67- Libreria
Giacomo
29 anni dopo
Ginevra asciuga le lacrime che scorrono senza sosta sul suo viso, «Mi dispiace» sussurro, sedendomi su una delle sedie intorno al tavolo, faticando a restare in piedi. «Non è colpa tua» sorride malinconica.
«Te ne ho fatto parlare... è meglio che vada.» Mi sollevo con difficoltà e avanzo qualche passo verso la porta. «Giacomo?» mi richiama, «Mi ha scritto una lettera, come a Mattia, chiedendomi di prendermi cura di te nonostante ci fosse Laura. Non voglio continuare a infrangere la promessa fatta a Marta.»
Apre le braccia per invitarmi a tuffarmici dentro. La stringo forte, più che posso, e, per una volta, forse per la prima, mi sento davvero vicino a mia madre. Silvia ha qualcosa con lei, ha il suo sangue, ma Ginevra la conosceva e l'ha amata come una sorella per lungo tempo.
«Possiamo provarci?» propongo, «Certo Giacomo, ci proveremo.» Mi prende per le spalle e mi osserva, «Sei così uguale a lei.» Mi accarezza dolcemente la guancia con la mano morbida e curata.
«Vado da Silvia» annuncio, permettendole di tornare sulla cucina. Mi dirigo in camera di mia sorella, stesa sul letto a leggere un libro dalla copertina gialla e nera. «Ti va di fare un giro?» Sobbalza per lo spavento, ma alla fine si alza e indossa le scarpe da ginnastica bianche.
Slega i capelli biondi e passa la mano prima sotto l'occhio azzurro, poi sotto quello marrone, per sistemare il mascara. «Certo» risponde. Prende la giacca di pelle nera e infila nella tasca le chiavi di casa, il telefono e qualche spicciolo abbandonato sula scrivania ordinata.
«Mamma usciamo!» grida davanti al portone per avvertire Ginevra, che ci raggiunge. «Divertitevi allora.» Posa un bacio sulla guancia di Silvia poi, sorprendendomi, si alza in punta di piedi e fa lo stesso con me. Silvia sorride felice e apre il portone. Io invece resto paralizzato mentre mia sorella esce sul pianerottolo. Quasi mi commuovo davanti a Ginevra che lo nota, ma fa finta di niente. «Ci vediamo» la saluto impacciato. Una volta che la porta si è chiusa alle mie spalle, mi lascio andare a un sospiro sollevato. «Libreria?» propone Silvia, guardandomi appoggiato al muro bianco e pieno di muffa. «Libreria.»
Al centro commerciale, l'andirivieni di persone crea un chiacchiericcio confuso che, all'interno della grande libreria, scompare del tutto. Lì domina il silenzio tranquillo e l'odore di carta nuova. Gli scaffali ben ordinati invogliano le persone a leggere ogni libro presente. Alcuni tavoli si trovano in un angolo in fondo per far sedere le persone a leggere, come in una biblioteca. Una ragazza di circa vent'anni tiene un libro dalla copertina rosa, che credo sia una storia d'amore, e porta le cuffie alle orecchie. I suoi occhi sono concentrati sulle parole impresse sulla carta bianca. Poco distante da lei una donna sulla quarantina sfoglia le pagine ingiallite di un libro probabilmente preso dal reparto di quelli usati. Un signore anziano, invece, sfoglia il giornale preso su uno scaffale.
Io e Silvia ci dirigiamo insieme verso uno scaffale a caso e iniziamo ad osservare i libri, in attesa che uno di essi attiri la nostra attenzione. Ma io riesco a pensare solo a quando sono entrato in questa libreria con Lara e abbiamo letto insieme le trame dei libri, come se fossimo un'unica persona. Commentavamo i libri e poi ne sceglievamo due, uno che avrebbe letto prima lei e uno io, poi li avremmo scambiati dopo averli sottolineati e aver scritto alcune osservazioni. Questa è stata una nostra tradizione per lungo tempo, da quando avevamo circa dieci anni e siamo entrati da soli in una libreria per la prima volta. Ci siamo innamorati dei libri e, quel giorno, ne abbiamo comprati quattro.
La lettura è stata la cosa che ha accomunato me e Lara più del resto. Certo, c'è l'attaccatura data dal fatto che lei mi è stata vicina alla morte dei miei genitori, ma avere passioni in comune ha fatto in modo che il nostro rapporto fosse basato su un'amicizia vera e non sulla gratitudine. Gratitudine perché Lara mi ha salvato da me stesso e dal mio dolore, e non intendo a dieci anni o quando mi accompagnava alle sedute dal dottor Marchini, ma anche mesi fa quando mi ha calmato dopo il fatto con Samuele. Se nella mia vita non ci fosse stata Lara, probabilmente sarei morto da tempo. Non avrei retto tutta la pressione che mi circonda da quando ho sei anni, da quando i miei genitori sono morti in seguito ad un incidente d'auto a cui io e La abbiamo assistito. Ho vissuto sulla mia pelle la loro morte, e la ricordo grazie a quella cicatrice tra i capelli biondi che ogni tanto mi piace toccare. Sento il solco e nella mia testa tutte le immagini di quel tremendo avvenimento scorrono senza sosta.
«Gia?» mi richiama Silvia, «Eh?» rispondo scuotendo leggermente il capo per risvegliarmi dalla mia trance. «Ti offro un caffè, andiamo.» Posa il libro di cui stava leggendo la trama, indecisa se comprarlo o meno, e afferra la mia mano. Quando le sue dita lunghe e calde stringono dolcemente le mie, mi sento improvvisamente bene. Sento come di star riaffiorando dopo essere stato in profondità. Avete presente quando siete al mare e scendete sempre più giù per toccare il fondale vedere se ci sono dei pesci o qualche conchiglia carina? Quando risalite vedete la luce del giorno e sentite che l'aria inizia a mancare, iniziate a convincervi che forse non riuscirete ad arrivare su. Vi pentite di essere scesi così tanto e non sapete che fare. Continuate a guardare quella luce, ma al contempo sperate che intorno a voi ci sia qualcuno che vi spinga su. Silvia è quel qualcuno.
Pensavo che fosse Lara l'unica in grado di salvarmi, ma mi sono reso conto che forse lei non tornerà più nella da me, ora che ha una vita straordinaria ad Amsterdam e sembra aver rimosso il sentimento che diceva di provare per me. Se questo accadesse, se lei davvero lasciasse me indietro, come un ricordo molto bello, avrei Silvia. Mia sorella è con me, seduta al tavolo di una caffetteria con due caffè fumanti contenuti in due tazze bianche, a cui lei si aggrappa con una mano, mentre tiene l'altra sempre stretta alla mia sopra al tavolo di metallo. Chissà cosa pensa la gente che ci vede, forse crede che sia la mia ragazza o chissà cosa; ma guardando Silvia non posso fare a meno di sentirmi la persona più fortunata sulla terra ad aver ritrovato la propria famiglia.
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