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Dialoghi su vita, morte e tutto il resto

Minh si rigirava fra le mani un pezzo di tessuto sfilacciato e sporco, di una pessima fattura e dai bordi irregolari come se fosse stato strappato di fretta e con violenza, e così doveva essere dato che ai bordi e anche in centro, fra la sporcizia e il marrone sbiadito del colore originale, si potevano intravedere delle macchioline rossastre, sangue essiccato e scuro, di chissà chi.

Ma la donna era consapevole dell'origine di quel sangue e sopratutto sapeva a chi apparteneva quel frammento di tessuto, più volte quella notte era stata tentata di buttarlo via, disfarsene, eppure il giorno seguente ovvero quello attuale, in cui lei si trovava seduta sul carro con cui erano arrivati a Misserto, un po' più vuoto rispetto all'arrivo - i  soldati che lo tenevano in custodia si erano scusati per la mancanza di alcuni oggetti sostenendo di averli dovuto trattenere "per la sicurezza della città - e in che modo dei vestiti  di lana e delle casse contenenti libri e medicinali potessero essere un pericolo per una città, Minh lo ignorava - ma almeno per il sollievo di Ithil, la spada non l'avevano toccata.

Ora quel carretto in cui erano seduti lei, Ithil e Ivark, il vampiro al momento si trovava seduto a fianco di Ewan intento a guidare il cavallo nella direzione da cui erano arrivati tre giorni prima, e rifletté, quasi con stupore, di come quello strano tuttofare avesse avuto ragione, era quasi l'alba eppure le strade erano deserte, solo qualche monaco camminava indolente e assonnato, dei soldati non vi era alcuna traccia, né tanto meno dei bambini.

Chissà perché gli occhi di quei bambini sono così simili al viola dell'alba e del tramonto, come i gemelli della leggenda. No, non è così, il viola degli occhi dei bambini somiglia più alle bacche velenose, quelle che Markann mi faceva raccogliere con dei guanti protettivi, per poi ricavarne dell'inchiostro indelebile...forse perché sono letali proprio come quelle sterpaglie?

Eppure gli occhi del bambino che aveva incontrato nella foresta la scorsa notte non erano viola bensì gialli, ma di un giallo spento, più simile alle bacche gialle che si usavano per fare il vino e curare le febbri, e si chiese per un attimo, inseguendo quel pensiero passeggero come le nuvole notturne che iniziavano a schiarirsi con indolenza, senza fretta, come mai i vampiri adulti non avessero avuto, prima di bere il sangue elfico, gli occhi gialli, ma forse non Minh lo avrebbe mai saputo, che lei li aveva visti appena un giorno prima, sul volto scarno e selvatico di un bambino di sette anni.

Un bambino di sette anni scheletrico e dalle gambe nude e magre come due repellenti vermi pallidi, indosso aveva solo una maglia marrone di lino troppo grande per lui, e dei pezzi si erano impigliati a un ramo, bloccandolo lì nonostante avesse tentato di liberarsi inutilmente.

Minh era rimasta parecchio a fissarlo, provando anche ad avvicinarsi per liberarlo, parlandogli lentamente e con dolcezza per calmarlo, impietosita dalla sua magrezza e l'aspetto malato, per poi desistere quando quella creatura aveva tentato di ferirla con le dita ad artiglio, e a nulla era servito parlargli, sembrava non capire quello che lei gli diceva, né essere in grado di risponderle se non con grida e strilli animaleschi.

Per fortuna ( per Minh, non di certo per quella sventurata creatura ) era passato di li un monaco, che, senza indugiare né dare spiegazioni a Minh, l'aveva ucciso con un coltello arrugginito, tagliandogli la gola.

Poi il monaco l'aveva trascinata dietro un gruppetto di alberi nani, intimandola di fare silenzio e osservare la scena davanti a sé senza parlare né gridare.

- Perché l'hai fatto?-

L'uomo aveva detto solo qualcosa sul fatto di aver avvistato quel bambino giorni prima, e di averlo sorvegliato fino a quel momento, per evitare che si spingesse fino alla città , che era la prima volta che dei bambini come quelli si avvicinavano a Misserto, sempre di notte, eludendo le guardie e la sorveglianza dei monaci, motivo per cui era stato imposto il coprifuoco e il divieto di uscire da Misserto dopo il tramonto.

Lei aveva evitato di dirgli che era uscita proprio perché incuriosita dal fatto che non girassero soldati per Misserto di notte ( quindi come avrebbero fatto a controllare eventuali cittadini fuori dalle case?), e non vedendo guardie si era detta che una passeggiata per farsi venire sonno ( non riusciva a dormire dalla prima notte passata nella camera d'albergo dalle Sorelle ), e così si era diretta nella radura a est  dalla piazza principale, un piccolo boschetto all'interno delle mura di Misserto proprio adiacente al muro orientale, e oltre la radura interna si allargava diventando una foresta folta e ampia per chilometri ( Minh aveva trovato sciocco tagliare una foresta a metà solo per piazzarci nel mezzo delle mura, che senso aveva tenere una boscaglia dentro una cittadina? Ma erano domande queste che non aveva osato porre agli abitanti tanto meno ai soldati ).

E poi perché il coprifuoco? I soldati non sembrano interessati ai cittadini, non è come a Issergundu che vige il coprifuoco per evitare di essere uccisi dalle guardie verdi, qui all'alba nessuno si sveglia con le voci delle donne che cantano mentre puliscono il sangue dei morti. Qui non ci sono morti da seppellire il giorno seguente.

Ma le parole dell'uomo le avevano fatto capire, seppur nell'iniziale orrore e stato di spaesamento per quell'atto, il perché di quella strano divieto che inizialmente aveva attribuito, più che alle guardie verdi, alla pericolosità dei bambini dagli occhi viola, ma non erano loro il pericolo, a quanto sembrava.

- Ti ho salvato la vita, quelli non sono bambini, sono diversi anche da quelli che vedi in giro per la città, ma non ti starò a spiegare il perché se non che quelli sono i vampiri di una volta, senza il sangue elfico. Le sorelle ti hanno raccontato le Storie, vero? Bene, non ti serve sapere altro. In altre circostanze avrei chiamato gli uomini di Khornos perché se ne occupassero loro, ma la pena per chi viola il coprifuoco è l'impiccagione, ti ho aiutata solo perché voglio evitare inutili pesi sulla coscienza se le guardie ti trovassero o peggio se questo bambino riuscisse a liberarsi, so che sei ospite di Parsa, e non voglio essere io a spiegarle il motivo della tua dipartita né tanto meno spiegarlo a Khornos e ai suoi uomini.-

Lei lo aveva fissato ancora incredula di ciò che era appena accaduto, per lei quell'uomo aveva soltanto ucciso un bambino, non importava se anch'egli era un vampiro e più pericolo dei ragazzini vestiti di verde, né in quel momento aveva in testa tutte quelle domande che invece l'avrebbero perseguita per l'intero giorno successivo, ma era solo sconvolta dalla brutalità di una tale azione insensibile e inconsueta per un monaco ( non solo capace di uccidere un bambino ma addirittura un vampiro, un essere che i membri di quell'ordine consideravano al pari degli Dei ).

- Ora fa silenzio oppure saremo entrambi morti prima che tu possa emettere qualche altre suono o pronunciare sciocche domande.-

Perché? Tanto hai già ucciso quel bambino. E non ci sono guardie in giro.

Così aveva pensato guardandosi intorno, niente, c'erano solo loro due e quel povero corpicino deforme, nessun rumore né di animale né di persone, nemmeno il frinire di qualche insetto notturno, o rumore di ali, niente, un silenzio che aveva amplificato le urla del ragazzino e la voce irata del monaco mentre la trascinava via.

Prima di potere aggiungere altro entrambi avevano visto una figura vestita di nero, forse un altro monaco, liberare il bambino dai rami impigliati, prenderselo in braccio e camminando lentamente e lontano dalla luce della luna ad illuminare la radura, allontanarsi dal sentiero che conduceva alle mure ( e che Minh aveva in precedenza seguito fino a al momento dell'incontro con il ragazzino ), e così sparendo fra le ombre della notte entrambi udirono la figura canticchiare dolcemente.

Sembrava una ninnananna.

- Quella è Inanna. Siamo stati fortunati a vederla, in pochi possono vantarsi di farlo, e sopratutto di essere tornati, vivi, per raccontarlo.-

Inanna? La dea madre dei vampiri?

Minh non si era accorta di averlo pronunciato, anche se a bassa voce, quasi in un sussurro, se ne accorse solo quando il monaco si mise a ridere, di una risata bassa che sembrava più di scherno incredulo, che di reale divertimento.

Minh ricordò di averlo fissato, e una volta usciti dagli alberi e diretti verso il punto in cui il bambino si era impigliato, alla luce della luna Minh lo aveva riconosciuto, ma non aveva detto nulla, aveva distolto lo sguardo per riposarlo sui rami in cui erano rimasti dei pezzi del vestito indossato dal bambino.

Non è il monaco che ha dato a Markann dei consigli su come curare Werrsott? Il fratello? E cosa ci fa qui, mi sta seguendo, forse, con la scusa del coprifuoco e del ragazzino?

Ma il silenzio era proseguito, l'uomo aveva continuato a fissare i rami spogli ( tutto di quella radura radura era spoglio, secco e nero, morto e senza foglie, tutto il contrario della boscaglia verdeggiante che si intravedeva dalle mura orientali ) finché non aveva iniziato a mormorare qualcosa, forse preghiere.

Minh aveva cominciato a sentirsi a disagio ( oltre che avere freddo ), pensando che voleva tornare nella sua camera, provare a dormire e dimenticare quell'incontro, quella presenza che non doveva essere umana bensì un messaggero della morte, e l'essere sopravvissuta per vederlo non l'aveva affatto rincuorava bensì terrorizzata ( un terrore che non avrebbe mai ammesso di provare neanche il giorno seguente, seppur intontita per il sonno mancato ), così aveva tentato di trovare qualcosa da dire, qualsiasi cosa che spezzasse quel silenzio turbato da quella preghiera così simile alla cantilena dello spirito di Inanna.

- È questo che fa, il tuo Dio?-

Borshin, o forse qualcuno che gli assomigliava ( non aveva detto nulla né mostrato cenno di aver riconosciuto Minh ) si era zittito a quella domanda, ma senza voltarsi a guardarla, le rispose lo stesso.

- Inanna non è un Dio. Definirla una divinità significherebbe ammettere che anche i primi vampiri nati da donne umane, così come i primi uomini nati dalle razze magiche lo siano, e allora anche il sangue elfico, in grado di ridare la ragione ai vampiri, è divino. Sono questioni da porgere alle sorelle, non da disquisire di notte dopo aver violato il coprifuoco. Per rispondere alla tua domanda, no, non lo è, e il suo avere potere ultraterreni non la rende di certo tale.-

Minh aveva deciso di seguire il suo esempio, così rispose, ignara di aver dato via a uno strano dibattito teologico che esulava dalle stesse competenze dei monaci.

- Ma ha raccolto un morto e oltre al suo corpo anche la sua anima, non è il compito della Morte farlo? E la m
morte è un Dio.-

Borshin aveva scosso la testa, senza smettere di guardare i rami davanti a lui.

- La morte non prende con sé i vampiri che non dotati del lume della ragione concessogli dal sangue elfico. Di quelli se ne occupa Inanna, e nessuno sa cosa succede dopo che lei li prende con sé.-

Minh si era stretta le braccia intorno al corpo, non sapendo se il freddo fosse quello della notte, o forse frutto dello strano incontro a cui avevano assistito.

- Voi monaci cosa pensate accada? Cosa dice il Libro?-

Il monaco era sembrato infastidito, o forse solo incerto su come rispondere,  preferendo adottare un atteggiamento di allerta e fastidioso distacco.

- Mi hai scambiato per una delle Sorelle che gestisce l'albergo in cui tu e i tuoi amici alloggiate. Io non posso rispondere a queste domande, non ne posso disquisire, solo riportare i fatti come sono stati scritti, e nel libro non vi è alcun cenno di cosa accade dopo la morte, per quei vampiri.-

Minh aveva finto di riflettere su quelle parole, quando in verità le domande che aveva in sé erano di tutt'altra natura, eppure aveva continuato.

- E ai bambini dagli occhi viola accade la stessa cosa, non avendo mai bevuto sangue elfico?-

Il monaco aveva messo una mano in tasca tirando fuori il libro, rigirandolo come se attraverso il contatto le risposte gli fluissero dalle mani alla mente, e infine poter rispondere saggiamente e senza timore di apparire come se non fosse minimamente in grado di affrontare un tale confronto teologico.

- Non ho mai visto nessuno di loro morire, anzi nessun umano o vampiro ne ha visto uno morire.-

Minh si era avvicinata per staccare un pezzo di vestito dai rami ( quello che attualmente stava stringendo fra le mani mentre ripensava a tutto ciò) per poi infilarselo nella tracolla vuota che aveva portato con sé, uscendo.

Un altra domanda le era fiorita nella mente, una domanda che aveva cercato di districarsi fra le erbacce dei brutti pensieri che riguardavano la morte dei bambini, di qualsiasi natura fossero, se vampiri o esseri senza ragione, erano pur sempre creature innocenti, senza le colpe degli adulti.

- Ma allora...Inanna è davvero una specie di Dio? Le Sorelle hanno raccontato che Inanna udiva la voce degli elementi, preclusa ai mortali, e che ha avuto una visione datole dalla fiamma sacra, e il fatto che non è morta, era la figlia predestinata di Werah...a quanto pare si occupa delle anime che nessun'altro Dio vuole, non sono tutte cose che la rendono simile a Loro?-

Aveva distolto lo sguardo dai rami e visto Borshin che si incamminava verso il sentiero per tornare a Misserto, e lo aveva seguito, camminandogli di fianco in attesa di una risposta, non sapendo nemmeno cosa provare esattamente dopo aver vissuto un evento simile ( se un giorno le fosse capitato di chiedere a Ivark della sua esperienza con Inanna, lui forse gliel'avrebbe descritta, a sensazioni provate, in modo simile, ma Minh nulla sapeva di ciò che Ivark aveva visto nella radura dei pini rossi ).

- Non è l'unica visione che ha avuto, leggi qui.-

Borshin aveva aperto una pagina del Libro, e avvicinandolo a lei aveva segnato un paragrafo che Minh data la scarsa luce, aveva letto con difficolta'.

...Si narra che Inanna, il giorno che precedeva quello della sua consegna spontanea, con il suo gruppo, fosse di ritorno da un villaggio  che affacciava sul mare, una delle prime comunità di essere umani a cui Inanna aveva dato l'approvazione e la benedizione di espandersi e creare degli insediamenti autonomi nonostante, come in quel caso, dovessero negoziare la loro permanenza con le città vicine.
E così di ritorno da un'assemblea con i capi delle tre città costiere che si contenevano da decenni l'insenatura su cui era stata costruita il villaggio di umani, passarono accanto alla prima delle tredici scogliere sacre, e li Inanna, senza alcun motivo né parola di troppo detta durante l'allegro conversare del gruppo, senza sapere nemmeno lei perché, scoppiò a piangere.
Inutili i tentativi di consolare quella crisi di pianto e singhiozzi disperati e farle riprendere il cammino, si disse poi che l'unico a riuscire nell'intento fu l'ambasciatrice delle tre città costiere, ospite di Inanna per tutta la durata della contrattazione per l'insediamento.
L'ambasciatrice, Ivanä  era il nome, era una fanciulla di diciassette anni , figlia di uno dei sette stregoni che comandarono agli elfi le torture di Inanna, e fu solo grazie a quella giovane che la crisi di Inanna ebbe fine, facendola ridestare, e proseguire come se nulla fosse accaduto, senza pronunciare però l'oscura angoscia che aveva iniziato a gravarle nel cuore, dopo quell'avvenimento senza nome.

Una volta letto Borshin le aveva lasciato il Libro fra le mani, mormorando qualcosa sul fatto che poteva tenerlo ( e tutt'ora lo conservava nella tracolla, senza averlo mai tirato fuori, dopo quella notte ).

- Quindi Inanna vedendo le scogliere ha previsto la sua morte o ne ha solo avuto il sentore, ed è stata consolata da una giovane figlia dei suoi futuri assassini? È una cosa estremamente triste e con un'inquietante ironia, quasi, di fondo.-

Borshin aveva annuito, sempre osservando la strada davanti a sé, senza mai guardarsi intorno né tanto meno voltarsi verso di lei.

- Se questa è la tua interpretazione.-

Si ricordò di aver annuito a sua volta, Minh, e osservato senza davvero leggerle, le pagine davanti a sé.

- Ma se Inanna lo aveva previsto vedendo la scogliera e poi la notte seguente con la visione delle fiamme blu, perché non cambiare il proprio destino, non fare nulla per impedirlo? -

Aveva udito un altra risata dal suo inusuale accompagnatore, ma non era di scherno questa volta, sembrava solo sinceramente divertito, forse con una nota di amarezza.

- Se avesse provato a impedirlo e ci fosse riuscita non sarebbero mai nati i vampiri, e forse noi umani saremo gli unici a dominare questo mondo, forse non ci sarebbero nemmeno più elfi e le altre antiche razze. E il mio ordine non esisterebbe. Ma nulla di ciò è accaduto, perché era già tutto scritto quello che sarebbe accaduto. Ma Inanna qualcosa ha cambiato, ha impedito la sua morte, e la sua condanna è stata l'immortalità e la solitudine che essa comporta e il non poter più interferire con il mondo dei vivi.-

- E tu non ti saresti sfigurato in nome di qualcosa che non è un Dio ma ha solo creato la malattia che non sta distruggendo solo gli umani e ciò che rimane degli elfi, ma sta decimando e avvelenando quel che resta di Issergundu. È davvero degna di una tale venerazione e sacrificio, la tua Inanna? E se infine ha cambiato il suo destino, perché non ferma tutto questo, se sono suoi figli? Non è vero che non può interferire, altrimenti noi non l'avremmo vista. Non vuole farlo, non le interessa davvero. Non sarà stata un Dio, ma è crudele è indifferente come tutti loro.-

Borshin si era bloccato, e Minh aveva temuto di aver esagerato, ma era stanca, scossa da tutto ciò che era accaduto e infreddolita, si sentiva ancora spaventata, e tutte quelle parole non facevano che aumentare le erbe infestanti nella sua testa tanto da mangiarsi anche quelle poche idee e pensieri fiorite debolmente e a fatica.

- Il sacrificio di Inanna ha permesso agli umani di prendersi quello che gli elfi e gli stregoni avevano tolto loro. Grazie a quello che è successo gli uomini hanno prosperato e indebolito gli elfi e le altre razze antiche, e la nascita dei vampiri ha dato a quegli usurpatori il colpo di grazia, spazzando definitivamente via loro e la loro arroganza e predominio.-

Minh aveva scosso la testa, quel racconto cozzava con quello che le Sorelle avevano raccontato loro, e la nascita dei vampiri era una storia di proseguo della rabbia, rancore e vendetta per una tortura gratuita che nessun padre avrebbe mai permesso, nessun padre amorevole nei confronti della propria prole.

E quel gesto non le era sembrato una deviazione di un destino già scritto per compiere una vendetta, bensì un negare e volersi rifiutare di prendere parte a qualcosa di cui Minh aveva sentito nelle storie che le raccontavano, nei miti di eroi e Dei, di continuo sacrifici di figli primogeniti divini, ma allo stesso tempo nati da mortali, pur di assicurarsi vittorie, come il figlio del Dio della guerra immolatosi di propria volontà pur di far vincere una guerra lunga secoli, o prosperità se regnanti, come la figlia della regina delle Isole Minatî, che aveva ceduto la figlia primogenita avuta dal Dio dei venti, al Tempio a esso dedicatogli, dove fu uccisa dai sacerdoti durante un rito di iniziazione.

- L'altra sera le sorelle ci hanno raccontato un approfondimento della storia che abbiamo ascoltato la prima notte, in cui Inanna si prodigava per il benessere della sua comunità, e il modo in cui  cercava di dialogare in modo civile e gentile con i re e le assemblee delle terre in cui intere famiglie volevano solo prosperare e vivere in pace, senza guerre né conflitti, io ci ho visto solo una donna che dopo aver capito di non essere come colei che le diede la vita né come i suoi genitori e tutto il resto dei simili alla sua famiglia, e dopo aver visto come queste nuove creature come lei che iniziavano a nascere e loro malgrado, essere rifiutate e scacciate, decidendo di dar loro una famiglia e una comunità si appartenenza, ha solo e sempre voluto il bene della sua gente, e il bene dato senza nulla in cambio è sempre visto in modo diffidente e sospettoso, e poi come fa una comunità in un mondo senza magia né capacità di simbiosi con uno degli elementi a prosperare nelle Ere antiche? Questo dicevano, che si sarebbero estinti da soli, eppure hanno continuato a crescere ed espandersi, e quindi sono diventati un pericolo... -

Borshin l'aveva bloccata strattonandole, seppur senza forza né violenza, un braccio, al che Minh si era fermata a sua volta, incredula e perplessa, ma prima di reagire si era accorta che erano arrivati all'alloggio delle Suore.

- I monaci della pece e le Sorelle Nere hanno il compito di continuare l'opera di Inanna, di prenderci cura della Sua prole, di rispettarla e servirla come se fossero l'incarnazione della stessa Inanna, perché in un certo senso, lo sono, così come noi esseri umani siamo figli di Werah, non divini perché sarebbe una bestemmia anche solo pronunciare simili parole figurarsi elaborare un tale pensiero, ed è il motivo per cui rispettiamo gli Dei, ma l'Opera di Inanna è la nostra priorità, e continueremo a divulgarla finché i vampiri non avranno distrutto anche l'ultimo baluardo di razza magica, come Suo volere.-

Dopo aver detto ciò le ripeté che il Libro poteva tenerselo, che lo leggesse e capisse quello che quella sera, con quelle parole, non era riuscito a farle sedimentare nella mente e nel cuore.

E così dandole la buonanotte, Minh l'aveva visto allontanarsi.

Una volta a letto Minh aveva riflettuto su come le era parso che quel monaco stesse recitando a memoria parole insegnate da altri, parole che dovevano essere più profonde e radicate delle stesse cicatrici che tutti loro sfoggiavano con orgoglio, come se il dolore e la sopportazione di esso fosse un vanto e una dimostrazione di resistenza e sopratutto, devozione a qualcuno a cui nemmeno importava ( come tutti quei figli che si immolavano per genitori che nemmeno si accorgevano della loro presenza, divini o meno ).

Inanna era solo una donna, una figlia di un Dio, ma pur sempre una donna mortale che voleva solo la sopravvivenza della propria gente. E se Werah ha insegnato a sacrificare e cacciare i figli indesiderati, Inanna li ha accolti con sé, trattandoli come suoi, come la piccola Tea, o il bambino che ha portato via con sé stanotte, e quello che ho visto forse era il barlume di quello che era un tempo, perché quelle cicatrici, secondo le Sorelle, l'hanno resa una divinità rancorosa e si, vendicativa. Ma loro stesse lo riconoscono, e cercano di fare propri gli insegnamenti di Inanna prima di quegli eventi, quando ancora il suo unico potere divino era la pietà e la gentilezza di chi davvero vuole il bene degli altri senza nulla in cambio. E tu, Borshin, mi fai solo un estrema pena, come tutti quelli del tuo ordine, procurandoti quelle ferite siete diventati esattamente il frutto del rancore e della violenza vendicativa di Inanna, solo questo voi predicata scambiandolo per benevolenza.

- Minh? Siamo arrivati.-

Ithil l'aveva scossa leggermente, Minh sussultò, non si era accorta che si erano fermati, davanti a sé ormai il sole albeggiando tingeva di viola e rosso le mura di Misserto, da cui iniziavano a intravedersi le ombre dei soldati in posizione su di esse.

Si voltò mettendo in fretta a senza farsi vedere, il pezzo di stoffa nella tracolla, vide Ivark e quell'altro uomo, Ewan, scendere dal carretto, lo stesso fece Ithil, Minh rimase un po' seduta osservando l'alba immobilizzare i colori del giorno in un minuscolo istante di quiete e silenzio, le sembrava di poter toccare il paesaggio davanti a sé e ritrovare sulle dita il rosso e il viola del cielo, vischiosi come i colori di un dipinto ancora fresco, l'alba era uno dei pochi momenti in cui Minh apprezzava l'opera di Werah, che come un discreto pittore abituato a dipingere con movimenti bruschi ed eccesso di rosso, nero e colori troppo cupi da reggere alla vista, ogni tanto se ne uscisse con piccoli capolavori come quello davanti a sé.

- Minh! Sei tornata!-

La vicina acuta di Bentho la distrusse da quel momento di contemplazione, così scese dal carro e corse incontro al bambino, che per poco non la fece cadere per la forza e lo slancio con cui l'abbraccio'.

La giovane donna ricambiò, e per un attimo pensò a Inanna che abbracciava sua figlia prima di dirle addio per sempre.

Sperò di non dover mai provare un simile dolore.

Nota autrice:

Capitolo in cui troviamo un mix di flusso di coscienza misto a ricordo ( alla Ivark strafatto che vede cose che non sono o forse sì) casini e confusione fra le varie forme grammaticali del passato ( perdoname prof per il mio uso di passato remoto loco ), ragazzini zombie ( si capisce che sto guardando walking dead? ), miti studiati alle superiori che ogni tanto riaffiorano a caso fondendosi con un po' di sana critica religiosa ( facciamo il gioco del "indovina la citazione").

Borshin gli voglio bene ( no non lo so non so bene come gestire sto personaggio ) e qui l'ho messo perché ho pensato "meh è da un po' che non lo utilizzo sto disgraziato, facciamogli fare qualcosa che io devo giustificare sti money sganciati per le guest star" ( sono quasi le due di notte e sto a scrivere invece di dormire, abbiate pazienza ).

Seriamente, volevo fargli fare qualcosina che non fosse il tipo che trama nell'ombra e non si capisce bene da che parte stia peggio di Markann i primi tempi, e giusto per fargli avere un po' di interazione con qualcuno dell'allegra brigata, quindi eccovelo versione bigotto/indottrinato che uccide bambini vampiro ( e il fatto che esistono ancora quelli "animaleschi" non è un fattore da sottovalutare nel nostro viaggio ).

E per citare Markann versione pignolo: ma quindi a Misserto sti qua come hanno passato questi tre giorni? E perché non sono da Parsa? E il primo incontro fra Parsa e la brigata, sopratutto con Minh, verrà mai raccontato? E Khornos come reagisce alla loro presenza in questi giorni? Ed Emma, che fa continua a spiarli in cambio di galline?

E Ewan non sa  nulla di loro? Qual'e il suo rapporto con Parsa, esattamente? E come ha fatto a farli sgattaiolare via senza che Borshin o Khornos se ne accorgessero?

( Ma io che ne so, nemmeno so come proseguire sta storia ).

Ultima cosa poi giuro che pubblico e vado a dormire: la scena o meglio il passaggio in cui Inanna vede la rupe e scoppia a piangere, l'ho presa ispirandomi ( no meglio "copiando" ) da una scena della terza stagione di The Chosen ( una serie sulla vita di Gesù e degli apostoli no fermi tutti non è andatevene non è affatto come pensate è più "atea" di quel che sembra ) insomma c'è Gesù che vede gli apostoli sistemare dei pesi ( tre esattamente ), si angoscia e scoppia a piangere, l'unico che si accorge del suo dolore è un centurione romano ( sì quello a cui ha salvato il servo malato ) che lo abbraccia, insomma scena molto intensa e simbolica che ti rimane in testa e visto che è chiaro che Inanna è un personaggio "messianico", mi andava di riportare.

E niente vi aspetto con i pareri, correzioni e via dicendo.







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