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Promesse al presente - 28 Dicembre

(28 Dicembre, anno 1940)

Ciao Andrew,

le vacanze sono quasi finite, mancano pochi giorni ormai, e già il Natale mi sembra un ricordo lontano.

È stato strano questo Natale, sai? Come se fosse solo il ricordo di un sogno confuso e sbiadito nel tempo.

Più passano i giorni più le sensazioni che ho vissuto mi sembrano lontane, quasi come se non le avessi vissute io ma viste passare semplicemente davanti a me.

Le vacanze sono quasi finite e il Natale già si allontana, l'aria che si respirava, quell'atmosfera così tipica,  già sembra sostituita da quella intrisa di eccitazione ed elettricità che porta con sé la fine dell'anno.

È un atmosfera particolare quella del Natale: la si aspetta tutti i giorni dell'anno eppure quando la si vive non la si percepisce a pieno, non la si apprezza come si dovrebbe, fino a quando non finisce, non viene sostituita e le persone non notano l'assenza di qualcosa che non sanno bene, forse è solo un'impressione ma c'è una mancanza.

È un atmosfera di cui si parla tanto e che tanto viene alenata, eppure se si fa attenzione nessuno sa bene come sia realmente fatta e nessuno riesce mai a ricordarla con precisione.

Si sa solo che è la magia del Natale (sì, sempre lei) e tanto basta.

Come ho detto, Andrew, le vacanze sono quasi finite ma quest'anno qualcosa è cambiato, non è più come prima.

Forse sono io a non essere più come prima.

Di solito ho sempre vissuto la fine del Natale con un misto di tristezza e eccitazione: tristezza perché salutavo i miei genitori, perché lasciavo i biscotti della mamma che sanno sempre d'amore e le storie di papà che sono sempre piene di stranezze e originalità, ma anche eccitazione perché tornavo a scuola, all'indipendenza che riusciva a darmi e a tutte le cose nuove che avrei imparato.

Ogni anno, a fine Natale, papà mi raccontava una storia sempre diversa, sempre più intrisa di magia e amore, e ogni anno mangiavamo i biscotti prima che io partissi tutti insieme.

Mi sentivo sempre in colpa in quei momenti, ma non l'ho mai detto a nessuno, neanche a chi dicevo tutto. Era una cosa mia, una mia debolezza (così la pensavo) e tale sarebbe rimasta: mia e nascosta.

Ora però lo dico a te, anche se non so bene il perché.

Lo dico a te che sei tu e non giudichi mai.

Lo dico a te che non mi sarei mai immaginata potessi un giorno diventare il mio confidente, il mio amico... il mio non so bene cosa, ma qualcosa lo sei.

Non avrei neanche immaginato che un giorno avremmo parlato normalmente o che ti avrei cercato io, aspettando una tua lettera e arrivando a controllare almeno tre volte al giorno la finestra (il postino, sai, è davvero imbranato e non so mai se consegnerà la nostra posta alla nostra vicina. Ho perso il conto delle volte in cui, aprendo la casetta delle lettere, ho trovato volantini sul migliore cibo per gatti).

Per fortuna però si sbaglia nella vita e io, sebbene mi costi ammetterlo, ho sbagliato alla grande.

Per questo e per tanto altro che forse non ti dirò mai perché in queste cose non sono brava, lo dico a te Andrew: mi sentivo in colpa da piccola quando, la sera prima di partire, vedevo la mamma che tratteneva le lacrime dietro un sorriso o papà che mi guardava insistentemente cercando di imprimersi tutti i dettagli di me che riusciva a cogliere.

Lo vedevo guardarmi e sperare che quei dettagli, quelle piccole cose che era riuscito a cogliere non cambiassero nei mesi in cui sarei stata lontana. Lo vedevo guardarmi e sperare che non sarei cambiata, che sarei rimasta la sua bambina ancora per un po'.

Mi sentivo in colpa a vedere quanto costasse ai miei genitori, per amore, lasciarmi andare e, neanche io lo so quanto, mi sentivo in colpa notando quella quarta sedia vuota davanti a me che segnalava l'assenza di un fratello che mai avrei colmato.

Allora abbassavo la testa per non guardarla e speravo sempre di sentire una porta aprirsi e dei passi venire verso la cucina.

Ma non succedeva mai e io mi sentivo in colpa.

Il giorno dopo però si tornava a scuola, il treno, le valigie, la magia.

E io, come spesso accade ai bambini, mi dimenticavo un po' di tutto travolta da tutto quell'incanto.

È sempre stato strano il ritorno a scuola e la fine del Natale, un insieme di emozioni non ben identificate e non distinte tra loro.

Quest'anno però qualcosa è cambiato. Quest'anno c'è solo la voglia di evadere e di andare via: il desiderio di fuggire via dalla bolla di illusione in cui vivono i miei genitori ma anche dalla cruda realtà che mi troverò davanti una volta scesa dal treno.

Il Natale è finito e io non so bene come reagire, se non che, Andrew, mancano solo pochi giorni a te.

È tutto finito, io non so bene cosa pensare e cosa provare e l'unica cosa certa sei tu.

Tu che adesso sembri più vicino, tu che sei la mia via di fuga.

Tu che distruggi la mia bolla d'illusione, facendomi comunque da scudo.

Per cui, sì Andrew, ti aspetto. Sono qui, ferma e non mi muovo.

Tu però muoviti a venire, non perdere tempo, che il tempo passa e non torna più e io non voglio rimpianti.

Non essere il mio rimpianto.

Non essere quel qualcuno a cui guardo con rammarico, quel qualcuno che "avrei potuto ma non ho fatto".

Sii qualcuno nella mia vita Andrew, ma non all'imperfetto.

Sii qualcuno al presente. Sii il mio presente.

Permettimi di viverti e di rubare un po' della tua vita, permettimi di imparare da te e di godere della tua felicità; e permettimi di condividere con te la mia vita.

Anche quanto sarò nervosa e ti urleró in faccia senza motivo, e tu mi risponderai che sono una pazza visionaria.

Anche quando ti sveglierai dalla parte sbagliata del letto, i capelli più dritti del solito e un'insolita irascibilità e io, poco paziente come sono, non ti parlerò perché se no litighiamo. Anche se poi, alla fine, litighiamo lo stesso, nonostante tutti gli sforzi per non farlo.

Ma va bene così, litigare è okay se poi facciamo la pace come sempre - che la pace dopo un litigio sembra sempre diversa, più bella, più pace.

Con te che mi abbracci prima timidamente e insicuro per poi prendere sicurezza e stringermi in uno dei tuoi abbracci che come li dai tu nessuno, e con me che non voglio fartelo vedere ma non aspetto altro. Tu lo sai bene e mi vieni incontro.

Per cui promettimelo Andrew, promettimi di esserci e di permettermi di esserci.

Promettimi di essere il mio presente, fallo ogni giorno. Che io nel per sempre non ci ho mai creduto, ma nell'adesso sì, nel per ora ci credo.

Ci credo a quello che si dice oggi, perché oggi è vero e non è fatto di promesse e parole al futuro.

Io ci credo Andrew, quindi promettimelo: promettimi di essere il mio presente ogni giorno, ogni oggi che verrà.

Tua Sophie

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