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73- Play

Lara

Davanti allo specchio della mia stanza, pronta per passare un sabato sera in giro per la città in compagnia dei miei amici, continuo a cercare di sistemare la gonna per far sì che non faccia difetto.

Ad un certo punto i miei occhi si posano spontaneamente sulla porta, permettendomi di rivivere la scena di mesi fa con Giacomo.

So cosa direbbe ora, vedendomi sul punto di piangere perché ciò che ho indossato lascia vedere troppo le gambe. «Butta via quelle stupide insicurezze La! Credi in te stessa, sei una persona straordinaria. Inoltre hai delle gambe da paura.» Quasi la sento la sua voce vicino a me. Quasi sento il suo respiro sul mio collo e le sue mani addosso a me. Vedo i suoi occhi belli e diversi e vorrei piangere sul serio.

Giacomo mi manca come l'aria, lo vorrei vicino a me così tanto da star male, da sentire un dolore opprimente al petto. Stringo forte i pugni mentre il respiro si destabilizza. Strizzo gli occhi il più forte possibile per fare in modo di calmarmi. Focalizzo nella mia mente l'immagine di Giacomo, come ho fatto per calmarmi negli ultimi due mesi.

So che probabilmente dovrei parlare di questo mio problema con qualcuno, come fa Giacomo con il dottor Marchini. Dovrei andare da uno psicologo e parlare soprattutto di Giacomo e del fatto che tra me e lui sia finita. Mi sento come una scatola contenente bicchieri di vetro dentro, e all'esterno c'è scritto fragile... come me.

Ma so una cosa, la so per certo: se le cose tra me e Giacomo tornassero al loro posto, avrei lui con cui parlare e sarebbe sicuramente d'aiuto; ma non è qui.

Riesco a calmarmi e asciugo le lacrime colate sulle guance, sistemando in fretta il mascara rovinato.

Mi volto verso l'armadio ed estraggo un paio di jeans neri a palazzo, che non mostrano per niente le gambe. Li indosso, stanno bene con la camicetta bianca e il giubbotto di pelle nero.

«Lara, c'è Tommaso!» urla mia madre, così prendo la pochette nera e indosso gli stivaletti raso terra. Il telefono lo ho nella tasca, quindi esco e raggiungo Tommaso, fermo nell'atrio di casa mia che mi aspetta. I capelli scuri sono spettinati e dalla felpa nera si intravedono i tatuaggi sul collo. Gli rivolgo un sorriso tirato, ancora turbata dalla scena avvenuta poco fa e dal mio addio a Valerio di ieri.

«Non sembri star bene» osserva una volta in strada, «Sto benone» replico. «Dovevi mettere una gonna» mi fa notare, «Era a lavare» dico, ricordando di averglielo detto prima al telefono.

«Che ha detto Valerio ieri? Non hai più detto una parola.» Mi prende dolcemente la mano che io sposto prontamente, come se mi avesse scottata. Aggrotta le sopracciglia confuso, poi i suoi occhi si spalancano come se avesse avuto un'illuminazione. «Cosa ti ha detto?» domanda in tono burbero. «Nulla di che.» Sollevo le spalle con nonchalance. «Lara» mi riprende. «Mi ha detto che lui mi ama e mi ha ricordato che anche io ricambio» butto fuori, «E lo ami?» chiede, ma il destino è dalla mia parte e Bianca piomba davanti a noi, in compagnia di Cecilia. «Adoro i tuoi jeans» commenta la sorella minore, prendendomi a braccetto, in modo da separarmi da Tommaso.

Ma la mia testa è sempre puntata su Giacomo, e mi chiedo se troverò mai qualcuno in grado di farmi stare bene come faceva lui, perché non credo che la persona giusta sia Tommaso.

Amelia si affianca a Bianca e mi saluta, mentre Andrea e Riccardo si limitano a rivolgermi un sorriso e un cenno della mano da lontano.

Mentre passeggio tranquillamente insieme ai miei amici, la mia falsa allegria viene interrotta dallo squillo irritante del mio telefono, sul quale è scritto il nome di Miriam. Mi allontano dal gruppo e rispondo.

«Ciao» dico un po' a disagio. «Ehi Lara, come stai?» domanda, «Bene grazie, e tu?» Mi dice che sta bene. «Come mai hai chiamato?» chiedo dopo la sua risposta. «Volevo dirti che sta bene» confessa. «Sono felice per lui... anche per te ora che la vostra relazione potrà andare bene.» Miriam resta qualche secondo zitta, «Perché mi hai chiamata allora? Perché dirmi che sta bene nonostante tu sappia che per me sia effettivamente bello ma anche doloroso. Sapevo che ci fosse dell'odio da parte tua ma-» Miriam mi zittisce. «Lara, vai a casa» suggerisce. «Perché dovrei?» domando confusa. «Perché hai bisogno di stare sola adesso, lo sai meglio di me.»

Riflettendoci mi rendo conto che ha ragione, che ho bisogno di solitudine in questo momento. «Ti prenderai cura di lui, vero?» la supplico con voce rotta. «Certamente Lara» risponde con un sospiro. «Allora ciao» la saluto, stranamente, malvolentieri. Lei ricambia e prende il coraggio di riattaccare, cosa che io non sarei mai riuscita a fare.

Così, dopo circa un minuto di esitazione, rimetto il telefono in tasca e raggiungo i miei amici. «Chi era?» chiede Tommaso. «Mia madre, non sta molto bene e papà è al lavoro... devo tornare a casa» mento spudoratamente, ma nessuno se ne accorge. «Ti accompagno» sentenzia. «Stai con loro, tranquillo.»

Mi alzo in punta di piedi per posargli un bacio sulle labbra. Saluto tutti gli altri con un mezzo abbraccio e ritorno sui miei passi, verso casa.

La verità è che mio padre è fuori città per una fiera culinaria, mentre la mamma è bloccata in ospedale in seguito a un grosso trauma, causato da un incidente d'auto in cui sono state coinvolte una decina di macchine.

Così, aperta la porta, vengo accolta dal silenzio che risulta confortante. Adesso che Giacomo sta bene, senza di me, dovrò farci l'abitudine. Dovrò abituarmi al fatto che, questa volta, è davvero finita tra noi e Giacomo non tornerà più da me. Il nostro momento non ci sarà mai e poi mai.

Entro in camera e sospiro. Quando faccio per lasciarmi andare sul letto, vi trovo un pezzo di carta e accanto un lettore di cassette. Aggrotto le sopracciglia e afferro il biglietto.

Mettiamo in pausa le nostre paure, e ascoltiamo in loop i nostri sentimenti.

P.s Premi play.

Afferro il registratore e prendo le cuffiette da sopra la scrivania disordinata. Faccio fatica a sciogliere i nodi a causa delle mani tremanti, ma alla fine ci riesco. Così premo play e inizio ad ascoltare.

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