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70- Laura e Damiano

«Non farlo più» borbotta zia Laura buttandomi le braccia al collo, «Mi hai fatta preoccupare tantissimo.» Sospiro stringendole la vita sottile. «Scusa» mormoro. «No, non scusarti.» Il suo respiro caldo sul collo mi fa rabbrividire.

«Perché sei venuto fin qui?» domanda, quando siamo in macchina, «Avevo bisogno di allontanarmi da tutto» spiego brevemente. «Vuoi parlarne?» propone.

«Sento tutto il mondo crollare e non so come sistemare i pezzi. Hai presente quando stai facendo un puzzle senza avere l'immagine? Non hai la minima idea di come andare avanti, e io mi sento così in questo momento. Aggiungiamo che sento che a quei pezzi ne mancano un po', manca il più importante che è Lara. Lei è quel pezzo per completare il tutto. Mi sento così vuoto ora che non è accanto a me e non so come fare, non riesco davvero ad andare avanti. Non ho voglia di andare a scuola e ascoltare i professori che spiegano cose che ritengono importanti, sentire le risate dei miei amici che vivono tranquillamente la loro adolescenza, uscire con Miriam come se io davvero l'amassi. La verità è che ora vorrei prendere un biglietto per Amsterdam e andare da lei. Voglio abbracciarla e baciarla perché non l'ho mai fatto e merito di farlo, voglio sottrarla a Tommaso e dirle di nuovo che la amo, ma ormai sono assalito dalla convinzione che lei abbia mentito dicendo di essere innamorata di me, o almeno si sia sbagliata.»

Zia Laura accosta in uno spiazzo dell'autostrada. «Posso parlarti del mio primo amore?»

Narratore esterno

Laura Ferrari nacque in un giorno primaverile, precisamente il dodicesimo di maggio, in cui il sole era alto in cielo e gli uccellini cantavano; sembrava che la sinfonia fosse dedicata proprio alla dolce bambina neonata, che sembrava essere pronta a portare felicità nel mondo ma, soprattutto, nella vita dei suoi genitori Lucia e Alfredo e della sorella maggiore Marta, che desiderava tanto una sorellina. I suoi tre chili e un etto facevano sentire la sua famiglia la più fortunata dell'universo. Gli uccellini cantavano alla sua nascita, la perfezione era sottintesa.

I signori Ferrari erano molto esigenti verso le loro figlie, che avevano dieci anni di differenza. Obbligarono Marta a frequentare il liceo scientifico e fecero lo stesso con Laura. Entrambe si mostrarono docili: Marta terminò gli studi, si laureò e sposò un uomo fantastico, con cui ebbe due figli. Lucia e Alfredo conobbero Giacomo e Silvia, ma si rifiutarono categoricamente di prenderli alla morte della figlia. La causa del rifiuto è Laura.

Laura Ferrari appariva perfetta agli occhi di ogni essere vivente, con i lunghi capelli castani ben tenuti, spesso ordinati in acconciature impegnative, e gli occhi scuri, sembrava una bambina felice e fiera di quello che sarebbe diventata grazie ai suoi genitori.

Ma la ribellione dei quindici anni in ogni adolescente si manifesta in modo differente. Marta non l'aveva avuta, era una persona tranquilla che preferiva leggere e stare con i pochi amici che aveva, inoltre era terrorizzata dai suoi genitori. Inizialmente anche Laura sembrò in procinto di restare normale, fino a quando non conobbe Damiano.

La loro storia iniziò venticinque anni prima del litigio tra Lara e Giacomo.

Damiano frequentava ragioneria al terzo anno, era quindi più grande di Laura, che prendeva ottimi voti in qualunque materia presente al liceo scientifico.

Quel giorno era quello in cui per lei cambiò tutto. Uscita da scuola era pronta ad una giornata sui libri, che ormai era diventata la sua quotidianità di cui non poteva lamentarsi, i suoi genitori l'avrebbero fatta sentire in colpa dopo averla messa in punizione per settimane. Una semplice parola sbagliata in casa Ferrari poteva costare la libertà. Detto così può apparire una cosa grave, ma per una quindicenne è così.

La scuola era iniziata da un mese e ormai ottobre era inoltrato, ma faceva ancora abbastanza caldo. Così Laura prese la strada verso casa, decisa a fare una passeggiata invece di prendere l'autobus che avrebbe dovuto aspettare per venti minuti.

«Ehi» la richiamò una voce dietro di lei, che la fece voltare. «Fai la strada da sola?» domandò un ragazzo molto alto. I capelli biondi ricci spettinati incorniciavano due occhi neri come la pece, incastonati su un viso dalla pelle olivastra. «S-sì» replicò incerta Laura. La verità è che questo ragazzo la metteva in soggezione, la faceva sentire così piccola. «Posso accompagnarti?» chiese con un sorriso smagliante sul volto. I denti non erano perfetti, ma erano ingialliti e uno presentava una piccola scheggiatura, la cui causa verrà scoperta da Laura qualche mese dopo... perché sì, lui era Damiano Bruno. «Damiano piacere» si presentò, «Laura.»

Vi dirò la causa della scheggiatura al dente, che forse è curiosità di molti; se non siete interessati potete anche saltare questa parte, che non è rilevante per la nostra storia. Ma se volete sapere qualcosa di più sul personaggio che ha rovinato la vita a Laura, allora siete nel posto giusto.

All'età di nove anni il papà di Damiano, un uomo di nome Aldo che faceva l'insegnante universitario, se ne andò lasciando il figlio solo con la madre Barbara. Damiano quella notte sentì il rumore della porta principale chiudersi, seguito dai singhiozzi della madre. Così si alzò dal letto e, nel suo pigiamino di flanella azzurro, scese le scale in legno e trovò Barbara inginocchiata a terra. Quando si fece notare lei lo invitò a tornare a letto e si chiuse in camera senza assicurarsi che il figlio facesse come ordinato. Infatti Damiano andò in garage e prese la bicicletta rossa, comprata insieme al padre un anno prima. Iniziò a pedalare nella direzione in cui pensava fosse andato Aldo. Ad un certo punto lo trovò, fermo in macchina solo. Stava fumando una sigaretta per scaricare la tensione e trovare il giusto coraggio per lasciarsi alle spalle la vita coniugale e il figlio. Nel vederlo Damiano frenò di colpo, cadendo rovinosamente sull'asfalto. Con un gemito si rialzò e si accorse di aver attirato l'attenzione del padre. «Damiano!» disse lui lanciando lontano la sigaretta ancora a metà. «Stai bene?» lo avvicinò a sé e pulì il sangue che colava dalla bocca con un fazzoletto estratto dalla tasca dei pantaloni eleganti. «Ti sei scheggiato un dente» notò il padre premendo sulla ferita. «Perché sei venuto qui?» mormorò, «Dove vai senza di me?» chiese il bambino. «Non sono una brava persona Damiano, è meglio che io ti stia lontano.» Accarezzò dolcemente i capelli biondi del figlio, «Mi chiamerai?» domandò speranzoso il bambino. «Certo!»

Non lo fece mai e Damiano a quindici anni smise di cercarlo. Se avesse indagato più a fondo avrebbe scoperto che Aldo Bruno era stato arrestato per frode finanziaria e che se n'era andato non solo per quello, ma anche per il tradimento verso Barbara con un'altra donna. Ai tempi del primo incontro tra Damiano e Laura Aldo si trovava in carcere da anni e pensava spesso al figlio.

Tornando a noi, Laura concesse al ragazzo di accompagnarla verso casa, nonostante lui non vivesse molto vicino a lei. Proseguendo nel loro cammino parlarono di tutto: di scuola, amici (che Laura non aveva), di cosa piaceva loro fare nel tempo libero (che Laura non aveva). Le cose di cui non poteva parlare le inventava; ma Damiano lo sapeva perché da tempo la osservava, cercando un modo per parlarle.

«Ti va di vederci domani a ricreazione?» propose Damiano una volta davanti a casa della ragazza, ben nascosti dietro un cespuglio per paura che i signori Ferrari potessero accorgersi dell'accompagnatore di Laura. «Va bene, a domani.»

Il loro "A domani" divenne quotidiano e Laura iniziò addirittura ad uscire dalla finestra di casa per vedere Damiano, di cui si era perdutamente innamorata. Il loro primo bacio fu magico come il sentimento che li legava: di notte, sotto la finestra della camera di lei, prima che tornasse dentro dopo aver passato del tempo insieme.

Ma Alfredo e Lucia si resero conto del calo del rendimento scolastico della figlia, ma non riuscivano a spiegarne la causa visto che passava le giornate chiusa in camera a studiare; non sapevano che l'ultima cosa che faceva era stare sui libri.

Sei mesi dopo l'inizio della loro grande storia d'amore, ad aprile, i comportamenti di Damiano iniziarono a farsi strani. In realtà era sempre stato così, solo all'insaputa di Laura. Una sera le propose di fumare erba insieme e lei, temendo di perderlo, accettò senza protestare. Così Laura iniziò a fumare e a tornare a casa sballata la maggior parte delle volte, talmente spesso che i suoi genitori se ne accorsero e presero provvedimenti. Ma Laura trovava sempre un modo per uscire, vedere Damiano e fumare. Non andava male a scuola perché era, ed è ancora, una ragazza molto intelligente, ma venne abbandonata dai voti eccellenti che prendeva fino a pochi mesi prima.

Lei e Damiano non ci misero molto a desiderare di provare roba più pesante. Iniziarono a frequentare molti locali dove si facevano di cocaina e prendevano pasticche fino a non ricordare neanche il loro nome.

Ma Laura perse la verginità con Damiano da sobria; lui non lo era, ma lei sì. Andò bene nel complesso, l'unica pecca è la parte finale in cui lui vomitò nel cestino di camera sua per tutto ciò che aveva bevuto un'ora prima. Ma a Laura andava bene così, le andava sempre bene così.

Ma non era lo stesso per Lucia e Alfredo che iniziarono a rimuginare sul da farsi con la quasi diciassettenne Laura, che si accorse dello strano comportamento dei genitori.

«Pensiamo che dovresti andare in collegio» proposero a cena, una delle tante sere dopo che Laura aveva finto di passare la giornata in camera a studiare. «Perché?» domandò lei indignata, «Sappiamo delle tue attività extra scolastiche.»

La maggior parte delle persone si sarebbe messa a piangere scoprendo che i propri genitori sapevano della droga e avrebbe implorato perdono e clemenza. Ma Laura mantenne la calma come le aveva insegnato Damiano. Più volte avevano rischiato l'arresto, ma erano sempre rimasti calmi, riuscendo ad evitarlo.

«Facciamo così» cominciò Alfredo, «Lasci il tuo ragazzo o ti mandiamo in collegio.» Per loro sembrava facile giungere a compromessi ma, nonostante Damiano non fosse un ragazzo modello e quello che i genitori sognavano per le proprie figlie, Laura era follemente innamorata di lui. Avevano un rapporto morboso. Quando Laura non era con lui si sentiva vuota e pensava di morire, aveva spesso avuto pensieri suicidi al pensiero di non vederlo per più di un giorno, quando erano insieme pensava solo a drogarsi. La droga era ciò che li accomunava perché, anche se Laura non se n'era resa conto, non avevano nient'altro. Prima che Damiano si rivelasse per ciò che era davvero forse si poteva ancora trovare qualche punto in comune, ma ormai era rimasto solo sballarsi.

«E se invece restassi con Damiano e qui?» disse Laura posando la forchetta nel piatto ancora ricolmo di pollo arrosto e patate, rimasto intatto nonostante la fame le attanagliasse lo stomaco: era fame chimica.

Il posto di Marta era vuoto, perché ai tempi lei studiava all'università e conviveva con Alessio. A Laura mancava sua sorella da morire.

«Non vogliamo in casa nostra una drogata!» sbottò Lucia, alzandosi in piedi di scatto. «Sono tua figlia» sibilò Laura. «Non lo sei invece. Prendi la tua schifosa roba ed esci, non voglio più vedere la tua faccia se non quando sarai morta di overdose insieme a quell'idiota!»

Laura non se lo fece ripetere due volte, salì le scale in legno di fretta e si rinchiuse nella sua camera. Con il telefono fisso che aveva lì, posato sul comodino, chiamò Damiano. «Ciao» la salutò lui con voce biascicata, «Dove sei?» chiese lei che, al contrario suo, era più che sobria. «A casa a fumare con un amico» raccontò. «Mi hanno cacciata» lo informò. «Vengo a prenderti» sentenziò lui e lo sentì allontanarsi dal rumore della partita trasmessa in televisione. «Non sei sobrio, vengo io da te» disse Laura preoccupata. «Fanculo, faccio un incidente ma vengo subito da te.»

Non le concesse il tempo di replicare perché chiuse la telefonata, lasciando la sua ragazza ad infilare i vestiti nel borsone alla rinfusa. Tutte le t-shirt logore sparirono in fretta dall'armadio in mogano insieme ai vestiti, le borse, le gonne e tutto il resto. La camera di Laura divenne spoglia nel giro di venti minuti.

Mentre infilava la fotografia incorniciata che la ritraeva con la sorella Marta, che ai giorni della storia tra Lara e Giacomo si trova sul comodino della sua camera, Damiano iniziò a lanciare sassolini sul vetro della finestra.

Laura indossò il chiodo in pelle rubato al fidanzato e si affacciò alla finestra, «Esco dalla porta principale» disse, decisa a fare un'uscita trionfale dal suo inferno personale.

Damiano, che faticava a tenersi in piedi, fece un sorriso sbilenco e si diresse verso la macchina nera e lucida. Guidò per il piccolo tratto di strada fino ad arrivare davanti al portone principale, dove i signori Ferrari potevano vederlo bene. Laura scese le scale di fretta e sbirciò in cucina, dove i suoi genitori erano seduti a tavola in silenzio, con lo sguardo basso e un'espressione da funerale sul viso pallido e segnato dall'età.

Dentro di sé Laura avrebbe voluto salutarli in modo decente, perché non li odiava affatto, tutt'altro. Amava i suoi genitori più della sua stessa vita ed era pentita delle scelte prese a causa di Damiano. Però riuscì comunque a trovare il coraggio necessario per aprire la porta e percorrere il breve vialetto lastricato per raggiungere l'auto di Damiano.

«Ehi» la salutò lui prima di prenderle il viso per baciarla languidamente. I genitori di Laura, avendola sentita uscire, stavano osservando la scena dalla finestra della cucina, dietro le tende, e piangevano disperati al pensiero di non essere riusciti a fare nulla per la figlia. Ma Laura se ne andò, pronta ad un destino tremendo.

Infatti lei e Damiano andarono a convivere, senza mai smettere con la droga. La madre di lui cambiò città, troppo legata ai ricordi e senza la minima voglia di aiutare il figlio ormai in uno stato irrecuperabile.

La loro vita andò bene tra feste, alcol, droga e amici nelle loro stesse condizioni; il problema arrivò ai diciotto anni di Laura. Il giorno del suo compleanno si rese conto che la nausea quasi perenne non era causata dall'erba. Così andò in farmacia e prese un test di gravidanza e, scusate per la poca suspense, era positivo. Non mantenne il segreto a lungo. La sera stessa, a cena con il fidanzato mentre mangiavano un panino fatto con le poche cose in frigorifero, che sarebbe stato seguito da un muffin del supermercato in fondo alla strada, lo disse.

La causa della cena così misera era che Damiano faticava a tenersi un lavoro per più di un mese. Aveva lavorato in diversi ristoranti come cameriere, lavapiatti e anche come cuoco, ma era sempre andata male. Invece Laura faceva la commessa in un negozio di abbigliamento e continuava la scuola perché voleva un diploma, nonostante tutto.

«Sono incinta» annunciò dopo un po' di chiacchiere sulla giornata di Damiano, che si era licenziato dal ristorante in cui lavorava come cameriere, utilizzando come scusa il fatto che non gli dessero abbastanza soldi. La verità è che tutti i soldi li spendeva per comprare la droga, così come Laura.

La loro poca lucidità impediva di ragionare bene, così decisero di tenere quel bambino. Nove mesi dopo nacque un pargoletto con capelli e occhi scuri che chiamarono Davide.

Vissero un paio d'anni con il piccolo Davide che cresceva con due genitori adolescenti non in grado di prendersene cura; però Laura si impegnava ad essere una buona madre. Dopo il diploma continuò a lavorare nello stesso negozio e iniziò a fare la cameriera in un bar la mattina. Damiano imparò ad accettare i lavori che aveva, che erano due, e andavano avanti a malapena con i quattro stipendi.

Un quarto dei soldi venivano spesi per farsi, anche di roba scadente, un quarto per le bollette e cose simili e la restante parte per mangiare e accudire Davide.

Le cose precipitarono una mattina d'inverno in cui Davide aveva il raffreddore e quindi era intenzionato a restare a letto, nella sua stanza.

Quella mattina Laura si svegliò pronta ad una giornata impegnativa in cui avrebbe dovuto curare il bambino malato, visto che era domenica e non avrebbe lavorato. Sapeva che dopo averlo fatto avrebbe avuto una ricompensa. Si sarebbe fumata una canna o sniffato un po' di coca in compagnia del fidanzato.

«Amore?» lo richiamò girandosi tra le lenzuola bianche. La sera prima Damiano era uscito con gli amici e, tornato verso le quattro, aveva fatto l'amore con Laura per poi crollare al suo fianco, dopo aver espresso anche a parole quanto l'amasse.

Le attività di Damiano della sera prima erano state bere fino a vomitare nel giardino di casa e fare uso di eroina per via endovenosa, si era fumato anche qualche canna e, prima di uscire, aveva ingerito un paio di pasticche prese dal comodino.

«Damiano?» lo richiamò Laura senza ottenere risposta. Allora si alzo a mezzo busto e lo osservò: gli occhi serrati e la pelle più pallida del normale. Le labbra secche e semiaperte non davano segni di vita, anzi suggerivano un'idea di morte.

Laura iniziò a scuoterlo e, nel farlo, le sue mani toccarono le spalle nude di Damiano: fredde come il ghiaccio. Laura prese un respiro profondo prima di toccargli il collo per sentire il battito, che però non c'era. Damiano era morto.

«Damiano! Damiano ti prego svegliati!» gridò Laura in preda al panico, cosa avrebbe dovuto fare? «Mamma?» la richiamò Davide. Gli occhi scuri puntati sul letto e il piccolo naso arrossato a causa del raffreddore. Laura, con i capelli spettinati e le guance bagnate di lacrime, «Vai in camera tua tesoro, arrivo subito» lo invitò. «Cos'ha papà?» chiese notando l'immobilità del padre, «Non si sente molto bene, avrà la febbre» provò a dire Laura.

Ma Davide, ostinato, si avvicinò al letto. «È-È morto?» borbottò dopo un po'. «Facciamo una cosa ok?» propose Laura. «Vai in camera tua e aspettami, ti raggiungo tra poco.» Davide alla fine acconsentì e, guardato un'ultima volta il padre, se ne andò. Quella fu l'ultima volta in cui lo vide, nonostante non fosse vivo. Laura prese il telefono di Damiano dal comodino e scrisse ad un contatto sconosciuto. Il suo amico Vincenzo lei non l'aveva mai visto, così lo invitò a casa loro nel pomeriggio.

Recuperò tutte le sue cose e, prima di uscire per sempre da quella stanza, posò un bacio sulla fronte dell'amato. «Ti amerò sempre, ok?» pianse sul suo cadavere. «Mi prenderò cura di Davide, promesso.»

Poi uscì dalla camera e chiuse la porta alle sue spalle, dopo aver controllato che Vincenzo avesse accettato l'invito. Corse in camera di Davide, seduto sul letto a fissare il pavimento spoglio, e preparò la sua borsa.

«Andiamo» lo invitò. «Papà?» chiese lui, «Papà non viene, staremo sempre io e te.» Davide rinunciò alla battaglia già persa in partenza e afferrò la mano della madre che spostò i capelli dietro l'orecchio prima di scendere le scale.

Laura non voleva chiedere aiuto a qualcuno della sua famiglia, perché a nessuno era importato niente di lei da quando se n'era andata; eppure lo fece. Il pensiero di Damiano inerme in quel letto la faceva morire. Così si ritrovò nella città in cui viveva la sorella, dopo aver preso un treno insieme al figlio, per chiederle aiuto, cosa di cui aveva davvero bisogno.

«Laura!» esclamò Marta non appena la vide. Era cambiata molto nel corso degli anni. I capelli erano lunghi e rovinati, oltre che spettinati, le occhiaie evidenti e il volto segnato da anni di usi di stupefacenti che l'avevano distrutta. «Posso entrare?» domandò insicura, temendo la reazione della sorella che, però, si spostò. Alla vista di Davide, Marta sgranò gli occhi sorpresa. Non aveva ancora scoperto che Alessio fosse sterile, ma la sua relazione con Mattia andava avanti da un po'. «Lui è Davide» Laura presentò il figlio, «Davide fai ciao alla zia Marta.» Davide scosse la piccola manina. Marta lo aiutò a levare la sciarpa nera e il cappotto. Lo invitò ad andare sul divano sotto la coperta, notando il raffreddore. Dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla sorella, prese una medicina da dare al bambino e lo fece restare lì a guardare i cartoni con Alessio, sorpreso dal suo nuovo amico.

«Sei fatta?» domandò Marta. «Non mi faccio da ieri» replicò sistemando i capelli, «Perché sei qui?» chiese la sorella maggiore, incrociando le braccia al petto. «È andato in overdose» raccontò. «Damiano?» Laura annuì tremando, un po' per il trauma dovuto alla morte di Damiano, un po' per la voglia di drogarsi. Marta strinse forte la sorella e la rassicurò.

Dopo quel giorno Laura venne accolta in quella casa, insieme a Davide, e provò a disintossicarsi due volte. Passava giorni chiusa in una stanza con la voglia di morire. Entrambe le volte, contro la sua stessa volontà, trovò un modo per scappare e farsi in un parco di tossici poco distante.

«Credo sia il caso che tu vada in una clinica» propose Marta, la sera dopo il secondo fallimento. «Dallo in affidamento» rispose Laura, «Verrà adottato da una brava famiglia, con un cane e che lo amerà immensamente.» Guardò il bambino, impegnato a giocare con la pista dei trenini regalata da Alessio per Natale. Aveva tre anni e lei lo amava tantissimo, e proprio per quello doveva lasciarlo andare.

Laura venne chiusa in clinica dopo aver lasciato Davide in casa famiglia e, se volete saperlo, trovò presto una bella famiglia. Visse nella stessa città di Lara e Giacomo insieme ai suoi due genitori, Ivan ed Esmeralda, che avevano un cane e un bel giardino, come voleva Laura. Lo amarono come un figlio di sangue e venne cresciuto in un modo degno.

Laura pensò spesso a lui nel corso degli anni, soprattuto nella clinica. Lì si obbligò a ripulirsi per il figlio, pur sapendo che non lo avrebbe più rivisto.

Uscita dalla clinica restò ancora un po' con Marta e Alessio, poi prese in mano la sua vita. Iniziò a studiare giurisprudenza, laureandosi a pieni voti e, anni dopo, si prese cura di Giacomo alla morte della sorella e del cognato.

Spazio autrice
Ciao a tutti, come state?

Capitolo completamente incentrato sulla storia di Laura... con la scoperta di un figlio: Davide. Però noi non lo conosciamo, sappiamo poco sulla sua vita, lo conosceremo meglio?

Per scoprirlo dovete solo continuare a leggere!

Mancano circa 10 capitoli alla fine di questa storia, e mi viene da piangere al pensiero di non poter più publicare "La nostra ultima notte insieme".

Per i fan di "Abbandono", la mia fan fiction su Luke Hemmings, cercherò di aggiornare oggi... avevo scritto un capitolo ma ho deciso di aggiungere alcune cose e quindi devo lavorarci ancora un po'.

Detto questo vi lascio e vi auguro una buona giornata, ma spero di rivedervi con un altro aggiornamento di questa storia o di "Abbandono".

Vi lascio qui sotto tutti i social dove potete seguirmi. Vi voglio bene💘

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