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Prologo: La morte, il vampiro e l'elfa

I capelli biondi raccolti in un elaborata acconciatura parevano filamenti d'oro nel sole del pomeriggio ed esaltavano la carnagione pallida, quasi albina, della giovane donna seduta in un angolo polveroso, appoggiata al muro di una casa in terracotta con le pareti esterne sporche di fuliggine e polvere bluastra proveniente dalle valli indaco del nord trasportata dai venti del maestrale.

Non aveva bisogno guardare le orecchie ( nascoste dai capelli ) per capire che la donna era un elfa, il taglio a mandorla degli occhi, quel loro caratteristico colore azzurro/violaceo, il pallore della carnagione e gli intricati motivi della veste rossa e blu che indossava.

Ne erano rimasti pochi di elfi lì a Issergundu, e molto più raro era vederli in mezzo agli uomini, di solito se ne stavano fra di loro nei boschi o lontano dagli insediamenti umani come quella grande città, o meglio, la capitale.

Incuriosito l'uomo le si avvicinò, piano, senza movimenti bruschi, per non spaventarla, attratto da ciò che l'elfa reggeva fra le mani e che, con grazia e lentezza, cercava di ricamare, stando ben attenta a tenersi la stoffa in grembo, con cura, perché non si sporcasse.

La giovane alzò lo sguardo non appena si accorse dei passi in avvicinamento, appoggiò con delicatezza il lavoro sulle ginocchia e con la grazia con cui aveva svolto tutto il resto sollevò il capo per guardare l'uomo che le si era appena avvicinato.

- Non dovresti essere qui.-

L'uomo si bloccò, sorpreso dal tono confidenziale dell'elfa, sopratutto l'uso di quel tu amichevole come se si conoscessero da anni quando non aveva mai visto quella donna in vita sua prima d'ora, anzi a dirla tutta era proprio la prima volta che incontrava un elfo.

- Cosa...la conosco, signora?-

La donna continuò a fissarlo in silenzio senza annuire o solo confermare ciò che aveva detto  precedenza, dopodiché si alzò, sempre reggendo il suo lavoro fra le mani, e senza guardarlo spari fra la folla e i suoi passi si persero nel vociare del mercato del venerdì tipico di ogni hottren del mese, che proprio quel giorno specifico doveva, disgraziatamente, aver luogo.

L'uomo imprecò fra sé e sé, si sistemo' il cappuccio sul capo in modo da nascondergli il volto, e tentò di seguirla, la confusione iniziale che si tramutava in preoccupazione o meglio, fastidio, era un mese che non gli capivano seccature o facce del suo poco limpido passato a tormentarlo, ed ecco che appena iniziato a sperare in un po' di serenità, iniziavano di nuovo i guai e i misteri.

E poi, aveva fame, erano dieci giorni che non mangiava e quel poco che riusciva a mettere sotto i denti non riusciva a soddisfarlo del tutto, quindi la sua pazienza e sopportazione erano ai minimi livelli.

Però, un elfo, questa era nuova, così tentò, o almeno provava, facendosi largo fra venditori di bestiame e carretti pieni di pesce e verdura di stagioni, di raggiungere quella donna che pareva essersi volatizzata, sparita completamente, quindi a meno che non avesse cambiato colore di capelli visto che lì le capigliature femminili erano solo castane e nere solo qualche rosso proveniente da viaggiatrici del nord, l'aveva perduta, e che avesse indossato un cappuccio o un cappello era da escludersi, non aveva con sé zaini o borse e la veste era una di quelle semplici senza veli o mantelli, quindi anche questa ipotesi era da scartare.

Poteva continuare a cercare, un tempo era stato un cacciatore di taglie, dare la caccia a fuggitivi ( e selvaggina ) era sempre stata la sua specialità, ma aveva così fame, e si sentiva debole, fisicamente e mentalmente.

Tutto d'un tratto, di colpo gli era piombata addosso la stanchezza di quei giorni interi di digiuno...forse per colpa dei poteri dell'elfa, un qualche incantesimo per depistarlo?

Imprecò, dopodiché si allontanò dalla folla, non prima di aver afferrato e nascosto, con cura e sotto il mantello, un gallo artiano nero e blu.

Era riuscito a infilarsi in una viuzza, una delle decine che si trovavano fuori dal mercato di Issergundu, e per un attimo gli balneo' in mente che la donna poteva essere lì in qualcuna di quelle stradine secondarie e riparate, ma fu un attimo, il tempo di guardare l'animale ( a cui aveva prontamente spezzato il collo, per evitare curiosi attirati dal suo starnazzare, o che gli dei non volessero, il suo propietario ) che il pensiero svanì rapido come era arrivato.

Senza riflettere, con un coltello da caccia arrugginito che aveva tirato fuori dalle tasche del mantello, tagliò testa collo al gallo e, come se fosse una borraccia, ne bevve il sangue che fuoriusciva copioso a fiotto dalla ferita, un palliativo momentaneo, sarebbe bastato per altri due, massimo tre giorni, ma poi avrebbe dovuto nutrirsi seriamente, sgozzare bestie non bastava più, ormai.

Il sangue dell'animale era caldo ma con un pessimo retrogusto, come bere  vino inacidito e lasciato sotto il sole per troppo tempo, dopo appena sei sorsi buttò via la carcassa con un gemito, si appoggiò al muro di mattoni, incurante delle impronte che le sue mani sporche di sangue ( schizzato sul petto, e anche sulle ginocchia, per non parlare delle maniche, il sangue raggiungeva i gomiti ).

L'uomo trattenne a malapena la voglia di piegarsi e vomitare, solamente sputo' boli rossi e vischiosi di saliva nelle pozzanghere luride, nessuno se ne sarebbe accorte, quelle rientranze erano perfette per la macellazione del bestiame, ogni giorno rigagnoli di sangue, piscio e liquame e materiale organico vario si raccoglieva negli angoli e veniva assorbito dal terreno, uno dei motivi per cui in quelle viuzza non cresceva nemmeno un filo d'erba.

- Morirai, se continuerai così, lo sai vero?-

L'uomo, piegato in due, una mano appoggiata al muro e l'altra a reggersi lo stomaco, voltò il capo pallido in direzione della voce.

Era in pessimo stato, i capelli neri che gli cadevano in ciocche unte sulla fronte, il corpo scosso dai brividi e sudori freddi che di certo non miglioravano l'odore ferroso che si portava addosso unito al tanfo della stradina in cui si trovava.

- Va via, non è il momento questo.-

Chi aveva appena parlato, a differenza dell'elfo, aveva l'aspetto di una donna sui trentacinque anni, il volto scuro delle donne delle Pianure ombroso, capelli neri e ricci, un vestito viola dai ricami floreali e un sorriso, a dispetto delle sue parole, gentile.

- Ogni momento è buono, dovresti averlo capito, ormai, dopo tutti questi secoli, eppure ancora ti ostini...-

L'uomo, che aveva l'aspetto di un venticinquenne, si rialzo a fatica, e barcollando si avvicinò alla donna.

- Taci strega!-

Gli occhi di lui, inizialmente di un caldo color nocciola, si scurirono fino a diventare neri come la pupilla, tale da inghiottire il resto dell'iride espandendosi anche al bianco intorno.

La donna, per niente impressionata continuo ad avvicinarsi a lui con una mano tesa che riuscì, nonostante le proteste e l'arretramento dell'uomo, a posare sulla sua fronte, scostandogli con delicatezza le ciocche sudate che gli ricadevano sugli occhi.

- Non manca molto.-

Mormorò lei, con sguardo assente, mentre lui scoppiva a riderle in faccia, una risata sguaiata, ironica ma anche incredula.

- È la terza o quarta volta che me lo ripeti, strega maledetta, eppure sono ancora qui, sono vivo e sopravvivo, mio malgrado, a modo mio, senza alcun bisogno di un continuo monito né tanto meno inviti...non verrò con te, almeno non verrò se continui a chiedermelo, ma solo quando lo deciderò io, e sono stufo di ripeterlo.-

La donna ritrasse la mano e scosse la testa con un sorriso, poi volse lo sguardo verso la folla, dove una donna anziana si era accasciata a terra tenendosi una mano premuta sul petto, in direzione del cuore.

Intorno alla folla che le si era avvicinata, comparve una bambina dai capelli rossi e dai lineamenti simili all'anziana donna, la nipote forse?

La bambina prese la mano dell'anziana donna che alzò un ultimo sguardo su di lei, per poi sorridere, un bel sorriso seppur senza denti, sereno e di chi è finalmente in pace, e infine chiuse gli occhi, accasciandosi definitivamente al suolo, la mano che teneva stretta quella della piccola, ormai molle e senza più vita.

La bambina, dopo aver aspettato qualche secondo, lasciò la mano dell'anziana e corse via sparendo fra la folla, non prima di aver incrociato lo sguardo della donna che il giovane uomo aveva definito strega maledetta.

Quest'ultimo notò che, mentre fissava la scena la donna dal vestito viola aveva lo sguardo opaco, assente, e di come una volta sparita la bambina, ella avesse sussultato lievemente per poi girarsi verso di lui come se nulla fosse successo, continuando a sorridergli,  gli occhi che parevano luccicare, profondi e vissuti, troppo per l'età che pareva dimostrare.

- Sono venuta qui per lei, non per te. Ma è bene che di tanto in tanto ti rinfreschi la memoria.-

Sospirando prese un oggetto da una tasca cucita sulla sottana, tasca che inizialmente non esisteva, estrasse un oggetto rotondo di fattura preziosa e che pareva d'oro, lo aprì rivelando un orologio, lo carico' con dei rumori metallici che ferirono, come aghi appuntiti, le orecchie del giovane uomo costringendolo a indietreggiare, e poi se lo rimise in tasca alzando lo sguardo su di lui, un espressione quasi di scuse.

- Non so perché reagite così a questo rumore, stavo solo ricaricando l'orologio facendolo ripartire da zero, visto che ormai il tempo della povera signora Herbor è terminato, cara donna, una levatrice così in gamba, che peccato...ma non importa è fatta, e ora devo andare e rimettermi al lavoro. È stato un piacere, Ivark.-

Ivark...il suo nome, da quanti secoli non lo sentiva più pronunciare dalla bocca di qualcuno?

- E ricordati che non potrò guarirti per sempre, un giorno mi rivedrai ma quando arriverà sarà l'ultimo della tua vita. Arrivederci.-

Ivark, che ora si sentiva molto meglio, merito del tocco, sulla sua fronte, della donna, si rialzo', ora senza più brividi, gli occhi ritornati al loro colore castano.

- Addio.-

Rispose atono l'uomo, per nulla stupito dalle sue parole, aveva perso troppo tempo, lei gli aveva fatto perdere tempo, doveva ritrovare quella maledetta elfa al più presto...

Uscendo dalla stradina si guardò intorno, la donna dal vestito viola era scomparsa così come il gruppo di gente intorno al corpo dell'anziana levatrice ora caricato su un carretto sicuramente diretto alla fossa comune, e il suo sguardo vagò fra la folle finché non vide uno scintillio dorato.

I capelli dell'elfa.

Eccola.

_____

Nota autrice, non so cosa sia questo, non so nemmeno se lo continuerò, i paesi così come i nomi li ho inventati di sana pianta non so nemmeno se esistono le parole da qualche parte o già in qualche libro o storia fantasy se trovate cose simili fatemelo sapere che provvederò a cambiarle in cose più insensate e meno diffuse.

Ivark, lo dico subito e no non è uno spoiler è una specie di vampiro e la donna con il vestito viola, è la morte, o meglio una sorta di morte in questo universo fantasy appena creato di sana pianta, non so come continuerà se rivedrà l'elfa, chissà ( ha visto i suoi capelli biondi nella folla, non lei, è diverso ) o se l'elfa è collegata alla "Morte".

Inizialmente la morte volevo rappresentarla come Death della serie di fumetti sugli Eterni ( e il protagonista, da cui i fumetti prendono il titolo, il signore dei sogni, Sandman - sì quelli che hanno ispirato la serie Netflix ) di Neil Gaiman poi mi son detta no niente scopiazziamenti o citazioni anche se omaggi, quindi questo personaggio che adoro lo metterò prima o poi, ma non qui.

P.s Death in Sandman ( i fumetti, anche se questa foto è presa da "Sandman presenta: Death" con due miniserie autoconclusive incentrate solo sulla sorella di Sogno  ) è rappresentata nei fumetti come l'immagine qua sotto ( mentre nella serie TV è interpretata da Kirby Howell-Baptiste )

( P.s parte due giusto per restare in tema, la fine della seconda stagione di Good Omens non mi è andata ancora giù ).

Comunque la cosa dell'orologio, che mi è venuta in mente sul momento e anche questo non è chissà che originale mi piaceva come idea, un orologio che si rassetta allo scadere della vita ( anche se non è chissà che originale ) e anche quello della bambina ( che ho immaginato come la nostra versione infantile che ci viene a "prendere" quando finisce tutta, la nostra parte pura non contaminata dalle durezze della vita ).

In attesa di inventarmi altro, un parere è sempre gradito.

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