è un'altra cosa in cui credo, invece. Fermamente. Una volta un uomo si pose una domanda: si chiese come si chiamassero gli attimi che separano gli spazi.
Ebbene io mi chiedo come si chiami l'istante che separa la vita dalla morte.
Io so che c'è qualcosa di più, lì fuori, ma non so di cosa si tratti, esattamente. So che sarebbe presuntuoso dire di conoscere cosa venga dopo la morte e prima della vita.
Ma io credo di percepire, invece, che ci sia qualcosa che avviene dopo la vita e prima della morte: è quell'attimo. Quell'attimo senza nome che vivrò presto.
Credo sia infinito, o almeno che così mi appaia, poiché sarebbe strano trovare un finale all'infinito. La morte è il finale ed io prima o poi lo raggiungerò.
Ricordo la mia vita: istanti di banale normalità affiancati a pochi, effimeri, momenti di delirio. Oh, che termine brutto che sembra, banalità. Ma non lo intendo così, anzi: la banalità umana è bella.
Incanta, affascina.
Ma non è tutto del mondo, ed io vorrei ogni grammo dell'universo: se avessi vissuto anche per un solo giorno, ma gli occhi mi si fossero riempiti per un minuscolo istante dell'eccitazione di un viaggio verso l'ignoto, non avrei alcun rimorso.
Questo attimo finirebbe anche prima, probabilmente.
Ma sarei completamente libera.
Tutto non si può avere, è cosa certa, ma da essere umano non posso neanche avere niente. Sono divisa a metà, tra il buio e la luce, come ogni altro personaggio della mia razza.
C'è un motivo se la nostra Terra è abissata da contrapposti d'ogni genere: gli organismi che la abitano non fanno che formarne di nuovi, sempre, ogni giorno.
Ma non basta. Essere divisi, non basta. Non basterebbe cadere nell'oblio del nulla e forse potrebbe anche non bastare avere tutto.
Però... però io so che lì fuori c'è qualcosa di più.
Qualcosa per cui ridere. Per cui piangere. Urlare. Gioire. Mentire. Dire la verità. Qualcosa per cui ballare. Ascoltare. Parlare. Toccare. Interessarsi. Scoprire. Conoscere. Comprendere.
Qualcosa per cui emozionarsi.
Io so che lì fuori c'è qualcosa di più.
Forse non lo scoprirò mai, ma... sono pronta per scoprirlo ora.
La donna chiuse gli occhi e, finalmente, si addormentò.
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