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I coniugi Wood erano placidamente seduti in salotto, la tv accesa su un programma di gossip, Jane che sferruzzava con gli occhiali calati sul naso parlando ogni tanto con la conduttrice e Jacob col naso immerso in un nuovo romanzo giallo.
«Non riesci proprio a staccarti dalla tua vecchia vita, vero?», gli chiese la moglie.
«Non esiste una vecchia vita, Jane cara. Sono un poliziotto e continuerò ad esserlo fino alla morte», commentò il marito senza guardarla.
Jane posò in grembo il lavoro e sospirò prima di continuare. «Ho passato la vita sola a casa, a crescere i nostri figli e a chiedermi se ti avrei mai rivisto tornare», disse. «Tutte quelle notizie tragiche al telegiornale, la paura che potesse succederti qualcosa come è capitato negli anni ad alcuni tuoi colleghi.» Strinse gli occhi al ricordo. «Mi sono sempre ritenuta una donna fortunata, più fortunata di alcune delle mie amiche. Certo, loro magari avevano i mariti con lavori convenzionali, alle sei puntuali di ritorno dall'ufficio, ma per me e per i ragazzi tu sei sempre stato un eroe.»
Jacob guardò sua moglie senza dire niente. La loro vita era sempre stata caratterizzata dal silenzio. Lui lavorava moltissimo, più ore del consentito, spesso gratis quando decideva di attardarsi perché troppo coinvolto da un caso. E Jane non era mai stata messa al corrente del suo lavoro, non era mai tornato a casa a raccontarle di cosa si occupava, chi era coinvolto. Una volta varcata la soglia di casa, Jacob Wood svestiva i panni di ispettore capo e indossava quelli di padre e di marito. E non ci si era mai trovato bene. Certo, amava la sua famiglia, nessuno doveva osare dire il contrario. Ma la verità era che non l'aveva mai realmente conosciuta. Non si era mai fermato ad assaporare la crescita dei suoi figli, non aveva mai fatto discorsi da adulto con Ethan, non lo aveva mai accompagnato al campo a giocare a pallone, non c'era stato alle sue partite. Reagan ed Elena poi erano femmine e per questo di dominio materno. Non avevano niente in comune. Non ricordava neanche un volto dei loro professori a scuola, perché non era mai andato a un colloquio, a una riunione, a una recita. Sempre lavoro, lavoro, lavoro. E da quando era in pensione e si era reso conto che la sua famiglia esisteva, era un essere pensante, pulsante, vivo, si sentiva a disagio. Era come essere inserito in un meccanismo del quale non riusciva a centrare il ritmo. Si sentiva scoordinato, fuori tempo, fuori luogo. Jane sapeva cosa fare, come occupare la giornata, conosceva tutto quello che succedeva nella vita delle sue figlie. Avevano ricordi che a lui erano sconosciuti.
Molte volte aveva compatito sua moglie, chiedendosi cosa mai potesse fare a casa, come occupasse le sue giornate. Non poteva essere tutto ridotto alle pulizie, lui si sarebbe impiccato. E invece adesso aveva capito che mentre lui era concentrato sul lavoro, mentre lui aveva fatto di quello la sua vita, sua moglie piano piano, in silenzio e senza mai chiedere il suo aiuto, aveva costruito una famiglia, aveva mandato avanti quel nido crescendo i loro figli e sobbarcandosene gioie e dolori, successi e fallimenti.
Jacob Wood non era un eroe. Non lo era mai stato.
«Sai, Jane, credo che dopotutto potremmo farcelo quel viaggetto che hai sempre desiderato», borbottò abbozzando un sorriso.
«Parli della crociera?»
Erano anni che sua moglie desiderava farsi una crociera. Molte delle sue amiche ci erano state e ne parlavano entusiaste. Jacob non aveva mai voluto, la trovava noiosa. Ma adesso cominciava a pensare che un po' di tempo con sua moglie non gli sarebbe dispiaciuto. Avevano un sacco di tempo da recuperare. Un sacco di anni da raccontarsi.
«Sì. Decidi tu la meta, lo sai che io non sono bravo in queste cose. Magari qualche posto caldo, così torniamo tutti abbronzati.»
Jane non credeva alle sue orecchie. Sentì gli occhi pizzicare e si stupì di trovare commovente che suo marito le dedicasse attenzioni. Strinse le labbra per darsi un contengo, poi riprese in mano il suo lavoro e si limitò a commentare: «Magari in settimana passo in agenzia viaggi, vediamo cosa mi propone», col cuore che le batteva forte.
Un istante dopo suo marito era davanti a lei, in piedi, che le tendeva la mano. Lei la guardò come se non capisse. Lui spense il televisore e accese lo stereo col telecomando, sintonizzando la musica su uno dei suoi pezzi jazz preferiti.
«Mi concede l'onore, signorina?»
Jane si alzò confusa. Prese la mano offerta dal marito che la attirò a sé e cominciò a ballare.
«Che diavolo ti prende? Sei ubriaco?» non riuscì a trattenersi dal chiedergli, ben consapevole che il marito fosse astemio.
«Sono solo vecchio, probabilmente», alzò le spalle lui.
«E questo cosa vorrebbe dire?»
«Che quando sei vecchio cominci a fare i conti della tua vita. Le cose che hai conquistato, quelle che hai lasciato andare, quelle che potevi fare meglio.»
«E qual è il risultato?»
«Che ti amo, signora Wood, da sempre e per sempre. E non ti ho mai detto grazie per tutto quello che tu hai fatto per noi. Quindi grazie.»
Jane si fermò in mezzo al salotto, incapace di proseguire oltre. Dopodichè scoppiò a piangere. «Stai morendo?» singhiozzò.
Jacob scoppiò a ridere. Quella era proprio sua moglie. «No, non ancora», rise.
«E allora sei impazzito.»
Jacob costrinse sua moglie a ricominciare a ballare. «Sì, sono impazzito», le sussurrò all'orecchio felice e appagato.
Un istante dopo l'idillio venne infranto dal suono del campanello. Jane voltò di scatto la testa e si asciugò le lacrime col dorso della mano.
«Chi può essere?» pensò ad alta voce.
Jacob andò ad aprire e sua figlia Elena irruppe in casa in lacrime.
«Lo odio!» urlò accasciandosi sul divano.
«Tesoro, chi?» chiese la madre allarmata.
«Mason, chi sennò? Ma io cosa ci sto a fare con un uomo così?»
Marito e moglie si guardarono. Il loro momento perfetto era appena finito.
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