Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

45

«Di che genere di musica ti occupi?» domandò Ben.

Emma distolse lo sguardo dal finestrino e lo fissò sollevando un sopracciglio.

«Secondo te?» si portò un dito al mento con fare meditativo. «Di solito la gente ama classificarmi dal mio aspetto fisico», sorrise.

«Solo perché gli altri lo fanno non significa che devo farlo pure io. Scegliere di truccarti come se fosse sempre halloween è una tua scelta e non fai male a nessuno.» Ben alzò le spalle mantenendo sempre un'espressione pacata.

Emma sgranò gli occhi. Non sapeva se essere più sorpresa o offesa dalle sue parole.

«Sei uno di quei tipi a cui piacciono le ragazze acqua e sapone, vero?» Lo canzonò.

«Mi piacciono le ragazze sicure di sé. Quelle che non hanno bisogno di maschere, di qualunque natura siano, per nascondere chi sono in realtà.»

Emma alzò gli occhi al cielo. «Cielo, parli come mia madre», mormorò.

«Allora tua madre è una donna molto saggia.»

«Ti prego non farmi la morale», disse Emma. «E se ti piace tanto mia madre, è single, magari te la presento. Facciamo.. il giorno del mai?»

Ben sfiorò le pagine del libro ormai chiuso che teneva stretto in grembo. Poi sospirando aprì la borsa e lo mise dentro. «Questo tuo astio aperto verso il mondo e le persone deriva da qualche trauma in particolare?» chiese come se fosse una domanda qualunque.

«No, Freud!» Emma fece una smorfia. «Comincio ad annoiarmi qua sperduta in mezzo al nulla, costretta a chiacchierare per forza con uno sconosciuto strambo che per quanto ne so potrebbe anche essere un pazzo furioso o un serial killer.» Incrociò le braccia al petto e tornò a infossarsi nel sedile.

Ben la fissò per un lungo momento. «Odio la vista del sangue, quindi non potrei mai fare il serial killer», commentò. «Per il resto non credo di essere più strambo di te. Sembri una scappata di casa. Tolto quel trucco quanti anni potrai mai avere? Diciotto? Forse anche meno.»

«Non si chiede l'età a una signora», rispose Emma compiaciuta.

«Sei troppo giovane per odiare la vita. Voi ragazzine fate sempre le melodrammatiche. Litigate con mamma e papà e subito diventa una tragedia. Il mondo non vi capisce, la vostra famiglia vi odia, il ragazzo dei vostri sogni è uno stronzo.» Ben tiene il conto con le dita.

«Mica male per uno che dichiara di non omologarsi all'uso degli stereotipi. Potresti farne una lezione al tuo corso di genetica. Magari vengo a sentirti.»

«Scommetto che sei anche ricca. Di solito siete quelle che vi lamentate di più», continuò Ben.

«Tu non sai un cazzo della mia vita. Smetti immediatamente di parlare.» Emma non riuscì a trattenersi e quasi gli urlò in faccia.

«Da cosa stai scappando?» il tono di voce di Ben adesso era diverso. Anche la sua espressione era cambiata. Sembrava quasi dispiaciuto e per un folle istante a Emma parve che la risposta gli interessasse davvero.

«Dalla polizia», borbottò una risposta. Non era tenuta a raccontargli niente. Ancora un po' di pazienza e le loro strade si sarebbero divise per sempre.

«Riesci a prendere qualcosa sul serio ogni tanto?»

«E il risultato sarebbe diventare come te? No, preferisco di no.» Gli lanciò un'occhiataccia.

«Avevo una fidanzata, tempo fa..», cominciò a dire Ben.

«Ma pensa..», rispose Emma chiedendosi dove volesse andare a parare adesso.

«Quando ci siamo lasciati non l'ha presa molto bene. Me la trovavo sotto casa. Fuori dal lavoro. Ricevevo telefonate anonima nel cuore della notte. Regali nella cassetta delle lettere. Poi quando ha capito che non sarebbe riuscita a cambiare la situazione è passata agli insulti e alle minacce.»

«E com'è finita? L'hai denunciata?» chiese Emma.

«Denunciata? No. Le ho parlato. Le ho spiegato per l'ennesima volta che non eravamo fatti per stare insieme enumerandone i motivi. Tutti molto plausibili devo dire. Per fortuna dopo poco tempo ha incontrato un altro ragazzo e adesso so che è sposata, ha tre figli e vive in Florida.» Ben sorrise.

«Vorrei dirti che mi dispiace, ma non è vero», ammise Emma colpita.

«Ho avuto un'altra convivenza. Quella volta ho creduto di aver incontrato l'amore della mia vita.»

Emma sentì una punta di disagio. «Qualcosa mi dice che non è finita bene neanche con lei.»

«Ci siamo lasciati perché non mi decidevo a sposarla. Non sono per il matrimonio, credevo che dopo tutto quel tempo lei lo avesse assodato. E invece mi ha dato un ultimatum. Cosa sbagliatissima con me, perché io se decido una cosa non mi schiodo, anche nel torto.»

«Non me ne vanterei.»

«Lo so, non mi fa onore. Ma non potevo sposarla solo perché lei lo voleva.»

«Sì ma lei non poteva non sposarsi solo perché lo volevi tu.» Emma alzò le spalle.

«Ci siamo lasciati e si è sposata l'anno dopo con un tizio conosciuto su Facebook.»

«Mi sembra di capire, professore, che con le donne tu non ci sappia proprio fare.»

«Anche tu non ci sai fare con le bugie», la inchiodò lui. «Se non sei ricercata dalla polizia, chi sei?»

Il sorriso di Emma sparì dal suo volto. Si era davvero illusa che lui avesse cambiato argomento, invece era solo bravo a snocciolare pillole di vita a rate. Chissà se la storia delle fidanzate era vera, poi. Guardò fuori dal finestrino. Adesso aveva anche iniziato a piovere, quindi la neve si sarebbe trasformata in una poltiglia fangosa e il giorno dopo la città sarebbe stata ricoperta di ghiaccio.

«Ho ucciso mio padre», bisbigliò senza voltarsi a guardarlo.

«Nel senso che hai preso un brutto voto a scuola e lui ci è rimasto molto male?» domandò Ben preso in contropiede.

«Un incidente stradale. Guidavo io. Lui e morto. Io no. Ho distrutto la mia famiglia. Dopo il funerale ho fatto le valige e me ne sono andata senza dire niente a nessuno. Avevo bisogno di stare sola, di sparire. Non riuscivo a sopportare tutto il dolore di quella casa e non potevo affrontare nessun discorso dove mi avrebbero ripetuto "non è colpa tua". Nessuno poteva capirmi. Nessuno può capirmi.»

Ben sentì una voragine aprirsi alla bocca dello stomaco. «E questa è la prima sera che torni in città?» chiese Ben.

«Solo perché mi servono soldi», precisò. «Sono ancora iscritta all'università, ma non frequento da mesi, sono ferma con gli esami e mi sono trasferita in un monolocale in affitto vicino al bar in cui lavoro. Cantare mi permette di arrotondare e non dipendere da nessuno. Mio zio ha un ristorante, il cantante non può andare e mia zia impazzisce quando non ha tutto sotto controllo. Ho accettato il lavoro a patto che nessuno mi rivolga la parola.»

«E la cosa ti fa stare meglio?»

«Certo che no. Ma non voglio che si comportino con me come se non fosse successo niente, come se mi volessero tutti bene. Ho ucciso mio padre, sono un mostro e devo stare in esilio con la mia colpa.»

«Era destino.»

Emma si voltò furiosa. «Non tirarmi fuori questa storia del cazzo, professore. Il destino non esiste, d'accordo? Guidavo io, mi hanno tagliato la strada e mio padre è morto. Se avesse guidato lui, non sarebbe successo.»

«Ma invece guidavi tu. Era la sua ora. È spiacevole che l'ingrato compito sia toccato a te, ma sarebbe morto comunque.»

«Parli sul serio?» Emma era a bocca aperta. «Credi sul serio alle stronzate che dici?» scoppiò a ridere amaramente. «Il destino non esiste. Così come non esiste Dio. La gente li usa solo per pararsi il culo quando sbaglia a fare le cose.»

Ben non rispose. La guardava e basta, incapace di trovare altre parole per spiegarsi meglio. Neanche si conoscevano, perché darsene così tanta pena? Eppure non riuscì a trattenersi.

«Mio padre ha un tumore al cervello», disse a un tratto. «Lo so da settimane», precisò per enfatizzare la sua colpa. «Mi hanno avvisato. Per la verità mi hanno chiamato più volte. C'è un'infermiera, una certa Sophia, che continua a chiedermi di andarlo a trovare, che lui chiede di me, che lo farebbe stare meglio. La verità è che sta morendo.» Si morse il labbro mentre cercava di controllare l'emozione. È difficile quando la tua vita è fatta di libri e non hai nessuno che ti ascolti. «Per quanto ne so questo viaggio potrebbe anche rivelarsi inutile. Le ho detto di lasciarmi stare, di non chiamarmi più che non ne voglio sapere. Magari mentre parliamo è già morto.»

Emma sgranò gli occhi e sotto quello sguardo innocente, Ben per la prima volta sentì tutto il peso del suo errore. Come se lei gli avesse puntato il dito contro, maledisse sé stesso per non aver agito prima. Ma non poteva mandare indietro il tempo.

«Perché?» mormorò la ragazza.

«Divergenze di opinioni che risalgono ad anni fa. Qualcosa che adesso probabilmente risulterebbe stupido e ridicolo, ma che allora ci aveva fatto litigare. Ero un ragazzo orgoglioso, non volevo ascoltarlo. Poi è morta mia madre e la lontananza si è fatta definitiva. Il tempo passa, Emma, e a volte si ha l'idea che aggiusti le ferite, che basta dimenticare, non pensare e tutto si risolve da sè. Ma i problemi si ingigantiscono, i dolori si acutizzano e le cose non dette diventano macigni. Mi sono buttato nel lavoro per non ascoltare la consapevolezza dei miei errori bussarmi alla coscienza.»

«E cosa ti ha fatto cambiare idea?»

«Sono solo. Completamente solo. Come lui. Non abbiamo nessuno che ci ami, nessuno che pensi a noi, che si preoccupi di noi. Io ho il mio lavoro e non parlo al di fuori di quello. Lui non ha nessuno che lo vada a trovare. Ma io sono quello che sono grazie a lui, non posso dimenticarlo. E se mio padre sta morendo, l'ultima cosa che devo fare è stare lì, vicino a lui, e tenergli la mano fino alla fine. Perché non ci sarà nessuno a tenere la mia.»

Quasi senza riflettere, Emma con ancora gli occhi velati di lacrime, si sporse e poggiò la sua esile mano con le unghie dipinte di nero su quella di lui, parzialmente sporca di inchiostro.

«Il destino ha voluto che oggi prendessi la mia decisione. Ma non mi vuole fare arrivare. Spero alla fine di questo viaggio di aver chiaro il perché», concluse Ben stringendo la presa. 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro