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«Dovrai imparare a tagliare il prato», esclamò Elena girando una sedia sul tavolo vuoto.

«E tu dovrai imparare a fare le pulizie», la prese in giro Mason. «La casa è decisamente più grande del monolocale.»

Si sorrisero. Harper era stata ben felice di confermare tutto quello che Mason le aveva detto. La casa sarebbe stata loro a partire dall'estate, sarebbe bastato comunicare tutto all'agenzia che avrebbe messo in vendita anche il loro appartamento. Ci avrebbe pensato lei a comunicare a Liam l'imminente trasferimento nella casa al mare. Sebbene non avessero tutta quella fretta, l'idea di entrare nel pieno di un trasloco con una gravidanza quasi al termine non era una prospettiva allettante. In più, entro la fine del nuovo anno, Harper voleva aprire la sua libreria, quindi Mason avrebbe dovuto subito cominciare a rispolverare le sue competenze architettoniche.

«Secondo me sarà una bambina», disse Elena con il sorriso più dolce del mondo.

«Sono sicuro che sarà bella come sua madre», rispose Mason abbracciandola.

«Dici che saremo dei bravi genitori?» domandò poi, storcendo la bocca.

Doveva ancora ben metabolizzare l'idea di tutti quei cambiamenti. L'idea di rivoluzionare completamente la loro vita dall'oggi al domani, quasi ripartendo da zero era adrenalina allo stato puro. Per la prima volta da settimane Elena si sentiva completamente felice e realizzata, consapevole che sarebbero stati in grado di fare tutto, come la prima volta.

«Ti amo signora Brooks», disse Mason.

«Ti amo anch'io.»

Furono interrotti da Emma. «Se non avete più bisogno di me, andrei», disse.

I due piccioncini si voltarono a guardarla. Si era intrattenuta per aiutarli a risistemare il locale.

«Hai fatto fin troppo. Ti ringrazio per essere tornata», le disse Elena abbracciandola.

«Grazie a voi che mi avete quasi costretta», sorrise Emma ricambiando l'abbraccio.

Prese tutte le sue cose, infilò il giaccone e uscì nella notte gelida. Quella mattina aveva pensato di andare in stazione. Si sarebbe chiusa nella sala d'attesa riscaldata sperando di non incappare in qualche malintenzionato e avrebbe aspettato il primo treno del mattino. Poi sarebbe tornata al suo squallido appartamento e la sua vita sarebbe ricominciata da lì, con il turno del pomeriggio alla caffetteria. Invece sarebbe tornata a casa. Sua madre aveva insistito per averla nella sua vecchia camera, per trascorrere un paio di giorni insieme.

«Ciao», le disse Ben non appena la vide.

«Ciao», esclamò Emma incredula e sorpresa allo stesso tempo. Poi si sciolse in un sorriso consapevole.

«Ho trovato il biglietto da visita del ristorante quando ho bruciato i miei buoni propositi», disse lui alzando il quadratino di carta. «Ho pensato che magari sarei potuto passare, vedere se eri ancora qui», alzò le spalle.

«Eccomi. Mi hai trovata», mormorò lei col cuore a mille.

Da quanto tempo era lì fuori? Si chiese notando il velo bianco sui suoi capelli.

«Credo sia meglio trovare un posto al caldo in cui andare, se non vuoi morire congelato», gli disse avvicinandosi.

«Mio padre è morto», annunciò lui immobile.

Emma si bloccò. «Mi dispiace tanto», disse sincera. «Hai fatto in tempo..»

«.. a vederlo? Sì.» Ben sospirò rumorosamente ancora provato dagli eventi della serata. «Abbiamo parlato. Niente di straordinario, ma sono riuscito a dirgli tutto quello che avevo dentro e a sentirmi dire tutto ciò di cui avevo bisogno. Decidere di prendere quel treno è stata la cosa migliore che potessi fare nella vita.»

Emma si avvicinò ancora. «Lo credo anch'io», annuì quando gli fu di fronte.

Ben le sfiorò il viso con le mani, tracciò il contorno con la punta delle dita, le passò nei suoi capelli.

«Buon anno», sussurrò con un filo di voce prima di chinarsi e baciare Emma sulle labbra.

Erano gelide, ma non importava. Lei si sollevò sulla punta dei piedi, si aggrappò al suo giaccone e sorrise, convinta che uno dei suoi buoni propositi si fosse appena avverato. 

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