64- Sorella
1 mese dopo
Al messaggio di Lara non ho mai risposto, anche io la odio... però racconterò cosa siamo stati noi. E, riflettendo, un po' fa ridere se penso che ora c'è lì un altro che le uccide in ragni al posto mio. Ha il terrore, pensa che possano andarle in faccia nonostante sappia che non fanno nulla e che hanno più paura loro di lei, ma non se ne cura. Così mi ha obbligato ad uccidere per lei anche regnetti innocui, e quando non c'ero? Andavo là ad ucciderli. Avrei attraversato il mondo a piedi, e qualche tratto a nuoto ovviamente, per Lara Palmieri, lo farei anche ora.
Adesso che la mia vita non va per nulla bene, il mio pensiero fisso è Lara, la stessa Lara che l'ha superata. So che una storia su Instagram non rappresenta la realtà ed è possibile che lei stia morendo dentro come me, ma non immaginate il dolore alla vista delle foto con Tommaso, dei video in cui rideva con le sue amiche.
Ha dei nuovi capelli, tendenti al rosso e che risaltano i suoi occhi scuri. Vorrei tanto accarezzarli e dirle che è bellissima.
Invece sono seduto sul comodo divano in velluto del dottor Marchini, con Valerio al mio fianco che ormai si è abituato a venire qui quattro volte a settimana con me. Passo più tempo in questo posto che in casa mia, ma mi fa bene
È stata Miriam a chiamare il mio psicologo, ma non ho avuto la forza di dirle qualcosa, so che è stata un'idea di Lara. So che Miriam non era a conoscenza del mio momento di terapia, un momento molto lungo. Ho conosciuto il dottor Marchini tre mesi dopo la morte dei miei genitori, quando ho trovato una maglietta della mamma sotto il loro letto e non me ne sono separato per una settimana. Quando zia Laura ha capito che la situazione stava diventando ingestibile visto che mi rifiutavo di mangiare e di fare qualunque altra cosa, ha chiesto aiuto ad Agnese, la mamma di Lara, per trovare uno psicologo che potesse aiutarmi. Da quel giorno ho visto il dottor Marchini tre volte a settimana e ho parlato con lui di qualunque cosa, anche delle formazioni di calcio. Lui mi ha sempre ascoltato e, se richiesto, esponeva il suo punto di vista.
Anni e anni dopo l'inizio della terapia, ho chiesto a Lara di accompagnarmi. Non mi sentivo bene, mi sentivo un adolescente abbandonato a se stesso che avrebbe vissuto sempre una vita infelice senza una famiglia, ma non ne avevo parlato con nessuno, neanche con il mio dottore. Quando lui la vide accanto a me mi disse che non poteva entrare e assistere alla seduta, ma io risposi che la volevo con me. Quel giorno, con lei seduta accanto a me che mi stringeva la mano, ho buttato fuori ogni briciola di dolore che mi attanagliava il cuore. Le tre sedute a settimana erano sempre con Lara, poi si sono ridotte a due, a una e, infine, ho salutato il dottor Marchini.
Sapevo che la partenza di Lara sarebbe stata traumatica per me, ma mi sono comunque rifiutato di chiamarlo per essere forte; non volevo dimostrare nulla agli altri, ma a me stesso sì. Volevo mostrare al vecchio Giacomo che ormai ero un uomo adulto in grado di gestire le proprie emozioni e le situazioni in cui incappava. La verità è che ho perso da subito il controllo. L'ho perso quando ho percorso l'autostrada a tutta velocità rischiando di morire per andare da lei, l'ho perso quando due giorni dopo ho detto a zia Laura che sarei andato a scuola, quando invece sono andato al cimitero dai miei, a cui ho parlato per ore della mia amicizia con Lara. Ho perso il controllo quando Miriam, con cui io ho fatto il primo passo perché interessato, ha cominciato ad annoiarmi davvero. Sono uno che si annoia facilmente, lo ammetto, spesso fingo di ascoltare le persone quando in realtà sono nel mio microcosmo personale, Lara e Valerio lo sanno; ma Miriam non mi aveva mai annoiato, mi piaceva sul serio. Sono caduto nell'apatia totale e gli unici momenti in cui stavo bene erano quelli con Lara e Valerio. Fingevo di essere felice davanti agli altri perché era un mio dovere, ma quando ero solo volevo solo Lara a stringermi. Ho perso il controllo quando ho rotto il naso a Samuele perché la sua boccaccia aveva parlato, come al solito, troppo, dandomi la forza di dargli una lezione. Non era la prima volta che faceva commenti su Lara, ne aveva fatti riguardo al suo essere sempre con me, riguardo a un vestito che portava una sera facendo commenti poco carini e a tratti sconci che mi fecero imbestialire, tanto da andarmene. Dopo essermi nascosto nel bagno della discoteca ruppi uno specchio con un pugno, senza mai dirlo a nessuno per timore che mi riportassero da uno specialista.
Ma, dopo aver passato la notte e gran parte della giornata al cimitero dai miei, inginocchiato in silenzio, mi sono reso conto di non stare bene. Quando Valerio è arrivato avevo le ginocchia arrossate e indolenzite. Ma lui non mi ha preso e sollevato, si è inginocchiato vicino a me e siamo rimasti mezz'ora a fissare la tomba dei miei genitori, anche se Alessio non è mio padre lo amo come tale.
È stato Valerio ad aprire bocca per primo.
1 mese prima
«Fa schifo lo so» commenta, «Ok, insultami perché mia madre non è morta e che se volessi potrei chiamarla senza problemi, ma per me è morta... solo che so che non mi vuole bene, Marta te ne voleva.» Scuoto la testa, «Non sto male per i miei» sussurro allora.
«Perché lei non mi ama?» sbotto ancora inginocchiato. «Ti ama» mi rassicura, «Beh allora perché non è qui?» Valerio sospira, spostando uno dei tanti ricci scuri. «Vorrebbe esserci, lo sai.»
Restiamo zitti ancora per un po', «Vai da lei» suggerisce. «Non prenderò un v-» Ma Valerio non mi fa terminare la frase, «No vai da Silvia, ne hai bisogno.»
Così mi aiuta ad alzarmi e mi sorregge nel camminare fino all'enorme cancello in ferro battuto a causa delle gambe addormentate. Mi sfugge un sorriso quando ricordo di me e Lara la notte prima della sua partenza. Così lo racconto a Valerio mentre saliamo nella sua macchina, facendolo ridere di gusto ad immaginare Lara scavalcare il cancello per irrompere nel cimitero.
Mi lascia davanti a casa di Silvia. Esisto per almeno dieci minuti, prima di schiacciare sul campanello dove abitano i Russo. «Si?» domanda la voce di Mattia, «Sono Giacomo» dico timidamente.
Mi apre il portone e prendo le scale, sentendo il bisogno di fare un po' di movimento dopo essere stato in ginocchio per tutto quel tempo.
«Ciao, come mai qui?» domanda Mattia dandomi due pacche sulla spalla. Ci sta provando davvero con me. Siamo usciti qualche volta a cena, da soli o in compagnia di Silvia. Qualche volta siamo andati a fare una passeggiata e abbiamo parlato di libri e di Marta. Non è poi così strano. Un giorno gli ho detto che non avrei cambiato cognome, la sua risposta è stata che non voleva che lo facessi, nonostante tutto sapeva che per me Alessio era il mio vero padre e non importava uno stupido cognome. Ha promesso che avrebbe cercato di instaurare un vero rapporto padre-figlio con me, sperando di non aver perso troppo tempo. È indietro solo di diciott'anni, ma non posso di certo fargliene una colpa... se dovessimo incolpare qualcuno, allora sarebbe mia madre.
«Silvia è in casa?» Annuisce e mi fa ceno con la mano di raggiungerla in camera sua, «Ti fermi a cena?» propone quando sono di spalle, «È complicato ma... devo tornare a casa... che ne dici se domani venite a cena da noi? Può venire anche Ginevra, se le va.» Dopo la scoperta sul mio vero padre, non ho mai incrociato Ginevra, che mi ha palesemente evitato. Credo si senta disagio a vedermi sapendo che sono figlio di suo marito, che in realtà è il suo compagno perché non si sono mai sposati. Sapeva che sono fratello di Silvia, ma Mattia mio padre... quello di certo no.
«Certo, glielo riferirò» mi sorride cordialmente lasciandomi andare da Silvia. Busso alla porta prima di entrare e, quando lei mi dà il permesso di entrare, la trovo seduta sulla sedia in plastica rosa della scrivania intenta a studiare sul libro di matematica.
«Ciao» la saluto, «Ehi, come va?» domanda, legando i capelli biondi uguali ai miei in una coda. Mi siedo sconsolato sul suo letto e appoggio la testa sul cuscino dalla federa viola. Le racconto tutto, tutto con Lara e il mio dolore. Chiude il libro appena inizio a parlare e mi ascolta interessata.
«Non ti darò il mio parere» mi avverte avvicinandosi a me. Si sdraia vicino a me e mi stringe più forte che può. Il suo corpo attaccato al mio mi fa sentire a casa, come se avessi una vera famiglia. «Io e Elia ci siamo lasciati» confessa. «Ma è ok» mente. So che lo fa perché, pochi secondi dopo, una lacrima mi bagna il collo. Mi ritrovo abbracciato a Silvia mentre entrambi piangiamo, a confortarci in un silenzio voluto. Sono con mia sorella e la sento davvero come tale.
Spazio autrice
Ciao a tutti amici, come va? Spero bene, ma voglio subito dei pareri su Silvia.
Personalmente amo il suo personaggio... e voi?
Per coloro che sono interessati: ho aggiornato "Abbandono", e potete trovare il capitolo 34. Per chi ancora non l'avesse letta... beh, andate a farlo, la trovate sul mio profilo.
Non posso dilungarmi, quindi vi lascio qui sotto i social dove potete seguirmi e ci sentiamo presto per un nuovo aggiornamento!♥️
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