Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Confidenze



"Cerca di ricordarti tutto tu, va là, perché se ho capito giusto, come mi avvicino, potrei scordarmi qualcosa..." spiegò lei, mentre abbassava la maniglia della porta a vetri che dava sul giardino. Blaise la seguì e con la bacchetta accese le lanterne inutilizzate in quel momento.
"Mmm, forse è meglio che lo faccia io..." mormorò, ma non troppo convinto.
"No, no, Zabini. Sono abbastanza convinta che non crederesti a niente di ciò che ti direi, quindi vado io."
Ah, davvero? Blaise alzò un sopracciglio e le lanciò un'occhiata. "Che c'è?"
"Niente" rispose. Possibile che prima lo avesse spinto perché Kikky non gli facesse dimenticare ciò che era successo? L'elfa stava correndo verso di loro. Forse si sarebbero scordati tutti e due del bacio se fossero rimasti vicini. Possibile che lei avesse intuito questa cosa e avesse voluto... Voluto cosa? Dimenticarla o cercare di salvare la sua, di memoria? Scosse le spalle, troppo confuso. "Niente" ripeté ancora.
Ma lei si fermò e i suoi occhi si socchiusero, sospettosi.
"Mi stai nascondendo qualcosa?"
"Chi? Io? E cosa dovrei nasconderti?" bleffò, ma la sua voce tremò: a poker era molto più facile, dovette ammettere.
Lei continuò a guardarlo diffidente. Poi si girò e si incamminò verso il centro del giardino. Sua madre aveva voluto delle vere aiuole di terra, perché adorava i fiori e aveva detto che voleva coltivarli anche con la brutta stagione. Lo stretto sentiero che ci passava in mezzo arrivava dritto al bidone da cui partivano i tubi di irrigazione.
Blaise osservò la ragazza che, senza neanche un tentennamento, camminava in mezzo al blu. Non aveva ancora raggiunto la fine del sentiero che si voltò: il suo sguardo era strano e, alla luce delle poche lanterne del giardino, lui non riusciva a decifrare la sua espressione. Allungò una mano verso uno dei fiori ma, prima di toccarlo, disse: "Dimmi che non ti ho detto niente".
Come? Blaise fece un passo in avanti e poi un altro. Non si avvicinò al confine dell'aiuola. "Dimmi che ciò che è successo prima che me lo scordassi, non è qualcosa di imbarazzante, triste o penoso che ti ho raccontato su di me o su..." Si interruppe e il ragazzo notò i suoi denti torturare il labbro inferiore.
Doveva tranquillizzarla, e subito. "No" rispose lui, la voce ferma e alta. Lei continuò a mordersi il labbro e alzò su di lui uno sguardo strano: non gli credeva? Cosa avrebbe potuto raccontargli di così brutto? Ora Blaise avrebbe voluto saperlo.
"Sei... sicuro?" La tristezza nella sua voce gli spezzò il petto. Avrebbe mentito se fosse stato il caso. Ma per fortuna non dovette farlo.
"Te lo giuro" disse solamente e poté vedere il sollievo colorarle il viso.
"Me lo giuri sulla nostra finta amicizia?" Sorrise e si girò verso il fiore che stava per toccare.
"Certo" concluse Blaise, ma pensò che lei non lo ascoltasse più. Avvicinò il naso al fiore e inspirò profondamente.
"Hanno un buon profumo, sai?" Ridacchiò e avvicinò le dita ancora un po', ma senza sfiorarlo neanche. Poi, con un gesto fulmineo, diede un colpo al gambo e fece un passo indietro: una pioggia di polvere cadde per terra, ma non la sfiorò.

"Non dovevi guardare l'acqua di irrigazione?" le chiese Zabini e Ginny si riscosse.
"Giusto. Mi stavo..." Il suo naso si arricciò, in una smorfia divertita "...scordando".
Prese la bacchetta e si avvicinò al bidone. "Specialis Revelio!" esclamò.
Parole brillanti e in bella grafia salirono verso l'alto come spirali di una pozione in un calderone caldo. Bacche di Vischio, Radice di Valeriana e Acqua di fiume Lete furono le parole che comparvero e sparirono in un soffio. Prima che comparisse l'ultimo ingrediente, Ginny si voltò verso il moro. "Eri bravo in pozioni, Zabini?" gli chiese e lui annuì, ma non in risposta alla sua domanda, stava soltanto seguendo le lettere.
"Pozione scordarella" disse, sospirando.

Blaise fece un passo indietro. Qualcuno aveva architettato tutto: i fiori, i vuoti di memoria, la credibilità di sua madre e i suoi dubbi, i galeoni, il furto in casa sua... Gli girò di nuovo la testa, ma questa volta non si sarebbe seduto per terra. Sentì la calma di sempre lasciare il posto all'irritabilità. Un'emozione devastante gli lambì lo stomaco tutto in un colpo, improvvisamente. Lo fece tremare, digrignare i denti e spalancare gli occhi: sentì il tutto salirgli al petto, alla gola, alla mente. Tirò fuori la bacchetta e la puntò contro un ammasso di vasi di terracotta che giacevano in un angolo. "Reducto!" urlò senza riuscire più a contenersi e questi saltarono in aria, facendo un gran casino e rompendosi in mille pezzi quando si fracassarono contro il pavimento. Si girò ancora, come in preda a un incantesimo oscuro, e puntò la bacchetta contro una grossa pianta di limone. Questa esplose e lui gridò ancora più forte dalla rabbia, quando le foglie e i piccoli fiori volteggiarono davanti ai suoi occhi. Con la mano agguantò un rametto sopravvissuto alla sua ira e strinse forte il pugno per demolirlo. Il dolore che sentì quando il legno gli bucò la pelle del palmo servì soltanto ad alimentare il suo voler distruggere tutto.
Rabbia, odio, impotenza, irritazione e acredine gli si annidarono nel petto, alimentandosi ogni volta che la sua bocca urlava un incantesimo. Iniziava a sentire il sudore colargli sul viso, senza che lui potesse fare niente per fermare le gocce che, intrepide, continuavano a solcargli la pelle. Solo più tardi capì che erano lacrime di rabbia. Il suo braccio si muoveva da solo, in un'incredibile autonomia e indipendenza. La voglia di spaccare tutto era forte, decideva per lui e fu solo quando puntò la bacchetta in mezzo ai fiori e vide lei, che si bloccò improvvisamente.

Ginny non aveva paura. Sapeva che la calma spesso era solo frutto di tempeste che sarebbero scoppiate. E ora questa era scoppiata. Glielo aveva letto in faccia: la paura di non riuscire a proteggere qualcuno era qualcosa di insidioso che cresceva sotto pelle, nella mente e nel petto. L'impotenza del non poter controllare la situazione ti facevano dubitare di te, del mondo, di chi avevi accanto. E non potersi fidare di nessuno era tremendo, ti lasciava vuoto e secco come una pianta che ti sei scordato di innaffiare.
Ma non aveva paura. Sapeva che lui non ce l'aveva con lei, ma con se stesso, glielo leggeva in faccia, negli occhi, nelle lacrime che gli solcavano il viso. Quando gli oggetti intorno a lei iniziarono a vorticare e frantumarsi si protesse con un incantesimo e aspettò che il tutto, come una tempesta, facesse il suo e passasse.

Blaise abbassò lentamente la bacchetta e richiuse la bocca. Ginny scosse la bacchetta e tornò sui suoi passi.
Quando lo raggiunse, il suo viso non tradiva paura o disapprovazione: lei era tranquilla.
"Va meglio?" gli chiese solamente e lui annuì, incapace di dire una parola qualsiasi: non gli piaceva aver avuto quella reazione davanti a lei, ma non era riuscito a controllarsi.
Si girò a guardare dove fosse Kikky e la rossa, vedendo cosa stava facendo, spiegò: "Kikky si è smaterializzata subito".
Blaise annuì ancora e lasciò che lei gli si avvicinasse. "Tu no" disse solamente e lei sorrise di un sorriso triste.
"Io no" confermò. "Immaginavo che la tua calma e la tua compostezza prima o poi potevano scoppiare. Nessuno può essere veramente così".
"Sei rimasta per criticarmi?" chiese ancora.
"Sono rimasta per aiutarti a pulire."
"Pulire?" Blaise si guardò intorno, spalancando gli occhi. Lui non avrebbe pulito! "Non ho..."
"Fidati: se ora pulisci, ti ricorderai di quello che hai fatto e la prossima volta, invece di 'scoppiare' imparerai a lasciare andare le cose un po' per volta."
Lei non disse nient'altro e puntò la bacchetta verso il muro macchiato di terra e dove diversi cocci di vaso si erano conficcati ma poi, prima di esprimere qualsiasi incantesimo, si voltò verso di lui, guardandolo con intenzione.
"Potremmo chiamare Kikky e farlo fare a lei" disse, senza convinzione e avvicinandosi, ormai rassegnato.
"Lei potrebbe farci da mangiare, in verità: io ho saltato la cena" propose la ragazza.
Blaise la osservò ed ebbe quasi l'impressione che lei arrossisse.
"Va bene" acconsentì, avvicinandosi a lei e iniziando a incantare il muro. "Ma facciamo coì: puliamo e dopo andiamo fuori a mangiare".
Mentre faceva roteare la bacchetta, Ginny rise. "Sempre per la nostra finta amicizia?"
"Solo per quella!" Stette al gioco lui.
"Allora dovrò iniziare a chiamarti Blaise?" Fece un altro passo e si allontanò da lui per riparare altri vasi e radunare degli attrezzi.
"Potresti" disse, con finta accondiscendenza, rendendosi conto che per lui lei era già 'Ginny' e non più 'La Weasley'.
Insieme continuarono a pulire.

***

"Pensavo saremmo andati nel pub dell'altro giorno..." Blaise non capì bene il tono della ragazza. Voleva tornare in quel postaccio? Non andava bene dove l'aveva portata? Osservò l'insegna magica del 'Tasty Magic' un po' perplesso: erano davanti a uno dei ristoranti più famosi e rinomati del mondo magico e lei faceva storie?
"Non va bene, qui?" chiese, abbassando lo sguardo per guardarla.
"Mmm... Sì, sì..." rispose, ma lei non sembrava convinta. E quando mentiva, glielo si leggeva in faccia.
"Non potresti mai giocare a poker, ragazzina. Dove vuoi andare?"
Lei scosse le spalle.

Ginny non era il tipo da rifiutare un invito e i posti eleganti non erano un problema, neanche quando era vestita come una magonò e aveva passato l'ultima ora a pulire un giardino dalla terra. Ma il Tasty Magic non le piaceva. Era elegante, tutti ne cantavano le lodi, le ragazze del mondo magico impazzivano quando venivano invitate lì e tutto il resto. Ma a lei non piaceva. Non piaceva perché era un covo di giornalisti e l'ultima volta che c'era stata poi sulla gazzetta del profeta erano apparse troppe foto sue e di Harry con didascalie fraintendibili.
"Da un'altra parte" disse solamente.

Blaise annuì e la prese per mano prima di smaterializzarsi. Era parecchio tardi e non era sicuro che ci fosse un altro posto aperto a quell'ora.
"Casa tua?" chiese Ginny, stranita, quando si materializzarono davanti al camino spento. Blaise alzò le spalle.
"È tardi per cenare. Al Tasty Magic avrebbero fatto uno strappo per me, ne sono sicuro perché ci vado spesso, ma non saprei dove altro andare..."

Ginny annuì al suo ragionamento: non ci aveva pensato. "Ok, allora torno subito..." disse, guardandosi intorno.
"Dove vai?" Blaise corrugò la fronte, confuso.
"A casa. Mia madre lascia sempre del cibo per chi torna tardi: lo vado a prendere."
E senza lasciargli dire nient'altro, si smaterializzò.

*

Fu solo dopo tre quarti d'ora che lei si materializzò di nuovo. Ma Blaise non la sentì, perché era nello studio a disegnare, dove si era sistemato subito dopo aver fatto la doccia.
Lei comparve sull'uscio, con in mano una teglia, e bussò alla porta aperta: fu in quel momento che si accorse di lei e la vide. "Ciao" lo salutò quando alzò gli occhi dalla scrivania.
Per poco non rovesciò la boccetta di inchiostro per lo spavento. "Scommetto che pensavi che non sarei più tornata..." Ginny fece un passo verso di lui e Blaise allungò una mano alla bacchetta iniziando a far sparire le pergamene.
"Ancora segreti, Zabini?" lo stuzzicò la ragazza, con un sorriso divertito in viso ma, anche se si avvicinò a lui, non cercò di sbirciare.
"Non dovevamo chiamarci per nome? In nome della nostra falsa amicizia?" le chiese lui, per spostare l'attenzione dalle sue cose.

Ginny rise perché aveva capito il suo intento e poi divenne subito seria. La parola 'falsa' non le piaceva. Le dava una brutta sensazione.
"Ma è la stessa cosa di 'finta', che è l'aggettivo che usi tu" la contraddisse il moro, quando glielo disse. Ginny alzò le spalle.
"Se lo dico io so di preciso il significato che voglio dargli" spiegò, ma lui aggrottò ancora la fronte. "Però va bene, ti chiamerò per nome. Vado in cucina a mettere nei piatti questo ben di dio. Se hai fame raggiungimi, Blaisuccio!"

Blaise alzò gli occhi al cielo: le ragazze erano difficili e complicate. Con un incantesimo riordinò tutto e la raggiunse in cucina. "Comunque pensavo che non tornassi più davvero..." disse, prendendo posate e piatti.
"Mio fratello si era finito tutto. Mia madre era così dispiaciuta che ha preparato dell'altro con ciò che aveva in dispensa. E nel frattempo mi ha obbligato a farmi la doccia: sapevi che volevi portare al Tasty Magic una ragazza con la terra fra i capelli?" Ginny si passò una mano sui capelli, probabilmente nel punto dove aveva trovato tracce di sporco, e lui non poté fare a meno di notare che erano stati raccolti nel suo modo disordinato e tremendamente sexy. La piuma che lei portava per fermarli gli stuzzicava ancora quella fantasia di sfilargliela per farli cadere. Se fosse stata nuda, poi, sarebbe stato perfetto.
Blaise scosse le spalle e quando lei si girò per allungargli un piatto pieno sentì il suo profumo inconfondibile. Neanche questo aiutava a staccarsi da certi pensieri. "Non ci ho pensato..."
Ginny lo guardò con finta sopresa. "Strano, dopo aver blaterato di vestiti adatti e scarpe adeguate... Forse hai ragione: ti fa male frequentarmi!"
Lui sbuffò dicendo che non aveva mai affermato niente di simile, mentre si sedeva e lei rise ancora mentre si sedeva dall'altra parte del tavolo. Blaise si scoprì affamato e affondò la forchetta in quello che sembrava il più profumato pasticcio di formaggio del mondo.
"Stavo pensando..." iniziò, subito dopo i primi bocconi, lei.
Blaise alzò gli occhi al cielo: non stava zitta neanche mentre mangiava?
Lei rise della sua espressione: probabilmente aveva intuito ciò che pensava. Iniziava a diventare divertente. "Intendevo il problema dei fiori e di Maddie..."
"Ne abbiamo parlato prima quando abbiamo portato a casa mia madre, ricordi?" Lei liquidò la sua frase. Ma era vero, erano andati a prendere sua madre alla Tana, erano tornati a casa e le avevano mostrato il giardino d'inverno: lei non si ricordava nulla. Ma erano arrivati al compromesso che nessuno sarebbe potuto entrare in casa a parte lei e Blaise, così la strega aveva deciso di rimanere lì, sentendosi più tranquilla, e si era ritirata nelle sue stanze con serenità. Blaise era convinto che quell'atteggiamento era dovuto al pomeriggio che la donna aveva passato alla Tana, ma non volle esprimere ad alta voce il suo pensiero. Avrebbe gioito della situazione e basta.

"Intendevo..." Ginny allungò una mano per prendere uno dei bicchieri che aveva posato sulla tavola, scoprendo che si era scordata di riempire la caraffa di acqua.
Blaise tirò fuori la bacchetta, la puntò verso il mobile che fungeva da dispensa e appellò una bottiglia di vino. Quando la stappò puntò la bottiglia verso di lei e in una muta domanda le chiese se ne volesse.
Ginny alzò una spalla, annuendo, e allungò il bicchiere verso di lui. Non era abituata al vino, ma stavano mangiando, quindi pensò che non ci sarebbero stati problemi. Lui riempì il suo bicchiere e poi il proprio: non era abituata neanche alla galanteria.
"Dicevo... Potremmo tendere una piccola trappola alla Parkison e scoprire perché..."
"Pensi sia stata Pansy, quindi?" la interruppe il moro.
Beh, e chi altro poteva essere? La Parkinson aveva ordinato agli elfi di cambiare i fiori, quindi sapeva che erano gli agapanti il problema, mentre nessun altro ne era a conoscenza. E chi ne era al corrente doveva essere chi li aveva coltivati nel giardino d'inverno e innaffiati con la pozione scordarella. Era stato premeditato. Era stato fatto per riuscire a spillare a Maddie i galeoni. Spiegò i suoi dubbi al moro, ma lui non disse niente, l'ascoltò e basta. Ginny non seppe dire se fosse perché non le credeva o se stesse veramente riflettendo sulle sue parole.
"E poi: perché annullare il matrimonio dopo così poco tempo? Deve essere successo qualcosa. E perché scomodarsi per farlo annullare e non divorziare e basta? Non ti sembra tutta una faccenda strana?"
"Bisognerebbe scoprire se i problemi che ha sono di natura economica e se mio zio è conoscenza della cosa. Divorziare comporta delle spese e delle colpe, potrebbe macchiare la reputazione, mentre l'annullamento cancella tutto e basta. Comunque è vero, per ora tutto il denaro che lei ha portato nel matrimonio è di suo marito e finché non chiede l'annullamento non rivedrà neanche una falce..."

"Davvero? E perché?" La voce della ragazza era stupita e sorpresa. Blaise sospirò.
"Ci atteniamo a una vecchia legge magica sul matrimonio in cui la sposa non può avere proprietà fino a quando non nascer..."
"Ma che stronzata!" esclamò Ginny e questa volta non fece neanche finta di essere scandalizzata di essersi lasciata scappare una parolaccia, cosa che aveva iniziato a fare quando lui si lamentava del suo comportamento. Blaise alzò le spalle: era così e basta, per lui.
"Penso che sia ancora così."
"Ma Bill e Fluer..." iniziò lei, probabilmente il matrimonio di suo fratello era l'unico di cui avesse conoscenze strette.
"Ehi, Weasley, non ho detto che è l'unica legge. Alcuni mariti che ha avuto mia madre, per esempio, non se ne sono avvalsi. Ma molti di noi ancora la seguono."
"Intendi voi snob purosangue? Può essere, Zabini". L'occhiata che gli lanciò era minacciosa, ma lui non riuscì a rimanere serio. L'aveva stuzzicata chiamandola per cognome e lei aveva ricambiato.
La vide fare una smorfia e brontolare mentre spostava il cibo nel piatto. Dal nervoso, sempre borbottando fra sé, prese il bicchiere e lo vuotò tutto di un sorso. Senza neanche pensarci, Blaise glielo riempì di nuovo.
"E se qualcuno non fosse d'accordo?"
"Sono accordi prematrimoniali" spiegò, alzando le spalle: per lui era una cosa semplice.
"A voi maschi va sempre tutto liscio..." brontolò ancora. Ma poi tornò a guardarlo. "Ma tuo zio è d'accordo? E tu, tu sei d'accordo?" Blaise si strinse nelle spalle e lei sbuffò ancora. "Ti meritavi una sorella. Forse saresti stato più evoluto se ti avessero toccato i tuoi, di soldi!"
Blaise rise e questo la fece arrabbiare ancora di più.

Ginny brontolò ancora, ma poi tornò sull'argomento principale. "Comunque bisogna tenerla d'occhio. Io domani pomeriggio ho un impegno, dovresti proprio pensarci tu..."
"Dove vai, domani?" le chiese Blaise, stranito.
Come? "Ma a te cosa interessa?" domandò in risposta lei.
"Dai, dimmelo" la stuzzicò, con uno sguardo sornione. "Vai in Romania? A vedere se il letto di Potter può essere scaldato?"
"Sei un idiota. Ma lo sapevo già."
"Dai..."

Blaise sperò che il suo tono di voce e il suo sguardo fossero quelli giusti di quando bleffava a poker. Faceva finta che non gli importasse, ma in realtà si sentiva inquieto: lei sarebbe tornata da Potter per scordarsi dei sogni? Per tenere la mente occupata con il sesso? Merlino, il solo pensiero gli faceva stridere i denti.
"Potrei dirti cosa faccio domani solo se mi dici se ti capita spesso quello che è successo nella serra..." La Weasley, perché quando aveva quello sguardo era 'la Weasley', gli ricordò che era cresciuta con sei fratelli e che non le era mai stato regalato niente.
"Potrei stupirti" rispose lui, prendendo il vino e sorseggiandone un po'.
"Fallo: sono qui apposta" disse lei, ammiccando e prendendo il suo bicchiere: di nuovo lo vuotò in un sorso.

"L'ultima volta è stato quattro mesi fa" esordì il moro, dopo quello che a Ginny parve un'infinità di tempo. Quattro mesi? Quando diceva che gli era successo quella cosa che lo aveva distratto dal matrimonio di sua cugina? Oh, sembrava interessante. E con chi si era arrabbiato? Con gli elfi che non avevano stirato bene i suoi vestiti? Con il folletto che non gli aveva contato bene i soldi?
Ginny alzò lo sguardo dal piatto con un'espressione vittoriosa e divertita, ma quando notò il viso di lui, si pentì di averlo chiesto: Blaise si pulì la bocca con il tovagliolo che aveva sulle gambe, guardandola fisso come se volesse sfidarla, e lei pensò di avere già perso.
Lui con tutta calma finì di pulirsi, bevve l'ultimo sorso di vino che aveva nel bicchiere, se ne versò ancora e si allungò a riempire anche il suo. Ginny mosse una mano per dirgli che non ne voleva più, ma lui la guardò con uno sguardo intenso e lei non solo si sentì obbligata ad accettare, ma lo bevve quando lui prese in mano il suo.
"Ero fidanzato con una ragazza" iniziò, dopo che si era appena bagnato le labbra e poi la guardò ancora, sfidandola a fare una battuta, ma lei non disse niente. "Ci saremmo dovuti sposare per il mio compleanno. Diceva che sarebbe stata una data perfetta... E io ci avevo anche creduto..."

Blaise pensò di aver bevuto un Veritaserum: stava raccontando un particolare intimo della sua vita a una ragazza che praticamente aveva sempre snobbato e ora, solo perché lei gli aveva detto 'parla', non riusciva a stare zitto. "Sono andato in Italia a prendere dei documenti per il matrimonio e volevo farle una sorpresa..." Prese ancora il bicchiere, ma lo guardò a lungo prima di berlo.

Merlino, Merlino, Merlino! Ginny quasi si pentì di averglielo chiesto. La sua voce, la sua espressione, il suo sguardo; tutto in lui trasudava sofferenza. Aprì la bocca per dirgli che se voleva avrebbe potuto smettere, ma lui le lanciò un'occhiataccia e lei non disse niente. Chissà, forse aveva proprio bisogno di sfogarsi con qualcuno.

La rossa aveva aperto la bocca per interromperlo e lui quasi sbuffò. "Sì, sono nato in Italia, siamo venuti qui quando ero piccolo" precisò.
Dallo sguardo di lei, Blaise capì che non era quello che voleva dirgli, ma poi annuì, appoggiando la forchetta a lato del piatto, così continuò.
"Non ero riuscito a trovare tutto quello che mi... serviva..." Blaise sentì l'imbarazzo crescergli dentro: perché stava raccontando proprio tutto? Non c'era bisogno di farle sapere anche che voleva cercare informazioni sulla famiglia di suo padre, quei parenti di cui non si ricordava e con cui sua madre aveva smesso di avere contatti. "Ma avevo ottenuto i documenti per il matrimonio un giorno prima del previsto e mi ero fatto dare una passaporta speciale. Pensai di fermarmi in un locale per mangiare, prima di andare da lei, ma..." Fece un'altra pausa.

Ginny non riusciva a togliere gli occhi dalle sue labbra. "Andai a lavarmi le mani e sentii, nel bagno accanto, quello delle streghe, dei rumori inequivocabili..."
"Santo Godric, sesso nel bagno di un ristorante?" Blaise rise della sua espressione, alzando un sopracciglio.
"Stavolta ti ho stupito io, eh?" chiese, con tristezza. Lei gli fece cenno di andare avanti.
"E comunque sì, c'era una coppia che stava facendo sesso in bagno. Quando uscirono io e la mia fidanzata ci trovammo faccia a faccia."
"Porco M..." esclamò, prima di censurarsi da sola. "Mi disp... E poi, che è successo? Hai dato di mat... cioè... è successo lì, nel locale?"
Lui scosse la testa.

Blaise bevve ancora un po' di vino. La parte dopo lo faceva sentire uno psicopatico. "No. Ho lasciato che loro tornassero al tavolo e mi sono seduto a quello accanto."
"Per Godric, davvero?" Blaise non la guardò e bevve ancora vino, per poi continuare a osservare il bicchiere.
"Sono rimasto per tutta la cena. Lei continuava a lanciarmi occhiate, ma lui invece era all'oscuro di tutto e molto tranquillo. Si sono fatti una bella cenetta: c'erano le candele sul tavolo e lui ha ordinato anche le ostriche sussurrando a un certo punto che erano afrodisiache..."
Quando la guardò di sottecchi, notò che la rossa lo guardava con uno sguardo strano, sembrava triste ma, almeno, non sembrava compassionevole.
"Alla fine mi sono alzato e ho pagato anche per loro."
"Davvero?!" Lei quasi cadde dalla sedia. Sì, era un idiota, lo sapeva. Alzò le spalle. "Sei un signore, lasciatelo dire!"
Come? Blaise spalancò gli occhi. "In che senso?"
"Avresti dovuto strapparle tutti i..."
"Ginny!" esclamò, interrompendola, pensando che avrebbe detto qualcosa di molto scandaloso, ma allo stesso tempo scoppiò a ridere. "Per Salazar, hai perfettamente ragione: qualsiasi cosa volessi dire, avrei dovuto!"

Ginny sorrise di un piccolo sorriso, mentre osservava il suo viso distendersi e rallegrarsi. "No, in verità ho spaccato tutto il mio studio quando sono tornato a casa, poco dopo" ammise il moro.
"Sei controllato anche quando ti arrabbi" concluse lei. "Mi... spiace. Deve essere stato bruttissimo, essere traditi quando si ama..."
"Non ho detto che l'amavo" precisò Blaise.
"Beh, non è che ci si arrabbi così, per niente, di solito."
"Ero arrabbiato perché aveva tradito la mia fiducia, mica perché aveva tradito me."
"Guarda che non succede niente se dici che l'amavi, sai? Non è che ti cade il pisello o qualcosa di simile" ribatté e lui rise ancora. Ma... perché? Era una cosa divertente?
"Ho detto che non l'amavo perché è vero."
"Ma dovevate sposarvi!"
"Non ci si sposa solo per amore, sai?"
"E poi guardi male me quando dico che voglio trovare qualcuno per fare sesso!" sbottò.

Blaise versò l'ultimo vino a metà per tutti e due. "In verità ti ho detto che non giudico. Perché è vero. Preferisco di gran lunga una ragazza che mette le cose in chiaro fin da subito, piuttosto che una che giura amore fedele a uno e poi si fa trombare in un bagno da un altro."
La osservò mentre alzava gli occhi al cielo e sorrise della sua finta esasperazione. "Quindi anche se non ci si sposa per amore bisogna essere fedeli?"
Lui annuì, stringendosi nelle spalle. "Fidati: siete strani voi, non noi..." Prese il bicchiere e lo portò alle labbra. "E allora perché volevate sposarvi?"
Blaise sospirò silenziosamente. "Immagino che lei volesse i miei soldi. Io..." Afferrò la bacchetta e appellò un'altra bottiglia di vino.
"E tu che volevi?" Stappò la bottiglia e ne versò ancora.
"Ora me lo chiedo anch'io. Non lo so" mentì. Blaise voleva qualcuno che tenesse a lui. Era difficile da spiegare ad alta voce. Forse era anche stupido o infantile: voleva qualcuno che non lo giudicasse o passasse il tempo a criticarlo per qualcosa che non era, come quando a Hogwarts i ragazzi Serpeverde lo prendevano in giro perché non era nelle sacre ventotto e dicevano che mentiva quando sosteneva di essere purosangue. Voleva così tanto essere accettato anche dalla famiglia di suo padre, che non conosceva, ma da cui non era mai stato accettato. Forse voleva far parte di qualcosa. E iniziare a essere parte di una coppia gli era sembrata una buona idea.

Ginny osservò il suo viso pensare. Le aveva detto una bugia, qualcosa lo stava facendo impensierire, o forse lo aveva fatto senza neanche saperlo.
"Come si chiamava?" chiese, invece, come per intuizione.
"Te l'ho detto, Cha..."
"La sua famiglia, intendo. Come faceva di cognome?" insistette lei e lui si bloccò: doveva averci visto giusto. "Fammi indovinare: fa parte delle sacre ventotto?"
Blaise annuì in silenzio, giocando con il gambo del bicchiere.
La ragazza pensò di provare a indovinare, ma non si ricordava chi ne facesse parte. Sicuramente Malfoy c'era, e anche i Parkinson, ma gli altri? Chi erano? Merlino, in quel momento avrebbe voluto averle studiate per bene! Decise di lasciarlo stare e non volle insistere.
"Almeno ti avrà dato una spiegazione per ciò che hai visto" chiese, riprendendo in mano la forchetta e addentando un boccone di pasticcio.
Lui sospirò. "Sì, beh... ha detto che lo aveva conosciuto e che..."
"Si è innamorata?" chiese, cercando di capire, ma lui scosse la testa.
"Non penso, ma immagino che le piacesse andarci a letto comunque. Come ben sai, non è necessario essere coinvolti emotivamente per il sesso!" Ginny sentì l'astio del suo tono in tutte le parole che le rivolse, come se fosse colpa sua, per poi sentirlo sospirare. "Scusami, non dovevo dire..."
Lei sventolò la mano che impugnava la forchetta per dirgli che non se l'era presa.
"Lascia stare. Perché pensi che non ne fosse innamorata? Magari..." tentò di giustificarla.
Blaise alzò un sopracciglio e scosse le spalle. "Forse perché altrimenti avrebbe lasciato me per stare lui?" Oh, giusto. Abbassò lo sguardo verso il piatto. "Comunque non era l'unico. Diciamo che lei non è il tipo che si accontenta. Perché dover scegliere se si può avere tutto?" Ah. Ginny riprese a mangiare. "E tu? Hai mai tradito Potter?"

La ragazza alzò su Blaise uno sguardo così triste che lui si pentì di averle fatto quella domanda.
"Io amavo Harry. Gli sono stata accanto quando è caduto in depressione e anche nei momenti più brutti, quando sembrava che non andassimo da nessuna parte. E anche quando lui non aveva neanche più voglia di vivere, mentre era pesantissimo anche solo stargli vicino, io non l'ho mai tradito."
Blaise annuì come se capisse. Come se sapesse perfettamente che lei avrebbe potuto farlo con facilità, perché le occasioni non le erano mancate. E il fatto che non si fosse vantata di ciò, gliela fecero apprezzare ancora di più.

"Quand'è il tuo compleanno?" domandò Ginny, quando il silenzio stava per diventare pesante, per cambiare argomento.
"Venerdì" rispose lui.
Come? "Il prossimo venerdì?" esclamò.
Blaise annuì. "Perché?"
"Dovevi sposarti questo venerdì e tu sei lì così... così calmo?"

Blaise rise. Lei era istintiva e passionale. Metteva tutta se stessa in quello che faceva e si vedeva. Lei non sarebbe mai stata... calma.
"Cosa devi fare domani, allora?" tornò a chiederle, prendendo la forchetta, ma notando che il piatto era vuoto.
Lei divenne rossa sulle guance: probabilmente doveva andare in Romania davvero. O da uno degli altri. O chissà, forse aveva trovato un nuovo candidato giusto.
"Ecco perché hai detto che chiunque avrebbe potuto far eccitare una ragazza e che poi..." disse lei, come se non avesse sentito la sua domanda.
Blaise però non voleva più sapere niente, il pensiero di quello che le aveva detto e di come le era saltato addosso, ora, erano vergognosi. Si alzò, scontroso, e la interruppe. "Perché non torni a casa?"

Ginny alzò un sopracciglio per il cambiamento di argomento. Cosa era successo da fargli mutare così atteggiamento? Era perché avevano detto che non avrebbero più parlato dell'altra notte? Era volubile, il ragazzo. E tanto.
Si alzò anche lei e portò il piatto nel lavandino. "Non fare lo scontroso, Blaisuccio. Ora me ne vado..." Appoggiò il piatto e il bicchiere e gli lanciò un'occhiata sorniona da sotto le ciglia. "Come ti chiamano le tue ragazze quando siete a letto? Bla? Bla Bla?"

Blaise non riuscì a non ridere. E lei sorrise sincera. "Comunque domani accompagno Astoria a fare shopping..." gli confidò.
"Astoria?"
"Non si chiama Astoria, la Greengrass?" Il volto della rossa assunse un'espressione allarmata e lui scosse le spalle ridendo.
"Sì, sì, è giusto. Mi sembrava... strano. Tutto qui."
"È strano, effettivamente: non mi piace lo shopping. Ma non sono riuscita a dirle di no...."
"Tu che non riesci in qualcosa? Sicura di essere veramente Ginny Weasley?" la stuzzicò, allungando una mano verso di lei e dandole un buffetto sulla guancia.
"Spiritoso. È solo che le ho detto di stare lontano da Malfoy e ora che mi ha ascoltato, sembra che non abbia nessun appoggio per frequentare qualcun altro, così tocca a me."
Blaise annuì. Anche a lui piaceva il fatto che Astoria non stesse più attaccata al mantello di Draco.
"Le farà bene."
"Sveglierà quel troll di Malfoy."
Non lo guardò mentre lo diceva, ma per Blaise fu come se si fossero scambiati una confidenza intima: lei aveva capito che a Draco piaceva Astoria, fondamentalmente, sotto tutti quegli strati di stronzaggine.
Quando finirono di sparecchiare, lei si mise a lavare i piatti. "Lascia, ora chiamo Kikky e..."
Lei alzò le spalle e scosse la testa. Aprì il rubinetto e insaponò le poche stoviglie, con gesti esperti, senza accorgersene. Capì che non aveva usato la bacchetta apposta, come se fare quel piccolo lavoro manuale la stesse aiutando a pensare. Si guardò intorno e recuperò uno strofinaccio e l'aiutò.
"Blaise..." Il moro si girò mentre finiva l'ultimo pezzo da asciugare e la guardò, stupito che lo avesse chiamato per nome senza prenderlo in giro e con un tono così serio. E intenso. Si immaginò la sua stanza da letto in penombra e lei che si rotolava nuda sotto il piumone.
Merlino, non ci pensare!

Quando il ragazzo si girò, con un'espressione stupita in volto, Ginny si morse il labbro. Avrebbe potuto chiederglielo? O sarebbe sembrato strano? Voleva dormire a casa sua. Dormire davvero. Ma sembrava una domanda più indecente che chiedergli di andare a letto insieme.
"Sì?" chiese lui, quando lei non disse altro.
"Ricordati di controllare quello che fa la Parkinson. Buonanotte". E detto questo, si smaterializzò a casa.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro