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«Will?», Reagan chiamò sua figlia non appena entrata in casa.

Nessuno rispose. Posò la borsa sulla mensola dell'ingresso, si sfilò il cappotto e raggiunse il salotto. L'appartamento sembrava immerso nel silenzio.

«Will?» ripetè la domanda alzando la voce.

Raggiunse la camera da letto di sua figlia e la trovò vuota e in disordine come al solito. L'armadio spalancato e i vestiti sparsi alla rinfusa sul letto. Si passò una mano sul viso cercando di non farsi prendere dal nervoso. Sua figlia era uscita senza dirglielo e lo aveva fatto apposta, dopo la loro litigata. Non le avrebbe dato la soddisfazione di farsi vedere in pensiero per lei.

Afferrò il cellulare e provò a chiamarla. Spento. Ottimo. Reagan fece un respiro profondo e si aggrappò alla porta. Poi compone un altro numero.

«Pronto?»

«Ethan sono io», disse. «Sono a casa ma Will non c'è. Hai idea di dove possa essere andata?»

«C'era la sua amica strana, prima», le rispose il fratello. «Quella coi capelli ricci.»

«Clara?»

«Sì, quella.»

«E ti hanno detto che uscivano?» Reagan faceva uno sforzo immenso per mantenere salda la voce.

«No. Si stavano provando dei vestiti. Sono scappato perché quella ragazza mi metteva a disagio.»

Reagan scoppiò a ridere. «Ti sei fatto circuire da una ragazzina?» chiese.

«Ehi, ho una morale io, che diamine!» borbottò quello.

«Comunque Will non è in casa e non mi ha lasciato detto niente. Ha il cellulare spento.»

«Sarà andata dalla sua amica. Dai, Reagan, avete litigato oggi, era arrabbiata. Vedrai che tempo un paio d'ore e tornerà a casa.»

Reagan cercò di crederci. Se lo impose. Forse davvero le ragazze erano solo uscite a farsi una passeggiata. Will non glielo aveva detto per dispetto. Poteva già immaginarsela rientrare con un plico di libri nuovi acquistati alla libreria in fondo alla strada dove aveva trascorso il pomeriggio con il naso tra le pagine fresche di stampa.

Eppure non resistette e chiamò anche Clara.

«No, signora Wood. Will non è con me», le disse.

«E sai dov'è andata?»

«No, mi dispiace. Sono stata un po' a casa vostra e poi sono andata via. Will non mi ha detto niente. So che avete una cena stasera.»

«Clara stammi a sentire», la interruppe Reagan nervosa. «Se stai coprendo mia figlia ti prego di smetterla. Sono rientrata a casa e Will non c'è. Ha il telefono spento e lo sa che odio quando non è reperibile. Per cui se è un tentativo cretino di farmi preoccupare perché non voglio che venga alla festa dille di smetterla. Non ha cinque anni.»

«Le ripeto che non so niente, signora Wood. Proverò a cercarla anch'io», ripetè Clara. «E comunque, se posso permettermi, proprio perché non ha cinque anni dovrebbe venire a quella festa.»

Doveva crederle? Sul serio Clara non aveva idea di dove si fosse cacciata sua figlia, oppure Will era lì con lei, attaccata al ricevitore a tapparsi la bocca per non scoppiare a ridere, facendo gesti all'amica?

«Sono paranoica», si disse guardandosi allo specchio.

Ecco cosa succedeva a non dare libertà a quella ragazza. Era talmente abituata a vedersela girare per casa che adesso che non c'era si sentiva destabilizzata. Nessuna altra mamma usciva di testa per una cosa del genere. Forse Will aveva ragione. Forse anche sua madre aveva ragione.

Andò in cucina a prepararsi un caffè. Avrebbe aspettato Will e le avrebbe poi parlato con calma. Tutto poteva sistemarsi con un po' di ragionevolezza.

Fu allora che vide il fogliettino di carta vicino al contenitore dei biscotti. Lo prese e quasi le venne un colpo.

"Sono andata via. Basta con le tue stupide regole".

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