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«Si può sapere dove diavolo sei stato?» urlò Elena quando Mason si degnò di presentarsi al ristorante. «Hai visto che ore sono?» chiese puntando il dito contro l'enorme orologio all'ingresso.

«Certo che ho visto.» Mason mise le braccia in avanti come a proteggersi dalla sua furia.

«E allora dove ti eri cacciato? È dalle sette di stamattina che sono chiusa qua dentro a organizzare tutto. Sto cucinando come una pazza da ore, ho pulito e sistemato il locale e tu non ti sei fatto vedere. Possibile che devo sempre pensare a tutto io? A che diavolo mi servi, si può sapere?»

«Sono stato impegnato», balbettò Mason sentendo il peso della scatolina con l'anello nella tasca interna della giaccia.

«Oh immagino», Elena rise isterica. «Abbiamo un veglione da imbastire e mi chiedo cosa possa esserci di più importante per un uomo che gestisce un ristorante. Dalla riuscita della serata dipenderanno gli incassi di stanotte, te lo devo ricordare? Il tempo fuori non sta aiutando per niente. Un paio di tavoli hanno disdetto, Emma è ancora bloccata su quel dannato treno, i dipendenti ancora non si sono visti e io sono qua da sola ad agitarmi per tutto.»

Emma sentì un mancamento, le mani presero a tremarle e dovette chiudere gli occhi e appoggiarsi al bancone per non svenire. Mason le fu subito a presso, ma lei cercò di scrollarselo di dosso inviperita. Aveva la vista annebbiata e il cuore pompava furiosamente per la rabbia.

«Devi smetterla di preoccuparti così tanto. Ce la siamo sempre cavata benissimo», le disse Mason aiutandola a sedersi.

«No, io me la sono sempre cavata benissimo!» rispose lei. «Tu arrivi sempre quando tutto è sistemato. E ti prendi il merito. E nessuno che mai una volta venga a dirmi grazie o a ripetermi che sono brava.»

«Ti fa male tutto questo stress. Come passano queste feste prenotiamo una vacanza.»

«Io non la voglio una stupida vacanza», scoppiò a piangere Elena. «E non voglio neanche questo stupido ristorante. Sono stufa di sgobbare dalla mattina alla sera senza aiuto. Tu non ci sei mai, non te ne frega un accidenti di questo posto, basta che ci pensi io. Non ce la faccio più.»

Si alzò e si chiuse nel bagno del personale. Abbassò il coperchio e si sedette sulla tazza, il volto nascosto dalle mani, mentre la rabbia, l'ansia, l'agitazione effluivano dal suo corpo. Il test di gravidanza emergeva dal cestino vuoto. Avrebbe dovuto farlo con Mason, non con sua sorella. Lui sarebbe dovuto essere al suo fianco nel bene e nel male a supportarla davanti alla possibile delusione.

Intanto fuori Mason alzò gli occhi al cielo davanti l'ennesima scenata di Elena. 

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