2- Devo dirti una cosa
Per calmarmi decido di contare le stelle, come faceva Leopardi, che vedo passando per la strada sull'auto di Giacomo. Dovrei dirglielo.
«Hai freddo?» domanda notando che mi sto stringendo le braccia attorno al corpo. In realtà sto solo immaginando che sia lui ad abbracciarmi. So che se lo chiedessi lo farebbe, il problema è perché e come voglio che mi stringa. Così annuisco, non mentendo del tutto visto che un po' di freddo lo ho. Siamo quasi a metà ottobre e l'aria sta diventando più fredda, se ci aggiungiamo che è mezzanotte passata.
«Nei sedili dietro dovrebbe esserci una giacca, prendila.» Mi slaccio la cintura e mi sporgo dietro per prenderla. È più lontana di quanto avessi calcolato, quindi mi allungo ancora di più. Nel farlo il maglioncino si alza leggermente lasciandomi scoperto un pezzo di ventre che sfiora la spalla di Giacomo. Quasi perdo l'equilibrio, ma mi sorreggo a qualcosa e Giacomo non se ne accorge.
Prendo il piumino nero, che gli ho regalato per il suo compleanno due anni fa, e lo indosso. Mi sento a casa totalmente immersa nel suo profumo che è nell'auto, nella giacca e in lui che è accanto a me. Da domani sarò lontana da casa mia, da Giacomo.
«Lara se non smetti di pensare che da domani tutto questo finirà ti picchio.» Scoppio a ridere.
Amo il fatto che Giacomo riesca a migliorare il mio umore con una sola frase. Lui è l'unica cosa in grado di farmi stare bene, sul serio.
Escludendo la mia famiglia di sangue, per me Giacomo è famiglia, casa e soprattutto è insostituibile. Vorrei poter non provare nulla nei suoi confronti se non un senso di fratellanza tipico dei migliori amici. Invece sono qui, a guardarlo concentrato sulla strada, e vorrei chiedergli di accostare solo per prendergli il viso tra le mani e baciarlo.
«A cosa pensi?» chiede guardandomi con la coda dell'occhio. Sollevo le spalle.
«Facciamo tutte quelle cose ok?» propone. Un sorriso spunta sul mio volto. Allora lui alza il volume della radio, su cui passa Buon viaggio di Cesare Cremonini, e sembra perfetta per quello che sta accadendo nelle nostre vite.
Lui inizia a cantare a squarciagola e io lo imito; siamo talmente stonati che se qualcuno ci sentisse, probabilmente scapperebbe a gambe levate per quanto facciamo schifo.
Però per un po' dimentico i miei sentimenti per Giacomo e quasi dimentico anche che da domani non potrò più parlare con lui tutto il tempo.
«Mi dimenticherai» mormoro finita la canzone. E inizialmente credo che non mi senta per il ragazzo che sta parlando e il volume alto, ma lui posa una mano sulla mia gamba. «Il giorno in cui ti dimenticherò prenderò dieci in matematica» ironizza. «Allora impossibile essere dimenticata» sorrido. «Tu mi dimenticherai quando prenderai dieci in latino?» domanda. «Non sono in grado di trovare una parola sul dizionario» gli ricordo. «Meglio così La. Non dimenticarti mai di me.»
Poi parcheggia in un prato deserto e, poco distante, vedo la spiaggia e il mare. Scendendo apre il portabagagli e mi perdo ad osservarlo. La felpa grigia gli sta leggermente larga, la tuta nera invece calza a pennello sulle sue gambe lunghe. Indossa delle vans completamente nere, che abbiamo comprato insieme, e ha i capelli biondi ancora umidi.
«Quante volte ti dovrò ancora dire che devi asciugarti i capelli prima di uscire? Di sera poi» lo rimprovero. «Ora non lo farai più perché mi farò vedere sempre con i capelli asciutti in videochiamata. Ora è impossibile, a momenti facciamo la doccia insieme!» Mi fa l'occhiolino e io mi rabbuio: non saremo più sempre insieme.
«In realtà la doccia insieme l'abbiamo fatta.» Provo a dimenticare quanto faccia schifo la mia vita ricordandogli quel momento. «Cavolo quel costume ti stava benissimo! Non capisco perché tu non lo mettessi per andare al mare.» Scoppio a ridere, «Perché il colore è orrendo e perché non è mio.» Aggrotta la fronte nel tentativo di farsi tornare in mente il costume.
Una sera avevamo una festa a cui volevamo assolutamente andare. Abbiamo passato il pomeriggio tra negozi per cercare qualcosa e quando mi ha portata a casa, come al solito, ha aspettato che entrassi dentro prima di andare via nonostante fossero le cinque del pomeriggio e il sole fosse ancora alto in cielo. Il problema è che avevo scordato le chiavi e i miei genitori erano via per una fuga romantica nella casa al lago della nonna Adele. Così ero chiusa fuori casa. Giacomo mi ha accolta da lui e, visto che era davvero tardi, abbiamo fatto la doccia insieme in costume e io ne ho messo uno di sua zia.
Quella notte, tornati dalla festa, ho dormito con Giacomo e mi sono sentita immensamente felice mentre lui respirava regolarmente stretto a me nel suo letto. Avrei voluto baciarlo, non se ne sarebbe nemmeno accorto. Forse avrei dovuto farlo senza curarmi delle conseguenze.
Prende qualcosa dal portabagagli e mi passa una grande coperta rossa. Lui invece prende qualche bottiglia.
Giacomo è nato a gennaio, quindi ha già diciotto anni, io li farò a novembre. Non passeremo il mio compleanno insieme e vorrei piangere per questo.
Afferra il telefono dalla tasca della tuta e illumina la nostra strada. Quando stendo il telo lui posa le bottiglie sopra e si siede. Prima di farlo anch'io, mi sfilo le scarpe e mi godo il contatto dei miei piedi con la sabbia fresca. Una volta seduta vicino a lui inspiriamo in silenzio la salsedine. Ad Amsterdam non c'è il mare, solo canali.
«Non so nemmeno andare in bicicletta» affermo. «Ad Amsterdam vanno tutti in bici» sbuffo e lui ride. «Altro punto della lista di stanotte, insegnarti ad andare in bici.»
Appoggio sconfitta la testa sulla sua spalla. «Non posso andare in bici da ubriaca» gli ricordo. «Hai ragione, ci ubriacheremo dopo!» Mi prende la mano in fretta e raccoglie tutte le nostre cose, indicandomi di prendere le scarpe e la coperta. Corriamo verso l'auto e buttiamo tutto nei sedili posteriori facendo attenzione a non rompere nessuna bottiglia di vetro.
Mentre lui guida io metto di nuovo i calzini neri e le scarpe. Accendo la luce della macchina per allacciarle.
Giacomo si ferma davanti a casa sua e scende dicendo di aspettarlo lì. Cinque minuti dopo carica la sua bici sul tetto e scappiamo via, temendo di essere beccati da Laura.
Laura è la zia di Giacomo con cui lui vive da sempre. I suoi genitori sono morti quando avevamo sei anni, io li conoscevo. Entrambi ricordiamo poco di loro due, ma quando è successo eravamo tutti insieme. Ormai è una storia vecchia e non mi rovinerò ulteriormente l'umore pensando a quel tragico avvenimento.
Arriviamo nel parco dove da piccoli giocavamo tutti i giorni e andiamo nella pista ciclabile.
«Pronta?» domanda aspettando che io salga. Scuoto la testa facendolo ridere piano per paura di svegliare ciò che ci circonda. Ci sono alcuni condomini poco distanti e non vogliamo rischiare di essere beccati, potrebbero scambiarci per dei drogati quando in realtà siamo solo due ragazzini che si godono l'ultimo tempo che gli resta da passare insieme prima che uno dei due se ne vada.
Ho parlato a lungo con i miei genitori su un nostro possibile ritorno in cui io non credo, ma loro mi hanno rassicurato che il lavoro di mia madre ha un contratto di scadenza di due anni.
In due anni Giacomo avrà un'altra vita. Tra due anni sarà al secondo anno di università, magari nemmeno mi dirà cosa studierà perché non saremo amici. Tra due anni avrà degli amici fantastici che non distano mille chilometri da lui. Tra due anni avrà trovato una ragazza in grado di esprimere i suoi sentimenti. Avrà trovato qualcuno non ritardatario che non lo fa entrare in classe sempre dieci minuti dopo. Avrà trovato qualcuno che preferisce dormire la notte anziché fare altro. Avrà trovato qualcuno a cui non deve spiegare latino e che gli spiega comunque matematica. Avrà di meglio di me, una vita migliore. Senza di me.
E la mia vita senza Giacomo come sarà? Uno schifo. Farà schifo. Odio la mia vita. Odio il fatto di non avere il coraggio di prenderlo e baciarlo ora. Odio il fatto di non potergli dare un bacio di addio ma di dover continuare a comportarmi come la sua migliore amica da quando ha tre anni.
Non glielo posso dire. Come potrei dirglielo così, nella consapevolezza che tra me e lui non ci potrà mai essere nulla perché io me ne andrò tra poche ore.
Soffrirebbe tantissimo al pensiero di avermi spezzato il cuore per anni. Da quando, in seconda media, è venuto a dirmi che aveva dato il suo primo bacio a Caterina fino a quando, qualche mese fa, mi ha detto di star uscendo con Miriam.
Quindi no, non posso dirlo a Giacomo. Se fossi un'egoista lo farei. E per stare con Giacomo vorrei avere la forza di esserlo. Vorrei avere la forza di mandare a fanculo il mio pensare sempre al bene degli altri fregandomene del mio e dirgli che sono innamorata di lui da sempre e che mi dispiace di essere stata zitta per tutto questo tempo e dirlo solo quando sto per partire.
Ma alla fine, anche se non partissi, tra me e lui non ci sarebbe comunque nulla. E poi, la nostra amicizia finirà ugualmente, so che dureremo poco in questa nostro rapporto a distanza.
La rovino ora e basta. «Giacomo?» lo richiamo, «Devo dirti una cosa.»
Spazio autrice
Ciao a tutti amici, come state? La settimana è quasi finita ed eccoci qui con il secondo capitolo di questa nuova storia. Davvero Lara lo dirà a Giacomo per voi? Non vi resta che attendere con ansia l'arrivo del capitolo 3... Buona lettura!
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