Benjamin Jones infilò il biglietto del treno nel portafogli e mise tutto dentro la tracolla da viaggio. Si grattò distrattamente la barba ispida mentre l'ennesima mail lampeggiava sul bordo dello schermo del portatile. Si sedette svogliato alla scrivania, spostò alcuni volumi che gli erano d'intralcio e la lesse. Era uguale a tutte le altre, un'altra laureanda voleva incontrarlo per avere qualche indicazioni in merito alla relazione finale.

Lanciò un'occhiata impaziente all'orologio. Era in ritardo.

Scrisse rapidamente una risposta, rimandando l'incontro da lì a qualche giorno, stava per assentarsi per motivi familiari e doveva spostare tutti gli impegni. Per la verità le ultime settimane erano state un inferno, piene di appuntamenti che piovevano da ogni dove e senza neanche un minuto per fermarsi e ragionare. La pila di fogli sopra la cartellina verde alla sua destra gli ricordava che doveva ancora pubblicare i risultati dell'ultimo esame. Gli studenti ormai erano impazienti.

Cominciava a chiedersi perché avesse voluto fare il professore. Non era mai stato granchè in fatto di puntualità e l'università aveva delle scadenze piuttosto rigide da rispettare. Come poteva pretendere disciplina e motivazione da parte dei suoi studenti quando lui per primo si presentava in classe sempre in ritardo e con l'espressione di uno capitato lì per caso?

Un'altra mail. Un'altra occhiata all'orologio. Doveva sbrigarsi o sarebbe stato troppo tardi. Aveva rimandato fino all'infinito, ma questa sentiva essere l'ultima possibilità. Cosa si sarebbero detti dopo tutti quegli anni di silenzio?

Uscì di casa cercando di fare meno rumore possibile.

«Buongiorno signor Jones», lo bloccò la vicina di casa alle spalle.

«Salve», rispose lui distogliendo lo sguardo con la sua classica aria schiva.

«Dove va di bello?» continuò quella senza badare alla scortesia.

«Ho un impegno», borbottò lui.

«Va forse a trovare qualcuno?» domandò ancora la donna alludendo alla borsa, diversa dalla solita ventiquattrore con cui si recava al campus.

Un occhio più vigile avrebbe notato la lieve contrazione della mascella di Ben a quella domanda. «Nessuno, signora. Solo qualche commissione da sbrigare.»

La vicina lo osservò spudoratamente per qualche istante annusando l'aria in cerca della menzogna. Ben avrebbe voluto mandarla al diavolo, ma non amava attaccare discussione con nessuno. Tempo pochi secondi e se ne sarebbe andato lasciandosela alle spalle fino al suo ritorno.

«Ce l'ha una ragazza, signor Jones?»

«Come scusi?» Ben spalancò gli occhi.

«Lei è un personaggio piuttosto strano, lo sa? Taciturno, isolato. È piombato in questa palazzina dal nulla, nessuno sa niente di lei. Gli altri condomini si sono fatti delle domande. Nessuno viene a trovarla. Se non la vedessi uscire per andare al lavoro tutte le mattine potrei anche credere che l'appartamento sia abitato da un fantasma.»

«Devo proprio andare. Mi scusi», rispose Ben allontanandosi velocemente.

Il fatto che i vicini facessero caso alla sua vita e a come la conduceva lo metteva a disagio. Era vero, non era un tipo loquace e non aveva mai il piacere di avere ospiti. Ogni tanto si fermava fuori per un aperitivo con i colleghi, ma era sempre molto concentrato sul suo lavoro, non gli piacevano le distrazioni. E anche se era uscito con qualche donna negli ultimi tempi, nessuna di loro gli aveva più fatto provare certe sensazioni e a volte si domandava se non fosse colpa sua, se non fosse lui a non volerle più provare, ad aver deciso che una fregatura anche a distanza di anni bastava per tutta la vita.

Per un folle istante aveva pensato di fermarsi, perdere tempo a parlare con quella donnina curiosa e invadente, perdere il treno e tornare a casa alla sua solita vita, con i sensi di colpa che piano piano si sarebbero alleviati col trascorrere dei giorni fino a quando non sarebbero tornati a bussare di nuovo alla sua coscienza.

Ma dentro di sé qualcosa gli diceva che non ci sarebbe più stata una prossima volta.