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38

Ethan rallentò la macchina incuriosito dalla scena. Era più che sicuro che quella fosse la stessa donna che aveva incontrato solo poche ore prima in quel bar. La bellissima donna piena di ego che si divertiva a sbeffeggiare gli uomini come lui, cedevoli davanti al suo fascino.

Era proprio lei, impossibile sbagliarsi.

Accostò e abbassò il finestrino. «Serve una mano?» chiese con un sorrisetto osservando la bicicletta difettosa.

«No, grazie», rispose quella senza degnarlo di uno sguardo, accelerando il passo.

Aveva anche un notevole fondoschiena, pensò Ethan, sicuramente faceva palestra.

«Mi sembri in difficoltà», continuò lui.

«E a me sembrava di averti detto di toglierti dai piedi», sbottò lei voltandosi di scatto.

Guardò Ethan per qualche secondo, poi lo mise a fuoco, si ricordò di lui e scoppiò a ridere. Lui lo prese come un buon segno, fermò la macchina e scese.

«Accetti il mio aiuto, adesso?» domandò più sicuro di sé.

Quella lo guardò stranita. «Sei serio?», chiese stupita. «Pensavo di aver offeso il tuo ego, questa mattina. Di solito voi maschi siete fatti così, no? I grandi predatori che non accettano sconfitte.» L'ultima frase la disse apertamente come presa i giro.

Ethan non si scompose. «Non sono un predatore», commentò. «Forse un tempo. E anche uno dei più bravi», sottolineò.

La donna rise ancora. «Quindi sarei caduta ai tuoi piedi? È questo che intendi dire?»

Lui fece finta di pensarci. «No, non proprio. Avremmo scambiato due chiacchiere di circostanza senza dire niente che valesse la pena essere ricordato. Poi ti avrei suggerito di smetterla con i convenevoli e decidere dove andare. Solitamente mi piace farlo a casa loro, non so mai di preciso con chi ho a che fare e la paura di essere beccati da mariti o fidanzati rincasati in anticipo vi eccita da morire. Il sesso è molto più bello quando vi scorre in corpo l'adrenalina», spiegò pacato. Era scioccato nel rendersi conto di quanto fosse bella da vicino. Si notava l'età, certo, ma i suoi lineamenti erano molto fini, gli occhi profondi davano al suo sguardo maturo una consapevolezza difficile da trovare in altre donne. Poteva giurare di vederci anche della sofferenza ben celata.

«Avresti potuto ricordarti di me, sorpassarmi sgommando e riempirmi di neve con una risata sguaiata», rispose lei per nulla impressionata dal suo discorso al testosterone.

«Non sono il tipo», alzò le spalle.

«E che tipo sei, dato che a quanto ho capito ti sei lasciato alle spalle il periodo predatorio.»

«Sono la bestia che cerca di trasformarsi in Principe Azzurro», rispose con una smorfia. «Chissà chi sarà la fortunata a cogliere l'ultimo petalo della mia rosa.»

Per tutta risposta lei scoppiò a ridere di nuovo.

Ethan aprì il bagagliaio e afferrò la bicicletta.

«Che stai facendo?»

«Ti accompagno a casa, ovunque sia. Non è mia abitudine lasciare una donna in mezzo alla strada.»

«Mi hanno insegnato a non accettare niente dagli sconosciuti», spiegò lei mettendo il broncio e incrociando le braccia al petto.

Ethan sentì uno strano calore al basso ventre. Pazzesco. Doveva ammettere a sé stesso di essere attratto da quella donna. «A questo rimediamo subito. Mi chiamo Ethan», disse porgendole la mano.

Lei la fissò in silenzio per un attimo. «Io sono Harper», rispose poi ricambiando vigorosamente la stretta.

A Ethan venne in mente un pensiero che non riuscì ad afferrare. Quel nome gli ricordava qualcosa ma non sapeva dirsi cosa. «Ottimo», disse infine. «Adesso che ci conosciamo puoi salire.» Le aprì la portiera e poi prese posto di fronte al volante. 

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