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Capitolo XXXV

- Mélodie, tesoro. - la chiamano in coro, il Duca e la Duchessa Doupont.

La madre con le lacrime agli occhi, felice come non mai di poter vedere di nuovo la sua bambina.

Il padre accanto alla donna, che le dà forza, faticando però lui stesso a sostenere la grande emozione.

Mentre la figlia... se ne sta al mio fianco, sconvolta.

Incapace di realizzare a pieno la verità di ciò che sta vedendo.

E come darle torto.

Per più di un anno ha creduto di avere i genitori sul fondo del mare, mentre in realtà erano prigionieri.

Nascosti, a far da assicurazione per un momento come questo.

Quello della resa dei conti.

Con l'uomo che le ha stravolto la vita.

- Bambina mia... - avanza la Duchessa, allargando le braccia.

Ignorando tutto il vociare che si sta sollevando tra i presenti.

Dei quali non potrebbe fregargliene di meno.

- Duca, Duchessa... - appare Lena, tra gli ospiti. Spingendo la donna a distogliere lo sguardo dalla mia amata, per sorridere a quest'ultima.

- Lena...? - si volta pure Mélodie, confusa, ma... un po' più presente.

- Mélodie, non è un sogno. - le sussurro, vedendo i suoi occhi profondi posarsi su di me - Sono davvero qua, vivi. -

- Loro sono... - è come in trance.

- I tuoi genitori, sì. -

- Mélodie? - la chiama il padre, perplesso.

Lo sguardo di lei che si sposta ad intermittenza.

Da me, ai genitori fino a Lena. Per poi fare nuovamente il giro.

Facendomi sorgere in volto un sorriso assai intenerito.

- Vai, su. - la spingo, quasi rischiando di farla incespicare sull'orlo della gonna - So che non credevi di poter stare di nuovo al loro fianco, ma... sono lì. Davanti a te. -

Ed è così che, i suoi occhi colmi di lacrime, si posano su di me per un'ultima volta. Prima di correre tra le braccia dei suoi genitori.

Dentro le quali si abbandona, a piangere di gioia.

- Oh, piccola... - si accoda la madre, mentre poco più avanti... la scena è ben diversa.

L'altra "Mélodie" se ne sta tremante in silenzio, preoccupata della sua sorte.

Intenta a guardare ovunque tranne nella direzione del Conte.

Il quale ha perso tutto il colore dal viso quanto la boria che ostentava, fino a qualche istante fa.

Consapevole d'essere arrivato al capolinea.

Fine che non avrebbe raggiunto, probabilmente, senza la mossa messa in atto dai bracconieri che affondarono la nave su cui viaggiavano suo nipote e la moglie.

Bracconieri assunti dallo stesso Conte, perché... sì.

Pure la scomparsa dei due era opera di quest'uomo.

Che voleva a tutti i costi finire i suoi giorni con più potere tra le mani.

Il piano originale era quello di uccidere per davvero il Duca e la Duchessa, così da impadronirsi di Glycine senza troppe cerimonie.

Dando, come ricompensa periodica ai delinquenti, parte dei proventi che la giurisdizione di Glycine produce.

Peccato solo che, come detto, chi fa certe cose per mestiere sa come è meglio essere previdenti.

Come sia bene pensare anche alle eventualità più remote, come quella di venir scoperti.

È infatti così che, il nostro investigatore, dopo aver esaminato con dovizia e discrezione i documenti del Conte... si è reso conto di un'unica sola uscita strana.

Una somma di denaro che, regolarmente, veniva mandata a Menfes.

Isola gemella di Mefus, meta di quel tragico viaggio.

E andando ad indagare più a fondo è finito con lo scovare la realtà dei fatti.

Ovvero che, dopo aver ucciso il capitano e qualche marinaio, tutto il resto dei passeggeri era stato rapito. Equipaggio compreso.

Portati poi a Menfes per dei lavori forzati.

Tutti, tranne il Duca e la Duchessa che, essendo ostaggi di rilievo, sono stati tenuti rinchiusi sotto sorveglianza per tutto il tempo.

Per poter venire utilizzati a vantaggio dei rapitori a tempo debito.

Come è stato.

Infatti... Menfes, essendo un'isola di Daimana, avrebbe tra le possibili pene quella di morte.

Che spesso viene inflitta a chi commette omicidi multipli. Che aggravati dallo schiavismo avrebbero dato ben poche chances di vita a quei malvagi uomini.

Ma ecco che, la presenza di ostaggi di Lys, cambia le carte in tavola. Grazie anche ai due nobili presenti.

Portando dunque il tutto ad un carcere a vita.

Che sarà la stessa sorte del Conte, che... con passo tremante e mascella serrata sta cercando di arretrare.

Convinto di poter fuggire, pur già circondato da più guardie.

Che senza farsi scoraggiare dalle sue lamentele lo scortano fino alle celle.

Dandomi modo di poter tornare ad assaporare il meraviglioso quadretto che mi sta di fronte.

Di una famiglia riunita e felice.

Che volevo mostrare a tutti i presenti, nobili e non.

Per rendere giustizia a Mélodie, criticata pesantemente da molti colleghi, come per mettere alla cogna pubblica il Conte. Davanti a tutta la nobiltà di Lys.

Affinché si rendano conto che, ciò che conta per noi è solo una cosa.

La giustizia.

- Ancora non ci credo... - singhiozza Mélodie, tra le braccia dei genitori.

- Ci sei mancata così tanto, piccola. - la madre le bacia i capelli.

- Anche voi... a me... - li stringe, sollevando di poco lo sguardo sui due - Non mi pare vero siate davvero qua. -

- Il merito è anche tuo, tesoro. - il padre la guarda con dolcezza ed orgoglio - Ho sentito come hai lottato per Lena e gli altri. Come mi hanno riferito del coraggio e della lungimiranza che hai dimostrato per andar contro Anthony. -

- Non ho fatto poi molto. - si raddrizza, scuotendo il capo - Chi davvero si è messo in gioco, anche a discapito di ciò che la gente pensava di lui è... il Principe Lionel. - i suoi occhi si puntano su di me.

Facendomi perdere un battito.

Dopo "quella" sera non ci siamo più visti e... a causa del trambusto precedente, questo è il primo momento di "calma". Per me.

Il primo che posso prendermi per pensare a tutto il resto.

Soprattutto a... noi.

Che, da oggi, subiremo un drastico cambiamento nelle nostre dinamiche di quotidianità.

- Se non fosse stato per lui... tutto ciò non sarebbe stato possibile. La giustizia non sarebbe riuscita a fare il suo corso, da sola. - tira i genitori verso di me.

- Mél... - mi schiarisco la voce, rendendomi conto degli sguardi attorno a noi - Vostra figlia mi sopravvaluta. Nemmeno io sarei riuscito a far molto, senza l'aiuto della mia famiglia. -

- Siamo orgogliosi d'essere i sudditi di sovrani come voi. - suo padre mi tende una mano, che timidamente accetto.

Spronato pure dal cenno d'incoraggiamento fatto dal mio, di padre.

Che dopo anni è tornato a guardarmi come un tempo.

- E noi siamo fieri di aver portato giustizia ove serviva. - commenta papà, raggiungendomi con tutto il resto della squadra Allard.

Posando su una delle mie spalle una mano, in un gesto di puro orgoglio paterno.

In grado di farmi commuovere non poco.

- Per questo... - batte le mani mia madre, sorridendo - È il momento di festeggiare, tutti assieme. Per dare il bentornato alla famiglia Doupont, al completo. -

Disperde, un po', la folla.

Desiderosa di far festa, dopo aver assistito ad un qualcosa di estremamente succoso.

Che darà loro da parlare per i prossimi due mesi e più.

- Non se lo sono fatto ripetere. - ridacchia Jordan, osservando i presenti. Intenti a formare gruppetti più o meno fitti, per poter cominciare a commentare la situazione.

Tra una sonata ed un boccone di cibo.

- Che ti aspettavi? - faccio una scrollata di spalle, notando la bionda che sta avanzando verso di noi, poco più in là - Piuttosto... credo tu debba discutere con Julienne. Sembra abbastanza confusa, anche se sta rimanendo a distanza. Per darci spazio. -

- Meglio. - le lancia un'occhiata, per poi congedarsi da noi - Se volete scusarmi. - fa un inchino, svicolando via.

Non prima, però, di sorridere a Mélodie con un educato - Duchessina. -

Seguito dal commento di mia madre - Forse è il caso di prendere esempio da Jordan. - poggia una mano sul braccio di mio padre - È meglio se andiamo a fare il giro degli ospiti. Per dar loro un'infarinatura più dettagliata della questione. Così da limitare i pettegolezzi troppo fantasiosi e discostanti dalla realtà. -

- Oh, Altezza... - interviene l'altra donna - Lasciate a noi tale compito. Avete già fatto troppo per noi. -

- Sbagliate. - le afferra le mani, sorridendole con estrema dolcezza - Un figlio per un figlio. - esordisce - Mélodie ci ha restituito il nostro bambino, riportandolo alla serenità di un tempo. Era dunque doveroso restituire ai suoi genitori la loro bambina. -

- Oh, Regina io... - arrossisce la ragazza, venendo zittita da mia madre - Non ti ringrazierò mai abbastanza. - posa una mano sui suoi capelli, accarezzandoli.

Per poi salutare lei ed i genitori. Per allontanarsi con mio padre e Lily.

Invitandomi ad aiutare le tre che, a distanza, non sanno come avvicinarsi alla famigliola riunita.

Prima delle quali è Aline, l'amica di Mélodie.

Che scalpitante non sa se azzardarsi a dire qualcosa o no.

Restandosene nella sua postazione, a mollegarsi.

- Cosa stai... - si zittisce Mélodie, guardando di sottecchi i genitori - Cosa state guardando, Principe Lionel? - corregge il linguaggio.

- Credo ci sia qualcuno che vuole parlarti. - le faccio un cenno, per spingerla a voltarsi.

Vedendo così lo sguardo dell'altra illuminarsi.

Un istante prima d'iniziare a correre verso la mora. Per gettarle le braccia al collo, senza tante cerimonie o preoccupazioni.

- Mélodie, sono così felice per te. - la stringe forte a sé, facendo ridere la ragazza.

- Così mi soffochi, Aline. -

- Oh, scusa... - le si scolla di dosso, guardando poi i suoi genitori. Leggermente intimidita.

Non tanto dai loro sguardi quanto dal loro titolo.

- Mélodie, cara. - l'accarezza la madre - Se vuoi andare un attimo in disparte, per parlare con la tua amica... fa pure. -

- Oh, io... non volevo disturbarvi. - Aline scuote le mani per aria, con agitazione.

- Non sei affatto un disturbo. - sorride la donna - Anzi, in un secondo momento... ci piacerebbe sentire da te qualche storia sulla nostra bambina. Sui giorni che ha vissuto qui a palazzo, assieme ad una cara amica come te. -

- I-Io... certamente. - arrossisce, annuendo con decisione.

- Allora, andate pure. - Mélodie viene incalzata da ambedue i genitori, restituendo però loro uno sguardo perplesso.

Aggiunto ad un'occhiata eloquente rivolta a me.

Incerta se lasciarli soli col qui presente.

- Non preoccupatevi. - le faccio un cenno - Vedrò di far in modo che non spariscano di nuovo nel nulla. - vedo il suo sguardo mutare.

Facendosi molto più... beh... innamorato.

Come quello che le vidi in volto, l'istante prima di venir spinto fuori dalla sua camera.

La sera del bacio rubato.

Di cui non c'è ancora stato modo di parlare.

- So di poter contare su di voi. - sorride, per allontanarsi poi con Aline sottobraccio.

Lasciandomi sotto attenta analisi dei due che spero, un giorno, possano diventare i miei suoceri.

Perché... andiamo.

Dopo il bacio le mie speranze sono schizzate alle stelle.

Speranze che credo siano più concrete di quel che mai avrei potuto immaginare.

- Nostra figlia ripone immensa fiducia nei vostri confronti. - è il padre a cominciare il dialogo - È evidente. -

- Fiducia che, palesemente, è ben riposta. - aggiunge la madre - Rafforzata da un forte affetto reciproco. -

- Già, da ciò che abbiamo inteso dalle vostre spiegazioni più il precedente commento della Regina... dovete averne passate tante assieme. - annuisce l'uomo - Si vede quindi quanto siete legati. Come foste parte della stessa famiglia. -

- Famiglia... beh, sì. In un certo senso. - ridacchia la Duchessa - Ma non quello che hai recepito tu, tesoro. -

- Non ti seguo. - la guarda confuso, portando la conversazione su argomenti assai... spinosi.

Dato che, ancora, non ho avuto modo di discuterli come si deve con la diretta interessata.

La quale ci fissa, di tanto in tanto, con fare curioso.

- So che, per te, resterà per sempre la tua bambina, ma... ha oramai vent'anni, caro. E, dopo l'anno appena trascorso, possiamo dire di non avere più di fronte a noi la piccola, ingenua e dolce, che tenevamo lontana dagli sporchi giochi cui siamo stati spesso testimoni. Nonché vittime, fino a qualche giorno fa. -

- Aspetta. - si blocca. Nel volto la realizzazione delle parole della moglie - Stai dicendo che... -

- Già. È probabile finiremo per diventare i suoceri del Principe Lionel. - ride lei, facendomi sussultare.

- Oh, ma... io... - non so come commentare.

Prima bisognerebbe domandare alla ragazza.

- State forse cercando di tirarvi indietro? - scatta il padre.

- Di certo, il tuo tono intimidatorio, non lo aiuta a risponderti serenamente. - lo rimprovera la Duchessa - Senza contare che è colui a cui dobbiamo il nostro ritorno. Dovresti quindi... ridimensionare il tuo atteggiamento. Anche perché si può dire, senza ombra di dubbio, che nostra figlia ha buon gusto. Anzi, ottimo. -

- Resta il fatto che stiamo parlando del futuro di nostra figlia. -

- Motivo per cui dovremmo lasciar scegliere a lei, non credi? - lo sfida con lo sguardo.

- Avrò almeno il diritto di fare qualche domanda, no? - sopprime uno sbuffo.

- No. - ribatte candidamente, spingendomi a prendere coraggio.

Già di norma un genitore desidera il meglio per il proprio figlio, figuriamoci loro.

Che hanno dovuto affrontare più di un anno di lontananza forzata.

Lontananza che li avrà spinti a volersi accertare delle buone intenzioni di chi sta attorno alla loro bambina. Trattata da molti di coloro che la circondavano a schiaffi in faccia.

Primo dei quali l'uomo, parte della sua famiglia, che avrebbe dovuto aiutarla e supportarla.

- Non importa. - m'immetto tra i due - Risponderò a tutte le domande che desiderate. - guardo con serietà l'uomo, pronto a tutto. Anche a rispondere al quesito più privato.

Certo, avrei davvero voluto affrontare certi argomenti prima con lei, ma... mostrare le mie intenzioni a loro due è altrettanto importante.

- In realtà... - si blocca. Iniziando a fissarmi in silenzio.

Per un attimo che mi pare interminabile.

- Mi basta porvi una sola domanda. L'unica che davvero mi preme. -

- Fate pure. - annuisco.

- Cosa provate per mia figlia? - sono le parole che escono dalle sue labbra.

Parole che mi aspettavo di sentire.

A cui so cosa rispondere, senza un accenno di esitazione.

Perché già da tempo provo questi forti ed indissolubili sentimenti.

Che ora, mentre la guardo da lontano, crescono. Come fanno da quando l'ho incontrata quel giorno, davanti la porta della mia camera.

Diventando sempre più difficili da contenere - Io sono, da molto, innamorato sinceramente e totalmente di vostra figlia Mélodie. - torno a guardarli - È la ragazza più testarda, tenace, di buon cuore e giusta che io abbia mai avuto l'onore di conoscere. La sola che è stata in grado di vedere oltre ciò che volevo mostrare agli altri, spingendomi a forza a far conto coi miei demoni interiori. L'unica in grado di risolvere, con gelida rabbia, il problema che mi tormentava da anni. La ragazza che spero d'avere al mio fianco per tutta la vita. - vedo l'espressione dell'uomo cambiare.

Diventando molto più rilassata e, forse, pure un po' rassegnata.

Prima di rispondere alla mia appassionata quanto imbarazzante dichiarazione, con convinzione e... fiducia.

Con una semplice, quanto importante parola. Accompagnata da una significativa mano tesa verso di me.

- Ottimo. -

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