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Piccoli passi

Piccoli passi

Draco sbuffò mentre varcava la soglia del locale, facendo un cenno con il capo all'usciere. Un folletto si materializzò al suo fianco. "Mr Malfoy, che piacere rivederla dopo tanto, vuole consegnare il mantello? Le chiamo subito un elfo" lo salutò, battendo le mani e chiamando un elfo a gran voce.
L'elfo si materializzò davanti a loro e lo salutò con un inchino. "Mr Malfoy gradisce dare il suo mantello a Rooko?"
"No. Sto solo cercando una persona" spiegò, senza smettere di camminare.
"Chi cerca, Mr. Malfoy?" Il folletto fece un gesto all'elfo e questi scomparve. "Cerca compagnia? Posso consigliarle..." La piccola creatura era quasi eccittata all'idea di procurargli una prostituta. Per la prima volta si fermò e lo guardò chiedendosi cosa ci guadagnasse lui da quel tipo di transazione: soldi? Oppure spiava di nascosto? Scosse la testa, deciso a non voler sapere più di quanto fosse disposto a sopportare.
"Cerco Blaise: è qui? È in una delle camere?"
Il folletto, nascondendo non troppo bene una smorfia scontenta, scosse il capo. "Nessuna compagnia per Mr. Zabini da molto tempo, solo il tavolo verde. Lo trova alla sala dell'Ungaro Spinato" E detto questo, indicò con la mano un corridoio e si smaterializzò.
Draco spalancò gli occhi e scosse le spalle, sconsolato: se Blaise era finito nella sala da gioco più cara e pericolosa della bisca gestita dai folletti, non era messo bene.
Per fortuna Astoria aveva insistito perché andasse a controllare dove fosse. E anche Theo gli aveva scritto chiedendo aiuto. Sperò che non fosse tardi.
Con passo veloce si diresse verso l'ultima sala del corridoio e si fermò davanti alla porta chiusa, l'unica della bisca, quando il folletto si materializzò di nuovo al suo fianco.
"Devo aprirle io la porta. Sa quali sono le regole, Mr Malfoy..." esordì lui.
Draco annuì e mise una mano in tasca tirando fuori una manciata di galeoni e porgendoli al folletto.
Lui li afferrò con le lunghe dita, li fece sparire e allungò la mano verso la porta, senza toccarla, e i due battenti si aprirono lentamente, lasciandolo passare. Draco entrò nella stanza in penombra e densa di fumo e sentì lo schiocco delle porte richiudersi alle sue spalle.
I suoi occhi ci misero qualche attimo ad abituarsi alla poca luce, ma subito dopo, come un dejavù, il suo cervello registrò, un po' dalla memoria e un po' da quello che vedeva, la situazione.
Al grosso tavolo verde erano sedute solo quattro persone, più il mazziere. E Blaise sembrava quello messo meglio, nonostante avesse la cravatta allentata e la camicia sbottonata. Più di una macchia era presente sul suo vestiario, mentre la giacca era ripiegata malamente sulla bassa spalliera dello sgabello.
Con passo deciso, ignorando gli altri e il folletto che stava dando le carte, si avvicinò al tavolo, dalla parte dove era seduto l'amico.
"Deve aspettare il prossima giro, Mr Malfoy, questa mano è già iniziata" spiegò stizzito il folletto, lanciandogli uno sguardo di disgusto dall'alto del suo sgabello, più alto degli altri, perché fosse all'altezza degli altri giocatori.
"Non sono qui per giocare" rispose seccamente, prendendo Blaise per un gomito.
Blaise, che si accorse di lui sono in quel momento, spalancò gli occhi, come se non lo vedesse da anni e fosse molto contento; Draco si sentì una merda quando sentì l'odore di alcol e di vecchio che lo avvolgeva.
"Draco! Anche tu qui! Ti unisci a noi? Mazziere, carte per il mio amico Draco!" esclamò poi, verso il folletto, che scosse la testa.
"Ha appena detto che la mano è chiusa e non può partecipare nessun altro. Sei sordo o stupido?" Tutti e due si girarono verso l'uomo seduto accanto a Blaise che, fumando un sigaro dall'odore nauseabondo, aveva in mano tre carte e un bicchiere rotondo con due dita di liquore. Draco lo conosceva: era un mago che veniva dalla scozia, un tale Brook o Dooke, ma che tutti chiamavano Cheter, visto il suo modo non troppo sportivo di giocare. E il fatto che fosse accanto a Blaise, fece capire a Draco che era il caso di portarlo via di lì.
"Ma come ti permetti, brutto..." Blaise si arrabbiò, ma non essendo sobrio, quando provò a scendere dallo sgabello, inciampò e si ritrovò per terra. Cheter rise, facendo un cenno con il bicchiere dietro al mazziere: subito un elfo apparve al suo fianco e versò da bere.
"Andiamo, Blaise, è ora di tornare a casa."
"Così può finire di ammazzare la tua ragazza?" chiese ancora Cheter, raccogliendo le carte in un mazzetto e facendolo battere di lato sul tavolo.
"Chiudi il becco" mormorò: non c'era neanche bisogno di dirgli che non era di lui che Blaise gli aveva parlato.
Il mago rise, mentre Draco aiutava l'amico a tirarsi su da terra. "Pansy sta bene?" La voce di Blaise era preoccupata e stranamente acuta.
"Ne parliamo fuori di qui. Andiamo."
"Non può lasciare una mano a metà" spiegò, mettendo le carte sul tavolo a faccia in giù e prendendo una manciata di monete. Le lanciò sulla montagnola al centro del tavolo.
"Mostra le tue carte, Zabini. Vediamo di che pasta sei fatto."
Blaise, una volta in piedi, cercò di prendere dei soldi dalla pila davanti a lui per coprire l'offerta del giocatore, ma sbagliò a lanciare e le monete caddero troppo vicino a lui.
Cheter rise. Rise di lui. E a Draco ricordò troppe cose per far finta di niente.
"Andiamo via" insistette. Prese uno stupito Blaise per il braccio, raccolse la sua giacca e girò con lui intorno al tavolo. Quando fu abbastanza vicino al mazziere, sussurrò all'orecchio del folletto una frase e poi si incamminò verso la porta.
Subito dopo il folletto alzò le mani e Chater cadde disteso sul pavimento a braccia e gambe aperte verso l'alto, come una tartaruga rovesciata.
"Che gli hai detto?" sussurrò Blaise, osservando la scena.
"Dove Cheter nasconde le carte."
E detto questo, una volta tirato Blaise per il corridoio e fino alla porta di ingresso, si smaterializzarono insieme.

*

Blaise si ritrovò nel salotto di casa sua nel tempo di sbattere le ciglia.
Osservò Draco guardarsi intorno arricciando il naso e rise, vedendo la sua espressione. "Sei diventato snob, Draco?" lo prese in giro, facendo un passo avanti e spostando con il piede una scarpa, per raggiungere il divano.
"No, Blaise, ma sapevo che tu ci tenevi, a un minimo di ordine e pulizia. Dov'è il tuo elfo?"
Blaise alzò le spalle e si sedette sulla poltrona vicino al tavolino, dove bottiglie mezze piene giacevano da qualche giorno. Scelse un bicchiere e si versò da bere.
"Smettila di bere. Non..."
"Merlino, Draco, ti ricordi quando lo dicevamo noi a te?" Lo prese in giro Blaise, ma senza cattiveria.
Draco si avvicinò a Blaise e gli tolse il bicchiere di mano. "Sì, mi ricordo. Sto solo ricambiando il favore".

Blaise scosse le spalle e non disse niente quando lui posò lontano il liquore, ma prese una sigaretta e l'accese con la bacchetta.
"Diamine, Blaise, ma non ti interessa di niente?"
"Di cosa dovrei interessarmi?" Davvero, lui non aveva pensieri.
Draco sbuffò. "Di Pansy, della tua ragazza o..."
"Mi ha lasciato. Non ho una ragazza" ci tenne a precisare lui; preferì non nominare Pansy.

Draco si chinò e raccolse qualcosa da terra, per buttarlo sul divano. "A quanto ne so, l'hai cacciata tu, da qui".
Blaise voltò la testa velocemente verso di lui. "Le hai parlato?" Il suo tono era veramente interessato. Doveva aver bevuto parecchio, se non riusciva più a mantenere il suo finto distacco.
Scosse le spalle e la testa in un gesto vago: era meglio non dire niente.
Si girò ancora e vide altra confusione in giro. Prese la bacchetta e si mise a raccogliere da terra piume rotte e pennini.
"Non fare l'elfo domestico. Cos'è, Astoria ti ha già messo sotto?"
Draco sbuffò. "Vuoi litigare anche con me? Non ti basta aver fatto incazzare Theo?"

Blaise abbassò gli occhi: nei confronti di Theo si sentiva in colpa, dannatamente in colpa. Si erano detti un sacco di cose nel corso degli anni e loro si conoscevano da quando erano bambini, ma mai uno di loro aveva usato il tono che l'amico gli aveva rivolto l'ultima volta che si erano visti.
Ma logicamente non lo avrebbe mai ammesso.
"Theo ha esagerato. E solo perché..."
"Perché ci tiene a veder nascere suo figlio?" lo provocò il biondo, continuando a raccogliere cose anche fuori dalla porta del salotto. Quando raggiunse il corridoio, Blaise si alzò per raggiungerlo.
"Io non lo sapevo. Non..."
"Sai, da te, che stai sempre attento a non fare stronzate, non se lo aspettava nessuno."
"Non è stata colpa mia! È stata colpa sua!" ci tenne a precisare.

Draco, che era praticamente in corridoio, tornò indietro e lo guardò dalla porta. "Di Theo?"
Blaise fece altri passi verso di lui, scuotendo il capo. "Di Ginny!"
Draco sospirò pesantemente e tornò verso il corridoio raccogliendo cose: neanche fosse stato davvero un elfo domestico!

"Sono proprio sicuro che fosse colpa sua, visto che non c'era" ironico e con una smorfia beffarda, l'amico lo prese in giro: per poco Blaise non tirò fuori la bacchetta per cruciarlo.
"Ti dico che è colpa sua! È lei che mi ha fatto diventare così!" esclamò, indicandosi.
"Stupido?"
"Confuso!" lo corresse lui, gridando.

Draco corrugò la fronte. "Che dici?"
"Quando sono con lei non capisco niente, non sono più io. E non va bene. Io devo sempre sapere chi sono. Io... Io..."
"Sei finalmente una persona normale. Fai cose che fanno tutti, hai sentimenti, non ci guardi più dall'alto del tuo piedistallo."
"Non è vero! Faccio queste cose... strane! E non sono cose buone!" Blaise si era diretto verso una delle stanze vicino al salotto e Draco lo seguì, vedendo che raccoglieva qualcosa da terra. "Sono cose stupide, perché mi fanno credere che..."
Lui sventolò quello che aveva in mano da destra verso sinistra e poi anche in su e in giù, sparlando a casaccio.
Ma cos'era quel coso che aveva in mano? Draco si avvicinò un po', cercando di prestare attenzione all'oggetto: non era un libro, sembrava più un album.
Quando Blaise, all'ennesima stronzata che stava dicendo, lo sbatté sul tavolo, Draco tentò di distrarlo per afferrarlo. Gli fece notare una cosa in fondo alla stanza, sapendo benissimo che lui avrebbe disapprovato la sua posizione, e infatti si allontanò da lui per sistemare. Velocemente afferrò il plico e cercò di sfogliare le pagine: dalle linee della penna e dalle vignette, capì che era un fumetto. Quando riconobbe la figura della piccola Weasley insieme ad Astoria, sorrise. Girò qualche pagina e vide chiaramente la scena di quando avevano giocato a Imperium e Veritaserum. Vide la bottiglia girare e Blaise e la rossa voltarsi uno verso l'altra.
Sorrise perché sapeva di essere stato lui a scatenare il tutto. Sfogliò ancora qualche pagina e, nell'ultima vignetta disegnata, vide Blaise inginocchiarsi e prendere le mani della ragazza e dichiararle il suo amore. Lesse proprio il 'Ti amo' nel fumetto sopra alla sua testa.
Blaise lo chiamò e lui fece sparire il tutto nella tasca del mantello, prima di girarsi. Doveva farlo vedere alla Weasley. Lei doveva capire che lui in fin dei conti aveva solo paura, paura di quello che provava perché non sapeva cosa fosse e come gestirlo. Un po', forse, come si era sentito lui.
Sorrise al pensiero che non sarebbe più stato in debito con lei, che lo aveva convinto a provarci con Astoria, mettendo a nudo i suoi sentimenti e le sue emozioni. E che era stata la scelta migliore di sempre.
"Draco, non..." Blaise, stordito dall'alcol e ancora confuso e malleabile, si tirò su da terra e si appoggiò con la mano al muro, come se facesse fatica a mantenere l'equilibrio: probabilmente era così.
"Chiama il tuo elfo, Blaise, così ci facciamo fare del caffè. Tanto caffè" propose lui, togliendosi il mantello mentre camminava e appoggiando una mano sulla spalla dell'amico, per aiutarlo a tornare in salotto.
Sarebbe stata una lunga notte.

***
"Il nostro piccolino sta bene!"
Theo guardò Pansy che, con le lacrime agli occhi, si accarezzava la pancia.
Erano appena tornati dalla visita dal medimago e Theo aveva tirato più di un sospiro di sollievo.
"Perché non ti metti qualcosa di comodo e ti siedi in poltrona in salotto?" le propose lui.

Pansy guardò il fidanzato con la fronte corrugata. Dopo aver passato tanto tempo in casa, di sicuro non voleva mettersi in poltrona!
Lui dovette capire i suoi pensieri perché scosse le spalle con noncuranza. "Sei stata tanto a letto, non eri più abituata agli sforzi e oggi siamo usciti e stati fuori un bel po'. Non vorrei esagerare. Possiamo fare qualcosa domani..."
Theo sembrava imbarazzato, così lei capì che non voleva controllarla o prevaricarla, era davvero solo preoccupato. Però sbuffò.
"Sei strano. Non mi piace" ammise.
"Devo andare alla Gringott e..."
"Ma non ti eri preso un giorno di ferie?" Pansy era stupita, era sicura che lui sarebbe stato con lei tutto il giorno. Il medimago aveva dato loro il permesso anche di riprendere a fare sesso e lei voleva fargli una sorpresa, visto che glielo aveva chiesto in un momento che Theo non sentiva.
"Mi dispiace, Pansy, ma ho fatto molte assenze e..."

Theo cercò di non guardare la ragazza negli occhi: non gli piaceva mentirle.
Pansy non disse niente e lui si sentì una merda a vedere la delusione nei suoi occhi. Si passò una mano fra i capelli. "Scusami, ma..."
"Va bene. Sai più o meno a che ora tornerai? Faccio preparare la cena anche per te o mi lasci da sola anche a cena?" Pansy era scocciata e Theo lo capì dal suo tono, finto annoiato.
"Pansy..."
"Vai, Theo, che stai facendo tardi" disse, girandosi e dirigendosi verso la zona notte, senza salutarlo.
Theo impugnò la bacchetta e si smaterializzò.

*

"Blaise! È più di un'ora che ti cerco..." Theo si materializzò a casa dell'amico e sbuffò nel trovarlo nel suo studio.
Blaise alzò gli occhi dalla scrivania e sollevò un sopracciglio. "E dove mi hai cercato?"

Il moro ebbe la decenza di arrossire e imbarazzarsi. Blaise lo notò quando si portò una mano sul retro dei pantaloni. "Scusa Blaise, è che avevo parlato con Draco e..."
Ecco. Ma Blaise era curioso. E un po' incattivito. "Dove mi hai cercato? Alla bisca? O al prostibolo?"
Theo si fece più teso. "Blaise, pensavo che..."
"E dimmi, Theo, come ti hanno accolto, lì? Con un tappeto rosso e gettando petali di rose rosse?"

Theo, capendo la provocazione dell'amico, si innervosì. "Merlino, Blaise, mi dispiace, ok?"
Blaise lo guardò duramente per qualche secondo e poi tornò a guardare qualcosa sulla sua scrivania. "Pansy come sta?"
Theo capì che l'amico si sarebbe fatto bastare quelle scuse e si avvicinò. "È fuori pericolo. Il bambino..."
"Dovrai chiamarlo per nome, prima o poi. Lo sai, vero?"

Blaise guardò l'amico che si era avvicinato e lui spostò lo sguardo per non incrociare i suoi occhi. "Hai paura, Theo?"
Lui, dopo un po', annuì lentamente, continuando a guardare verso la parete.
"Vedrai che andrà tutto bene. Sarai..."
Theo si voltò verso di lui così velocemente che Blaise si interruppe. "Non puoi saperlo. Nessuno lo sa. Nessuno sa come finirà!"
Blaise scosse le spalle: a volte i problemi degli altri sembravano così facili da risolvere. Si alzò e prese l'amico per le spalle. "Non sei come tuo padre, Theo. E il fatto che ti riempi di dubbi e ti metti in gioco, ti rende superiore a lui già in partenza. Sarai un bravo padre e un buon marito, io lo so. Lo so perché ti conosco".
Theo non disse niente e per un po' si guardarono negli occhi in silenzio. Quando lui annuì, Blaise piegò le braccia e strinse il moro in un abbraccio fraterno.
"So che hai mandato Draco a recuperarmi."
Theo si staccò da lui e si strinse nelle spalle. "Non potevo lasciarti là, era anche colpa mia. Io non potevo muovermi, ma dovevamo fare qualcosa".
Theo si preoccupava per gli altri, prima per Draco, poi per lui: Era davvero un amico, nonostante tutto quello che si dicesse in giro su di lui.
"Ora sono a posto" lo rassicurò.
"E la Weasley?"
Blaise alzò le spalle: non voleva parlare di Ginny. Era meglio tranquillizzare Theo sui suoi problemi, che affrontare tutte le stronzate che aveva fatto lui.
Non riuscì a reggere lo sguardo dell'amico e volse gli occhi altrove.

Theo alzò una spalla. "Ne hai da fare, di magie, prima di essere a posto".
Blaise rise per quella frase che si erano sempre detti da ragazzi. Theo si avvicinò alla scrivania e prese in mano una delle foto che c'erano sul piano.
Blaise si avvicinò. "Non mi vengono più bene... Non mi piace più farle. Non so come mai..."
Theo si voltò verso di lui. "Bene, allora facciamoti diventare a posto davvero".

Blaise corrugò la fronte. Cosa stava dicendo? "Cosa?"
"Andiamo". Theo lo prese sotto il braccio e tirò fuori la bacchetta.
"Dove andiamo?"
"Partiamo dalle cose semplici."


*

Pansy sbuffò, richiudendo il libro di scatto. Si alzò dal divano e si affacciò alla finestra: le strade della periferia erano incantevoli, ma lei non ne poteva più di osservale. Praticamente non aveva fatto altro da tutto il pomeriggio.
Il rumore indistinto di una materializzazione e il vociare, un po' troppo ciarliero, la fecero girare e dirigersi verso l'atrio, scoprendo non solo che Theo era tornato, ma che era in compagnia.
"Ma... Theo... Che succede?" chiese, per poi notare anche Blaise. "Blaise!" esclamò, dimenticandosi di tutto il resto e correndo verso di lui per abbracciarlo. Era stata così in pensiero per lui!

Theo sorrise ma disse, con tono fintamente stizzito: "La mia ragazza abbraccia te, ora capisci in che situazione mi sono messo?"
"Oh, troll che non sei altro!" Pansy si staccò da Blaise per dargli una manata sul braccio. "E io che ho passato le ultime ore a odiarti..."
Questa volta Theo rise e Pansy gli buttò le braccia al collo. "Dovrei lanciarti una fattura, smettila di ridere di me!" Ma il suo tono era diventato affettuoso. Lui la strinse senza dire niente.

Blaise tossicchiò: odiava sentirsi il terzo incomodo, anche se gli piaceva che due dei suoi migliori amici avessero quella splendida sintonia.
"Sì, ci siamo, ci siamo..." Pansy si staccò dal fidanzato e si rigirò verso di lui. "Come stai?" gli chiese.
Blaise alzò le spalle in risposta: cosa poteva dirle? Che era un troll?
"Vieni, ci facciamo preparare del tè..." Lei lo prese per un braccio e lo tirò verso il salottino che aveva fatto suo.
"Io..." Tutti e due si voltarono verso Theo, che aveva parlato ma non si era mosso da dov'era.
"Vai via ancora?" Pansy corrugò la fronte.
"Pensavo di lasciarvi soli. Sembra che io sia un po'... invadente."

"Theo..."
Theo osservò Pansy girarsi verso di lui. "Non devi andartene".
Ma il ragazzo scosse il capo. Voleva andare al Ministero a chiedere un colloquio per vedere suo padre. Come aveva detto a Blaise, erano partiti dalle cose facili, ma quelle più difficili andavano fatte lo stesso. E lui aveva bisogno di confrontarsi con il vecchio Nott. "Avrete tante cose da dirvi, immagino. E senza di me, sarà più facile".
Pansy tornò verso di lui e gli chiese se ne fosse sicuro. Lui annuì.
Poi si chinò a bisbigliare al suo orecchio: "Vedi di farlo ragionare, io non ci sono riuscito, magari con te si apre un po' di più..." Poi si chinò a baciarla sulla guancia.

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