Problemi (risolti e non)
Astoria rientrò in casa, materializzandosi sul tappeto del salotto principale.
Si sentiva in colpa per quello che era successo, ma sapeva di aver fatto la cosa migliore. Sperava vivamente che Theo fosse tornato a casa e che Pansy non si sentisse troppo sola.
Sua madre le venne incontro come se fosse stata in corridoio ad aspettarla.
"Eccoti! Sei tornata, finalmente!" Il tono sovraeccitato della strega avrebbe dovuto metterla subito all'erta, ma lei era così pensierosa che non ci fece troppo caso.
"Mamma..." sospirò solamente.
"Si può sapere dove sei stata?" La madre la prese a braccetto e lì Astoria capì che c'era qualcosa di strano, mentre la stava guidando lungo il corridoio. Stava per risponderle, quando lei parlò ancora: probabilmente non le interessava veramente la sua risposta. "Vieni, sistemati, è venuto a trovarti un ragazzo. Lui... è interessato a te!" le disse, gongolando, prima di fermarsi e guardarla con un'occhiata critica.
Cosa? Chi era interessato a lei? E cosa voleva dire 'interessato'? "Mamma, ma chi.."
Sua madre però iniziò a stirarle immaginarie pieghe del vestito con le mani e le tastò i capelli, senza calcolarla. "Non sai quanto siamo felici io e tuo padre! Uscire dall'ombra di tua sorella ti ha subito messo in mostra per la ragazza che sei. E..." Sua madre continuava a tartassarla di parole e solo quando impugnò la bacchetta per 'darle una sistemata', Astoria riuscì a bloccarla e a farsi ascoltare.
"Se intendi che vuole sposarmi, non sono interessata. Io..."
Oh, santo Merlino, come avrebbe fatto a spiegare alla madre che lei stava aspettando solo che Draco tornasse da dove si era cacciato?
"Certo che sei interessata! Non dovrai cedere subito, senz'altro. Ma vedrai che ti piacerà. È molto carino e la sua famiglia..."
"Non sono interessata a nessuno" rimarcò, con più durezza.
Il viso di sua madre divenne duro per qualche secondo, proprio come l'ultima volta che l'aveva vista parlare con Daphne, e un po' si spaventò. Subito dopo però lei tornò sorridente e, anche se Astoria rimase un po' guardinga, si lasciò riprendere sottobraccio e camminarono fino alla porta dello studio del padre.
"Dovrai sposarti prima o poi.Tanto vale vagliare bene tutte le opportunità. Se questo primo pretendente non ti piace, lo farai stare sulle spine per un po', giusto il tempo che si sappia in giro. Quando tutti si accorgeranno che qualcuno ti ha messo gli occhi addosso, vedrai quanti ragazzi inizieranno a bussare alla nostra porta!" eccitata come un bambino la mattina di Natale, continuò: "Non dovrai fare nient'altro che dargli un po' di corda. Lui è un buon partito, ma se dovessi volere di più ci..."
Astoria sospirò. "Mamma non voglio..."
Sua madre le strinse il braccio e il suo viso si fece di nuovo duro. "Adesso entreremo e sarai gentile ed educata. Non..."
Ma Astoria non voleva essere né gentile né educata. Lei voleva Draco. Si ricordò le parole di Pansy e ci pensò; sì, lo voleva vedere. Ma per Salazar, perché questo tipo doveva presentarsi proprio adesso? Lei doveva solo aspettare un po' e permettere a Draco di tornare. Lui non aveva proprio parlato di matrimonio, no, però tutto ciò che si erano scritti era un grosso passo avanti e sapeva che prima o poi sarebbero stati insieme.
O almeno ci sperava. Non si stava illudendo per niente, vero? No. No.
Si morse un labbro prima di posare la mano sulla maniglia della porta, sentendo la voce di suo padre, al di là del legno, dire indistintamente: 'Figliolo'.
Spalancò la porta e, prima ancora di osservare la stanza, esclamò: "Non sposerò nessuno!"
Draco sapeva che passare dai genitori di Astoria era la prassi e che lo avrebbe fatto apprezzare agli occhi della famiglia, ma se quell'uomo lo avesse chiamato un'altra volta 'figliolo' o avesse decantato ancora una delle mille bacchette antiche che aveva nella teca sopra la scrivania nello studio, avrebbe dato di matto.
Voleva fare le cose fatte bene. Sapeva che Astoria discendeva da una delle più nobili famiglie purosangue e che per stare con lei doveva fare tutto secondo l'etichetta, anche ascoltare gli interminabili racconti di suo padre o sorridere alle moine di sua madre, ma ora desiderava soltanto vederla.
E stringerla fra le braccia. E baciarla. Sì, beh, e tutto il resto. Era riuscito a ripulirsi: non solo non frequentava più brutti giri, ma aveva anche iniziato a occuparsi delle sue proprietà e il suo patrimonio. Sapeva di essere un buon partito, ora. Sapeva che i suoi genitori erano molto tradizionalisti e ci tenevano a determinati passi da compiere così, nonostante pensasse che fosse così stupido, si era presentato chiedendo il permesso di frequentare e corteggiare Astoria: per lei poteva sopportare tutto. Tutto. Ma lei doveva arrivare.
Era più di un'ora che sua madre sosteneva un 'vedrai che arriverà a momenti' e ora iniziava a perdere un po' la compostezza e la pazienza: dov'era? Non era uscita con un altro, giusto? Le lettere che si erano scambiati per lui erano chiare: voleva darle tutto se stesso e anche lei sembrava d'accordo. Non le aveva detto che sarebbe passato proprio la sera stessa in cui sarebbe tornato, ma lui lo dava per scontato.
Fu con un certo sollievo, quindi, che sentì la porta del piccolo e pomposo studio del signor Greengrass aprirsi e quando vide la bellissima ragazza di cui era innamorato, sorrise.
"Non sposerò nessuno!" esclamò lei e Draco per poco non scoppiò a ridere a vedere la sua espressione caparbia.
"Intanto potremmo andare a cena, così ne parliamo per bene. Che dici?"
***
"Ciao, bella donna! Ciao Piccolino! Come state? Guarda cosa ti ho portato!"
Pansy alzò il viso dalla rivista che non stava neanche leggendo e sorrise a Ginny che era entrata come un uragano nella sua stanza: da quando lei e Blaise si erano lasciati, veniva a trovarla lo stesso ed era sempre molto carina, nonostante tutto. Pansy si sentiva così in colpa nei loro confronti.
Allungò le mani, curiosa di sapere cosa effettivamente le avesse portato.
Un piccolo pacchetto avvolto in carta velina fece la sua comparsa, mentre la rossa avvicinava una delle poltroncine al letto.
Pansy scartò un piccolo maglioncino fatto ai ferri, un piccolo tripudio di rosso, bianco e verdone: un maglione natalizio. 'Il mio primo Natale', in lettere luccicanti era ricamato sul davanti e piccole renne e pupazzi di neve in basso, volteggiavano in un girotondo che finiva sul retro del lavoro.
"Santo Salazar!" riuscì solamente a dire, prima di scoppiare in lacrime.
Theo mise un piede in camera e sorrise a vedere Pansy che ammirava un maglione di lana in miniatura. Il suo volto era estasiato, ma la piccola Weasley si allarmò.
"Oddio, non ti piace? È brutto?" chiese, con gli occhi sbarrati.
Theo non riuscì a trattenere una risata e la tranquillizzò: "No, Wealsey, è che Pansy è entrata nella fase 'piango per tutto'. A volte piange di gioia, a volte di tristezza. A volte per tutte e due le cose insieme".
Lei gli si avvicinò, corrugando la fronte. "Allora le piace?"
Theo rise ancora. "Sì, sì. Questo è un pianto di gioia". Fece qualche passo verso il letto e si fermò a guardare il regalo anche lui: era veramente piccolissimo. Fece una carezza a Pansy e lei alzò gli occhi su di lui, con uno sguardo dolce.
"Ringrazia tua madre da parte nostra" le disse.
Ginny, molto più tranquilla, sorrise a Pansy per poi guardare subito di nuovo verso Nott con uno sguardo serio. "Perché pensi che lo abbia fatto mia mamma? Non potrei averlo fatto io?"
Nott alzò un sopracciglio, guardandola. "Se lo avessi fatto tu, Pansy avrebbe pianto e basta."
"Per Godric, è molto probabile!" Ginny scoppiò a ridere e anche la ragazza seduta sul letto non riuscì a trattenersi.
"Come siete sciocchi! È veramente bellissimo, vorrei ringraziare tua madre di persona. Magari le scrivo un gufo..." Pansy continuò a piangere e a parlottare dicendo cose sottovoce.
Nott uscì dalla stanza e Ginny si sedette accanto a Pansy.
Pansy aspettò che Theo raggiungesse la cucina e poi si sporse verso l'amica. "Hai notizie di Blaise?" le chiese, per poi pentirsene subito dopo. "Scusa se lo chiedo proprio a te, ma Theo non ne vuol sentir parlare, Astoria non l'ho più vista e io non so a chi chiedere..."
Ginny, però, scosse le spalle. "No, Pansy, non so niente. Ma lo chiedi davvero alla persona sbagliata: probabilmente ha messo qualche incantesimo a casa sua per impedirmi di entrare..." Il tono della rossa era un po' triste e lei si pentì di averglielo chiesto.
"Scusami, hai ragione..." Piegò il maglioncino con precisione millimetrale, prima di infilarlo ancora nella carta velina. "Ma io non penso che lui non voglia vederti, sai? Magari se provassi..."
Ginny, infastidita dall'argomento, strinse le labbra. "Possiamo non parlare di Blaise?"
"Ottimo consiglio, Weasley!" La voce di Nott fece girare le due ragazze verso la porta: nessuna delle due lo aveva sentito tornare.
Ginny non parlava volentieri di Blaise perché non voleva dover ammettere che lui l'aveva fatta sentire inadeguata e che avesse detto che non era geloso perché non teneva a lei. Non lo aveva detto a nessuno. Era così triste e le si stringeva il petto solo a pensarlo. Si stava bene anche da soli, vero, ma non se la tua mente era costantemente impegnata dallo stesso pensiero. Non era stato così neanche con Harry.
Pansy abbassò gli occhi: sapeva che Theo non aveva piacere che si informasse su Blaise, ma lei voleva solo accertarsi che stesse bene. Era suo cugino, in fondo! Aveva diritto di sapere. Ma sapeva anche che la questione dava a Theo parecchi pensieri e lei non voleva rivangare troppo: lui si era spaventato e lei, per quanto cercasse ancora di tranquillizzarlo, si sentiva impotente. E stare a letto tutto il giorno non aiutava per niente. Non vedeva l'ora di potersi alzare.
Theo sospirò a vedere il viso di Pansy: sapeva che doveva fare qualcosa, ma non sapeva cosa. Aveva detto a Blaise di non farsi più vedere ubriaco, ma pensava che, tempo qualche giorno che lui squassasse la sbronza, sarebbe tornato e si sarebbe scusato.
Uscì di nuovo dalla stanza, dicendo che sarebbe andato a Diagon Alley e si intristì ancora di più quando Pansy non gli chiese di comprare i suoi dolcetti preferiti: così non andava bene.
Raggiunse l'ingresso per prendere il mantello e le altre cose, quando sentì alle sue spalle la piccola Weasley che lo raggiungeva.
Ginny, quando vide Nott uscire dalla stanza, si alzò e gli corse dietro. "Nott!" sussurrò con decisione, raggiungendolo fino alla cabina armadio, dove prese il mantello leggero.
Lui doveva averla sentita arrivare, perché non si sorprese della sua presenza: si voltò verso di lei sospirando come se portasse il peso del mondo.
"Tutto bene?" si sentì in dovere di chiedere e lui annuì distrattamente, ma guardò da un'altra parte. Decisa a farselo bastare, sussurrò, ancora. "Forse dovresti parlare con Blaise".
Nott rise, ma la sua risata non era cattiva o divertita, sembrava solo stanca. "Parlaci tu, se vuoi tornare con lui" dichiarò.
Theo vide la piccola Weasley sbuffare e fare un gesto con la mano che avrebbe potuto avere così tanti significati che si sentì confuso.
"Non per me, troll: per Pansy!"
"Pansy?" chiese, ma sapeva perfettamente cosa gli stava dicendo.
"Sì! Non mi dire che non te ne sei accorto!"
Lui scosse le spalle. Certo che se n'era accorto, cosa credeva? Pansy piangeva anche per Blaise. Certo, lo faceva quando pensava che lui dormisse o che non avrebbe sentito, ma lo faceva. Ed era triste. Ma lui non poteva fare niente.
"Non posso andare da lui e dirgli che deve venire qui. L'ultima volta gli ho detto di non presentarsi più ubriaco."
Scosse il capo e si voltò per prendere i soldi e documenti, infilandosi tutto in tasca.
Ginny alzò gli occhi al soffitto e gli prese un braccio per obbligarlo a voltarsi verso di lei. "Dovrai farlo, sai benissimo che non durerà ancora molto, fra un po' Pansy si stuferà, si alzerà da quel letto e andrà da lui e tu non potrai fare niente perché non ci sarai. Se invece vuoi gestire bene la situazione..."
Nott sospirò e lei gli lasciò andare il braccio. "Lo so. Sto solo aspettando la visita del medimago. Se ci dirà che il pericolo è passato e loro non corrono più rischi, lo farò".
Ginny annuì: sembrava una buona idea.
"Quando avete la visita?"
"La settimana prossima."
Theo notò la ragazza mordersi il labbro e pensare. Sbuffò mentalmente: sapeva anche lui che era fra molto tempo, ma cosa poteva farci?
"Capisco..." disse invece lei, come se veramente potesse capire la situazione. "In questo caso, me lo faresti un favore?"
Il ragazzo sospirò: cosa voleva ancora quella ragazza? Le fece un cenno con il capo, invitandola a continuare.
"Potresti assicurarti solamente che lui stia bene?"
Sapendo che stava parlando di Blaise, alzò un sopracciglio. "Perché non ci vai tu?"
Lei guardò verso la finestra e poi tornò a posare lo sguardo su di lui. "Non mi direbbe mai che non sta bene. Piuttosto morirebbe infelice e tormentato..."
Theo si stupì della sua frase: era vero, Blaise non lo avrebbe mai ammesso. Lei lo conosceva bene.
"Ricordami perché vi siete lasciati" disse.
Ma lei scosse le spalle. "C'è stato un malinteso e ho sbagliato il momento per parlargli..."
Come? Cosa intendeva? "In che senso?"
Lei si passò una mano fra i capelli e fece un passo indietro. "Ma niente lui... era un momento in cui non avrei dovuto..."
"Uno scatto d'ira?" chiese, stranito. La Weasley non era stata molto tempo con Blaise, e lo conosceva da pochi mesi, e lui cercava sempre di essere molto controllato, possibile che si fosse lasciato andare così tanto da mostrare quella parte di sé? La ragazza annuì. "Ti sei spaventata? Non..."
Ma lei scosse la testa e lo interruppe. "No, no. Mi era già capitato di vedere uno scoppio d'ira, non ho avuto paura. Ma mi sa che non ho aspettato che passasse del tutto e..."
"Lo avevi già visto?" Nott iniziava a pensare che lei fosse riuscita a scalfire l'armatura di Blaise molto di più di quanto aveva pensato.
Ginny annuì ancora. "Sì, ma non è di questo che volevo parlare. Dovresti davvero..."
Lui la interruppe. "Chiederò aiuto ai ragazzi e mi assicurerò che stia bene".
"Grazie, Nott."
Theo la osservò tornare in camera, chiamando Pansy a gran voce e gridando qualcosa che fece ridere la mora. Quella ragazza era strana. Ma sicuramente era quella giusta per Blaise. Quella sera avrebbe scritto a Draco e Hermes e avrebbe cercato il modo per assicurarsi che stesse bene.
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