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A Misserto fioriscono bacche e sterpaglie verdi sempiterne

A Misserto la prima cosa che si udiva non erano il vociare della folla e i richiami dei venditori né le grida dei soldati incaricati di mantenere l'ordine, o meglio, vi era tutto ciò, ma sottoforma di bisbigli, sussurri, perfino le grida dei soldati parevano lievi e pronunciate in tono normale, quasi rispettoso ( o meglio, pauroso, una cosa insoluta per dei soldati addestrati e immortali quali erano i vampiri al servizio di Issergundu).

Perfino i rumori degli animali, il muggito delle mucche, il nitrito dei cavalli o l'abbaiare dei cani, sembrava rispettare questa sorta di bolla di quiete e silenzio in cui Misserto pareva essere avvolta.

E ciò che la rompeva erano i bambini, le loro risate, il loro vociare infantile e giocoso, e poi la moltitudine di lingue, quella corrente degli umani della valle, del dialetto dei vampiri usato dagli umani delle città occupate e, sopratutto, ciò che turbò Ivark, fu l'udire la lingua pronunciata dai monaci della Pece.

Ma non fu quello che colpì Ivark, né il multilinguismo che pareva permeare la popolazione della città né la numerosa presenza di bambini ( e la loro vivacità e allegria in contrasto con il silenzio e la cupezza degli adulti ), una volta entrati a Misserto, bensì, a turbarlo, fu la numerosa presenza dei monaci della pece di entrambi gli ordini, sia maschile che femminile ( ma era difficile distinguerli gli uni dagli altri, dato che entrambi, sia maschi che femmine, portavano un pesante saio di lana nera con un cappuccio a coprirgli il volto sfigurato).

Li vedeva assiepati in gruppo a parlare fra di loro, richiamare i bambini ( vestiti con dei grembiuli verdi su cui era ricamato il simbolo di Issergundu ) - di cui sembravano i custodi - o discutere con le guardie verdi ( insieme al vociare dei bambini, il tono dei loro discorsi era comunque più alto dei sussurri della popolazione adulta ) occuparsi di chiostri di cibo, o solo seduti sui gradini delle case oppure nei vicoli a leggere un pesante libro da cui sembravano non separarsene mai, parevano impegnati in qualsiasi attività che non prevedesse il contatto con la gente umana di Misserto.

Il contrasto fra i bambini allegri ( e per nulla incuriositi dalla presenza di stranieri scortati dai soldati ) e il silenzio e timore degli adulti era stridente, così come la pacata cortesia ( e i sorrisi untuosi) dei monaci della pece che, fra parlare con i soldati, leggere il Libro e controllare i bambini, parevano essere piuttosto attenti ai movimenti dei nuovi arrivati e della loro improbabile scorta.

Ivark avvertiva il loro sguardo indagatorio ( o meglio quello del loro unico occhio sano ) su di loro, e rabbrividì abbassando il capo, cercando di non pensare alla donna del sogno, tentava di adeguarsi al passo veloce di Khornos e seguire quello che gli stava dicendo, ma era turbato dalla massiccia presenza dei monaci, e voltandosi incrociò lo sguardo intimorito di Minh.

Minh avrebbe voluto tapparsi le orecchie, strapparsi il velo che le copriva la testa o, dato che era impossibilitata a scappare visto che tutti loro erano braccati come animali da fiera, urlare la sua frustrazione, ma non fece nulla di tutto ciò, limitandosi a tenere lo sguardo basso e concentrarsi sul terreno secco e polveroso della città lasciandosi cullare in modo ipnotico dal sobbalzare del carro.

Avrebbe voluto tapparsi le orecchie ( ma anche coprirsi gli occhi ) perché la vista di quei bambini e l'udire di quelle risate e vociare infantili la tormentava molto più del fatto di esser presa in ostaggio da un gruppo di soldati vampiri che li stavano portando al bordello di Parsa, e tutto perché Ivark aveva deciso di seguire lo scellerato piano di Markann.

Tutto ciò le faceva tornare alla mente Bentho, e il dolore che aveva provato nel vederselo strappare via.

Era un assurdità e lo sapeva, sapeva anche, per quanto odiasse Markann e non lo ritenesse per nulla affidabile e degno di fiducia, di essere certa di due cose: Markann non avrebbe mai fatto del male a Bentho, e sopratutto non avrebbe mai perso l'occasione di sfruttare quella possibilità, creatasi con la comparsa di Ithil e del vampiro nella sua bottega, di poter entrare grazie a loro due ( il fatto che l'elfa fosse sostanzialmente una cacciatrice di vampiri assettata di vendetta e Ivark il mandante dello sterminio degli elfi oltre che della sua famiglia era assolutamente irrilevante ) nell'inaccessibile e misterioso Castello Cobalto, un occasione troppo ghiotta per lasciare tutti loro nelle mani della roccaforte più politica del Regno, piena di fedeli soldati di Issergundu

Proprio per questo motivo era sicura ( o meglio si aggrappava disperatamente a questa speranza) che non li avrebbe lasciati alla merce' dei vampiri, e sopratutto non li avrebbe lasciati nelle mani di quegli inquietanti personaggi sfregiati e vestiti di nero appartenenti allo stesso ordine di quel fratello di cui non sembrava essere in buoni rapporti, quindi sarebbe tornato, per forza.

Come in un sogno Minh avvertì dei colpi, era Ithil che tentava di chiamarla, parlarle, ma Minh non si sentiva pronta ad affrontare una conversazione con lei, era già impegnata a pensare a Bentho, e nemmeno la consapevolezza che sarebbero andati da Mana Parsa, la donna a cui Markann aveva tentato di venderla dopo la morte per parto della madre del Bentho, sarebbe riuscita a scuoterla dal suo stato di torpore e dissociazione che avvertiva.

- È pieno di bambini, perché ce ne sono così tanti?-

Ithil la udì mormorare mentre tentava, inutilmente, di attirare la sua attenzione, nemmeno parlarle serviva, era inutile, su Minh non si poteva contare in quel momento, su Ivark ancora meno, impegnato in una conversazione con quel vampiro, Khornos, con cui sembrava essere in confidenza.

La città è piana di soldati, fuori sulle mura ne ho visto almeno due in piedi per lato, e altri quattro a controllare l'entrata di Misserto, è impossibile scappare né tanto meno affrontarli, non ci resta che aspettare, e forse se riesco a fare attenzione a quello che si dicono Ivark e l'altro vampiro riesco a ricavare delle informazioni utili per scappare, perché io non resterò ferma ad aspettare che Markann torna, SE tornerà, e devo farlo alla svelta, stasera mentre tutti dormono troverò sicuramente un modo. Se Minh vuole restare qui ad aspettare l'arrivo di Markann con il bambino, peggio per lei, io ho intenzione di andarmene con Ivark, mi dispiace solo lasciare lei, Bentho e Werrost con quell'uomo disgustoso, ma io questa situazione non la reggo più.

Ithil, seppur con il capo chino come Minh, non perdeva di vista gli altri soldati e il loro capo, che una volta entrati a Misserto si erano dispersi per la piazza facendo sì che a scortarli restasse solo Khornos, impegnato a parlare con Ivark, ma Ithil, della conversazione riusciva a seguire solo frammenti.

Prima che potesse udire qualche informazione importante udì Minh sussultare e la vide fissare un punto vicino ai due vampiri.

- Buongiorno Emma, che succede?-

Una ragazzina sui dieci anni, o forse più grande - con quel grembiule verde identico che indossavano tutti bambini e i capelli corti era difficile capirne l'età o il sesso, Minh aveva capito che fosse una bambina solo perché il vampiro l'aveva chiamata con un nome femminile - si era avvicinata a Khornos sorridente e tenendo per mano due bambini più piccoli, vestiti uguali e con lo stesso taglio di capelli della ragazzina.

Ciò che aveva fatto sussultare Minh riscuotendola dalla sua apatia e bolla insonorizzata di dolore in cui era immersa, erano gli occhi della ragazzina, di un viola scuro che inizialmente le era sembrato blu, un colore simile a quelli di Bentho ( questa associazione aveva rischiato di risucchiarla nuovamente nelle spire del suo dolore sordo ) ma poi si era accorta che no, non erano blu bensì viola, ma un viola diverso da quelli di Ithil ( che li aveva piu chiari e tenui, mischiati all'azzurro ), quello era il viola malsano dei lividi e delle bacche velenose infestanti che si potevano trovare nei vicoli di Issergundu, in mezzo alla spazzatura.

E poi il colorito, la pelle pallida della bambina non aveva il sano incarnato rosa come quella degli altri due bambini che teneva per mano, no quel pallore era solcato da ombre grigiastre, come...

Diede un occhiata a Khornos e agli altri soldati verdi, come quella dei vampiri.

Un moto d'orrore la investi, alzò la testa alla ricerca dei gruppi di bambini di cui in precedenza aveva posato lo sguardo prima con aria turbata e poi malinconica, e se ne rese conto.

In ogni gruppo di bambini vestiti di verde vi era uno come la ragazzina che rispondeva al nome di Emma, sempre uno o una sui dieci anni e anche più grandi, tutti accanto a dei bambini più piccoli - vestiti di verde e dai capelli corti come loro ma, sopratutto, umani - li vedeva tentare di metterli in fila, rimproverarli o solo non perdere di vista i loro giochi.

Anche Ivark si accorse della direzione dello sguardo di Minh, in precedenza impegnato a tenere d'occhio i monaci della pece ( e allo stesso tempo cercare di seguire le chiacchiere di Khornos dal tono allegro e confidenziale, lo stesso di chi ha semplicemente trovato per strada un vecchio amico che non vedeva da anni e lo stesse aggiornando su ciò che era accaduto nel frattempo quando in verità erano praticamente sotto scorta come dei prigionieri o condannati a morte ) notando come i monaci, e anche le sorelle Nere, incaricati di sorvegliare i bambini si tenevano vicino a quelli più grandi e dagli occhi viola, una cosa di cui in precedenza non si era accorto ma non lo associò al loro essere vampiri nemmeno lo sospettò minimamente ( nei suoi trecento anni non aveva mai visto bambini vampiri né sospettato mai l'esistenza ), che ogni tanto sembravano riferire loro la situazione.

Ma ciò che nessuno dei due notò, e fu solo Ithil a farlo, fu la presenza di ragazzini - anche lei aveva notato gli occhi viola e sentito Minh sussurrare un tremulo "è un vampiro" mentre le indicava col capo Emma - anche nei pressi delle guardie verdi, ne vide un paio seguire dei gruppi di commercianti umani, stare accanto a loro, giocherellare con dei palloni o dei pezzi di carta, e poi ritornare dalle guardie, dir loro qualcosa che li fece muovere in direzione dei commercianti, e li sentì intimare di sgomberare la strada e dire ad altri soldati di requisire le bancarelle.

Vide altri abitanti di Misserto lanciarsi occhiate terrorizzate e cercare di allontanarsi dalla scena, e sopratutto vide genitori prendere in braccio bambini troppo piccoli per indossare le divise verdi e probabilmente non ancora sotto il controllo dei monaci, e allontanarsi dalla piazza diretti nei vicoli deserto, senza guardie né vampiri e nemmeno...bambini.

Ithil non solo dopo essersi resa conto di quello che aveva detto Minh e averlo constatato vedendo altri bambini come lei, ma quello che veramente realizzò fu altro, e nel farlo trattenne il respiro, a metà fra lo scioccato e il turbato.

A Misserto gli abitanti non erano terrorizzati dai monaci o dai vampiri, non erano loro che temevano né loro il motivo per cui a Misserto vigeva quel silenzio carico di tensione e strisciante di gelido orrore.

A farlo erano quei bambini vestiti di verde, i bambini dagli occhi viola e dal volto pallido e cadaverico, i cui gesti come giocare con gli altri bambini umani più piccoli, o il fingere di farlo in vicinanza di gruppi umani ( a Ithil stava venendo il sospetto, cosa che le venne confermata osservando la piazza e i vari gruppi, che venissero utilizzati come spie dalle guardie verdi ) non rispecchiavano l'età reale che dovevano avere, dei vecchi, adulti, immortali rinchiusi in corpi infantili, e sentì Minh ( che venne assalita dall'orrore da una rabbia cieca ) gridare:


- Mostri! Trasformare i bambini in vampiri, come potete farlo?-

E Ithil penso' ( trattenendo una risata isterica ) che era impossibile scappare, impossibile il pensiero di dover ferire uno di quelle piccole spie, se li avessero attaccati.

Era inconcepibile, per lei, uccidere un bambino, anche se era solo un altro vampiro, e capì la scaltrezza dei soldati di Misserto nel compiere quell'abominio.

Che bastardi, usare dei bambini come arma e allo stesso tempo farsi scudo con essi...hanno davvero creato una bella situazione, a Misserto, un vero regno del terrore.

Misserto, la città in cui gli adulti sono terrorizzati da dei mocciosi che detta così farebbe pure ridere, molto più dei monaci o dei vampiri stessi, dato che questi "esseri" ne sono una sorta di fusione delle due cose.

Ha ragione Minh, ora capisco perché dice che qui le donne non cantano, non lo fanno perché sono troppo impegnate a impedire che i loro figli vengano trasformati in piccoli vampiri da usare come spie.

Qui di notte, delle donne, si sentiranno solo le urla.

Nota autrice: capitolo breve ma che ho pubblicato lo stesso per redigere una panoramica su Misserto.

Dunque abbiamo una città tenuta in scacco e dominata dai vampiri e dai monaci della pece, ma il vero motivo di questo regno di terrore sono i bambini.

Misserto è una sorta de Il villaggio dei dannati, e forse ci metterò anche quelle terrificanti filastrocche infantili perché se una cosa mi terrorizza degli horror è proprio quando inseriscono i bambini.

Che siamo posseduti, alieni o altro, a me i bambini negli horror fanno più paura dei mostri.

Poi mi sono un po' ispirata ai regimi totalitari ( e anche 1984 ) in cui i bambini vengono usati come spie dal regime, ma anche come soldati e assassini.

P.s Ivark che come al solito non capisce una mazza, trova solo strano vedere dei bambini con gli occhi viola, e non gli viene manco un sospetto.

Ivark, LE PASTIGLIEEEE, sei il protagonista ( teoricamente appena ho iniziato la storia doveva essere lui, ah come cambiano le cose ), l'eroe, dai capisco che sei vecchio, trecento anni mica sono poco però su, un po' di scaltrezza, perfino Minh che è distrutta dal dolore e dissociata, l'ha capito.

E niente a parte questo mini sclero, piccolo capitolo di passaggio.

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