56- No
Lara
Poco più di una settimana fa, Giacomo ed io ci siamo dichiarati. I brividi che mi sono venuti quando lui ha pronunciato quelle parole non sono mai andati via.
Ma se proprio volete saperlo, no, da quel momento non c'è stato né un messaggio né una telefonata da parte di entrambi. Sappiamo di aver sbagliato a confessare i nostri sentimenti, perché ora che non possiamo stare insieme, come non potremo mai, le cose si sono notevolmente complicate.
Da quel momento non riesco a smettere di pensare a Giacomo, e ho una voglia impressionante di chiamarlo, anche solo per chiedergli come è stato il ritorno a scuola, una cosa banale e scontata, che però mi permetterebbe di ascoltare la sua voce melodica che è la colonna sonora della mia vita.
«Lara? Sveglia» mi richiama Bianca, seduta nel banco davanti a me. «Sei strana» commenta. Io sollevo le spalle per non farle capire nulla e, quando lei si distrae con il telefono, lancio uno sguardo a Tommaso che mi sta già osservando. Andrea mi tira una gomitata leggera per avvertirmi dell'arrivo della prof di matematica.
Ma non ascolto la lezione, come non riesco a fare da dieci giorni a questa parte. I miei pensieri sono costantemente focalizzati su Giacomo, il mio disordine è aumentato e alterno momenti di felicità perché Giacomo mi amava, alternati a momenti di tristezza perché tra me e lui non funzionerà mai.
I miei genitori non sanno nulla, ma credo lo abbiano notato. Non ho potuto raccontare nulla a nessuno, a Tommaso ho detto che ci siamo solo detti che ci vogliamo bene. Per il resto ho taciuto. Vorrei tanto parlare con Valerio, così chiedo alla prof di andare in bagno.
Nel cubicolo afferro il cellulare e schiaccio sul contatto di Valerio. «Sai che sono a scuola?» domanda, «So che esci sempre a quest'ora» rispondo facendolo ridere. «Ciao La» mi saluta allora, «Giacomo è vivo, tranquilla. Miriam apprezza la sua felicità e crede che sia lei a causarla. Sono felice che ve lo siate detti.» Il suo monologo mi spiazza. «Anche io sono felice» rispondo brevemente appoggiandomi al muro di piastrelle gialle. «Dimmi qualcosa che non so» dice in tono ironico. «Non ho detto nulla a nessuno» confido, «Lo so» replica. «Io penso che manterrete la vostra promessa» dice. «Sono convinto da quattro anni che voi siate destinati, quindi arriverà il vostro momento. E se non accadrà, allora non crederò più nell'amore, Lara.» Sorrido leggermente.
«Mi piace una ragazza» racconta, «Ah si? E chi è?» domando curiosa. «Top secret.» Sbuffo per la sua risposta non esaustiva. «La conosco?» Risponde affermativamente, informandomi che però non viene nella nostra scuola... cioè, nella loro.
«E lei ricambia?» chiedo, «Non penso, ci siamo conosciuti pochi giorni fa per caso, ma io sono convinto che sia la donna della mia vita... solo che ho paura.» Aggrotto le sopracciglia, «E di cosa?» controbatto. «Temo che se ci provassi seriamente con qualcuno, allora faremmo la fine dei miei genitori.» Scuoto il capo, anche se Valerio non può vedermi. «I tuoi genitori sono una cosa diversa, e poi ora tuo padre è felice con Laura, questo è l'importante.» Lo sento sorridere dall'altra parte del telefono
«È Silvia» confessa, «Silvia Russo?» domando io, «Silvia la sorella di Giacomo» conclude. «L'altro giorno mio padre mi ha mandato a comprare qualcosa per cena e lei stava andando al ristorante in cui avrebbe cenato con Giacomo. Ci siamo incrociati e fermati a parlare, mi ha detto del suo nervosismo per la cena e tutto il resto, era in anticipo di un'ora. Era perfetta mentre parlava con un sorriso smagliante sul volto, perché, alla fine, è felice di aver ritrovato Giacomo.»
Cambiamo discorso, mi rendo conto che Valerio non vuole parlare di Silvia. «Le cose tra me e Giacomo come andranno?» chiedo allora. «Lara io...» sospira. «Non lo so» ammette. «Sai anche tu che le cose sono cambiate» dice. «Ora lo sapete e non state insieme, io volevo che vi metteste insieme dopo esservi dichiarati. Se non vi siete sentiti per una settimana è perché non sapete cosa dirvi, tu hai un ragazzo e lui Miriam, e nonostante io la detesti so che ci tiene tanto a Gia. Non li lascerete perché avete paura di voi stessi.»
Non reggo oltre la conversazione con Valerio, «Devo tornare in classe. Ci sentiamo.» Riattacco senza concedergli il tempo di darmi una risposta.
Non torno in classe, non me la sento di circondarmi di persone che non sono Giacomo Riva.
La stessa sensazione di quella notte a New York mi pervade, solo il muro riesce a tenermi in piedi. Il respiro di fa affannoso e la gola brucia come se del metallo fuso vi stesse passando con lentezza estenuante. Passandomi una mano sul viso lo trovo bagnato di lacrime miste a sudore freddo. Stringo forte il pugno e non sento il dolore delle unghie che si conficcano dentro la carne. Slaccio la collana che ho indossato stamattina. La catenina argentata scivola dalle mie mani, atterrando senza fare rumore sul pavimento. Ma il senso di soffocamento non passa e la gola si secca.
Per tentare di tranquillizzarmi prendo il cellulare e lo sblocco, alla ricerca di qualcosa di positivo. Lo trovo nelle foto risalenti a dieci giorni fa, dove io e Giacomo stiamo ballando una canzone, che al momento non ricordo, sul letto di camera mia. La foto l'ha scattata Valerio, che stava ridendo a crepapelle nonostante il mal di testa. Anche in quel momento ci amavamo senza saperlo, e forse era meglio così. Mi focalizzo sul fatto che Giacomo sia innamorato di me e non su quanto noi due siamo impossibili.
Lara: Puoi venire a prendermi?
Scrivo a mio padre, consapevole che non riuscirò mai a reggere altre quattro ore di lezione.
Papà: Sta arrivando la mamma.
Venti minuti dopo mi ritrovo in macchina con la mamma, che sta in silenzio visto che si è resa conto del mio umore. «Non mi chiedi di parlarne?» domando entrando in casa.
«Chiama Laura, ho già parlato con lei» dice lasciando intendere che lei le ha già raccontato tutto ciò che Giacomo si è lasciato sfuggire.
Una volta in camera mia mi stendo sul letto e chiamo Laura, che risponde al secondo squillo. «Giacomo me l'ha detto» racconta senza nemmeno salutarmi. «Non voglio la tua versione della storia... ma stai bene?»
Stare bene è complesso. Non so propriamente spiegare il significato di sentirsi bene e al proprio posto nel mondo, perché è passato molto tempo dall'ultima volta che l'ho provato in modo vero, e non per pochi istanti.
«No.»
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