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Strascichi




Blaise sospirò: la festa a sorpresa di Millicent, organizzata da Astoria e Daphne, era, fondamentalmente, una cosa carina, ma lui continuava a pensare alla rossa.

"Allora, Astoria cronometrerà il tempo che passiamo qui, immagino, quindi prima di un'ora e mezza non potremo andarcene..." Theo si materializzò al suo fianco come se avesse davvero usato la magia.
"E dove dovremmo andare?" gli chiese Blaise.
"A casa di Montague c'è una serata poker. Ma probabilmente ci sarà Goyle..." Draco apparve al lato destro di Blaise, anche lui con un bicchiere in mano.
"Goyle?"
Draco annuì alla muta domanda di Theo. "Sì. È a casa per un po', poi tornerà in America. L'ho visto oggi pomeriggio e mi ha detto che deve sostenere un esame di incantesimi antichi..."
Goyle, dopo la battaglia di maggio, quando aveva rischiato la vita nella stanza delle cose nascoste, aveva deciso di andarsene dal Regno Unito. Aveva raggiunto una cugina che abitava in America del Nord e si era trasferito iniziando a frequentare anche l'accademia. Non era comunque diventato una cima, ma stare lontano da Draco lo aveva aiutato a migliorare. E Draco se ne rendeva conto perfettamente, così cercava di evitarlo quando erano insieme agli altri e di lasciargli il suo spazio.
"Posso scrivere a Hermes e organizzare qualcosa..." propose Theo e gli altri si girarono verso di lui, annuendo.
"Un'ora e mezzo, dicevi?"
"Forse anche un'ora e un quarto."
Blaise guardò l'orologio. "Da quanto siamo qui?"
"Una vita..." rispose Draco, sorseggiando un liquido ambrato dal bicchiere rotondo. "Certo che poteva venire anche Pansy..." Blaise sapeva che Draco non era a conoscenza della situazione fra Theo e sua cugina, così non disse niente.
"Sarà impegnata con suo marito..." Il tono del moro era infastidito e stizzito, ma Draco non se ne sarebbe accorto neanche se Theo avesse detto chiaro e tondo cosa pensasse di Oscar Ollivander. Blaise non gli disse che lei aveva problemi con il marito e che il suo matrimonio sarebbe stato annullato.
Quando Millicent scartò un pacchetto e tutte le ragazze ridacchiarono i tre sbuffarono per l'ennesima volta.
"Ma se ne accorgeranno davvero se sparissimo adesso?"
"Forse se ci assentiamo per un'oretta e poi torniamo non se ne accorgerà nessuno..." propose ancora Theo.
Blaise annuì: si poteva provare. Tanto li avrebbero sgridati comunque per non aver partecipato attivamente alla festa, tanto valeva essere rimproverati per qualcosa di serio.
Si smaterializzarono tutti e tre nello stesso momento senza neanche mettersi d'accordo.

***

"Ginny... mi dispiace, io non..."
"Harry, non è colpa tua..."
"Non era mai successo e oggi..."
Ginny sbuffò. Questa cosa che Harry era sempre convinto che fosse colpa sua, iniziava a infastidirla. Dover consolare qualcuno richiedeva troppe energie e lei si sentiva troppo stanca anche per alzare gli occhi al cielo. "Non funziona più" concluse lei e lui annuì.

*

La lingua di fuoco verde si muoveva lenta e sinuosa verso di lei, ma non fece niente. La guardò arrivare e non riuscì neanche a muovere la bacchetta. Poco prima che il lampo la colpisse si svegliò di soprassalto, urlando come se l'avesse colpita una Cruciatus.

Ginny spalancò gli occhi e si passò una mano fra i capelli, prima di guardarsi intorno. Harry allungò una mano verso il comodino e si infilò gli occhiali. "Ora gli incubi ce li hai tu..." disse solamente e lei poté solamente annuire. "Vorrei poterti aiutare e invece non riesco neanche più a..."
Ginny si voltò verso di lui, inginocchiandosi sul letto e quasi stupendosi di trovarsi vestita: si ricordò cos'era successo prima che si addormentasse.
"Non è colpa tua, Harry, al massimo dovrei scusarmi io."
"Perché?"
"Perché ti sto dicendo che è finita definitivamente e che non tornerò più per..." Ginny indicò il letto. "Per questo".
Harry annuì. "Lo avevo immaginato. Ma tornerai qualche volta? Da... amici? Non voglio perdere..."
"Beh, a dir la verità, potresti venire in Inghilterra anche tu, sai?" Ginny pensò anche a suo fratello.
"È difficile per me..."
"È difficile anche per chi è rimasto a casa. Ron pensa che tu lo abbia abbandonato!"
La faccia stupita di Harry era troppo innocente perché stesse fingendo. "Non ho abbandonato Ron!"
Ginny sospirò e, per la prima volta dalla depressione di Harry, parlò un po' troppo francamente. "Tu hai abbandonato tutti. Sei fuggito qui, sperando di trovare qualcosa di meglio, ma non hai fatto passi avanti. Abiti in questa tenda che è bella..." Si alzò dal letto e si infilò le scarpe, mentre gesticolava con le mani per indicare ciò che avevano intorno. "È bella, ma non è un posto dove vivere. Trovati una casa, vai avanti. Torna nel Regno Unito, vai a trovare Ron, Hermione e anche mia mamma. A mia madre farebbe veramente piacere constatare che stai bene. E, per l'amor del cielo, Harry, trovati una ragazza. O un ragazzo. Non aspettare me per..." Il suo sguardo si posò di nuovo sul letto.
"Sì, ho capito. E penso tu abbia ragione, comunque."
Ginny sospirò, contenta: non pensava che potesse essere così facile. Beh, si era immaginata una bella nottata d'amore, prima di lasciarsi, ma quella non c'era stata. E non per colpa di Harry. Era lei che non era riuscita a lasciarsi andare.
"Ho sempre ragione, io" disse, cercando di sdrammatizzare la situazione. Harry si alzò e girò intorno al letto per andarle vicino, sorridendo.
"Ti vorrò sempre bene, lo sai, vero?" Ginny annuì quando sentì una lacrima pungerle un occhio: non voleva piangere quindi preferiva non parlare. "E hai ragione anche su Ron e i tuoi genitori. È ora che io decida cosa fare della mia vita" concluse.
"Anch'io ti vorrò sempre bene, Harry. E mi dispiace non essere riuscita a..."
Il moro, da quel gentiluomo che era, prese la mano della ragazza e si portò le sue dita alle labbra. "Spero che con lui andrà bene come meriti" disse.
Con chi? Ginny pensò subito a Blaise. Possibile che in verità Ron avesse scritto a Harry e gli avesse raccontato di loro? Anche se Ron non sapeva niente, non sarebbe stata la prima volta che parlava senza cognizione di causa. Ma no, non lo aveva fatto di sicuro. O gli aveva parlato di qualcun altro solo per farle un dispetto?
"Lui chi?" chiese quindi.

Harry rise e alzò le spalle. "Chiunque tu abbia pensato mentre lo dicevo. Ho visto il tuo sguardo e ti assicuro che una volta, quello, era per me".
Rise ancora quando notò le guance della ragazza tingersi di un tenero imbarazzo.

***

Blaise era sul balcone dell'appartamento di Hermes che fumava una sigaretta quando Draco si materializzò al suo fianco.
"È una bella serata: né troppo caldo né...."
Il moro si voltò, quasi inconsapevole del fatto che si notasse lo stupore sul suo viso. "Mi parli della temperatura, Draco?"
Il biondo tirò fuori il portasigarette e ne prese una. "So che hai visto Astoria, oggi" esordì direttamente, mentre tirava dal filtro per far accendere la punta.
Ah, ecco. Questo era più normale. "Te l'ha detto Theo?"
"E so che si è comprata un vestito nuovo..."
Il moro aggrottò le sopracciglia: dopo il meteo, Draco voleva parlare di vestiti? E su cosa avrebbero discusso? Stoffa?
'È meglio la seta o la mussola per un abito da pomeriggio, secondo te?' Si immaginò di sentirlo chiedere.
"Sì. Mi sembra di aver capito che fosse bianco."
Draco si girò verso di lui, con uno strano ghigno in viso. "Bianco? Blaise, perdi i colpi. Da quel che so io è avorio..." Poi il suo sguardo si fece serio per un attimo e tirò di nuovo dalla sigaretta.
"Cosa vuoi, Draco? Non capisco..."
"Era con la Weasley. E sembra che lei abbia chiacchierato tanto con te..." Merlino! Nott aveva già aperto la bocca? Quel bastardo... Come se gli avesse letto i pensieri, Draco si aggiunse a precisare: "Me l'ha detto Daphne".
Oh. Daphne? "Ah."
Draco fece un sorriso triste. "Sì, voleva raccontarmi un pettegolezzo su di te e invece mi ha raccontato un sacco di cose su..." Il suo tono triste era coperto in parte dall'alcool che aveva bevuto.
"Sono ancora lontano dal capire..." Cosa voleva da lui? Gli interessava Ginny?
"La Weasley sa perché Astoria si è comprata un vestito nuovo? Perché quello che aveva stasera non era nuovo..." Ah! Ecco! Contento del fatto che lui non fosse interessato alla rossa, fu comunque contento che lei avesse ragione: magari Draco si sarebbe scantato.
"Forse dovresti chiederlo direttamente ad Astoria, se ti interessa così tanto."
"Non mi interessa!" mentì lui, così velocemente e male che Blaise fece fatica a non ridergli in faccia.
"Certo..." lo assecondò con ironia e Draco sbuffò. "Senti..." iniziò, pensando di approfittare dell'occasione: aveva bisogno di sapere. Solo così avrebbe saputo se come pensava di muoversi fosse la cosa giusta. Draco non fece notare di averlo sentito e rimase a fumare la sigaretta guardando il cielo. "Dopo la battaglia di Hogwarts..." Finalmente Draco si voltò verso di lui, ma non disse ancora niente. "Quando tutto è finito, tu... Hai avuto... Strascichi?"
Draco alzò un sopracciglio e Blaise notò che il suo sguardo si era fatto più attento. "Astoria ti ha raccontato delle notti insonni?"
Cosa? Astoria cosa? E di che notti parlava? "Mmm, no, in verità no. Ma mi chiedevo se qualcuno che avesse vissuto..."

Draco sospirò, si appoggiò alla ringhiera del balcone con i gomiti e lanciò con una pinghella il mozzicone della sigaretta anche se non l'aveva finita. "Non conosco nessuno che era a Hogwarts quella notte che non ne abbia un ricordo devastante" disse solamente. Difficile da spiegare a chi non l'aveva vissuto. Gli studenti Serpeverde erano usciti dalla scuola e lui era l'unico, oltre a Goyle e Tiger a essere rimasto, dei suoi amici. Ne era uscito in ginocchio. Subito era sembrata una gran cosa: il potere, i mangiamorte, Tu-sai-chi... Poi, dopo aver schivato l'Ardemonio e la morte stessa, la sua mente si era confusa. E contorta. Lo sapeva perfettamente.
Ancora adesso, dopo tre anni, non era sicuro di essere al sicuro. A volte aveva paura di morire, di uccidere qualcuno o soltanto di perdere una persona a cui voleva bene.
Si voltò verso Blaise e, forse per la prima volta, notò nell'amico uno sguardo rispettoso. Sinceramente rispettoso. Vide il moro annuire.
"E cosa hai fatto per..."
"Non se ne esce, Blaise, se è questo che mi vuoi chiedere" lo interruppe.

Blaise sentì una stilettata al petto. Come se gli avesse lanciato una cruciatus, sentì un male a cui non riuscì a dare un nome: Ginny non sarebbe mai più stata bene?
"Io pensavo che uno psicomago..."
"Oh, sì, certo. Se ti piacciono, gli spicomaghi sono senz'altro di aiuto..." Il tono del biondo era a metà fra il depresso e l'arrogante.
"Draco, non si può aiutare chi non vuole essere aiutato. Tu sicuramente, sei uno di questi, ma non tutti..."
"Forse io sono così marcio che non si può fare niente" rispose lui, afferrando la ringhiera e stringendo i pugni così forte che le sue mani divennero ancora più bianche. "Ma per altri, potrebbe essere davvero d'aiuto. Dietro Diagon Alley, sulla fine di Lime Street c'è uno psicomago specializzato in queste cose: molte persone sono andate da lui dopo la battaglia di maggio. Se vuoi, ti passo il suo contatto" spiegò.
"Non sei marcio, Draco. E dovresti smetterla di pensarlo. Lei prima o poi si stancherà e allora sarà troppo tardi."
Come se lui non avesse parlato, o forse in reazione proprio a quello che aveva detto, Draco si chinò in avanti, continuando a stringere la ringhiera.

"Chi è?" chiese Draco, per sviare l'attenzione da lui. "È la Weasley? Dicono che..."
"Qualsiasi cosa si dica in giro sulla Weasley, è sbagliata, Draco. Lei è molto di più e..."
Oh? Ma... davvero? Blaise si zittì subito, come se avesse parlato senza accorgersene. Nonostante tutto, il biondo sorrise e poi annuì. "È sempre stata in gamba, la Piattola. Te la ricordi al settimo anno?" Il moro annuì e si guardò le mani. "Era sprecata, con Potter" disse ancora, stupendosi da solo, e ancora Blaise non disse niente. "Forse, con accanto la persona giusta, qualsiasi cosa si può risolvere. Vedrai che andrà tutto bene..."
Blaise finalmente alzò gli occhi su di lui. "Potrei dirti la stessa cosa" rispose.
Draco tornò a guardare il cielo.

***

"Weasley, oggi hai fatto proprio schifo. Fammi un altro allenamento così e ti sostituisco la prossima settimana."
Ginny annuì alla voce di Gwenog Jones: era vero, aveva fatto un allenamento pessimo. Non riusciva a concentrarsi e una volta era quasi scivolata dalla scopa. "Hai ragione, Gwenog, mi dispiace. Sono solo un po' stanca..." si scusò.
Il capitano delle Holyhead Harpies la guardava con uno sguardo duro mentre due delle altre ragazze le sorpassarono verso lo spogliatoio: la partita contro i Ballycastle Bats stava mettendo a dura prova la pazienza del loro capitano, che era un po' nervosa, e Ginny lo sapeva benissimo, ma era stanca davvero e non poteva farci molto.
Le due rimasero da sole in fondo al campo, vicino ai tre pali, e Ginny osservò con la coda dell'occhio Angelina sparire oltre la porta dell'edificio degli spogliatoi.

Gwenog osservò il viso della ragazza e solo guardandola bene dovette ammettere che sembrava davvero stanca. Era sempre così brava a nascondere le cose che non ci aveva fatto caso. Ma così non andava bene. Dormiva di notte? Cosa faceva? Andava a divertirsi? Lei aveva bisogno della sua squadra e che le giocatrici fossero tutte in piena forma!
Le andò vicino e la squadrò senza tanti complimenti. "A che ora sei andata a letto ieri sera?" le chiese a bruciapelo. Stranamente, Ginny, arrossì. Oh, Santo Merlino! "Spero di non doverti obbligare all'astinenza fino alla partita, Weasley!" la sgridò.

Ginny spalancò gli occhi: non sapeva se essere triste o divertita dall'equivoco che stava insinuando Gwenog. "No, io..."
"Ginny, c'è un tipo che ti sta aspettando."
"E chi è?" diede voce ai suoi pensieri.
Lexi, una biondina dal fisico muscoloso, era tornata indietro e le indicava un ragazzo in fondo al prato, vicino alla tribuna. E ammiccò, alzando le sopracciglia quando guardò verso di lui. "Non saprei, ma è carino. Se non lo vuoi tu, passalo" disse, e rise mentre raggiungeva le altre nello spogliatoio.
Le due ragazze si girarono verso la direzione indicata da Lexi e Ginny si lasciò sfuggire un'esclamazione sorpresa quando riconobbe Blaise. Cosa ci faceva lì, in Galles?
Non notò subito Gwenog che si stava avvicinando minacciosamente al ragazzo.

Blaise vide Gwenog Jones, una donna sulla trentina, dalla pelle scura, alta poco meno di lui e dalla lingua tagliente, nonché capitano dell'unica squadra unicamente femminile del Regno Unito, camminare spedita verso di lui, ma non si preoccupò. Neanche quando notò la sua espressione furiosa.
"Chi sei e cosa fai qui" gli chiese, anzi, gli ordinò di rispondere, sbattendo il manico della scopa che teneva in mano sul terreno.
"Sono Blaise Zabini, un amico di Ginny Weasley, Gwenog. Sono venuto a prenderla, non sono un tifoso fanatico, tran..."
Non finì la frase che lei lo interruppe subito, aggrottando la fronte e osservandolo meglio. "Dove ti ho già visto?"
Blaise era preparato, così fu veloce e pronto a rispondere. "A Hogwarts, nel 1996".
"Lumaclub?" chiese ancora lei e Blaise annuì. Poi Gwenog si voltò verso Ginny che pensò bene di incamminarsi verso di loro e si rigirò velocemente.

Ecco dove lo aveva visto! Al Lumaclub. Gwenog si ricordò che anche Ginny era a quella cena, perché era lì che l'aveva incontrata per la prima volta.
Si conoscevano davvero. E si ricordava qualcosa riguardante a sottili battutine. Sbatté ancora la scopa per terra (dalla parte del manico, per non rovinare le setole che rendevano stabile la sua Firebolt); quanto si conoscevano?
"Vedi di farla dormire di più, questa ragazza. Non voglio togliervi il sesso fino alla partita, ma non mettetemi alla prova."
Il sorriso di Blaise sparì: come? Cosa?

Ginny allungò il passo quando sentì Gwenog dire le stesse cose che aveva detto a lei, mentre era con Blaise. "Gwenog, noi... siamo solo amici" spiegò, mentre lanciava al moro uno sguardo di scuse.
"Tu non dormi e se non è con lui che..."
La rossa sospirò. "Non dormo per altri motivi. Ma sto risolvendo la cosa. Per la partita sarò in forma, te lo giuro" promise, sperando che bastasse e di non dover spiegare nient'altro.

Gwenog guardò la rossa: sembrava seria, seria come non lo era mai stata. Sapeva di essere odiosa, ma ogni volta che aveva a che fare con Finbar Quigley, la sua sanità mentale ci rimetteva e lei si innervosiva: quanto odiava quell'uomo disgustoso!
Avrebbe potuto dare alla ragazza il beneficio del dubbio. E fondamentalmente anche in quello stato era più brava di tre riserve messe insieme. Va bene, l'avrebbe lasciata stare. Annuì e si voltò di nuovo verso il moro che aveva conosciuto da Lumacorno.
"In che casa eri?" gli chiese e al ragazzo brillarono gli occhi.
"Serpeverde, signora" rispose, con tono provocatorio. Stranamente la cosa la fece ridere. Lei gli mostrò il polso, alzando la manica della divisa.

"Mi piace" disse ancora la giocatrice, mentre lo stemma di Salazar Serpeverde gli fece l'occhiolino dalla pelle scura della ragazza. Blaise lanciò un'occhiata a Ginny, che però sorrise divertita e allo stesso tempo alzò gli occhi al cielo in un'espressione di finta esasperazione. Poi la Jones tornò a rivolgergli la parola. "Cosa fai venerdì sera?"
Blaise corrugò la fronte, ma prima di riuscire a rispondere, Ginny lo prese per un braccio e tentò di trascinarlo via dicendo: "Che bella sorpresa che mi hai fatto, Blaise! Andiamo a mangiare qualcosa che sono affamata! Ciao Gwenog, ci vediamo domani!"
Il suo sguardo era così strano e il suo tono troppo entusiasta per essere sincero. E poi non si era neanche lamentata di ciò che lui aveva fatto, quindi era abbastanza sicuro che non fosse tutto a posto.
"Ehi, aspetta, aspetta..." La voce del capitano li bloccò, nonostante la rossa cercasse ancora di trascinarlo via. "Ti piacerebbe venire a una cena e incontrare tutti i giocatori di Quidditch del paese?"
Come? Certo! Ginny al suo fianco sbuffò forte e gli lasciò andare il braccio. "Così è sleale..." disse. Cosa era sleale? Le due ragazze si guardarono e per un attimo Blaise pensò di essere di troppo.
"A mali estremi..." La mora ghignò un pochino e il suo viso la rese perfettamente Serpeverde.
"Chiedigli qual è la sua squadra preferita, prima..."
"No! Tifi per i Bats?" La Jones lo guardò con uno sguardo di disapprovazione, come la McGranitt quando sbagliava un incantesimo. Senza accorgersene, annuì.
"Non capisco cosa stia succedendo. E non mi piace non capire. Cosa c'entra la mia squadra preferita di Quidditch?"

Ginny sospirò ancora, lanciando un'occhiata omicida alla compagna di squadra, che resse il suo sguardo benissimo. Poi si girò verso Blaise: aveva ragione, meritava una spiegazione.
"Venerdì sera, al Enchanted Plaza ci sarà una cena di beneficenza organizzata dall'associazione Magician Children. Saranno presenti tutte le squadre di Quidditch al completo e metteranno all'asta le divise dei giocatori..."

Blaise alzò tutte e due le sopracciglia: ma era fantastico, il sogno di chiunque, probabilmente. "Beh, in verità quest'anno la signorina qui presente voleva disertare l'invito..." spiegò lei, lanciando un'occhiata alla ragazza.
"Gwen, il tavolo è pagato, l'associazione riceverà la nostra offerta comunque e so già chi si aggiudicherà la mia divisa: non c'è bisogno che venga anch'io..."
La mora si voltò verso Blaise, come se dovesse precisare anche a lui come stavano le cose. "Quel coglione di Potter non c'è e lei non vuole venire..."
Ginny sbuffò. "Ti ho detto che Harry non c'entra. È che è una farsa e io odio quando..."
"L'anno scorso ti sei divertita!" Ginny si morse il labbro e Blaise capì che era vero.
"Hai bisogno di un accompagnatore?" chiese Blaise, direttamente alla rossa.

"No" rispose Ginny.
Perché era vero. "Dai, Ginny, lui è anche più carino degli altri due che te lo hanno chiesto..."
"Gwenog, anche mio fratello è più interessante di Philip Browne!" E la mora rise, annuendo.
Poi si voltò di nuovo verso di lui. "Hai un bel vestito?" Lo squadrò con occhio critico, ma poi lei tornò a sorridere e a guardarlo in viso. "Penso di sì, vero?" Il moro riuscì solamente ad annuire, ma l'occhiata che si scambiò con Gwenog fu indecifrabile per lei.
"Sei dei nostri. Convincila a vestirsi di verde!" disse, dandogli una pacca sulla spalla e facendo un passo indietro. La indicò con un cenno del capo e, ammiccando, sorrise trionfante.
"Non mi vestirò di verde!" esclamò subito Ginny, indignata come se le avesse detto di doversi presentare nuda.
"Visto? Ti ho fatto accettare l'idea. Ci vediamo venerdì!" E ridendo, si girò per dargli le spalle e salutò a gran voce sventolando una mano di lato.
Blaise sorrise e Ginny scosse il capo. "Cosa c'è? Ti sembra di entrare da Mielandia, vero?"

Blaise annuì divertito. "Sì. E poi ha detto che sono carino" precisò.
La rossa rise mentre scuoteva ancora i suoi capelli. "I gattini sono carini... E poi non ci cascare: ti ha invitato solo perché ha capito che sei ricco: punta ai tuoi galeoni!"
Blaise sorrise ancora. "Allora ne porterò parecchi".
Quando rise anche lei, avrebbe voluto prenderle la mano. "Sai, vero, che sarà disastroso? Ci saranno un sacco di fotografi e giornalisti, faranno insinuazioni..."
"Sulla nostra finta amicizia?" la stuzzicò lui, ma lei questa volta non stette al gioco e lui un po' ci rimase male.
"Ho le spalle larghe, non è un problema. E poi io non leggo i giornali, lo sai" disse, stringendosi nelle spalle: lei sembrava così stanca che non volle darle quella preoccupazione.
"Comunque è una bella serata, di solito, su questo Gwenog ha ragione: ti divertirai."
"E tu?" le chiese.
"Io non lo so. Vedremo. Speriamo solo di..."
Blaise si avvicinò di nuovo a lei e le prese la mano in un gesto intimo ma amichevole. "Io ho le spalle larghe per tutti e due, se ci sarà bisogno".
Il sorriso di lei era diventato troppo mesto per dire qualsiasi cosa.
Passarono due o tre minuti in cui nessuno disse niente e poi lei finalmente ruppe il silenzio. "Allora? Cos'eri venuto a fare?" chiese sorridendo e Blaise fu così orgoglioso del suo coraggioso buon umore che fu quasi tentato di dirle una bugia.

***

"Tu sì che sai come conquistare una ragazza, Zabini!" esclamò lei quando Blaise la portò a pranzo in un piccolo locale italiano dove servivano spaghetti con sugo di polpette.
Quando si sedettero, lei, nonostante la stanchezza dell'allenamento, del battibecco con il capitano e quella della doccia, fu molto ciarliera e lui lasciò che raccontasse tutto quello che voleva. Non disse niente neanche mentre mangiavano e Ginny continuava a elogiare il piatto come se non avesse mai mangiato pasta in vita sua.
"La cucina italiana è buonissima. Chissà che mangiate che ti fai quando vai in Italia..."
"Non vado mai in Italia..." ammise lui.
"Come? E perché? Non vai mai dai tuoi parenti?" Blaise scosse le spalle e arrotolò gli spaghetti sulla forchetta.
"Io... pensavo che tu ci tenessi... Hai tutti quei... non so come si chiamano... quei cosi appesi nello studio. Quelli dove ci sono le scritte..." Ginny gesticolò una mano in aria mentre cercava di rendere comprensibile le sue parole. Il moro sorrise.
"È la spiegazione scientifica?" Quando lei arrossì, si sentì in colpa così le illustrò il tutto senza freni. "Gli stemmi araldici che hai visto nello studio riguardano la famiglia di mia madre. Quella di mio padre... Non so molto. Quattro mesi fa sono andato in Italia per ottenere il certificato di nascita, per il matrimonio, e speravo di riuscire a trovare anche qualcosa sulla mia famiglia ma..."
"Non sai niente dei parenti di tuo padre?"
Blaise scosse il capo.

"Loro non vedevano bene il matrimonio con mia madre. Lei era più... grande di lui e aveva già una certa esperienza di..." Ginny notò come la voce gli mancò tentando di spiegare e si ricordò tutti i pettegolezzi che giravano a Hogwarts.
"Intendi le precedenti relazioni di Maddie?" Blaise annuì, guardandola fissa, come se volesse sfidarla a dire qualsiasi cosa.
"Precedenti matrimoni, comunque. Fossero state semplici relazioni, forse..." Ginny sapeva che la madre di Blaise era famosa per la sua bellezza in gioventù e per il fatto che si fosse sposata più volte, rimanendo sempre vedova. Non sapeva se fosse vero o meno, ma c'era anche chi sosteneva che le avesse fruttato un'enorme ricchezza.
"E quindi?" Blaise alzò le spalle.
"Quando mio padre è morto, mia madre ha deciso di trasferirsi in Inghilterra, vicino a mia zia e..."
"La mamma della Parkinson!" Blaise annuì quando lei lo indicò con il dito, facendogli capire che stava seguendo il discorso.
"...e non ha più avuto contatti con loro."
"Se loro non l'avevano accolta bene, ha fatto bene ad andarsene. No?" Blaise chinò lo sguardo sul piatto e mangiò in silenzio per un po'. Certo che aveva fatto bene. E sapeva che era giusto, però... Però a lui sarebbe piaciuto lo stesso sapere di più.

"Pensavo che quel coso di ceralacca sul pacco con disegnato l'albero fosse della famiglia Zabini..." Ginny portò la mano che impugnava la forchetta vicino al mento e guardò verso l'alto.
"Ti ho spedito un pacco?" le chiese lui, stranito.
"Mi hai spedito la maglietta quando..." la ragazza si bloccò al pensiero di quando avevano amoreggiato nella sua cucina. "Quando mi hai ricattato via gufo..." concluse poi, cercando di ironizzare con un tono leggero.

Blaise ripensò a quel momento ed ebbe qualche difficoltà a parlarne senza sentirsi un troll. "Veramente ti ho ricattato di persona" disse, stando al suo gioco.
Lei sorrise e a Blaise andò di traverso il boccone. "Vero. Anzi, quando mi darai le foto di Neville? In fin dei conti sono stata brava..." Lo guardò ancora sorridendo e lui, di nuovo, non riuscì a dire niente.
Annuì senza rispondere davvero. "Il sigillo è probabilmente l'unica cosa che mia madre si è portata dietro. Non vuole ammetterlo, ma ad alcune cose ci tiene. E non posso siglare i miei gufi con il cognome di un altro". E gli piaceva usarlo spesso, come se potesse essere una compensazione.
"Mi spiace."
Blaise corrugò la fronte. Per cosa le dispiaceva?
"Per cosa?" le chiese e Ginny alzò lo sguardo imprigionandolo con gli occhi.
"Sembra che tu abbia sofferto molto" spiegò, semplicemente. E lui sentì un calore strano colmargli il petto.

"Comunque... Non mi hai detto quando mi ridarai le foto. Sembra che tu sia molto bravo anche a non rispondere, sai?" Ginny gli fece l'occhiolino, cercando ancora di sdrammatizzare la situazione.
"Quando te le meriterai" la prese in giro lui e Ginny rise perché aveva perfettamente capito che era sollevato dal non dover continuare la conversazione.
"Non vuoi sapere perché sono venuto al campo?" le chiese poi e la ragazza posò la forchetta, stranita: è vero, non ci aveva più pensato.
"Non volevi offrirmi il pranzo?" bleffò, guardando i piatti che venivano portati via da una lesta cameriera.

Blaise pensò che fosse il momento di essere seri. Seri quanto la questione richiedeva.
"No. Sono..."
"Vuoi dire che dovrò pagare io?" Nonostante tutto, Blaise non riuscì a non ridere.
"Volevo essere serio, per una volta..."
"Vuoi chiedermi di fare qualcosa che non mi piacerà, giusto?"
Blaise si bloccò: sì era proprio così! Cioè, sperava che a lei piacesse, ma... Ma come aveva fatto a capirlo? E perché aveva accettato comunque? Ginny aveva lo sguardo serio quando lo guardò, e lui, soltanto con un'occhiata, capì perché lei fosse così. Così intelligente e coraggiosa.
"Vorrei che tu vedessi una persona."
"Chi? Per tua madre?"
Scosse il capo. "Per te".
La cosa le fece alzare un sopracciglio: non ci aveva pensato? "Vuoi che io faccia qualcosa... per me?"
"Sì" rispose. Era una cosa strana? Perché aveva usato quel tono?
"Ah. E chi dovrei incontrare?"

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