27
Vivian aveva appena salutato il compagno al telefono, quando qualcuno suonò alla porta.
«Buon anno!», urlarono i nipotini appena aprì la porta.
«Ehi», sorrise Vivian. «Non dovreste aspettare domani per gli auguri?»
«Abbiamo portato un po' di schifezze dalla rosticceria del centro commerciale. Magari ti risolleviamo l'umore», disse sua sorella Sophia seguendo i figli in casa e dando un bacio sulla guancia a Vivian. «O hai già mangiato? Forse avrei dovuto telefonare.»
«Per la verità pensavo di saltare il pranzo, non ho molta fame. Ma rimediamo subito», aggiunse contenta aggiungendo i posti.
I bambini non persero tempo a riempirla di domande.
«Zia, quando arriva il bambino?» chiese James.
«Ti fa male la pancia così grossa?», aggiunse Ava.
«Tornerai magra come prima?»
«Bambini calmatevi», li ammonì Sophia con sguardo serio. Non era il caso che Vivian subisse il fuoco di domande dei suoi figli se fino a poco prima era in lacrime disperata.
«Tuo marito?» chiese Vivian guardandosi intorno come se potesse esserle sfuggito.
«Caffè con gli amici. Li abbiamo incontrati al centro commerciale, si sono fermati a chiacchierare e allora io ho proposto ai bimbi di venire da te così loro potevano stare tra uomini», spiegò alzando le spalle. «Come stai?» chiese poi prendendole una mano.
Cominciarono a mangiare chiacchierando. I bambini si abbuffarono di pollo fritto e patatine come fosse un regalo, dato che Sophia non considerava cibo quel genere di cose. Vivian aveva lo stomaco in subbuglio e mangiò poco, ma nel contempo si sentiva un po' più tranquilla. Il bambino sembrava essersi calmato e anche i dolori erano passati. Solo qualche fitta ogni tanto.
Finito di mangiare i bambini si dileguarono in salotto a guardare i cartoni animati.
«Credo che ci siamo», disse Vivian cercando di apparire rilassata. «Ho sentito l'ostetrica, mi ha detto che il mio corpo si sta preparando, che devo rilassarmi», continuò. «Ma io ho un'altra sensazione.»
«Che sensazione?» domandò Sophia.
«Il bambino sta arrivando. Sono qui che aspetto il momento. Secondo me non arrivo a domani.»
«Adesso ti stai fissando. Hai paura, ma è perfettamente normale», provò a tranquillizzarla Sophia. «E comunque, se anche fosse, noi non vediamo l'ora di conoscerlo», sorrise.
Vivian però rimase seria. «Stasera siamo a cena con la famiglia Wood», disse.
Sophia sgranò gli occhi sorpresa. «La famiglia di Daniel?»
«La famiglia dell'ex moglie di Daniel», ci tenne a precisare Vivian. «Voleva invitare Willow a cena e io ero d'accordo, lo sai quanto ci tengo a instaurare un rapporto con quella ragazzina», spiegò. «Ma Reagan ha avuto l'ideona di invitarci tutti a cena perché è tornato uno zio e non voleva che Willow dovesse scegliere. E Daniel ha detto di sì», sospirò. «Era così contento. Sembrava che non vedesse l'ora di stare con loro.»
«Vedila da un altro punto di vista», disse Sophia intuendo i pensieri della sorella. «Potrebbe essere la tua grande occasione.»
«Quella gente mi odia! Sono solo una rovina famiglie per loro.» Vivian sentì montarle le lacrime agli occhi e questa volta sapeva che gli ormoni non centravano niente. «Tu per prima me lo hai detto», aggiunse.
«Io te l'ho detto perché ci avevi presentato Daniel senza dirci che era sposato. Vi comportavate come due fidanzatini e a me piaceva pure come personaggio. Ti vedevo felice ed ero felice a mia volta. Ma poi salta fuori che sei incinta e che lui lascia moglie e figlia per te.. sono rimasta sconvolta. Lo sapevi quello che stavate facendo e io sono una madre e una moglie, permettimi che mi sono sentita leggermente dalla parte di Reagan», puntualizzò Sophia. «Però questa cena potrebbe essere un punto d'incontro. Sicuramente cercherete tutti di comportarvi bene, anche se fosse tutta un'enorme recita, ma cerca di farti conoscere, di dimostrar loro chi sei. E comunque non hai bisogno della loro approvazione.»
Vivian si asciugò le lacrime.
«Pensa che io stasera dovrò lavorare», continuò a dire Sophia. «Niente cenone, niente festa coi miei figli. Solo un turno extra di notte.»
«Come mai?»
«A mio marito ho detto che manca personale», Sophia abbassò la voce. «La verità è che mi sono affezionata a un paziente terminale. Lo so che non si dovrebbe, non è professionale farsi coinvolgere emotivamente, però lui sembra molto più disponibile se sono io che me ne occupo. Con le mie colleghe fa resistenza, non vuole seguire la terapia. Non so neanche io il perché, forse empaticamente siamo compatibili. Fatto che sta che mi hanno chiesto se volessi fare uno sforzo e quindi ho pensato che se deve morire, tanto vale farlo con una faccia simpatica vicino.»
«Che cosa dolce», disse Vivian.
«Probabilmente sono un'idiota, invece. Rinuncio alla mia famiglia per stare con un vecchio sconosciuto che non vede la sua da quanto? Non ne ho idea», sbuffò Sophia. «Nessuno lo viene a trovare. Mai. È arrivato un pomeriggio con l'ambulanza perché si era sentito male a casa e la vicina lo aveva trovato riverso sulle scale. È convinto di aver avuto un ictus, dice che anche la moglie era morta di quello e ricorda i sintomi. La verità è che ha il cancro all'ultimo stadio, ha sempre ignorato i sintomi, si curava da solo a casa con le medicine da banco.» Sospirò. «I dottori non vogliono dirgli la verità. A che servirebbe? Lui è convinto che sarà dimesso. A volte è cosciente, a volte no.»
«Mi dispiace tanto. Fai un lavoro incredibile.»
«Il signor Jones è un osso duro, senza dubbio, ma credo che la solitudine lo ammazzerà prima.»
Finita la chiacchierata, le due sorelle si salutarono.
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